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Il Guevara Pino, Masaniello newpolitano
I primi provini. I primi singoli (1976-1979)
Gli album Terra mia e Pino Daniele tra personaggi/metafora del vissuto napoletano, baciati dal mare, dal sole e dal vento come Fortunato, Donna Cuncetta, la venditrice dâaglio di Saglie, saglie, il Pulcinella di Suonno dâajere, âo buono guaglione e le vittime della Flobert. Brani come Napule Ăš, Terra Mia, Je soâ pazzo, âNa tazzulella âe cafĂš, Quanno chiove, entrano nella cultura popolare partenopea, divenendo colonna sonora di una cittĂ millenaria e di una new generation.
Sul divano di casa delle zie, al 32 di piazza Santa Maria La Nova, Pino con la sua chitarra crea le prime canzoni. Alcune le registra grazie alla spinta dellâamico percussionista e compositore Rosario Jermano, progettista aeronautico prima, musicista a tempo pieno dopo.
âDopo lâavventura con i Batracomiomachiaâ, racconta Rosario Jermano, âPino ed io cercammo di andare avanti, tentando varie strade. Pinotto giĂ per il gruppo componeva dei brani dâavanguardia, con testi e musiche che ricordavano un poâ quelli dei King Crimson, ma a un tratto cominciĂČ a scrivere canzoni in napoletano. CominciĂČ con un pezzo in cui si parlava di Napoli e del calcio, dopo poco compose Terra mia. Appena me la fece sentire gli dissi: âPinotto, nuje ste canzoni lâhamma registrà ⊠soâ assaje belleâ. CosĂŹ ci mettemmo a casa delle sue zie con i nostri due registratori a cassette: io avevo un Geloso e Pino un Philips, unimmo i fili con un microfono e riuscimmo a realizzare delle sovraincisioni. Certo, il rumore di fondo era molto forte, ma riuscimmo a fare un provino di Terra mia, perfettamente uguale a quello che sarebbe poi stato registrato per il suo album dâesordio. Questâunica canzone la ascoltĂČ una nostra amica giornalista della RAI (Teresa Piazza) che aveva partecipato anche alla trasmissione radiofonica Per voi giovani, che ci disse che era un bel brano, consigliandoci di continuare anche se il napoletano avrebbe limitato le possibilitĂ in generaleâ.
Rosario Jermano con i soldi del suo stipendio acquista un registratore TEAC a quattro piste: Ăš uno dei pochi a possederlo a Napoli. âFirmai anche tante cambiali, ma ne valse la penaâ, racconta, âperchĂ© registrammo vari pezzi tra cui Ca calore che poi sarĂ pubblicato come primo singolo, il cui riff Ăš stato fatto da me su un set di temple block. E poi Maronna mia, LibertĂ e âO pusteggiatore. Provini semplici con chitarre, voci e percussioni. Pino era un grande talento, forse uno degli ultimi che Napoli ci ha donatoâ.
Pino e Rosario incidono su una musicassetta AGFA C60 quattro canzoni: Ca calore, LibertĂ , Maronna mia, âO pusteggiatore; le prime tre finiranno nel disco dâesordio Terra mia. âO pusteggiatore, rimasta fuori dallâalbum, si ascolterĂ per la prima volta 30 anni dopo in Nero a metĂ live con un titolo diverso (Abusivo) e con un arrangiamento nuovo curato da Tullio De Piscopo, Ernesto Vitolo e Gigi De Rienzo. Come Otis Redding era seduto sul molo della baia di San Francisco per catturare i suoni circostanti â quelli delle onde del mare, delle navi, delle maree, come canta in Sittinâ On The Dock Of The Bay â Pino Ăš metaforicamente sul suo balcone, il suo angolo dâosservazione sul mondo, da cui si appropria delle voci e dei rumori della sua cittĂ , raccontando anche la storia di personaggi reali e di presenze evanescenti, relazioni e legami tra le cui pieghe si comprendono gesti e comportamenti. Lo fa con la sua lingua, il napoletano, che qui diventa parlata di strada, vera, ma intrisa di poesia, lontana dagli schemi della Napoli folklorica. âMi sento al 50% un uomo del Sud, un partenopeoâ, dice Lucio Dalla. âSogno di parlare il napoletano correttamente. Ă una lingua splendida che adopero spesso nel mio quotidiano, perchĂ© la trovo affascinante e musicale. Iniziai ad avvicinarmi a lei con Caruso e da allora il nostro amore continuaâ.
DIALETTO O LINGUA?
Nel 2014 lâUNESCO ha dichiarato che il napoletano, con le sue parole, non Ăš âun dialetto bensĂŹ una linguaâ, riconoscendolo come patrimonio per lâintera umanitĂ . Il napoletano Ăš secondo, nella nostra penisola, soltanto alla lingua ufficiale, lâitaliano, per diffusione sullâintero territorio nazionale.
«Guardo Napoli, la sua cultura, la sua allegria, con gli occhi di un innamorato. Gli stessi con cui guardo Pino»
Lucio Dalla
Ă di Lino Vairetti, leader e frontman della rock band progressive partenopea degli Osanna, il primo servizio fotografico di Pino. Due scatti sono scelti per la copertina del suo primo 45 giri â Ca calore/Fortunato â la cui realizzazione grafica viene curata da Umberto Telesco, un altro per la copertina di Ciao 2001 del 16 marzo 1980 che titola âAnteprima disco. Pino Daniele. Nero a metĂ â.
âVidi la prima volta Pino nel 1975, suonava la chitarra con i Batracomiomachia alla Fiera dâOltremare di Fuorigrottaâ, ricorda Lino Vairetti. âCi parlai nel ristorante della piscina. Mi chiese se potevo ascoltare alcuni suoi provini. Accettai. Lo invitai a casa di mamma, dove avevo un registratore multitraccia: ero uno dei pochi in cittĂ a possederlo. Mi suonĂČ con la chitarra anche alcune canzoni che sarebbero finite poi in Terra mia. Mi trasportĂČ in un mondo parallelo fatto di suggestioni. Per lâemozione chiamai anche mamma, per farglielo ascoltare. Ci frequentammo tutti i giorni per sette mesi, registrando e confrontandoci. Sono stato il suo primo quasi manager, poi disse che perdevo troppo tempo a fargli fare successo e si mosse altrove; niente da dire, aveva un bel caratterino⊠di quel periodo conservo con tanto affetto, oltre alle fotografie che gli scattai su sua richiesta nella mia casa ai Camaldoli, anche alcuni suoi provini, tra cui A vecchia caâ venne e castagne che in una nuova versione, che lui fece successivamente col titolo Napoli se sceta sotto âo sole, Ăš stata inclusa nella raccolta Tracce di libertĂ , uscita postuma nel dicembre del 2015, e un inedito senza titolo, dedicato a un suo fratelloâ. Pino affida la musicassetta registrata con Rosario Jermano (con i titoli dei quattro brani e la loro durata, scritti con un pennarello blu) a un giovane giornalista napoletano che scrive per la rivista Super Sound, Claudio Poggi. Questo, intuendo di avere tra le mani un qualcosa di nuovo, di mai udito prima, contatta al telefono la EMI parlando proprio con Bruno Tibaldi, il direttore artistico di allora, quello che anche Bobby Solo ha giĂ segnalato a Pino. La EMI in quel periodo ha giĂ dato alle stampe Tammurriata nera, La cantata dei pastori, Alla montemaranese, La Rumba degli scugnizzi della Nuova Compagnia di Canto Popolare del maestro Roberto De Simone, ma la Napoli di Pino Ăš una Napoli nuova. E lui canta la rabbia e il disagio dei giovani della sua cittĂ come nessun altro ha mai fatto prima.
«Per il 45 giri Ca calore utilizzĂČ un mio scatto fatto in terrazza mentre Ăš seduto in terra, spalle al muro, con un fazzoletto in testa per proteggersi dal sole. Per âNa tazzulella âe cafĂš invece una foto che lo ritrae nel salone, con la mia 12 corde Eko Ranger»
Lino Vairetti
Tibaldi fissa un incontro. Poggi prova ad avvisare Pino, ma inutilmente perchĂ© in quei giorni Ăš in Belgio in tour con Bobby Solo, cosĂŹ va senza di lui. Tibaldi rimane colpito dalla voce dello scugnizzo di Santa Chiara, dallâironia dei suoi testi, dalla melodia e decide di sondare la recettivitĂ del mercato discografico pensando di pubblicare prima un singolo contenuto in un 45 giri, spinto dalle radio, e poi eventualmente un intero album. Claudio Poggi nel suo libro scritto con Daniele Sanzone degli âA 67 â Pino Daniele. Terra mia (Minimum fax) â ricordando la sua telefonata con Pino riporta: âPinĂČ comme staje? Bbuono, siamo tornati moâ dal Belgio. Abbiamo aperto âo concerto âe Fats Domino e câhanno pure chiesto âo bisâ. âAzzâ, grandi, ma âa notizia cchiĂč bella ce lâho io. PinĂČ, ce lâabbiamo fatta. La EMI Ăš interessata, vuole fare un discoâ. ââŠMa che staje dicenno?!ââ.
Poggi viene investito dalla EMI del ruolo di produttore esecutivo e segue lâintero progetto, dalle prime fasi delle registrazioni in studio fino alla pubblicazione e promozione delle canzoni. Con Pino in questa prima squadra musicale ci sono Enzo Canoro al basso (arruolato un giorno davanti a un caffĂš al Bar Parkerâs di Capodimonte), gli amici Enzo Avitabile ai fiati, Rosario Jermano alla batteria e alle percussioni e ai cori la cantante della Compagnia Teatrale Masaniello Donatella Brighel. Questâultima coinvolge anche una sua amica, Dorina Giangrande.
Il 28 aprile del 1976 Pino e Claudio sono convocati a Roma dalla EMI per firmare il contratto. Nello stesso giorno e quasi alla stessa ora (uno alle ore 14:00 a Roma, lâaltro alle 14:30 a Napoli) Pino ha un colloquio di lavoro allâAlitalia per divenire assistente di volo, ma senza pensarci piĂč di tanto, spinto anche dalla ragazza che diverrĂ la sua futura moglie (Dorina), sceglie la musica preferendola alla sicurezza economica di un posto fisso. Con Claudio, Donatella e Dorina, questâultima proprietaria di una FIAT 500 bianca parte per Roma. Il contratto viene siglato.
Ca calore e Fortunato sono i due brani scelti per il 45 giri di debutto che esce nel giugno del 1976. Viene stampata anche unâedizione per il juke-box abbinata, come usanza, a un altro pezzo â in questo caso uno della band americana Tavares, Heaven Must Be Missing An Angel. Nellâestate del 1976 Pino entra negli studi di registrazione Quattro Uno (chiamati cosĂŹ perchĂ© si trovano al numero IIII di via Nomentana, a ridosso del raccordo anulare) di Claudio Mattone a Roma, che hanno come registratore multitraccia un Ampex a 16 piste â allora lâEldorado di tutti i musicisti. Terra mia, registrato tra luglio 1976 e aprile 1977 (mentre in contemporanea, negli stessi studi, Claudio Baglioni lavora al suo LP Solo), costa cinque milioni delle vecchie lire: non tanti, rispetto alle produzioni dei dischi dei cantautori di quel periodo.
Il 1977 Ăš lâanno zero, la data di nascita della nuova canzone napoletana, lontana da una certa retorica folkloristica, stradaiola e kitsch.
Terra mia Ăš una terra che parla di liberta. Terra mia Ăš Pino Daniele, Ăš Napoli, un disco nato con lâambizione di âscrivere canzoni come Luigi Tencoâ, come lui stesso dichiara. Pino ha da poco superato i ventâanni, molte delle canzoni sono state scritte anni prima, nella sua stanza di piazza Santa Maria La Nova, dove ha catturato le voci della strada che sono entrate dal suo balcone senza chiedere il permesso, sedendosi a tavola e sorseggiando âna tazzulella e cafĂš che a Napoli non Ăš solo una bevanda, ma un rito, quello dello stare insieme. Tante voci che diventano una voce, la sua, col tipico falsetto che lo consegnerĂ alla storia.
«Nella dolce vocalitĂ di Pino e in quellâaspra di James vi Ăš tutto il profondo disagio di una napoletanitĂ sotterranea, nera, underground che preme come un demone/incubo sulla coscienza della Napoli âperbeneâ»
Roberto De Simone
Pino crea musiche e racconti, ridisegnando e narrando nuove storie dei personaggi che osserva quotidianamente. Proprio come ave...