I sumeri
eBook - ePub

I sumeri

Franco D'Agostino

Partager le livre
  1. 176 pages
  2. Italian
  3. ePUB (adapté aux mobiles)
  4. Disponible sur iOS et Android
eBook - ePub

I sumeri

Franco D'Agostino

DĂ©tails du livre
Aperçu du livre
Table des matiĂšres
Citations

À propos de ce livre

Alla scoperta di una delle piĂč antiche civiltĂ , i Sumeri, di cui fino alla metĂ  del XIX secolo la cultura occidentale aveva perso ogni conoscenza o ricordo. Prima ancora di Babilonesi e Assiri, sono proprio i Sumeri a fondare le cittĂ  e a inventare la scrittura cuneiforme, attestata sin dalla fine del IV millennio a.C. Gli scavi nelle cittĂ  della Mesopotamia meridionale, dove la tradizione sumerica Ăš nata e si Ăš sviluppata, hanno permesso di ricostruire la loro straordinaria fioritura storica, artistica, religiosa e letteraria, durata oltre tre millenni. L'autore presenta la struttura sofisticata e affascinante di questa civiltĂ , in un viaggio nella Mesopotamia antica attraverso testimonianze archeologiche e testuali, dai tesori delle tombe reali di Ur ai poemi epici ispirati a Gilgamesh.

Foire aux questions

Comment puis-je résilier mon abonnement ?
Il vous suffit de vous rendre dans la section compte dans paramĂštres et de cliquer sur « RĂ©silier l’abonnement ». C’est aussi simple que cela ! Une fois que vous aurez rĂ©siliĂ© votre abonnement, il restera actif pour le reste de la pĂ©riode pour laquelle vous avez payĂ©. DĂ©couvrez-en plus ici.
Puis-je / comment puis-je télécharger des livres ?
Pour le moment, tous nos livres en format ePub adaptĂ©s aux mobiles peuvent ĂȘtre tĂ©lĂ©chargĂ©s via l’application. La plupart de nos PDF sont Ă©galement disponibles en tĂ©lĂ©chargement et les autres seront tĂ©lĂ©chargeables trĂšs prochainement. DĂ©couvrez-en plus ici.
Quelle est la différence entre les formules tarifaires ?
Les deux abonnements vous donnent un accĂšs complet Ă  la bibliothĂšque et Ă  toutes les fonctionnalitĂ©s de Perlego. Les seules diffĂ©rences sont les tarifs ainsi que la pĂ©riode d’abonnement : avec l’abonnement annuel, vous Ă©conomiserez environ 30 % par rapport Ă  12 mois d’abonnement mensuel.
Qu’est-ce que Perlego ?
Nous sommes un service d’abonnement Ă  des ouvrages universitaires en ligne, oĂč vous pouvez accĂ©der Ă  toute une bibliothĂšque pour un prix infĂ©rieur Ă  celui d’un seul livre par mois. Avec plus d’un million de livres sur plus de 1 000 sujets, nous avons ce qu’il vous faut ! DĂ©couvrez-en plus ici.
Prenez-vous en charge la synthÚse vocale ?
Recherchez le symbole Écouter sur votre prochain livre pour voir si vous pouvez l’écouter. L’outil Écouter lit le texte Ă  haute voix pour vous, en surlignant le passage qui est en cours de lecture. Vous pouvez le mettre sur pause, l’accĂ©lĂ©rer ou le ralentir. DĂ©couvrez-en plus ici.
Est-ce que I sumeri est un PDF/ePUB en ligne ?
Oui, vous pouvez accĂ©der Ă  I sumeri par Franco D'Agostino en format PDF et/ou ePUB ainsi qu’à d’autres livres populaires dans Storia et Storia antica. Nous disposons de plus d’un million d’ouvrages Ă  dĂ©couvrir dans notre catalogue.

Informations

Éditeur
Hoepli
Année
2020
ISBN
9788820397593
Sujet
Storia
Sous-sujet
Storia antica
1
La lunga via dell’Occidente alla scoperta dei Sumeri
La Mesopotamia nella tradizione anticotestamentaria e greca
La memoria del mondo antico orientale mesopotamico e dei popoli che ne erano stati protagonisti Ăš stata tramandata nella cultura occidentale grazie essenzialmente a due filoni storici e culturali ben definiti. Da un lato, i testi dell’Antico Testamento, quelli storici essenzialmente, raccontavano le vicende che videro contrapposto il popolo di Israele alle grandi potenze babilonese e assira, individuando nell’elemento della cattivitĂ  a Babilonia il punto focale di uno scontro considerato inconciliabile tra il mondo dell’ortodossia giudaica, che si identificava nel monoteismo antico-testamentario, e quello politeista mesopotamico. Dall’altro, una lunga sequela di scrittori in lingua greca aveva tramandato il ricordo e la storia di popoli e personaggi legati a quello stesso mondo orientale, dove il fulcro era perĂČ rappresentato dallo scontro – divenuto epico nella tradizione greca – con quel mondo persiano che erano riusciti a sconfiggere, mentre l’incontro con l’Assiria e Babilonia appariva ai loro occhi assai meno significativo e fondante per la loro tradizione.
L’aspetto piĂč rilevante, in questa duplicitĂ  della memoria in Occidente del mondo orientale, Ăš il fatto che entrambe queste tradizioni veicolavano una visione parziale e negativa dell’Oriente antico, mesopotamico essenzialmente. I Greci avevano avuto lunghi e proficui rapporti culturali e storici con Babilonesi e Assiri, e nella loro tradizione dichiaravano espressamente di considerare la cittĂ  di Babilonia uno dei centri culturali piĂč importanti del loro tempo, tanto che Alessandro Magno – che vi morĂŹ nel 323 a.C. – voleva ricostruirla per farne la capitale del suo immenso regno. Tuttavia, essi non avvertirono la civiltĂ  mesopotamica come una fonte culturale della nuova tradizione ellenistica; la sua descrizione e la sua importanza sono infatti oscurate dal mondo persiano, che i Greci avevano invece conosciuto direttamente e la cui contrapposizione era considerata un elemento fondamentale della costruzione identitaria della tradizione greca stessa. A dimostrazione di ciĂČ, durante l’ellenismo, nei secoli IV e III a.C., quando il mondo e la lingua greca avevano preso possesso di gran parte delle aree geografiche mediorientali che avevano visto la straordinaria fioritura e poi la decadenza dei popoli mesopotamici, un prete scongiuratore di Babilonia, Berosso (350-270 a.C.), provĂČ a descrivere al pubblico greco, in greco, la lunghissima storia e la ricca cultura della Mesopotamia, dedicando la sua opera intitolata Le cose babilonesi (TĂ  BabyloniakĂ ) al re macedone Antioco I (324-261 a.C.). Tuttavia, nonostante il compilatore fosse considerato nella storia culturale di questi ultimi il fondatore dell’astrologia greca, la sua opera non ebbe la diffusione che l’autore aveva sperato e la lunghissima tradizione babilonese e assira cadde presto nell’oblio e nella dimenticanza della cultura ellenistica e quindi della tradizione occidentale tout court.
Gli Ebrei poi, soprattutto l’ortodossia monoteista post-esilica, riconobbero chiaramente il grande e pericoloso fascino che Babilonia esercitava nei confronti di coloro che vi erano stati deportati e la considerarono sempre, conseguentemente, un nemico da dileggiare e annientare. Babilonia, come simbolo dell’intero mondo mesopotamico, divenne cosĂŹ la “grande meretrice” e il suo nome, che significa in origine “la Porta degli DĂši”, venne con malizia ideologica reinterpretato come derivante dalla radice blbl, “balbettare”. Questa tradizione negativa nel libro piĂč fondante del mondo occidentale, cioĂš l’Antico Testamento, fece sĂŹ che Babilonia divenisse nella tradizione cristiana il simbolo del male, la “CittĂ  del Diavolo”, in opposizione a Gerusalemme, la “CittĂ  di Dio”.
Ma nĂ© gli Ebrei, nĂ© i Greci hanno mai raccontato, nella loro tradizione scritta, del popolo dei Sumeri: la sua evoluzione storica, che si era dipanata nel III millennio a.C., era ormai troppo lontana da loro, che avevano iniziato nel I millennio a.C. a mettere per iscritto la propria storia, perchĂ© potessero avere sentore della sua esistenza e della sua importanza e significato. Nulla sapeva piĂč la cultura occidentale dei Sumeri, la cui lingua, tradizione spirituale e storia rappresentano quindi una rivelazione assai recente e la cui entusiasmante riscoperta nel corso del XIX secolo ripercorreremo nei paragrafi che seguono.
E la strada verso la riconquista del mondo dei Sumeri fu aperta, come spesso nella storia europea, dall’archeologia.
La riscoperta archeologica della Mesopotamia
L’incontro con la realtĂ  storica rappresentata da Assiria e Babilonia l’Occidente lo ebbe quando, nei primi decenni del XIX secolo, alcuni pionieri cominciarono a scavare l’area dove era nata e si era sviluppata la Mesopotamia antica, nel caso specifico essenzialmente l’Assiria. L’italo-francese Paul-Emile Botta (1802-1870) e il britannico Austen Henry Layard (1817-1894), infatti, portarono alla luce alla metĂ  del XIX secolo rispettivamente le rovine della cittĂ  di Dur-Ć arrukin, “Fortezza del re Sargon” (odierna Khorsabad) e di Ninive, che si trovavano adiacenti o nelle vicinanze della cittĂ  di Mosul (Iraq settentrionale). La prima era stata voluta dal sovrano assiro Sargon II (722-705 a.C.), che la fece erigere tra il 717 e il 706 a.C. per essere la sua capitale: essendo egli morto in battaglia nel 705, la cittĂ  e il suo sontuoso palazzo, ancora non del tutto terminati, vennero abbandonati e non piĂč riabitati. Ninive, invece, che si trova su una collina artificiale detta Kuyunjik a ridosso di Mosul, era divenuta la capitale dell’impero assiro sotto Esarhaddon (681-669 a.C.), poi ampliata e abbellita da suo figlio Assurbanipal (669-626 a.C.). Tra il 1842 e il 1850 un numero straordinario di oggetti provenienti da questi scavi, effettuati da Botta e Layard o dai loro successori, raggiunse le sale del Louvre o del British Museum, dove ancora oggi si possono ammirare e tra i quali spiccano per monumentalitĂ  e pregio artistico gli ortostati e le lamassu, geni in forma di tori alati con testa umana (androcefali) che erano posti a guardia delle entrate della cittĂ  e dei palazzi assiri.
Tra questi reperti, che avevano per l’Occidente anche un valore ideologico in quanto erano considerati la prova della veridicitĂ  del racconto biblico, destavano un interesse particolare per il mondo occidentale quelli iscritti con una complessa grafia, detta cuneiforme (a forma di chiodo) a causa della sua sagoma particolare (pare che il termine sia stato coniato tra il XVII e il XVIII secolo da Thomas Hyde ed Engelbert KĂ€mpfer indipendentemente l’uno dall’altro). Queste iscrizioni, incise sulla pietra o sull’argilla, rappresentavano una forma di scrittura che sfidava l’acume e l’intelligenza dei filologi europei, che si misero ben presto al lavoro per decifrarla. La scoperta della celeberrima Biblioteca di Assurbanipal a Ninive da parte di Layard nel 1849, le cui circa 30.000 tavolette e frammenti vennero trasferiti al British Museum l’anno seguente, dette l’impulso definitivo alla decifrazione della lingua che questi testi veicolavano. SarĂ  proprio all’interno di questa tradizione scritta che si trovarono le prime vestigia di un passato assai piĂč arcaico, la cui esistenza si poteva intuire di quando in quando nei testi babilonesi e assiri. Ma il primo passo fu la decifrazione della lingua babilonese.
La decifrazione del cuneiforme assiro-babilonese
Alla decifrazione del cuneiforme si giunse attorno alla metĂ  del XIX secolo, alla fine di un lungo percorso iniziato nel 1621, quando il pellegrino romano Pietro Della Valle aveva inviato per lettera a un amico, per la prima volta nella storia occidentale, cinque segni cuneiformi che aveva copiato su una stele a Persepoli, in Iran. In realtĂ , benchĂ© si trattasse formalmente di una grafia cuneiforme, la lingua che quella stele veicolava era l’antico persiano, la lingua con cui si esprimevano il potere e la cancelleria dell’impero achemenide e della sua capitale Persepoli. Inventato, secondo la tradizione, nel V secolo a.C. da Dario I il Grande (550-486 a.C.), l’antico persiano rappresentava in realtĂ  solo una delle lingue in cui si esprimeva la propaganda regale degli Achemenidi: le altre due erano il babilonese, con centro principale Babilonia, e l’elamita, incentrato sulla cittĂ  e l’area di Susa, anch’essa oggi in Iran. Ogni iscrizione reale dei sovrani achemenidi ripeteva lo stesso testo in tutte e tre queste lingue fondamentali del loro immenso impero, sempre rispettando l’ordine seguente: persiano antico, elamita, babilonese (dette quindi a quel tempo rispettivamente prima, seconda e terza scrittura persepolitana). Fu proprio il persiano antico a essere decifrato per primo, grazie al numero relativamente ristretto di segni (42) e alla sua parentela, riconosciuta assai presto, con il ceppo linguistico indoeuropeo. Questo permise a sua volta la decifrazione del babilonese, lingua del ceppo semitico, nella cui grafia si potevano riconoscere alcune centinaia di segni; l’elamita invece, scritto con circa 110 segni, Ăš a tutt’oggi lingua non perfettamente nota. Non Ăš il caso qui di ripercorrere la lunga via che condusse i filologi occidentali a poter leggere i testi assiro-babilonesi, perchĂ© questo sarebbe l’argomento di un libro diverso, ma bisogna almeno ricordare una data fondamentale di questa storia.
Il 25 maggio 1857 Ăš tradizionalmente considerato, all’interno degli studi sul mondo antico mesopotamico che si espresse in grafia cuneiforme, la data di nascita dell’assiriologia, la scienza che studia la tradizione antica scritta in cuneiforme di quest’area mediorientale. La ragione di una data cosĂŹ precisa Ăš presto detta. Al fine di dirimere la questione se il cuneiforme fosse stato decifrato, o fosse in via di esserlo, come affermavano alcuni, oppure se esistessero ancora dubbi e interpretazioni tanto differenti nelle traduzioni dei testi da impedire di parlare della nascita di una nuova “scienza” filologica, come invece dicevano altri, la britannica Royal Asiatic Society decise di fare un esperimento che chiarisse definitivamente la situazione. AssegnĂČ a quattro studiosi internazionali un testo che era stato appena ritrovato nelle rovine dell’antica cittĂ  di Assur affinchĂ© lo traducessero e studiassero, senza perĂČ potersi consultare gli uni con gli altri: in seguito le buste sigillate con le traduzioni sarebbero state aperte in seduta plenaria e confrontate tra loro per confermare o meno la realtĂ  della decifrazione. Era chiaro che se le traduzioni del testo fossero state simili tanto da poter essere comparate, allora si sarebbe potuto parlare di decifrazione compiuta e dell’assiriologia come ultima scienza filologica dell’Occidente. I quattro studiosi contattati per questo particolare esperimento erano gli inglesi Henry Rawlinson (1810-1895), uno dei primi e piĂč illustri esperti di cuneiforme del British Museum, e William Henry Fox Talbot (1800-1877), l’irlandese reverendo Edward Hincks (1792-1866) e il franco-tedesco Jules Oppert (1825-1905) – di costoro riparleremo anche a proposito della ricostruzione della lingua sumerica.
Ebbene, riassumendo quanto Ăš ricordato nel volumetto che venne stampato dalla Royal Asiatic Society di Londra a memoria dell’evento, gli esaminatori attestarono che le coincidenze fra le traduzioni erano davvero notevoli, sia per quanto riguarda il senso generale che la resa specifica delle singole frasi. Nella maggior parte dei casi c’era una forte corrispondenza nel significato proposto, e occasionalmente anche un’evidente identitĂ  di espressione rispetto a parole particolari. Nei casi in cui versioni differivano significativamente tra loro, spesso ogni traduttore aveva segnato il passaggio come dubbio o non chiaro; infine, nell’interpretazione dei numeri c’era una corrispondenza quasi univoca. Insomma, seguendo la conclusione che si legge nel verdetto emesso, le somiglianze nella traduzione erano talmente precise da rendere irragionevole supporre che l’interpretazione potesse essere casuale, considerata arbitraria o fondata su basi incerte. Era nata una scienza, e poichĂ© il testo dato in traduzione proveniva da Assur e apparteneva, per la cronaca, al sovrano Tiglath-pileser I (1114-1076 a.C.), essa fu chiamata assiriologia.
Ma ben presto ci si accorse che nel mondo che i testi assiro-babilonesi raccontavano ai filologi si nascondeva una realtĂ  piĂč arcaica che ne era alle fondamenta grafiche, linguistiche e culturali, misteriosa ed evanescente...
Una nuova lingua, un nuovo popolo
Il sistema grafico di fronte al quale si trovarono i decifratori, infatti, aveva una caratteristica assai peculiare. I segni cuneiformi potevano essere utilizzati allo stesso tempo sia come sillabogrammi per il loro valore fonetico, che come ideogrammi a indicare da soli una parola specifica. Per citare un esempio, al fine di esprimere la parola “cane”, in assiro-babilonese kalbum, i babilonesi e gli assiri potevano usare quattro segni come sillabe, ka-al-bu-um, oppure scrivere un unico segno che da solo indicava la parola “cane”, nel caso specifico il segno che aveva lettura u r (maggiori dettagli sulla struttura del sistema cuneiforme sumerico si ritroveranno nel capitolo 2).
Questa caratteristica rendeva assai complessa l’identificazione dei nomi di persona (antroponimi), i quali, quando si decifra una lingua scritta in una grafia ignota sulla base di un testo noto, sono ciĂČ che si cerca di individuare prima di ogni altra cosa: si tratta, infatti, di realtĂ  linguistiche che teoricamente non mutano in modo eccessivo e dovrebbero essere in genere chiaramente riconoscibili, permettendo cosĂŹ di ricostruire il suono di segni ignoti. Si osservi che nel mondo antico mesopotamico gli antroponimi hanno sempre un significato trasparente e chiaro, che spesso rappresenta una frase giaculatoria o un’esortazione. Dunque, cosĂŹ come una parola poteva essere resa usando i segni come sillabogrammi o come ideogrammi, cosĂŹ anche uno stesso antroponimo poteva essere scritto in modi diversi. Per esempio NabĂ»-kudurrÄ«-uáčŁur, nome babilonese del biblico Nabucodonosor (Nebuchadnezzar) II (604-561 a.C.), che significa in babilonese “O dio NabĂ», proteggi la mia progenie!”, il quale poteva essere scritto in molti differenti modi, tra i quali:
NabĂ»
kudurrī
uáčŁur
dNa-bu-u2
ku-dur2-ri
u2-áčŁu-ur
dAĝ
niĝ2-du
ĆĄeĆĄ
Il piccolo segno “d” in apice davanti al nome del dio NabĂ» Ăš il suono iniziale del termine sumerico “diĝir”: questo segno, detto classificatore o determinativo, viene utilizzato nella grafia cuneiforme per indicare che ciĂČ che segue Ăš il nome di un dio; il segno /ĝ/ si legge /ng/ come nell’italiano “stanga”; la ragione del numero in pedice in taluni segni, che si legge semplicemente come il numero cardinale corrispondente (es. “u due”, “dur due” ecc.), viene spiegata nel capitolo secondo.
Si noti che ogni parte del nome puĂČ essere scritta in ciascuno dei modi presentati (e altri ancora), cosa che rendeva la procedura della decifrazione molto laboriosa. In sintesi, uno scriba babilonese o assiro poteva usare indistintamente una grafia completamente fonetico-sillabica (es. dNa-bu-u2-ku-dur2-ri-u2-áčŁur ed eventuali varianti) oppure una del tutto ideografico-logografica (dAĝ-niĝ2-du-ĆĄeĆĄ) per esprimere lo stesso nome.
Ma a questo punto sorse spontanea una considerazione ai decifratori, che li obbligĂČ a dubitare dell’origine babilonese di quel sistema grafico. Infatti, se chi aveva inventato la scrittura fosse stato di ceppo semitico, come appunto erano i Babilonesi e gli Assiri, i valori ideografici dati ai segni sarebbero dovuti essere simili, o almeno vicini, ai suoni delle rispettive parole usate in quel gruppo linguistico. In altre parole, e dall’altro punto di vista, era impossibile che l’inventore del sistema grafico cuneiforme parlasse una lingua semitica, perchĂ© in nessuna lingua di questo ceppo “cane” si dice ur, “progenie” appare come niĝ2-du o “proteggere” suona ĆĄeĆĄ: chi aveva dato il nome ai segni non era stato un semita (pare che il primo a formulare questa ipotesi sia stato Edward Hincks).
I Sumeri cominciavano a fare capolino attraverso i testi assiro-babilonesi e l’Occidente era pronto ad accoglierli. Mentre si rimanda al capitolo 2 per una descrizione generale del sistema grafico cuneiforme e della lingua che questo veicolava, seguiamo ora quello che accadde in Europa dopo questa inaspettata e affascinante scoperta.
E finalmente i Sumeri!
Per comprendere quale fu la reazione dell’intellighencija europea all’apparire sulla rib...

Table des matiĂšres