Parte prima
ARITMETICA E ALGEBRA
1
Il rockânâroll dellâorologio
One, two, three oâclock, four oâclock, rock
Five, six, seven oâclock, eight oâclock, rock
Nine, ten, eleven oâclock, twelve oâclock, rock
Weâre gonna rock around the clock tonight.
Max C. Freedman e James E. Myers,
âRock Around the Clockâ, 1954
LunedĂŹ 12 aprile 1954. Un traghetto in viaggio tra Philadelphia e New York rimase bloccato in una secca. A bordo câera un cantante piuttosto noto, Bill Haley, assieme alla sua band, i Comets. Avevano da poco firmato un contratto con la Decca e quel giorno dovevano raggiungere il Pythian Temple per registrare alcuni brani. Per loro era lâoccasione della vita, ma quellâinconveniente rischiava di mandare tutto allâaria.
In studio, il produttore Milt Gabler (zio del futuro attore Billy Crystal), insofferente, meditava di dare il benservito alla band. Per loro fortuna, i musicisti arrivarono, sia pure per un pelo, e, ancora col fiatone, attaccarono âThirteen Women (and Only One Man in Town)â, perchĂ© era questa la canzone che Gabler aveva in mente di pubblicare.
Quasi tutta la session venne dedicata a questo pezzo. Solo negli ultimi dieci minuti Bill Haley riuscĂŹ a convincere Gabler ad ascoltare una canzone quasi sconosciuta, scritta due anni prima da Max C. Freedman, un ex annunciatore radiofonico nato nel 1893 proprio a Philadelphia. Il titolo del brano era âRock Around the Clockâ. Pochi giorni prima, il 20 marzo, la canzone era stata incisa dalla band italo-americana Sonny Dae & His Knights con il titolo âWeâre Gonna Rock Around the Clock Tonight!â, passando totalmente inosservata.
Alla chitarra elettrica câera Danny Cedrone, collaboratore saltuario di Bill Haley: non avendo mai provato prima la canzone con il gruppo, improvvisĂČ un assolo, che diventĂČ uno dei piĂč famosi della storia. Cedrone fu pagato 21 dollari per quella performance e un paio di mesi dopo morĂŹ, a soli trentatrĂ© anni, cadendo dalle scale.
Al termine della registrazione, Milt Gabler decise di pubblicare un 45 giri con âThirteen Women (and Only One Man in Town)â sul lato A e âRock Around the Clockâ sul lato B. Con quel disco, uscito il 20 maggio, ebbe inizio la storia del rock, o per meglio dire la fase esplosiva del rockânâroll come fenomeno planetario di ribellione giovanile. E il merito, come potete immaginare, era tutto della canzone sul lato B.
Lâanno successivo, infatti, âRock Around the Clockâ fu inserita nella colonna sonora del film di Richard Brooks Blackboard Jungle (in Italia Il seme della violenza). La pellicola raccontava la storia di un professore dâinglese preso di mira da un gruppo di studenti ribelli. Fu la rivoluzione. Il film venne accusato di suscitare atti di vandalismo e violenza da parte dei teddy boys, dentro le sale cinematografiche e fuori. In particolare, fu colpito dagli strali dei benpensanti proprio il brano di Freedman.
Il film incassĂČ piĂč di 8 milioni di dollari nel mondo e favorĂŹ il successo straordinario di âRock Around the Clockâ: 25 milioni di copie vendute e un posto irremovibile nella storia del Novecento.
âRock Around the Clockâ non fu certo la prima registrazione della storia del rockânâroll. Molti brani degli anni precedenti si contendono questo primato: per esempio âThatâs All Right, Mamaâ di Arthur âBig Boyâ Crudup (1946), âGood Rocking Tonightâ di Roy Brown (1947), âRock the Jointâ di Harry Crafton, Wendell âDonâ Keane e Harry âDocâ Bagby (1949), âThe Fat Manâ di Fats Domino (1949), âRocket 88â di Ike Turner, marito della piĂč celebre Tina (1951). Ma il pezzo registrato da Bill Haley conobbe a partire dal 1955 un successo commerciale di gran lunga superiore, grazie al quale la rivoluzione potĂ© finalmente prendere il volo. Le armi di questa rivoluzione erano rullanti e chitarre elettriche, brillantina e gonne svolazzanti, balli scatenati e voglia di sostituire il ricordo di una guerra crudele con la musica e la spensieratezza.
Tra i versi della canzone si legge effettivamente un messaggio di rivolta sociale: lâespressione inglese around the clock significa âa oltranzaâ, â24 ore su 24â, âin modo continuativoâ. Il verso Weâre gonna rock around the clock tonight potrebbe quindi essere letto non giĂ come un innocente invito a partecipare a una festa notturna, ma come il manifesto di un movimento giovanile gioioso e perpetuo, di unâinsurrezione a tempo di rockânâroll.
E non puĂČ sfuggire il fatto che la canzone invita alla ribellione nel segno dei numeri e della matematica. Il testo Ăš infatti basato sulla sequenza dei numeri da 1 a 12, corrispondenti alle ore sul quadrante dellâorologio, ripetuta per due volte: la prima citazione Ăš tutta nella prima strofa, riportata a inizio capitolo, mentre la seconda Ăš diluita nelle strofe successive:
Put your glad rags on and join me, hon,
Weâll have some fun when the clock strikes one,
Weâre gonna rock around the clock tonight,
Weâre gonna rock, rock, rock, âtil broad daylight.
Weâre gonna rock, gonna rock, around the clock tonight.
When the clock strikes two, three and four,
If the band slows down weâll yell for more,
Weâre gonna rockâŠ
When the chimes ring five, six and seven,
Weâll be right in seventh heaven.
Weâre gonna rockâŠ
When itâs eight, nine, ten, eleven too,
Iâll be goinâ strong and so will you.
Weâre gonna rockâŠ
When the clock strikes twelve, weâll cool off then,
Start a rockinâ round the clock again.
Weâre gonna rockâŠ
Il verso Start a rockinâ round the clock again, cantato subito dopo la seconda occorrenza del 12, sottintende una nuova, terza ripetizione dei numeri da 1 a 12. Questo rafforza lâespressione around the clock e dĂ forma a un ciclo infinito di numeri del tipo:
1, 2, 3, âŠ, 11, 12, 1, 2, 3, âŠ, 11, 12, 1, 2, 3, âŠ, 11, 12, 1, 2, 3, âŠ
I numeri da 1 a 12 non servono soltanto per denotare le ore, ma piĂč in generale per contare. Tutti noi abbiamo imparato da piccoli a contare, per esempio fino a 10, dapprima ripetendo i primi numeri come una filastrocca e successivamente associando a ciascuno di essi un concetto di numerositĂ di un insieme di oggetti (un libro, due libri, tre libri ecc.).
Lâalba della matematica, collocabile probabilmente giĂ trecentomila anni fa, Ăš legata a una fondamentale intuizione. Un orso, una montagna e un albero hanno in comune il fatto di essere oggetti singoli, indipendentemente dalle loro nature differenti di orso, montagna e albero. Questa proprietĂ comune si puĂČ indicare graficamente con un simbolo, il numero 1 appunto. In modo analogo, due orsi, due montagne e due alberi rappresentano coppie di oggetti diversi, ma accomunate dal fatto di essere coppie: concetto che puĂČ essere rappresentato con un altro simbolo, il numero 2. E cosĂŹ via.
I numeri cosĂŹ introdotti sono chiamati ânaturaliâ dai matematici, proprio perchĂ© corrispondono allâidea di quantitĂ piĂč intuitiva possibile.
âDio creĂČ i numeri naturali, tutto il resto Ăš opera dellâuomoâ, disse il matematico tedesco Leopold Kronecker, vissuto nel XIX secolo. Come dire: i numeri naturali erano giĂ insiti nella natura delle cose e lâuomo li ha estrapolati osservando la realtĂ . Le altre categorie numeriche, come i numeri interi, i numeri razionali, i numeri reali, i numeri complessi, sono state definite successivamente mediante procedimenti di estensione piĂč astratti e sofisticati.
Ma come fece Dio, se cosĂŹ possiamo dire, a creare i numeri naturali? Una celebre risposta fu data nel 1889 da Giuseppe Peano, grande matematico cuneese noto per la sua eccentricitĂ oltre che per i suoi brillanti contributi scientifici (si racconta che, perso nei suoi ragionamenti, si dimenticasse regolarmente di presentarsi alle sessioni di esame dei suoi studenti allâUniversitĂ di Torino).
Il primo assioma di Peano stabilisce semplicemente che esiste un numero naturale chiamato zero. Ecco che lâinsieme viene inizialmente popolato con un elemento del tutto speciale, lo zero appunto. Curiosamente, questo numero cosĂŹ importante era sconosciuto nellâantichitĂ e fu introdotto in modo organico soltanto nel Medioevo. La prima intuizione dello zero come numero si deve probabilmente allo scienziato greco di epoca imperiale Tolomeo, che rielaborĂČ precedenti nozioni dellâastronomo greco Ipparco e degli antichi babilonesi. Furono i matematici indiani, in particolare Brahmagupta, vissuto nel VII secolo d.C., a recuperare le idee di Tolomeo e a costruire il primo sistema di numerazione posizionale, nel quale lo zero recita un ruolo fondamentale. In questo sistema la prima cifra da destra presente in un numero rappresenta il numero delle unitĂ , la seconda quello delle decine, la terza quello delle centinaia, la quarta quello delle migliaia e cosĂŹ via. La cifra zero viene usata per rappresentare i posti âvuotiâ e diventa cosĂŹ un numero a tutti gli effetti. I matematici arabi impararono il sistema posizionale dagli indiani e a loro volta lo trasmisero in Europa intorno al XIII secolo (in questo passaggio fu cruciale il contributo del matematico pisano Fibonacci, protagonista del capitolo 3).
Il secondo assioma di Peano afferma che per ogni numero naturale ce nâĂš sempre un altro che Ăš il suo âsuccessoreâ. Il terzo assioma chiarisce meglio questa faccenda dei successori, precisando che numeri naturali diversi hanno successori diversi. Il quarto assioma specifica che lo zero non Ăš successore di alcun numero naturale.
A questo punto, anche un alieno che non avesse mai sentito parlare di numeri naturali dovrebbe essersi fatto unâidea abbastanza chiara di cosa ci sia dentro questo insieme numerico: sicuramente câĂš un numero speciale che Ăš lo zero, poi câĂš il suo successore, quindi il successore del successore e cosĂŹ via. Va da sĂ© che alla parola âsuccessoreâ dovrebbe essere attribuito il suo significato concreto, ovvero quello di numero immediatamente successivo, ottenuto aggiungendo unâunitĂ al numero di partenza. Dove ci conduce questa catena numerica? Grazie al terzo assioma siamo certi che i numeri che via via incontreremo saranno sempre diversi. Inoltre, il quarto assioma ci assicura che non potremo mai incontrare di nuovo lo zero. La conseguenza logica Ăš che questa successione ci porta, virtualmente, verso lâinfinito.
Per chiarire le modalitĂ di questo avvicinamento progressivo, Peano introdusse un quinto assioma, che afferma quanto segue. Supponiamo che A sia un sottoinsieme dei numeri naturali contenente lo zero. Ipotizziamo anche che A sia fatto in modo tale che se un certo numero naturale vi appartiene, anche il suo successore ne faccia parte: allora A comprende tutti i numeri naturali. Il quinto assioma Ăš il celebre principio di induzione applicato ai numeri naturali.
I numeri naturali, cosĂŹ ben definiti da Peano, rappresentano lâideale porta di ingresso del grande palazzo della matematica e a me pare meravigliosamente significativo che, ad accoglierci, sia stata proprio la canzone che ha simbolicamente dato avvio alla storia del rock: âRock Around the Clockâ, appunto. Tuttavia, la sequela di numeri naturali snocciolati da Bill Haley non sembra seguire lâordine suggerito dagli assiomi di Peano. In questo elenco, infatti, il successore di 12 non Ăš 13, come avviene nellâusuale lista, ma 1. Questo rispetta in pieno il comportamento delle lancette di un orologio, che sono soltanto dodici e non ventiquattro, e meno che meno infinite.
Dai cinque assiomi di Peano possiamo derivare questa particolare sequenza di numeri naturali che continua a âciclareâ allâinfinito tra 1 e 12? No di certo: se ci fate caso, il testo di âRock Around the Clockâ ignora bellamente il primo assioma di Peano. Lo zero, infatti, non viene adoperato e in sua assenza, senza infrangere alcun assioma, il numero 1 puĂČ tranquillamente giocare il ruolo di successore del 12, cosĂŹ da âavvolgereâ ripetutamente i numeri su loro stessi. Abbiamo scoperto, quindi, che si possono creare sistemi formali del tutto coerenti che rispettano solo una parte degli assiomi di Peano: il mondo aritmetico di âRock Around the Clockâ Ăš una perfetta incarnazione del secondo e del terzo assioma.
Intendiamoci, non si tratta di unâinvenzione di Max C. Freedman, ma di un sistema aritmetico introdotto un secolo e mezzo prima e noto come aritmetica modulare. Immaginate che in questo momento siano le ore 22 in Italia: che ora Ăš a Tokyo, il cui fuso orario Ăš 8 ore avanti rispetto allâItalia?1 Calcolando la somma 22 + 8 si ottiene 30. A Tokyo sono dunque le ore 30? Ovviamente no, direte voi, che discorsi sono? Sono le 6 del mattino, perchĂ© aggiungendo due ore alle 22 si arriva a mezzanotte e aggiungendone altre sei si fanno le 6 del mattino. Ecco, magari senza rendervene co...