1. Il paese di centro. Le premesse dellâunificazione
I. Dal Sacro romano impero germanico agli stati territoriali
Alla vigilia dellâunificazione, sancita da una scintillante cerimonia a Versailles il 18 gennaio 1871, la Germania si trovava nella difficile situazione di essere unâentitĂ geografica definibile in modo vago, ma una realtĂ linguistica e culturale consolidata e di prima qualitĂ , e unâentitĂ politico-statuale debole e frammentata. Dal punto di vista geografico la Germania era priva di sicuri confini naturali, che potessero delimitarne lâambito; insediate nelle grandi pianure dellâEuropa centrale, le popolazioni germaniche avevano ampi spazi a disposizione, segnati in modo insicuro da una rete trasversale di fiumi: Reno, Meno, Danubio, Elba e altri. Questa indeterminatezza dei confini aveva un duplice riflesso: per quanto riguarda la difesa, i territori germanici erano difficilmente difendibili di fronte a incursioni straniere. Lâaltra faccia della medaglia era ovviamente che i territori tedeschi potevano essere altrettanto facilmente dilatati a danno dei popoli circostanti, se solo si fossero presentate le condizioni favorevoli, con una grande potenza germanica insediata al centro del continente. Nel corso di una complessa vicenda storica, i popoli di lingua e cultura germanica avevano goduto di una fase piuttosto lunga di unione politica. Mi riferisco al Sacro romano impero germanico, al «Reich» ricostituito da Carlo Magno nel ix secolo, il cui centro di gravitĂ si era poi gradualmente spostato dalla Francia verso lâarea tedesca. Dâora in poi, userĂČ questo concetto di «Reich» â non perfettamente traducibile in italiano â per indicare appunto i territori storicamente facenti parte del Sacro romano impero e successivamente inglobati dalla Prussia. Tuttavia, questo, che nel Seicento il giusnaturalista Samuel Pufendorf aveva definito un «mostro» dal punto di vista politico e istituzionale, era tuttâaltro che espressione dellâorganica unione dei tedeschi. Allâinterno dellâimpero si trovavano infatti territori â per esempio nellâItalia centrale, nei Paesi Bassi, in Belgio ecc. â che di tedesco non avevano nulla.
Dâaltra parte, i flussi di colonizzazione verso Oriente, sanguinose crociate lanciate contro il mondo degli slavi pagani, avevano portato migliaia e migliaia di tedeschi, nobili, mercanti e contadini, a stabilirsi in modo permanente in territori staccati dalla madrepatria. Basti pensare agli insediamenti di tedeschi nel Baltico orientale, in Romania, nella pianura ungherese, fino sulle rive del Volga in Russia. In alcuni casi, questi tedeschi avevano svolto importanti funzioni nella classe dirigente dei paesi che li ospitavano e vi si erano inseriti pienamente; in altri momenti, tuttavia, riemergeva il pericolo (per i popoli ospitanti) che fra i coloni tedeschi prevalesse il desiderio di ricongiungersi con la lontana madrepatria. Il Sacro romano impero germanico era perciĂČ un contenitore del tutto insufficiente e inadatto a rappresentare gli interessi dei tedeschi. La dinastia degli Asburgo di Vienna, che a partire dal 1452 deteneva ininterrottamente la corona imperiale, aveva attuato una politica che privilegiava sempre piĂč i suoi interessi dinastici e trascurava quelli dellâimpero â dei tedeschi. Nella sua secolare e infine vittoriosa lotta contro i turchi, la casata viennese aveva notevolmente ampliato i suoi domini verso lâarea danubiano-balcanica, riducendo di conseguenza la propria presa sui territori tedeschi. LâAustria asburgica non poteva perciĂČ essere definita in senso stretto una potenza germanica, anche se la sua classe dirigente continuava a rimanere tedesca per cultura e nazionalitĂ .
Gli Asburgo avevano vita piĂč facile nei vasti territori dellâEuropa orientale e sud-orientale, in cui, sconfitti i turchi, non esistevano ostacoli politico-militari rilevanti, piuttosto che nei territori dellâimpero germanico, in cui dinastie principesche e (nel caso delle cittĂ imperiali e di quelle anseatiche) patriziati mercantili gelosi delle proprie prerogative e della propria autonomia contrastavano con successo i vari tentativi attuati dai sovrani di casa Asburgo per riformare in senso accentratore lâimpero. A causa della loro specifica debolezza, accentuata dalla profonda lacerazione religiosa provocata dalla Riforma protestante, i territori germanici furono a lungo sballottati tra le grandi potenze confinanti: Francia, Russia, Svezia. Il momento in cui la debolezza della Germania come entitĂ politico-istituzionale emerse con la massima chiarezza fu la guerra dei Trentâanni (1618-48). In quei terribili anni, descritti con straordinaria vivezza nel Simplicissimus di Hans Jakob von Grimmelshausen, i territori tedeschi furono saccheggiati e spogliati dagli eserciti in lotta, le varie dinastie tedesche strumentalizzate, mentre la miglior gioventĂč tedesca servĂŹ da mercenaria per le grandi potenze europee.
Non Ăš un caso che stati territoriali tedeschi di una certa rilevanza, anche sul piano internazionale, si siano formati ai margini dellâimpero, il cui centro era segnato da una frastagliata costellazione di centinaia di entitĂ politiche, che andavano da stati territoriali dinastici di medie dimensioni (la Baviera, la Sassonia â per fare due esempi significativi) a territori minuscoli, le cosiddette Ritterschaften, costituite da qualche borgo rurale con talora poche centinaia di abitanti. DellâAustria abbiamo giĂ detto; dopo aver respinto lâattacco turco contro Vienna (nel 1683) e avere acquisito definitivamente lâUngheria, la dinastia degli Asburgo aveva spostato il centro di gravitĂ della sua politica verso Est. Lâaltra potenza, che fra Sei e Settecento emerse dal gran numero di insignificanti stati territoriali per assumere un proprio ruolo internazionale autonomo, era la Prussia. Lo stato territoriale prussiano si era costituito gradualmente, grazie a unâaccorta politica matrimoniale e di alleanze attuata dalla dinastia degli Hohenzollern, una famiglia che proveniva dalla Germania sud-occidentale e che si era spostataa Est a seguito della giĂ ricordata colonizzazione medievale verso Oriente. Partendo da un nucleo territoriale rappresentato dal Brandeburgo, gli Hohenzollern avevano via via acquisito una serie di domini sparsi su tutta lâarea dellâimpero e anche fuori da esso. Basti ricordare che la Prussia in senso proprio, quella che sarebbe diventata piĂč nota come Prussia orientale, si trovava fuori dai confini dellâimpero; era un territorio feudo dei re di Polonia, che era stato colonizzato nel corso del Medioevo dai cavalieri dellâOrdine teutonico. A seguito della laicizzazione dellâordine, nel 1618 questo ampio territorio incuneato nel mondo slavo era stato acquisito per via ereditaria dagli Hohenzollern.
PoichĂ© lâunificazione della Germania avvenne allâinsegna del dualismo fra Austria e Prussia, converrĂ ora dedicare unâanalisi piĂč ravvicinata, anche se sintetica, alle caratteristiche storiche di questi stati territoriali. Le vicende storiche dellâAustria sono inestricabilmente legate alla dinastia degli Asburgo, che â come abbiamo visto â detenne per secoli la corona imperiale. Lâacquisizione per mezzo di una serie di guerre contro il minaccioso impero ottomano di vasti territori al di fuori dei confini orientali dellâimpero germanico spostĂČ gradualmente il fulcro della politica austriaca. Dopo la sottomissione dei ceti di fede protestante, la cattolicissima dinastia degli Asburgo si erse a difensore dellâEuropa cattolica e della sua civiltĂ contro la minaccia turca. La politica austriaca assunse un marcato dualismo, che finĂŹ per paralizzarla: da una parte, per cultura e nazionalitĂ lâAustria era un territorio tedesco; la dinastia e la classe dirigente, formata da un solido ceto burocratico e nobiliare, erano proiettate verso il mantenimento dellâegemonia in seno allâimpero e anzi verso una sua riforma in senso accentratore. Dâaltra parte, le vittorie militari e lo spirito quasi missionario che pervadeva la politica asburgica verso lâOriente slavo spingevano in direzione opposta. Il risultato di queste contrastanti tensioni fu una politica non priva di oscillazioni, che puntava a consolidare la grande potenza asburgica su tutti gli scacchieri disponibili: Germania, Europa sud-orientale, ma anche Italia. Tuttavia, per una politica a tutto campo mancavano le risorse materiali, in primo luogo economiche. Entro i domini asburgici si trovavano infatti territori con gradi di sviluppo economico e sociale molto diversi; al nucleo occidentale, piĂč preparato allo sviluppo industriale che si sarebbe poi verificato nel corso dellâOttocento, si contrapponevano territori orientali, fortemente arretrati dal punto di vista economico, culturale e sociale. Mentre a Vienna e nei territori occidentali del vasto impero (in particolare nella Lombardia dei Verri e dei Beccaria) la burocrazia realizzava, allâinsegna dellâassolutismo illuminato, importanti riforme (i catasti, il distacco fra chiesa e stato, codici giuridici moderni), la maggior parte dei territori orientali era ancora immersa nel feudalesimo piĂč profondo.
Anche la Prussia, al momento della sua rapida ascesa al rango di potenza continentale, presentava una notevole varietĂ di caratteri fra i suoi territori, che si estendevano, con molte interruzioni, dal Reno alla Prussia orientale. Mentre nelle zone occidentali (ducati di JĂŒlich, Berg, Mark e Ravensberg) vigeva una struttura fondiaria in cui predominava la piccola e media coltivazione contadina, con uno sviluppo incipiente di manifatture tessili grazie ai legami con i mercati olandesi e fiamminghi, nel cuore dei possedimenti prussiani, che si estendevano oltre il fiume Elba, predominava una struttura agricola fondata sulle riserve gestite direttamente dal ceto nobiliare degli Junker. Si puĂČ dire che lâessenza della monarchia prussiana sia rappresentata appunto dallo stretto legame tra sovrano e nobiltĂ proprietaria terriera, generalmente nota come «Junkertum». Questa nobiltĂ , che per i parametri europei non puĂČ essere considerata particolarmente ricca, era insediata ormai da secoli in quei territori. Tra la fine del Seicento e la prima metĂ del Settecento, grazie allâabile e decisa opera del granduca Federico Guglielmo (1640-88) e dei re Federico Guglielmo i (1713-40) e Federico ii, detto il Grande (1740-86), la dinastia si assicurĂČ la incondizionata fedeltĂ e i servizi degli Junker, ai quali vennero affidate le posizioni di vertice nel corpo ufficiali e nella burocrazia civile. In cambio, la nobiltĂ ottenne il riconoscimento dei suoi domini nelle campagne su una popolazione contadina ridotta in condizioni di quasi servaggio. Lâalleanza fra re e Junkertum rappresentĂČ da quel momento il perno su cui la Prussia potĂ© costruire le sue fortune.
La politica di Federico il Grande, ammirato da Voltaire e dai principali intellettuali del suo tempo come esempio piĂč alto dellâassolutismo illuminato, risentĂŹ di questo compromesso strutturale; le pur significative riforme avviate dal sovrano, in campo giudiziario, sociale, militare, non indebolirono il ruolo egemonico della nobiltĂ proprietaria terriera, anzi lo esaltarono. La politica dei sovrani prussiani nel corso del Settecento puntĂČ a massimizzare le modeste risorse di cui il loro stato disponeva (la popolazione prussiana non superava gli 8 milioni di abitanti â alla metĂ del secolo â contro i 22 della Francia, i 20 dellâimpero asburgico, gli oltre 15 dellâItalia). Nellâagricoltura, per iniziativa dello stato, furono attuate tempestivamente riforme in campo agronomico a cui gli Junker seppero in generale adattarsi bene; nel campo manifatturiero fu ancora lo stato ad attuare una politica interventistica, e un analogo discorso puĂČ essere fatto per lâambito educativo e scolastico. Ma fu soprattutto in campo militare che la Prussia compĂŹ i progressi piĂč eclatanti. Il re Federico Guglielmo i creĂČ un esercito, piccolo in termini assoluti, ma ampio rispetto alle dimensioni della popolazione e assai ben addestrato, tenuto insieme dallâimpegno incondizionato della nobiltĂ , che ne monopolizzava il corpo ufficiali. Basti ricordare che, alla morte di Federico il Grande, dal grado di maggiore in su troviamo 689 nobili contro 22 borghesi. Fu proprio Federico il Grande, un sovrano intriso di cultura illuministica, ma anche di un forte e cinico senso dello stato, a servirsi di questo moderno strumento di guerra. Attraverso una serie di abili campagne militari, Federico strappĂČ la Slesia ai domini asburgici e la Pomerania citeriore alla debole Polonia. La partecipazione della Prussia, con Austria e Russia, alle tre successive spartizioni, che determinarono la scomparsa dello stato polacco (1772-95), sancĂŹ lâascesa del piccolo stato fra le potenze militari e politiche di primo rango in Europa. Il dualismo fra Austria e Prussia avrebbe determinato i destini della Germania nel secolo seguente.
II. Restaurazione, liberalismo e sviluppo economico nel «VormÀrz»
Il termine «VormĂ€rz» si riferisce al marzo 1848, quando in Germania esplose la rivoluzione liberal-borghese; esso Ăš impiegato comunemente nella letteratura tedesca come equivalente del nostro Risorgimento. Lâimpatto della Rivoluzione francese sulla Germania fu forte, da molti punti di vista. I contatti con le idee della rivoluzione lasciarono germi significativi in settori della nobiltĂ , ma soprattutto della borghesia: lâidea di nazione, di rappresentanza dei cittadini al di lĂ delle distinzioni di ceto, fu esportata dagli scritti dei rivoluzionari francesi non solo a Magonza, unico significativo caso di repubblica esemplata sul modello francese (1792-93). Un impatto ancora piĂč forte lo ebbe il trascinante esempio dai successi militari della Francia rivoluzionaria e, poi, napoleonica. Le grandi vittorie di un esercito di massa, fondato sullâidea di «nazione in armi», misero a nudo i limiti dellâassolutismo illuminato austro-prussiano. La difesa tenace da parte dei sovrani di casa Asburgo e di casa Hohenzollern delle gerarchie sociali esistenti risultĂČ arretrata di fronte alla nuova epoca storica, aperta dalla Rivoluzione francese.
Ma lâimpatto degli eventi dâOltralpe fu forse ancora piĂč forte in senso indiretto, per reazione. Le sconfitte militari, che decretarono la riduzione della Prussia e dellâAustria â per non parlare degli stati territoriali minori â al rango di vassalli dellâimperatore dei francesi, determinarono per reazione una rinascita dello spirito nazionale. I «Discorsi alla nazione tedesca», tenuti dal filosofo Johann G. Fichte a Berlino, nel 1807-08, rappresentano il piĂč noto esempio di un ragionamento politico nuovo per la cultura tedesca, imperniato sullâesaltazione della nazione, delle sue peculiaritĂ , per non dire della sua superioritĂ rispetto alle altre nazioni. Il riferimento in negativo per Fichte, e per i molti altri intellettuali che si mossero in quegli anni sulla sua scia, era ovviamente quello della nazione francese. Ma non si deve dimenticare che i discorsi di Fichte erano stati preceduti dalla ricca produzione letteraria di Goethe e di Schiller, esaltati in quel periodo come gli araldi della libertĂ tedesca. A ben vedere, questi e altri intellettuali del tempo guardarono con forti aspettative allo stesso Napoleone, giudicando con un misto di ammirazione e dispetto colui che aveva spazzato via lâantiquata struttura dellâimpero, lasciando campo libero alle forze della modernitĂ . In effetti, tra il 1803 e il 1806 lâimperatore vittorioso impose la cancellazione dalla carta geografica di un centinaio delle piĂč piccole entitĂ dellâimpero, consentendo ai maggiori stati territoriali di ingrandirsi, e abolĂŹ definitivamente il Sacro romano impero (nel 1806). Francesco ii dâAsburgo assunse da quel momento il titolo ufficiale di imperatore dâAustria.
In questo contesto di impetuosa rinascita nazionale si colloca il fenomeno dei cosiddetti «corpi franchi» (Freikorps), gruppi di volontari che accorsero nelle fila dellâesercito prussiano per combattere contro lâodiato invasore francese. Malvisti dagli ufficiali di carriera, questi volontari erano perlopiĂč giovani, in gran parte studenti, appartenenti sia alla nobiltĂ che alla borghesia. In seno ai corpi franchi si cementĂČ un nuovo spirito nazionale, insofferente nei confronti dellâereditĂ del passato e desideroso di superare i particolarismi, che tanto avevano danneggiato la nazione tedesca nel passato. La grande vittoria di Lipsia degli alleati anglo-austro-russo-prussiani contro Napoleone, nellâottobre 1813, venne non a caso definita come «battaglia dei popoli», nonostante fosse combattuta ancora sotto le tradizionali bandiere delle dinastie regnanti. Era cambiata la mentalitĂ in vasti settori dellâopinione pubblica. Le timide riforme attuate in Prussia dai ministri Heinrich von Stein e Karl August von Hardenberg, nel primo quindicennio del secolo, furono sĂŹ in parte boicottate o svuotate dallâopposizione nobiliare, tuttavia, servendosi di una burocrazia come sempre efficiente e disponibile a operare per il bene dello stato, Stein e il suo successore attuarono una serie di incisivi interventi. Segnalo in particolare la riforma delle amministrazioni municipali e degli ordinamenti corporativi in campo manifatturiero, la ristrutturazione del gabinetto regio in un moderno governo di specialisti e, infine, la legislazione di riforma fondiaria, di cui parleremo diffusamente piĂč avanti.
Questo tipo di riforme venne attuato con modalitĂ abbastanza simili negli altri principali stati territoriali, in cui la politica di graduale adattamento ai tempi nuovi venne messa in atto da una burocrazia ancora fortemente permeata dai valori dellâassolutismo illuminato, ma che non era stata immune dagli influssi della Rivoluzione francese. Anche nellâAustria governata da Klemens von Metternich non si puĂČ parlare di una restaurazione in senso stretto.
Il periodo successivo al 1815 fu in tutta la Germania â beninteso, con notevoli differenze fra territorio e territorio â una fase di incubazione dei nuovi fermenti del liberalismo. La Germania era formata in questo periodo da 35 stati territoriali dinastici, ai quali si aggiungevano quattro «cittĂ libere» di antica discendenza dalla Lega anseatica (Amburgo, Brema, Lubecca e Kiel). La carta geopolitica della Germania si era cosĂŹ notevolmente semplificata rispetto al passato, anche se rimaneva un intricato puzzle di interessi contrapposti. Sparito lâimpero, nel corso del congresso di Vienna venne istituita una confederazione (Deutscher Bund), presieduta dallâimperatore dâAustria. Si trattava comunque di unâentitĂ politica di modesto spessore, che ancor meno dello scomparso impero era in grado di determinare una politica comune tedesca. Questa inadeguatezza fu avvertita ancor piĂč che in passato da un ceto borghese preoccupato per la mancanza di uno stato tedesco unito. Unâaccresciuta, e anzi tormentata sensibilitĂ dovuta in primo luogo al giĂ ricordato influsso della Rivoluzione francese. OltrechĂ© indiretto, questo influsso era stato diretto in alcune regioni occidentali, che erano state soggette al dominio francese (nel cosiddetto Regno di Westfalia, istituito nel 1807 e affidato a Gerolamo Bonaparte). Ma non va sottovalutato il peso crescente dei fattori economici. Il blocco continentale, voluto da Napoleone in chiave anti-inglese, aveva favorito un certo sviluppo; dopo la caduta dellâimperatore si erano stretti i legami con la Gran Bretagna, che grazie al suo anticipato sviluppo economico era divenuta importatrice di prodotti agricoli e semilavorati dalla Germania stessa. Lâosservazione dello sviluppo britannico e la constatazione della superioritĂ economica di paesi come la Francia e il Belgio misero in moto riflessioni di economisti e di intellettuali sullâimportanza dellâunitĂ politica come presupposto per lo sviluppo economico. In terzo luogo, va ricordata lâinfluenza dei nuovi miti nazionali e la diffusione delle prime forme di «nazionalizzazione delle masse» â secondo la fortunata definizione dello storico George L. Mosse. Nei decenni successivi alla caduta di...