La collezione come forma d'arte
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La collezione come forma d'arte

Elio Griazioli

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Se ogni epoca ha un suo modo di collezionare, quello contemporaneo Ăš segnato da un reciproco legame con la pratica artistica, tanto che le due attivitĂ  spesso si sovrappongono fin quasi a confondersi. Gli esempi abbondano: da Joseph Cornell, cacciatore di bizzarrie con cui compone le sue scatole divinatorie, a Claes Oldenburg, che espone come opera propria una raccolta di oggetti d'affezione; da Marcel Broodthaers, per cui il collezionare Ăš all'origine della scelta di diventare artista, a Hans-Peter Feldmann che, sulla scia di Malraux, da anni ritaglia, classifica e incolla immagini per un insolito museo. Il collezionismo non Ăš piĂč solo affare di chi, non artista, raccoglie oggetti in quantitĂ  rilevante, ma diventa modalitĂ  espressiva di quegli artisti che li radunano per costruire opere d'arte secondo il principio warburghiano del montaggio. D'altro canto, lo stesso collezionista Ăš un artista che accetta di esprimersi tramite immagini dotate di un forte potere simbolico, le quali diventano un'estensione della sua persona. Appena l'occhio li cattura, gli oggetti si caricano di qualitĂ  supplementari: spogliati della loro funzione, un sapiente lavoro di accostamenti e rimandi crea fra loro un fertile dialogo, dando vita a un insieme organico che non tollera mutilazioni. La collezione assume cosĂŹ lo statuto di opera d'arte.Eclettismo, trasversalitĂ , soffio personale definiscono una tipologia di collezione agli antipodi rispetto a quella chiusa e preordinata dei musei. A questa dimensione piĂč privata e creativa fa riferimento Elio Grazioli il quale, nel ricostruire il percorso che dalla Wunderkammer porta al collage e all'assemblage, racconta un collezionismo non utilitarista ma passionale, meno vetrina di rappresentanza e piĂč gioco per intenditori che sappiano apprezzare le articolazioni impreviste. Pratica, questa, che ha molto da insegnare a quelle istituzionali: una maggiore libertĂ  e una necessitĂ  piĂč sentita.

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Informations

Éditeur
Johan & Levi
Année
2018
ISBN
9788860101440

Note

II.
1 Stefano Bartezzaghi, “The Gutenberg Collection. Alcune figurine dalle collezioni del Novecento”, in Periodico del Palazzo delle Stelline, n. 3, primavera 2000.
2 Krzysztof Pomian, Collezionisti, amatori e curiosi, il Saggiatore, Milano 1989, p. 64.
3 Adalgisa Lugli, Dalla meraviglia all’arte della meraviglia, Galleria civica, Modena 1996, p. 29.
4 Lawrence Weschler, Il gabinetto delle meraviglie di Mr. Wilson, Adelphi, Milano 1999, p. 52.
5 Ivi, p. 69
6 Ivi, pp. 70.
7 Paolo Thea, “Percorsi del meraviglioso”, in Wunderkammer. Meraviglie d’arte in una stanza moderna, catalogo della mostra alla Fondazione Stelline, Milano 1999, p. 7.
8 Victor I. Stoichita, L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, il Saggiatore, Milano 1998, pp. 121-132.
9 Ivi, p. 85.
10 Ivi, p. 94.
11 Ivi, p. 110.
12 Ivi, p. 119.
13 Ibid.
14 Ivi, p. 120.
15 Krzysztof Pomian, op. cit., p. 9.
16 Vedi Jean Starobinski, 1789: i sogni e gli incubi della ragione, Garzanti, Milano 1981, p. 27.
17 Giovanni Macchia, Vita avventure e morte di Don Giovanni, ora in Ritratti, personaggi, fantasmi, Mondadori, Milano 1997, p. 783.
18 Ibid.
19 Champfleury, Il violino di faenza, Sellerio, Palermo 1990, p. 42.
20 Honoré de Balzac, Il cugino Pons, Garzanti, Milano 1993, p. 37.
21 Champfleury, op. cit., pp. 43-44.
22 Honoré de Balzac, op. cit., p. 40.
23 Joris-Karl Huysmans, A ritroso, Rizzoli, Milano 1953, p. 42.
24 Ivi, p. 81.
25 E. Langui, “G. van Geluwe”, in Les Beaux-arts, n. 671, citato in Pierre Cabanne, Le Roman des grands collectionneurs, Plon, Paris 1961, p. 7 (traduzione nostra).
26 Ivi, p. 9.
27 Ivi, p. 14.
28 Susan Sontag, “Nella grotta di Platone”, in Sulla fotografia, Einaudi, Torino 1978, p. 3.
29 Vedi Rosalind Krauss, “Gli spazi discorsivi della fotografia”, in Teoria e storia della fotografia, Bruno Mondadori, Milano 1996, p. 30: «E la fotografia in quale spazio discorsivo opera? Il discorso estetico sviluppatosi nel XIX secolo si Ăš sempre piĂč organizzato intorno a quello che potremmo chiamare lo spazio di esposizione».
30 Jean-François Chevrier dal canto suo collega la rivalutazione estetica degli archivi fotografici ottocenteschi alla ricostituzione di una «cultura della curiositĂ  anteriore alle specializzazioni istituzionali», rimandando dunque in questo modo ai “gabinetti di curiosità” passando per le nozioni di “documento poetico” e di “appropriazione” di stampo surrealista. Vedi Jean-François Chevrier, “La photographie comme modĂšle – une rĂ©Ă©valuation”, ora in Entre les beaux-arts et les mĂ©dia: photographie et art moderne, L’ArachnĂ©en, Paris 2010, pp. 52-57.
III.
1 AndrĂ© Breton, L’Amour fou, Einaudi, Torino 1974, pp. 25-26.
2 Lino Gabellone, L’oggetto surrealista: il testo, la città, l’oggetto in Breton, Einaudi, Torino 1977, p. 18.
3 Philippe-Alain Michaud, “Zwischenreich. Mnemosyne, o l’espressività senza oggetto”, in Ipso Facto, n. 7, maggio-agosto 2000, p. 47.
4 Ivi, pp. 48-49.
5 Ivi, p. 49.
6 Ibid.
7 Walter Benjamin, Tolgo la mia biblioteca dalle casse, in Opere complete, vol. iv, Einaudi, Torino 2002, p. 456.
8 Ivi, p. 457.
9 Ibid.
10 Ibid.
11 Ivi, pp. 457-458.
12 Ivi, p. 463.
13 Walter Benjamin, Parigi, la capitale del XIX secolo, in op. cit., vol. IX, p. 12.
14 Walter Benjamin, I “passages” di Parigi, in op. cit., vol. IX, p. 214.
15 Ivi, p. 215.
16 Ivi, p. 214.
17 Ivi, p. 222.
18 Ivi, p. 218.
19 Georges Didi-Huberman, Storia dell’arte e anacronismi delle immagini, Bollati Boringhieri, Torino 2007, pp. 110-111.
20 André Malraux, Le Musée imaginaire (1947), Gallimard, Paris 2006, p. 246 (traduzione nostra).
21 Ivi, p. 254.
22 Ivi, p. 256.
23 Ivi, p. 263.
24 Vedi Walter Benjamin, Breve storia della fotografia, in op. cit., vol. IV, e L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilitĂ  tecnica, in Opere complete, vol. VI; vedi inoltre Rosalind Krauss, L’inconscio ottico, Bruno Mondadori, Milano 2008, in particolare pp. 182-183. Per Malraux vedi tutto il capitolo III del MusĂ©e imaginaire, cit., pp. 88-176.
IV.
1 Kirk Varnedoe, High and Low, Museum of Modern Art, New York 1990, p. 311.
2 Charles Simic, Il cacciatore di immagini. L’arte di Joseph Cornell, Adelphi, Milano 2005, p. 58.
3 Vedi la ricostruzione puntuale della mostra in Stephan Schmidt Wulffen, “Le futur Ă  l’épreuve: This is Tomorrow, Whitechapel Gallery, London 1956”, in Katharina Hegewisch e Bernd KlĂŒser, L’art de l’exposition, Éditions du Regard, Paris 1998, pp. 227-241.
4 Claude LĂ©vi-Strauss, Il pensiero selvaggio (1964), il Saggiatore, Milano 2010, p. 29.
5 Ivi, p. 30.
6 Ivi, p. 31.
7 Ivi, pp. 31-32.
8 Ivi, pp. 32-33.
9 Ivi, p. 33.
10 Ivi, p. 34.
11 Ibidem.
12 Vedi Clement Greenberg, “Avanguardia e kitsch”, in L’avventura del modernismo, Johan & Levi, Milano 2011, pp. 37-51. Per quanto riguarda Adorno e Horkeimer il riferimento ù al loro Dialetttica dell’illuminismo (1966), Einaudi, Torino 2010.
13 Vedi Rosalind Krauss, L’arte nell’era mediale. Marcel Broodthaers, ad esempio, Postmedia books, Milano 2005.
14 Benjamin Buchloh, Marcel Broodthaers: Allegories of the Avant-Garde, citato in Rosalind Krauss, L’arte nell’era postmediale, cit., p. 29.
15 Marcel Broodthaers, Ma collection, citato in Rosalind Krauss, L’arte nell’era postmediale, cit., p. 42.
16 Rosalind Krauss, L’arte nell’era postmediale, cit., p. 41.
17 Vedi Walter Benjamin, Parigi, la capitale del XIX secolo, in op. cit., vol. IX, pp. 5-...

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