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Gli spazi teorici della rivoluzione industriale in Inghilterra: filosofia utilitarista, economia politica, ideologia socialista, estetica romantica
1.1 Linee generali
a) La metamorfosi dellâInghilterra e le domande provenienti dal «sociale»
Lâevento che trasformĂČ radicalmente la vita sociale dellâInghilterra tra la metĂ del â700 e i primi decenni dellâ800 fu la rivoluzione industriale unita alla formazione di una sempre piĂč vasta proprietĂ fondiaria sulla base della distruzione dellâantico istituto delle terre comunali. Profitto industriale e rendita fondiaria saranno in competizione tra loro: ma anche questa competizione Ăš uno degli elementi che costituiscono il quadro sociale dellâInghilterra capitalista moderna, quel quadro sociale che anticiperĂ le condizioni generali che hanno caratterizzato la vita sociale del mondo contemporaneo. NellâInghilterra del decollo industriale noi possiamo leggere lâelemento decisivo della storia contemporanea.
La formazione di un esteso capitale industriale, la trasformazione tecnologica dei processi di produzione, i fenomeni di concentrazione territoriale delle industrie, lâinurbamento di grandi masse di lavoratori che nella campagna non erano in grado di trovare i mezzi di sussistenza e quindi erano attirati dal salario industriale, lâorganizzazione del commercio nazionale e internazionale, furono fenomeni che in qualche decennio resero irriconoscibile lâInghilterra ai suoi stessi abitanti piĂč anziani, generarono situazioni sociali completamente differenti e sentimenti sociali sconosciuti.
Lâorgoglio di unâInghilterra dalle libere istituzioni, unito a quello per i privilegi connessi alle locali autonomie, che era un elemento che accomunava il ceto nobile, i piccoli proprietari e tutta la popolazione rurale, lasciĂČ il posto per atteggiamenti radicalmente differenti. Lâago della bussola sociale passava dal paesaggio agricolo a quello industriale e in questo paesaggio, strutturato tutto come elemento complementare alla vita produttiva della fabbrica, erano scomparse tutte le condizioni che costituivano lâunitĂ sociale e nazionale della «vecchia Inghilterra».
Profitto e salario erano le entitĂ sociali che creavano una frattura che si riproduceva in tutta la vita sociale del paese: la cittĂ residenziale diventava il nucleo produttivo industriale con le abitazioni operaie; le residenze del ceto imprenditoriale, viceversa, si decentravano. La grande cittĂ nasceva come unitĂ produttiva e divisione sociale.
A sua volta la campagna mutava volto: prima di tutto il diffondersi delle recinzioni, che riducevano le terre comunali e ampliavano le dimensioni della proprietĂ agraria, dove la produzione avveniva secondo criteri capitalistici, per cui lâagricoltore familiare nei confronti della rendita fondiaria veniva a trovarsi in una situazione analoga a quella del ceto operaio nei confronti del profitto industriale. Spariva la piccola proprietĂ contadina che univa al ricavo del lavoro della terra un piccolo reddito derivante dalla lavorazione casalinga soprattutto di prodotti tessili e aumentava cosĂŹ sia lâesercito di riserva per lâindustria, sia la quantitĂ di lavoranti a giornata e il numero dei veri e propri mendicanti che erano ormai a carico della pubblica assistenza.
La morfologia della società inglese mutava radicalmente e mutavano gli stessi oggetti che la riflessione teorica faceva propri. Era naturale che, in un momento in cui la vita sociale era sottoposta a cosÏ decisiva metamorfosi, fossero domande provenienti dal «sociale» a investire la sfera teorica. Vediamo quale e come.
Ă agli inizi dellâ800 che viene scoperta la dimensione politica come elemento della emancipazione sociale: esprimere la propria volontĂ politica con un suffragio generalizzato appare come la creazione di una forma nuova di potere politico, che sarebbe stato legittimato a intervenire sul meccanismo economico promuovendo quelle riforme che potevano rendere meno tragica la condizione dei lavoratori. Il problema del voto politico, il tema dello stato rappresentativo, della libertĂ di stampa, della riforma della legislazione furono tutte questioni che in quegli anni si imposero contemporaneamente alle rivendicazioni che nascevano dalle primissime associazioni sindacali del movimento operaio.
Il modo violento con cui il potere politico conservatore reagiva nei confronti del movimento operaio â lâassociazione sindacale, per esempio, era considerata alla stregua di unâassociazione per delinquere â e contemporaneamente la mancanza di un quadro giuridico adeguato che fosse in grado di riflettere il mondo delle trasformazioni economiche e sociali, generavano sulla riflessione teorica un compito nuovo. Occorreva concepire una riforma della legislazione. Il potere pubblico dello stato, che nella riflessione economica di Smith non ha un ruolo sociale nei confronti del processo economico ritenuto giĂ nel suo equilibrio spontaneo quanto di meglio Ăš possibile realizzare, acquista una dimensione differente. Ă lo spazio politico che occupa il radicalismo inglese ed Ăš questa condizione a dare uno spessore storico specifico alla filosofia politica e sociale inglese da Bentham a Mill: cioĂš a fornire lâoggetto e lâambito della riflessione.
Lâutilitarismo di Bentham Ăš un atteggiamento filosofico che Ăš comprensibile se strettamente congiunto almeno con un altro presupposto ideologico: la possibilitĂ di una guida politica e intellettuale della societĂ che, attraverso le leggi, ottenga un grado superiore di felicitĂ per tutti.
Nel suo presupposto ideologico lâutilitarismo si connette con lâidea illuministica di potere politico, ma in quanto parla di utilitĂ e non di giustizia o di diritto naturale riserva alla guida politica un compito che sia tutto misurabile in una situazione concreta.
b) Il giudizio della cultura inglese sulla Rivoluzione francese Il fatto che in Inghilterra i problemi di una radicale democrazia politica (Parlamento rappresentativo, voto generalizzato, libertĂ di associazione e di stampa ecc.) nel momento del loro decollo allâinizio del secolo prendessero forma solo contemporaneamente allo sviluppo del movimento operaio, derivava da una situazione storica specifica, che risalta molto bene dal giudizio che la cultura inglese aveva dato della Rivoluzione francese e risaliva al confronto politico e militare in cui lâInghilterra fu poi impegnata con la Francia nel periodo napoleonico. Il giudizio piĂč noto da parte inglese sulla Rivoluzione francese fu quello di Burke, ma fu un giudizio che nel ceto dirigente inglese in senso lato fu largamente diffuso.
La Rivoluzione francese era ritenuta un atto di atroce violenza che voleva instaurare forme politiche nuove sulla base di princĂŹpi astratti rifiutando ciĂČ che lâesperienza politica insegna, e cioĂš che le istituzioni possono essere solo modificate lentamente, dato che lâintelligenza politica non consiste nellâopporre idee filosofiche astratte alla situazione esistente, ma nel trovare parzialmente le soluzioni che sono realmente manipolabili nelle condizioni concrete.
In questo tipo di giudizio e nella forma della sua «saggezza» vi era una radicale incomprensione delle ragioni che avevano condotto alla rivoluzione politica in Francia, incomprensione che era dovuta soprattutto ad unâindebita proiezione sulla Francia di quello che era stata lâevoluzione politica inglese dopo la Rivoluzione del Parlamento che aveva condotto allo smembramento dello stato assoluto e alla formazione delle autonomie politiche locali.
Ne derivĂČ un sistema di potere da tempo estremamente consolidato che costituiva il dominio di un ceto che spesso univa in se stesso gli antichi privilegi della nobiltĂ con i nuovi vantaggi di unâattivitĂ imprenditoriale agricola e commerciale. Ă del resto in questâarea sociale che Ăš collocabile in gran parte lâilluminismo inglese e la sua forma di civiltĂ intellettuale. Concetti come quello di «comune senso morale» richiedono per essere sostenuti una forte omogeneitĂ sociale e quindi un ambiente privo di opposizioni irriducibili.
Questo era dunque il modello politico che unâottica conservatrice assolutizzava nella sua interpretazione della Rivoluzione francese: esso diveniva ancora piĂč plausibile in quanto la Rivoluzione francese veniva veduta da questi interpreti conservatori in una dimensione mitica come delirio della violenza.
Si Ăš detto giustamente che gli Inglesi del blocco conservatore ricordavano ancora nei loro salotti i sorrisi di alcune di quelle teste nobili francesi che il rigore rivoluzionario aveva tagliato. Ma a parte queste considerazioni emotive (che perĂČ non bisogna trascurare per capire lo stile di una cultura) câera un altro fatto importante. Il blocco conservatore guardava ai fenomeni del processo di industrializzazione del paese, al proletariato industriale e alle sue rivendicazioni con lo stesso sguardo con cui giudicava la Rivoluzione francese.
Nelle guerre contro Napoleone il blocco conservatore riuscĂŹ a coagulare intorno alla propria bandiera i valori del patriottismo, della lotta alla Rivoluzione francese e della repressione contro i primi conati del movimento operaio. Questa situazione spiega, allâopposto, come i temi della democrazia politica e le prime rivendicazioni del movimento operaio si trovassero allâinizio del secolo dalla medesima parte.
c) La teoria dellâutile come strumento operativo per un nuovo equilibrio sociale
Quello che abbiamo rievocato Ăš nelle sue linee essenziali il panorama sociale in Inghilterra. CiĂČ che colpisce Ăš la profonditĂ della frattura sociale che attraversa il paese e lâinadeguatezza delle istituzioni giuridiche e politiche a regolare le nuove forme di socialitĂ . I poteri locali e il Parlamento stesso riflettono unâimmagine sociale dellâInghilterra che Ăš scomparsa.
CiĂČ che nel passato era certamente gerarchia sociale ma anche principio dâordine ora, in una situazione sociale differente, con classi sociali nuove, con i rapporti economici di scambio che divengono un elemento di mobilitĂ sociale mai conosciuta, Ăš solamente un fattore di repressione e di violenza. A livello filosofico una risposta molto articolata dei nuovi ceti borghesi, che cercĂČ proprio di adoperare i concetti teorici come strumenti di unâazione sociale equilibratrice, fu la filosofia utilitaristica della scuola di Geremia Bentham. I concetti centrali con cui pensare le tensioni sociali e i problemi emergenti furono questi. La societĂ Ăš un insieme in trasformazione. Per comprendere secondo un criterio ampio e funzionale i problemi della trasformazione occorre fare ricorso al criterio dellâutilitĂ per il maggior numero di persone. LâutilitĂ va considerata non secondo i parametri di un calcolo individuale, ma nella forma o nel progetto di unâazione che possa conseguire in un tempo ragionevole risultati che rapportati alla situazione esistente siano il massimo possibile di felicitĂ .
La filosofia diviene cosÏ la teoria della progettazione sociale, mentre il suo strumento Ú la riforma delle istituzioni politiche, affinché esse siano in grado di dirigere la società . Nascevano in questo tempo quelli che saranno alcuni concetti dominanti della filosofia politica inglese: evoluzione sociale, utilità , democrazia, riformismo.
PiĂč avanti, dopo il 1820, quando lâesperienza propria della classe operaia inglese produsse i suoi primi effetti a livello della riflessione teorica, ideologia socialista e utilitarismo filosofico assunsero ruoli diversi. Gli ideologi socialisti inglesi non mostrarono sempre la stessa fiducia negli interventi legislativi e nelle riforme politiche degli utilitaristi. Il movimento operaio avrebbe potuto superare la sua condizione di sfruttamento piĂč che con il ricorso a strumenti politici, cioĂš alla funzione dello stato e allâopera legislativa, con lâintervento diretto sul processo di produzione.
Lâassociazionismo operaio a livello produttivo doveva essere la misura immediata che doveva sottrarre il lavoro â unico produttore di valore economico â alla remunerazione parziale qual Ăš quella del salario. Questi temi derivavano dalla teoria economica di Ricardo. La stessa cui aderiva Bentham: tuttavia per i benthamiani â ideologi della borghesia imprenditoriale â la rivendicazione socialista per il diritto dei lavoratori a tutto il prodotto del lavoro era ragione di scandalo.
A livello della produzione teorica va aggiunto che se lâideologia utilitaristica fu un modo per recepire la prima stabilizzazione della rivoluzione industriale e dei suoi effetti sociali, vi furono importanti conseguenze filosofiche in almeno due altri modi. Lâuno a livello di una scienza il cui decollo era molto recente, lâeconomia politica; lâaltro a livello dellâestetica, che nei primi decenni dellâOttocento nella sua violenta polemica antiindustriale trasformĂČ sensibilmente i temi dellâestetica del gusto della filosofia sentimentalistica del secolo precedente.
d) Lâanalisi economica diviene analisi della societĂ
Il primo sviluppo industriale, quando non era ancora visibile lâassieme degli effetti sociali che esso provocava, era stato interpretato secondo lâalone ideologico dellâeconomia politica di Adamo Smith, che vedeva nello sviluppo delle forze produttive un elemento di progresso sociale.
Lâorganizzazione capitalistica e industriale della produzione veniva cosĂŹ veduta su una linea ideologica omogenea a quei temi lockiani che indicavano nella formazione della proprietĂ terriera a coltura intensiva un elemento destinato ad accrescere la ricchezza sociale in generale. Questo modo di acquisire culturalmente la rivoluzione industriale fu possibile fino a quando non si manifestarono lâinsieme degli effetti sociali che vi erano connessi.
Era stata la sociologia dellâilluminismo scozzese (Millar, Ferguson) ad analizzare come elemento tipico del nuovo modo di produzione la progressiva divisione sociale del lavoro come effetto sociale e psicologico: un tipo dâuomo condizionato da una forma statica di lavoro. E sempre questa sociologia aveva proiettato nellâinterpretazione del processo storico lâimportanza del modo di produzione, cioĂš dellâeconomia come elemento fondamentale per comprendere sia lâorganizzazione sociale sia le forme del potere politico delle varie societĂ . Era il contributo decisivo che la nuova esperienza dellâindustrialismo portava nel tipo di analisi storico-sociologiche che erano state inaugurate da Montesquieu. Quando perĂČ lo scontro di classe ai primi dellâOttocento apparve come lâelemento dominante dal punto di vista sociale dello sviluppo industriale, sia il quadro ideologico che quello conoscitivo mutarono considerevolmente.
Dal punto di vista della teoria, cioĂš dellâanalisi economica, gli elementi conflittuali dellâindustrialismo contribuiscono persino a mutare lâoggetto teorico della ricerca: non piĂč il meccanismo attraverso cui aumenta la ricchezza della nazione (come in Smith), ma il modo in cui le varie classi che compongono la societĂ si appropriano del prodotto dellâattivitĂ economica. E nella ricerca teorica di Ricardo, tesa ad identificare un elemento che costituisca il criterio per la formazione del valore di scambio delle merci, fu proprio il lavoro a divenire la categoria piĂč importante per la definizione del valore economico.
La quantitĂ di valore presente in una merce appariva riconducibile alla quantitĂ di tempo lavorativo «incorporato», cioĂš che era stato impiegato per costruirla. Lâeconomia politica metteva cosĂŹ in primo piano lâelemento sociale traente â il lavoro del proletariato â della stessa rivoluzione industriale.
Nello stesso tempo lâeconomista che per un ce...