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La Fase Antica. La Scandinavia nellâetĂ del Ferro
FASI DELLâETĂ DEL FERRO IN SCANDINAVIA |
500 a.C.-0 | etĂ del Ferro Preromana |
0-400 d.C. | etĂ del Ferro Romana |
400-550 d.C. | etĂ delle Migrazioni |
550-793 d.C. | etĂ di Vendel [dei Merovingi / del Ferro Germanica Recente] |
Rispetto a quanto avvenne nellâEuropa continentale, nel Nord lâetĂ del Ferro iniziĂČ relativamente piĂč tardi e durĂČ piĂč a lungo, coprendo un arco temporale di alcuni secoli corrispondenti altrove giĂ al Medioevo. Il contatto con la cultura romana fu in tale periodo cosĂŹ intenso e significativo da portare a classificare come etĂ del Ferro Preromana la fase piĂč arcaica ed etĂ del Ferro Romana quella seguente, che si protrasse fino al V secolo. Successivamente, dove altrove il 476 d.C. con la caduta dellâImpero Romano dâOccidente segnava lâinizio del Medioevo, in Scandinavia il periodo compreso tra il 400 d.C. e il 550 d.C. corrispose allâetĂ delle Migrazioni, con riferimento ai grandi spostamenti di popoli, che mossero verso sud andando a premere sui confini dellâimpero. I secoli successivi, che condussero al 793 d.C., anno convenzionale di inizio dellâEpoca Vichinga, sono detti etĂ del Ferro Germanica Recente per la Danimarca, etĂ dei Merovingi per la Norvegia ed etĂ di Vendel per la Svezia, dallâomonimo sito archeologico, la cui importanza Ăš perĂČ tale da far sĂŹ che spesso si adotti per tutto il Nord Europa piĂč semplicemente la definizione di etĂ di Vendel.
Ă durante lâetĂ del Ferro Romana che vennero ideate le rune, il fuĂŸark antico raggiunse la propria forma definitiva e furono realizzate le prime iscrizioni. La tradizione epigrafica del fuĂŸark a 24 segni continuĂČ poi ininterrotta fino allâetĂ di Vendel, quando cominciarono a essere utilizzate rune di una nuova sequenza nella quale trovavano espressione i mutamenti cui la lingua era soggetta in quel periodo.
Se lâetĂ del Bronzo, dal 1700 al 500 a.C. circa, era stata unâepoca di prosperitĂ , favorevole alle coltivazioni e allo sviluppo degli insediamenti umani, lâinizio dellâetĂ del Ferro fu caratterizzato in Scandinavia da un lento e progressivo peggioramento climatico, che comportĂČ un netto inasprimento delle condizioni di vita e che colpĂŹ soprattutto lâagricoltura. La raritĂ di reperti archeologici nella prima fase di questa epoca ha portato a ipotizzare che la contemporanea espansione dellâinfluenza celtica nellâEuropa centrale avesse contribuito a creare un mercato continentale, isolando ulteriormente le regioni nordiche, giĂ geograficamente piĂč svantaggiate. Le aree meridionali della Scandinavia non vennero tuttavia completamente estromesse da questa ondata culturale, come testimonia per esempio uno tra i piĂč famosi reperti nordici di matrice celtica, il calderone di Gundestrup. Si tratta di un imponente bacile in argento, rinvenuto in una torbiera danese dello Jutland settentrionale e costituito da pannelli istoriati con figure mitologiche, che ne lasciano presupporre la natura sacrale.
In generale lâetĂ del Ferro Preromana fu caratterizzata da sepolture semplici, nelle quali un corredo essenziale accompagnava lâurna con le ceneri del defunto, ma vi sono evidenze di offerte votive che lasciano immaginare, nonostante una societĂ ancora molto primitiva, lâesistenza di una casta addetta allâesercizio del culto e dei rituali a esso connessi. Tra il 200 e il 150 a.C. in Danimarca e in tutta lâarea meridionale della penisola scandinava si ebbe unâevoluzione dei costumi funerari, forse riflesso della nascita di una classe sociale emergente, abbiente, detentrice del potere e fortemente attratta dal modello continentale, per cui i corredi funebri divennero piĂč ricchi, quelli maschili connotati da armi e quelli femminili da gioielli, tutti caratterizzati dalla presenza di pregiati manufatti di matrice celtica o romana. Intorno allâinizio della nostra era tornĂČ ad aumentare ovunque in Scandinavia il numero dei nuclei abitati organizzati in villaggi e sullâisola di Gotland e nelle regioni svedesi di VĂ€stergötland e Ăstergötland alcune aree vennero adibite a necropoli per la comunitĂ , nelle quali le tombe potevano anche essere marcate da bautasteinar, massi di una certa dimensione innalzati in prossimitĂ delle sepolture secondo in precise forme geometriche. Esempi di questi monumenti si trovano anche in Norvegia, in Danimarca e nellâisola di Bornholm, e in alcuni casi risalgono alla precedente etĂ del Bronzo, a testimonianza di una forte continuitĂ culturale.
La nuova conoscenza tecnologica della lavorazione del ferro e i relativi prodotti, principalmente armi, sommati allâinquietudine generata dalle peggiorate condizioni di vita, portarono le popolazioni dellâepoca a scontrarsi di frequente, come dimostrato dallâimpressionante quantitĂ di equipaggiamenti militari proveniente dai depositi votivi. Insieme a questi oggetti ne vennero sacrificati anche altri, tra i quali anelli, bracciali, fibule, rasoi, spilloni, pettini e non erano rari nemmeno i sacrifici umani, documentati dal ritrovamento di numerose mummie di palude. Alcuni di questi oggetti recavano iscrizioni runiche, prime attestazioni scritte della lingua nordica, che dal II secolo d.C. piĂč o meno fino alla fine dellâVIII secolo d.C. appare piuttosto omogenea in tutta la Scandinavia. Le divisioni linguistiche, infatti, si mostrarono relativamente tardi, in parte per la collocazione periferica stessa dellâarea rispetto al resto dellâEuropa e in parte perchĂ© i popoli nordici rimasero nelle loro sedi storiche senza grandi spostamenti fino allâEpoca Vichinga. Le iscrizioni in fuĂŸark antico sono molto brevi, dal contenuto essenziale, tuttavia sufficiente per individuare strutture formulari ripetitive e per trarne delle osservazioni sulla lingua. Questa presenta morfologicamente e sintatticamente tratti talmente arcaici da lasciare ipotizzare la coincidenza di alcune forme con quelle ricostruite dai glottologi e attribuite non solo al nordico preletterario, ma addirittura al cosiddetto germanico comune. PiĂč o meno intorno al VI secolo iniziarono a emergere i tratti distintivi del nordico rispetto alle altre lingue germaniche, mutamenti nel consonantismo e nel vocalismo dovuti allâesito delle sillabe non accentate e alla diffusione di fenomeni come la metafonia e la frattura, ma solo in piena Epoca Vichinga fu possibile parlare di una variante occidentale e di una orientale del germanico settentrionale. Di pari passo con la lingua anche la sequenza runica subĂŹ unâevoluzione, tanto che lâultima fase della produzione antica Ăš spesso contrassegnata da un sincretismo di forme epigrafiche e linguistiche conservative e innovatrici a riflesso della situazione culturale di passaggio tra due epoche.
Origine delle rune
Che il fuĂŸark si sia ispirato a un modello di riferimento Ăš concetto accettato da tutti gli studiosi, cosĂŹ come il fatto che tale modello debba essere stato mediterraneo; la sua identificazione Ăš un interrogativo classico della runologia, oggi ancora irrisolto, nonostante lâincremento negli ultimi decenni del numero di reperti noti, arrivati complessivamente a un corpus di circa 450 iscrizioni in fuĂŸark antico. Quando nel XIX secolo nacquero la linguistica storica e la filologia fu chiaro che una societĂ caratterizzata dallâoralitĂ non poteva dal nulla aver ideato un alfabeto fonetico, che costituisce il grado piĂč elevato e complesso nel processo di alfabetizzazione, a cui si giunge attraverso fasi obbligate, partendo da una riproduzione pittorica della realtĂ , come per esempio nelle incisioni preistoriche, per passare poi a un sistema di scrittura basato su ideogrammi e successivamente a una scrittura sillabica, raggiungendo solo al termine di questo percorso un alfabeto fonetico. Quando presso un popolo non vi sono testimonianze di questi passaggi e ci si trova direttamente di fronte a un alfabeto fonetico, si ha sicuramente a che fare con un prestito, o meglio con la rielaborazione di un modello che in precedenza ha rispettato tutte le fasi evolutive.
I primi tentativi di identificazione di tale modello si basarono sulla ricerca di una corrispondenza grafica tra le rune e le lettere prese di volta in volta in considerazione, ma questo risultĂČ essere un approccio piuttosto limitante. Lâunico atteggiamento realmente funzionale Ăš ampliare lâanalisi dal concetto di alfabeto a quello di sistema di scrittura perchĂ©, nel momento in cui ci si rifĂ a uno schema esterno, non se ne prendono in prestito solo le lettere e i loro valori fonetici, bensĂŹ anche tutti gli altri elementi che lo fanno funzionare, quali la direzione della scrittura, lâuso di legature tra i segni o di elementi di interpunzione tra le parole e le convenzioni ortografiche, cosĂŹ come le motivazioni e gli scopi per i quali si scrive. Sulla base di queste osservazioni il predecessore mediterraneo del fuĂŸark Ăš stato individuato, nel tempo, nellâalfabeto latino, in quello greco e in quelli nord italici. Lâipotesi greca oggi conta ancora qualche sostenitore, ma la maggior parte degli studiosi propende per lâuna o lâaltra delle due restanti teorie. Geograficamente si potrebbe dire che la scuola nordica propende per la tesi latina e quella continentale, italo-tedesca, per la tesi nord italica, senza tuttavia che una teoria prevalga in maniera netta sulle altre.
Ipotesi latina
Nel 1874 Ludwig Wimmer pubblicĂČ la sua opera Runeskriftens oprindelse og udvikling i Norden a Copenhagen, ripresa in tedesco a Berlino alcuni anni piĂč tardi col il titolo Die Runenschrift, nella quale, basandosi su unâinnegabile affinitĂ di forma tra alcune rune e altrettante lettere della maiuscola latina imperiale, formulava la teoria della derivazione del fuĂŸark da questo modello. Considerando che fino a non molto tempo prima non si aveva certezza neppure della maggiore antichitĂ del fuĂŸark a 24 segni rispetto a quello a 16, si trattava di una proposta rivoluzionaria. Negli anni â20 dello scorso secolo il danese Holger Pedersen riprese questa tesi, ipotizzando che i Celti lungo il Reno avessero potuto fare da mediatori tra la cultura romana e quella germanica verso lâinizio della nostra era, e sottolineando alcune affinitĂ tra la scrittura runica e lâogam. Da allora lâipotesi latina ha continuato ad avere molti sostenitori, ognuno dei quali ha dato il proprio contributo scientifico nel motivarla.
Effettivamente una presenza, e una conseguente influenza, della cultura romana nei territori dei Germani tra lâanno 0 e il 400 d.C. Ăš storicamente e archeologicamente provata, e questi secoli potrebbero coincidere cronologicamente con la proposta di rielaborazione del modello latino. Se da un lato il piĂč antico reperto accertato recante rune, il pettine di Vimose, risale al 160 d.C., dallâaltro lâarcheologia conferma che agli anni 1-160 d.C. appartengono alcune decine di iscrizioni romane su oggetti ritrovati in Scandinavia, talvolta recanti anche lo stampo di fabbrica, dunque i Germani conoscevano certamente lâesistenza della scrittura. Le sepolture nelle quali sono stati ritrovati, principalmente in territorio danese e sullâisola di Gotland, dimostrano che solo una certa Ă©lite poteva permettersi beni tanto preziosi, ma non sappiamo se i proprietari comprendessero anche il significato delle iscrizioni. Marchi di fabbrica sono presenti anche su alcune delle spade romane emerse dalla palude di Illerup Ă
dal nello Jutland orientale, dove nellâetĂ del Ferro si trovava un lago profondo circa 3 metri, in cui in almeno quattro distinte occasioni tra il 200 e il 500 d.C. vennero ritualmente sacrificati gli equipaggiamenti e i beni personali degli eserciti sconfitti in altrettanti scontri armati di vaste dimensioni. Lâaltissima incidenza di lame romane tra i reperti non fa che confermare lâesistenza di un commercio di questi oggetti pregiati, rimandando ancora a quella che potremmo definire aristocrazia; il fatto che alcuni dei reperti di Illerup Ă
dal rechino iscrizioni in fuĂŸark antico, per lo piĂč costituite da antroponimi, rimanda poi in maniera molto interessante al concetto di marchio di fabbrica romano.
Contemporaneamente alle attivitĂ di scavi archeologici iniziate nel 1950 in questo importante sito, lo studioso Erik Moltke propose che lâalfabeto latino fosse stato introdotto nel Nord da mercanti danesi e, sebbene non vi siano prove concrete a supporto di questa ipotesi, molti tra i sostenitori della tesi latina convengono comunque piĂč genericamente sul fatto che la trasmissione del modello possa essere avvenuta effettivamente attraverso una via commerciale. Nonostante lâombra del massacro delle legioni di Publio Varo nella selva di Teutoburgo nel 9 d.C., le campagne renane di epoca augustea erano essenzialmente campagne di natura commerciale e, da un punto di vista cronologico, lâetĂ augustea potrebbe coincidere con il periodo della nascita delle rune, perchĂ©, anche nel caso in cui la fibula di Meldorf fosse definitivamente riconosciuta come primo esempio di iscrizione runica, sarebbero rispettate le tempistiche di trasmissione e diffusione della scrittura. Una variante a questa ipotesi potrebbe essere definita lâidea di un passaggio attraverso la via militare, sostenuta da quanti evidenziano il ruolo che avrebbero potuto rivestire mercenari di lingua germanica, parzialmente alfabetizzati in latino, che al termine del proprio servizio si sarebbero trasformati in mercanti in contatto con le Ă©lites guerriere del Nord Europa. Sono entrambe ipotesi verosimili, tuttavia non Ăš possibile dare a nessuna una conferma definitiva. Neppure dal confronto grafico tra le due sequenze derivano certezze assolute, perchĂ© le similitudini tra alcuni segni del fuĂŸark antico e della maiuscola latina sono innegabili, ma altri caratteri sono totalmente differenti senza che per questo vi sia una concreta spiegazione. Per quanto in alcuni casi sia stato chiamato a sostegno il principio linguistico dellâanalogia del polacco Jerzy Kurylowicz, secondo il quale per esprimere un nuovo concetto si usa un segno ...