Storia del Cristianesimo Vol.3
eBook - ePub

Storia del Cristianesimo Vol.3

Evo moderno

Ernesto Buonaiuti

Partager le livre
  1. Italian
  2. ePUB (adapté aux mobiles)
  3. Disponible sur iOS et Android
eBook - ePub

Storia del Cristianesimo Vol.3

Evo moderno

Ernesto Buonaiuti

DĂ©tails du livre
Aperçu du livre
Table des matiĂšres
Citations

À propos de ce livre

Il cristianesimo è una religione a carattere universalistico, originata dal giudaismo nel I secolo, fondata sulla rivelazione ovvero sulla venuta e predicazione, contenuta nei Vangeli, di Gesù di Nazareth, inteso come figlio del Dio d'Israele e quindi Dio egli stesso, incarnato, morto e risorto per la salvezza dell'umanità, ovvero il Messia promesso, il Cristo.
Classificata da alcuni come "religione abramitica", insieme a ebraismo (da cui essa nasce) e islam, è la religione più diffusa, con una stima di circa 2,3 miliardi di fedeli nel mondo al 2015. Ernesto Buonaiuti (Roma, 25 giugno 1881 – Roma, 20 aprile 1946) è stato un presbitero, storico, antifascista, teologo, accademico italiano, studioso di storia del cristianesimo e di filosofia religiosa, fra i principali esponenti del modernismo italiano. Scomunicato e dimesso dallo stato clericale dalla Chiesa cattolica per aver preso le difese del movimento modernista, fu prima esonerato dalle attività didattiche, in base ai Patti Lateranensi tra Chiesa e Regno d'Italia, e poi privato della cattedra universitaria per essersi rifiutato, con pochi altri docenti (appena dodici), di giurare fedeltà al regime.

Foire aux questions

Comment puis-je résilier mon abonnement ?
Il vous suffit de vous rendre dans la section compte dans paramĂštres et de cliquer sur « RĂ©silier l’abonnement ». C’est aussi simple que cela ! Une fois que vous aurez rĂ©siliĂ© votre abonnement, il restera actif pour le reste de la pĂ©riode pour laquelle vous avez payĂ©. DĂ©couvrez-en plus ici.
Puis-je / comment puis-je télécharger des livres ?
Pour le moment, tous nos livres en format ePub adaptĂ©s aux mobiles peuvent ĂȘtre tĂ©lĂ©chargĂ©s via l’application. La plupart de nos PDF sont Ă©galement disponibles en tĂ©lĂ©chargement et les autres seront tĂ©lĂ©chargeables trĂšs prochainement. DĂ©couvrez-en plus ici.
Quelle est la différence entre les formules tarifaires ?
Les deux abonnements vous donnent un accĂšs complet Ă  la bibliothĂšque et Ă  toutes les fonctionnalitĂ©s de Perlego. Les seules diffĂ©rences sont les tarifs ainsi que la pĂ©riode d’abonnement : avec l’abonnement annuel, vous Ă©conomiserez environ 30 % par rapport Ă  12 mois d’abonnement mensuel.
Qu’est-ce que Perlego ?
Nous sommes un service d’abonnement Ă  des ouvrages universitaires en ligne, oĂč vous pouvez accĂ©der Ă  toute une bibliothĂšque pour un prix infĂ©rieur Ă  celui d’un seul livre par mois. Avec plus d’un million de livres sur plus de 1 000 sujets, nous avons ce qu’il vous faut ! DĂ©couvrez-en plus ici.
Prenez-vous en charge la synthÚse vocale ?
Recherchez le symbole Écouter sur votre prochain livre pour voir si vous pouvez l’écouter. L’outil Écouter lit le texte Ă  haute voix pour vous, en surlignant le passage qui est en cours de lecture. Vous pouvez le mettre sur pause, l’accĂ©lĂ©rer ou le ralentir. DĂ©couvrez-en plus ici.
Est-ce que Storia del Cristianesimo Vol.3 est un PDF/ePUB en ligne ?
Oui, vous pouvez accĂ©der Ă  Storia del Cristianesimo Vol.3 par Ernesto Buonaiuti en format PDF et/ou ePUB ainsi qu’à d’autres livres populaires dans ThĂ©ologie et religion et Christianisme. Nous disposons de plus d’un million d’ouvrages Ă  dĂ©couvrir dans notre catalogue.

Informations

Éditeur
Passerino
Année
2020
ISBN
9788835854876

«SOLI DEO GLORIA»

Alle origini della spiritualitĂ  moderna si Ăš verificato uno dei piĂș paradossali fatti che la storia del cristianesimo ricordi.
La vecchia unitĂ  medioevale, creata dallo spirito del Vangelo sopra la duplice categoria sociale della Chiesa e dell'Impero, si era venuta lentamente sfaldando. Quel magistero ecclesiastico, cui per secoli avevano soggiaciuto indiscriminatamente le genti europee, si era irrigidito nella sua disciplina universale, proprio nel momento in cui la Chiesa aveva perduto quel fascino ecumenico che traeva forza e giustificazione da una comune fede in un insieme di valori trascendenti, la cui realtĂ  imponeva, automaticamente, alla vita collettiva, centri di inibizione imperiosi e limitazioni morali indiscusse e irrefragabili.
Il senso di disagio, di inquietudine e di insurrezione che si era venuto condensando per entro alla grande famiglia dei credenti, sotto l'azione del progressivo mondanizzarsi della gerarchia e del crescente proposito di autonomia dei poteri politici, come era sboccato in Germania nella riforma di Lutero, cosĂ­ doveva sboccare nei paesi di lingua francese in quella di Calvino, e nei paesi di lingua inglese in una contaminazione di cattolicismo e di calvinismo.
Ma quale abissale differenza fra i vari corifei della sollevazione antiromana del secolo decimosesto!
Se un fondamento comune Ăš dato ai movimenti riformatori dal presupposto della giustificazione per fede, che non Ăš altro in fondo che la posizione suggerita dal bisogno di infrangere l'amministrazione dei carismi, tenuta da Roma nelle sue mani, su questo fondamento comune vengono ad innalzarsi costruzioni religiose, ciascuna delle quali tradisce i caratteri peculiari del rispettivo architetto.
Lutero Ăš il teutone iracondo, violento, accigliato, ignaro di qualsiasi freno e di qualsiasi autodominio nella esplosione della sua cupa e torbida insofferenza di disciplina e di moderazione.
Calvino Ăš lo spirito misurato e riflessivo, che non indietreggia neppur lui, nelle ore capitali, dalle decisioni brusche e dalle funzioni intransigenti. Ma un afflato di umanistica duttilitĂ  accompagna tutte le formulazioni religiose del teologo ginevrino.
Le due riforme, quella di lingua tedesca e quella di lingua francese, tradiscono, inconfondibili, i connotati dei rispettivi paesi.
Analoga Ú la piattaforma su cui si muovono i due riformatori. È innegabile che la riforma del secolo decimosesto manifesta il doppio carattere di rivoluzione sociale e di rivoluzione religiosa.
Se in Germania la riforma viene ad innestarsi sull'immenso rivolgimento rurale, chĂ© in Germania il ribelle Ăš il contadino, sono i prĂ­ncipi secessionisti dell'Impero che hanno fatto trionfare Lutero, in Francia sono gli operai tessitori e cardatori di Meaux e delle zone circonvicine che hanno dato il primo abbrivo alla insurrezione riformata. Se la riforma avesse poggiato le sue assise unicamente sulla classe colta, Lutero non avrebbe adoperato contro gli umanisti le frasi indignate di cui traboccano i suoi scritti, e in Francia si sarebbe continuato, come aveva cominciato a fare LefĂšvre d'Ètaples, a pubblicare grossi trattati in lingua latina. Invece, quali sono qui i primi indizi della insurrezione riformatrice? Fin dal 1525 si rimprovera al vescovo di Meaux, Briçonnet, di aver fatto distribuire nella diocesi libri in francese volgare. Fra questi libri compare al primo posto la traduzione della Bibbia, la quale serve anzi per creare come designazione dei primi eretici un nomignolo d'occasione: «bibliani». È certo che mentre la Germania di Lutero Ăš pervasa da quello spirito di sollevazione contadinesca che sfocerĂ  nelle grandi repressioni, cui, con scarsa coerenza, il monaco ribelle non manca di prestare man forte, in Francia Ăš la condizione della classe operaia che dĂ  alla propaganda riformatrice fulminea possibilitĂ  di diffondersi. La scoperta delle miniere d'oro e d'argento, aumentando considerevolmente il contingente di metalli preziosi esistenti in Europa, aveva determinato un rialzo nei prezzi delle derrate di prima necessitĂ . I salari dei lavoratori non si erano innalzati in una proporzione conveniente. D'altro canto il regime corporativo che era stato, in una certa misura, nel XIII secolo, una protezione efficace per i deboli, tendeva sempre piĂș a trasformarsi in una oligarchia opprimente. La direzione delle grandi industrie diventava il viatico di una casta ricca ed ereditaria. Per un semplice operaio sprovvisto di capitali, era letteralmente impossibile pervenire al possesso di una qualsiasi azienda. La lotta fra sindacati padronali e sindacati operai sfociava molto di frequente in scioperi, come quello che desolĂČ l'industria tipografica lionese e parigina dal 1539 al 1542 e che si chiuse in pratica solamente nel 1571.
Noi vediamo giĂ  qui come, se il substrato economico esiste ugualmente per il movimento riformatore cosĂ­ in Germania come in Francia, questo elemento economico assume caratteri peculiari nell'un paese e nell'altro.
In Germania la propaganda di Lutero trova ripercussioni piĂș vaste nel ceto agricolo: in Francia ne trova piuttosto nel ceto operaio e industriale. Possiamo dire che di rimbalzo l'atteggiamento dei due riformatori di fronte alla cultura, che Ăš, nella loro temperie storica, cultura umanistica, Ăš profondamente diverso.
GiĂ  in linea generale si puĂČ dire che l'umanesimo germanico non aveva potuto essere equiparato ai movimenti affini degli altri paesi colti d'Europa. Infatti, non era stata tanto una improvvisa esplosione di fervore artistico, capace di travolgere e di rinnovare tutte le forme tradizionali del pensiero e dell'attivitĂ  estetica, quanto una volontĂ  prepotente di superare i metodi antiquati della istruzione pubblica e di portare nei confini della vita morale il soffio nuovo di una vera e propria palingenesi.
Una delle figure piĂș eminenti dell'umanesimo alemanno era stato Giovanni Reuchlin. Nato nel 1455 a Pforzheim, il Reuchlin aveva avuto agio di formarsi una delle piĂș vaste culture filologiche e letterarie del tempo, avvicinando e utilizzando i piĂș progrediti centri universitari, da Parigi a Tubinga. Nel 1482, venuto per la prima volta a Roma, posto dinanzi a un testo di Tucidide e invitato a volgerlo prontamente in latino in casa di Giovanni Argiropulo, aveva assolto cosĂ­ brillantemente il cĂČmpito, che la sua perizia riempiva di stupore l'ospite, il quale esclamava: Ecce, Graecia. nostro exilio transvolavit Alpes!
Ma Reuchlin Ú anche un valente ebraicista: la sua perizia, anzi, nella lingua dei libri sacri del Vecchio Testamento fu la causa delle sue disavventure. Una conoscenza cosí personale di una letteratura religiosa tanto poco nota al gran pubblico, aveva sospinto inconsapevolmente il Reuchlin ad una visione mistico-teosofica della tradizione rivelata, che egli espose in una serie di dialoghi (interlocutori Sidonio, Baruch e, sotto il nome di Capnione, Reuchlin stesso), cui diede il titolo De Verbo mirifico. L'idea centrale di questo libro erudito e paradossale era nel motto: «Dio Ú amore e l'uomo Ú speranza. Il vincolo fra l'amore e la speranza Ú la fede. Dio e l'uomo possono cosí intimamente stringersi in un vincolo di ineffabile unione, che il Dio umano e l'uomo divino siano considerati come un solo essere». Ma probabilmente le idee ardue e raffinate di Reuchlin non avrebbero raggiunto una larga pubblicità, se una velenosa polemica non avesse richiamato su di esse una diffusa e ostile attenzione.
Un israelita convertito, Giovanni Pfefferkorn, probabilmente stimolato dai domenicani di Colonia, animato dal fervore proselitistico della sua anima di neofita, concepiva, nel primo decennio del secolo decimosesto, il programma della conversione in massa dei suoi vecchi correligionari, mediante la confisca dei loro libri sacri, a prescindere, s'intende, dal Vecchio Testamento. Fra il 1507 e il 1509 egli stendeva quattro scritti polemici ( Ju denspiegerl, Judenbeichte, Osternbuch, Judenfeid) sostenendo che agli israeliti dovesse essere vietato l'esercizio dell'usura, dovesse essere imposta l'assistenza alle prediche cattoliche, dovessero infine, appunto, essere tolti i libri ufficiali della loro specifica tradizione religiosa. Un ambiguo mandato imperiale sembrĂČ autorizzato a tradurre in pratica quest'ultimo punto del suo complicato piano. Giovanni Reuchlin fu anche egli richiesto di un parere: «Non sarebbe stato profittevole alla religione cattolica distruggere i libri che sono usati dagli israeliti, eccezione fatta per il libro di MosĂš, per i Profeti, e per il Salterio?».
Reuchlin terminava la sua risposta nel novembre del 1510. Era chiaroveggente e temperata. I libri ebraici venivano in essa ripartiti in molteplici categorie e su ciascuna l'interpellato formulava il suo parere. Della distruzione dei libri del Vecchio Testamento non era naturalmente il caso di parlare. Il Talmud, osservava il Reuchlin, Ăš una raccolta di delucidazioni e commenti alle legge di MosĂš, compilata in varie epoche e in varie circostanze. Nessuno si poteva attentare di giudicarla in blocco, prima di averla coscienziosamente esplorata in tutte le sue parti. Il Reuchlin confessava di averne potuto consultare solamente alcune parti, nelle quali, se non mancavano dichiarazioni ed asserzioni in conflitto col patrimonio dogmatico del cristianesimo, figuravano pure istruzioni morali di una spiccata elevatezza, che sarebbe stato quanto mai imprudente e crudele distruggere. La C abbala meritava anch'essa di essere gelosamente conservata. I commenti biblici e tutta la produzione liturgica degli ebrei dovevano essere conservati, sia per l'utilitĂ  che offrivano agli studiosi cristiani, sia in virtĂș dei privilegi che ne avevano sempre tutelato la preservazione. I libri scientifici potevano essere impunemente, dovevano anzi essere distrutti, nelle parti in cui sembravano autorizzare arti proibite, come la magĂŹa. Infine, opere di poesia e polemica, piĂș apertamente eversive del nome cristiano, dovevano essere sagacemente valutate, prima di essere dannate alla distruzione. A mo' di riepilogo, il Reuchlin prospettava la maggiore proficuitĂ  di una vasta opera di chiarificazione e di educazione, che illustrasse i punti di dissenso fra la vecchia economia religiosa e la nuova.
Il parere isolato del dotto umanista suscitĂČ cosĂ­ fiera reazione; il suo misurato giudizio parve al furore teologico dei suoi avversari cosĂ­ scandalosamente eterodosso, che Reuchlin credette opportuno, a usbergo della sua competenza e della sua buona fede, pubblicare una raccolta di quarantatrĂ© lettere di uomini eminenti nella conoscenza delle discipline sacre, i quali tutti, a cominciare da Erasmo, «il piĂș dotto uomo dell'epoca», si erano pronunciati in favore delle sue idee e della sua linea di condotta.
La pubblicazione offrĂ­ lo spunto ad una raccolta parallela, nella quale certi « obscuri viri» personificanti l'ignoranza petulante e la saccenteria vuota della Curia e dei suoi difensori, venivano esponendo le loro insipide idee in una congerie di sciocchi problemi di casistica claustrale, parodiando la scienza teologale e scolastica del tempo. La paternitĂ  di queste lettere famose e famigerate non puĂČ essere con sicurezza assegnata. Probabilmente la raccolta uscĂ­ dalla cooperazione di parecchi umanisti. Il circolo di Erfurt, ad ogni modo, ebbe, nel prepararla, la parte preponderante, sotto lo stimolo e con la partecipazione di Ulrico von Hutten, che Ăš stato designato come il preannuncio dell'uragano riformatore.
Nato da una di quelle vecchie famiglie della turbolenta, altera e indomita nobiltĂ  franconica, che occupa un posto cosĂ­ appariscente nella storia pubblica della Germania al cadere del Medioevo, Ulrico era stato dedicato, nelle intenzioni paterne, alla vita ecclesiastica, a causa delle sue gracili e cagionevoli condizioni di salute. Educato nel convento di Fulda, ma ribelle alla ostinata volontĂ  paterna, Ulrico, abbandonato a se stesso, ramingĂČ di UniversitĂ  in UniversitĂ , attraverso peripezie rocambolesche, che dĂ nno alla esistenza randagia dell'eterno studente l'andatura del piĂș movimentato romanzo. Provvisoriamente riconciliato con la famiglia, il von Hutten poteva intraprendere un lungo viaggio di istruzione in Italia, le cui impressioni dovevano fermentare a lungo nella sua anima inquieta. Umanista e poeta, Ulrico von Hutten Ăš anche probabilmente soprattutto uomo di parte e polemista politico. Nazionalista fervido e intransigente, ritiene che il Papato costituisca un ostacolo e un impaccio insormontabile alla libera espansione della vitalitĂ  della sua Germania diletta. Libellista infaticato e aspro, rivolge ininterrottamente i suoi strali contro il Papato, in vista di una instaurazione imperiale germanica, di cui non riesce mai perĂČ a disegnare nettamente i contorni e a tracciare il programma. Dalla Epistola ad Maximilianum Caesarem, al Valiscus, agli Inspicientes, gli scritti di Ulrico von Hutten tradiscono tutti una predominante passione politica, che lo spinge alla battaglia quotidiana contro ciĂČ che al suo vecchio sangue di nobile cresciuto all'ombra dell'edificio imperiale dĂ  la sensazione vaga di impedire la piena risurrezione della grandezza alemanna. ApparirĂ  alleato di Lutero quando la ribellione di questi assumerĂ  atteggiamenti nazionali carichi di risonanze nell'ambito della vita culturale e politica della Germania di Carlo V. Ma la sua anima rimarrĂ  inesorabilmente chiusa al miraggio religioso del riformatore, di cui non riescirĂ  mai a comprendere le preoccupazioni mistiche e l'ardore teologico.
In realtĂ  tutta la grande corrente dell'umanesimo teutonico, pur costituendo l'atmosfera culturale nella quale Ăš vissuta e si Ăš mossa la giovinezza accademica di Lutero, non ha esercitato un'azione profonda e realmente formatrice sull'anima sua.
Ben diversa la situazione nei paesi di lingua francese, nei paesi fiamminghi, nella stessa Svizzera di lingua tedesca. Non Ăš cosa priva di significato, ad esempio, che a Ginevra la medesima assemblea, quella del 21 maggio 1536, che decide l'adesione della cittĂ  alla riforma, decida anche la riorganizzazione completa del regime scolastico A Strasburgo, non appena il nuovo partito, il riformatore, prende possesso della cittĂ , immediatamente inaugura corsi di lingua greca e di lingua ebraica, di matematica e di grammatica, e in pari tempo corsi di esegesi e di teologia. Quando Francesco I designa i primi rettori e professori regali, sceglie con cura, sulle indicazioni dell'umanista BudĂ©, i capi stessi dell'umanesimo francese, che sono tutti, si direbbe, quasi d'istinto, tratti piĂș o meno apertamente verso le idee della riforma e tutti, il Vatable come il Toussaint e il DanĂ©s, assistono a quelle prediche del Louvre, in cui GĂ©rard Roussel, sotto la protezione di Margherita di Navarra, insegnava, senza eufemismi, la dottrina della salvezza in virtĂș della fede.
Se nell'anno 1533 tali lettori sono deferiti al Parlamento dall'Università, sotto l'imputazione di correggere la versione biblica corrente attraverso varianti venute d'oltre Reno e quindi straordinariamente sospette di essere o di ispirazione ebraica o di ispirazione luterana, il patrocinatore dei lettori risponde non senza malizia con un dilemma tagliente: «O i teologi sanno il greco e l'ebraico o ignorano queste lingue. Se le conoscono, via, vadano ad assistere senz'altro ai corsi, come fanno tutti gli altri; e se poi qualche eresia sfugge dalle labbra del professore, che ne stendano denuncia e facciano sottoporre il colpevole a giudizio. Ma se ignorano queste lingue, di che cosa mai si lamentano?».
Sebbene l'ufficialitĂ  universitaria si mostrasse cosĂ­ straordinariamente sensibile al sentore delle nuove idee, in realtĂ  sono proprio le FacoltĂ  universitarie che tradiscono infiltrazioni innovatrici. A Parigi Ăš precisamente la FacoltĂ  delle Arti, di cui faceva parte LefĂšvre d'Étaples, la meno refrattaria allo spirito novello. Consultata nel 1530 dal Parlamento, chiede a gran voce una riforma dell'insegnamento, specialmente dell'insegnamento piĂș vicino, quello della teologia. È in uno dei collegi di questa FacoltĂ  delle Arti che insegnava Mathurin Cordier, il modesto ma sagace ed agile riformatore degli studi di grammatica. Nel 1530 egli pubblicava il suo libro sulla Cor rection du langage, e cinque anni dopo noi lo troviamo in una lista di sospetti per causa d'eresia, quando giĂ  si presenta il giorno in cui egli andrĂ  ad accumulare la duplice funzione di umanista e di evangelista a Bordeaux prima, a Ginevra poi, infine a NeuchĂątel.
Le UniversitĂ  di provincia sono ancora piĂș aperte al soffio delle nuove idee. OrlĂ©ans ha professori che nel medesimo tempo insegnano la lingua ebraica e spiegano Lutero. Tali quel Melchiorre Wolmar, che conta fra i suoi allievi Olivetano, Calvino, Du Chemin, Daniel, Beza. A Bourges noi siamo nei domini di Margherita di Navarra il cui Miroir de l'Ăąme pĂ©cheresse Ăš effettivamente il simbolo preciso di questa etĂ  fuggevole di transizione, nella quale gli uomini nuovi, piovuti da tutti gli angoli dell'orizzonte, si sentono piĂș fortemente uniti in quel che li affratella, anzichĂ© sentirsi colpiti da quel che li divide. ColĂ  c'Ăš tutto un piccolo mondo di letterati e di seguaci di una nuova temperie religiosa, di cui essa, Margherita, difende la incolumitĂ  contro le insidie di malevoli e di ignoranti. L'umanesimo fa la sua comparsa a Bourges negli studi giuridici con Alciato, fra i cui allievi possiamo annoverare Giacomo Canaye e Bartolomeo Aneau.
Una prova tipica degli stretti legami che affratellano su tutto il territorio francese umanesimo e riforma, noi la possiamo trovare pure nella straordinaria popolarità delle idee nuove, nel mondo delle professioni collegate con la stampa. Né Margherita di Navarra né il vescovo di Meaux, Briçonnet, avrebbero potuto disseminare intorno a sé i germi delle nuove dottrine, senza la sagace devozione di Simone Dubois, di Enrico I Estienne, di Simone di Colines.
Nella capitale dell'arte tipografica francese, Lione, quasi tutti gli stampatori sono piĂș o meno favorevoli all'eresia e in pari tempo alla rinascita delle lettere. Pietro de Vingle Ăš espulso di lĂ  nel 1531 per avere stampato un Nuovo Testamento francese. Sebastiano Gryphe ha per correttori ed amici Dolet, Rabelais, Aneau. Giovanni di Tournes Ăš un partigiano dichiarato della fede nuova. A Parigi gli stampatori e i librai sono continuamente disturbati dalla Sorbona e dal Parlamento, per aver pubblicato e venduto opere proscritte. SicchĂ© noi possiamo ben dire che giĂ  parecchio tempo prima della comparsa della Institutio Christiana di Calvino, tutta l'atmosfera culturale francese Ăš, fra il 1520 e il 1525, pervasa e percorsa da uno spirito che Ăš ugualmente rinnovatore nel mondo della cultura profana come in quello della cultura religiosa.
Non Ăš il caso di cercar qui un corpo di dottrine teologali che possa far pensare senz'altro alla teologia del monaco insorto di Wittenberg o alla esegesi neotestamentaria del riformatore ginevrino. Le idee che noi troviamo serpeggiare nella Francia di Margherita di Navarra e di Francesco I sono elementari e semplicistiche. «Se qualcuno» dicono ad esempio le Lettere e Vangeli ad uso della dioc esi di Meaux, colpiti da censura dalla FacoltĂ  parigina il 6 novembre 1525, «vi predica e annuncia altra cosa che la parola di Dio e di GesĂč Cristo, costui non Ăš un fedele dispensatore, distributore, annunciatore dei segreti di Dio, ma Ăš un infedele e un ingannatore. Per cui non dovete ascoltarlo, non gli dovete credere, non dovete prestar fede alle sue parole, poichĂ© si tratta di un vero seduttore. Di cotali individui il mondo Ăš stato ed Ăš tuttora pieno, e lo sarĂ  fino a che i segreti di Dio, vale a dire GesĂč Cristo e la sua parola, non siano totalmente predicati, ricevuti dal mondo, ospitati nel cuore di tutti i fedeli». Il che implica il riconoscimento del Vangelo, sola regola di dottrina e di vita; ripudio di tutti i dogmi che la Chiesa ha sovrapposto alla pura parola di Dio, ripudio di tutti i precetti di cui la Scrittura non ha strettamente imposto l'osservanza. E la pura parola di Dio, il solo precetto del Vangelo, secondo tale nuova predicazione, precetto che abolisce tutta la legge e tutte le regole, Ăš unicamente questo: non si Ăš salvati che per la fede nel Cristo e la fede non ci puĂČ venire che dalla grazia. Siamo in piena temperie riformata.
Si comprende come in un ambiente di questo genere la formazione di Calvino non offra il destro di cogliere un momento preciso nel quale collocare quella che si dovrebbe chiamare ed Ú chiamata la sua conversione. È una formazione lenta la sua che risente adagio adagio dell'ambiente circostante e della maturazione si direbbe quasi automatica del mondo culturale e religioso di cui egli avverte istintivamente gli influssi. Saranno le circostanze storiche che permetteranno anche a Calvino, come avevano permesso a Lutero, di trovare la sua strada, lontano dalla sua città natale, a Ginevra. Nato a Noyon che, proprio agli inizi del secolo decimosesto, si meritava l'appellativo di santa, il 10 luglio del 1509, da Gerardo Cauvin, notaio apostolico e procuratore fiscale, notaio del vescovo e del Capitolo, e uomo di fiducia di tutto il clero, Giovanni iniziava i suoi studi nel collegio delle Capettes. Adolescente ancora, riceveva i primi benefizi ecclesiastici, senza altro obbligo che quello di ricevere la tonsura e versare un contributo sufficiente a che un prete incaricato potesse celebrare mensilmente il numero di messe necessario. Evidentemente la sua vocazione doveva essere quella sacerdotale. Nel 1523 si trasferiva a Parigi, al collegio de la Marche e di Montaigu.
Era l'anno stesso in cui Lefùvre d'Étaples pubblicava il Vangelo e i Salmi in lingua francese e in cui la Facoltà teologica parigina condannava venticinque proposizioni del suo Commentario a San Paolo.
Proprio nel giugno di quell'anno il d'Étaples, rivolgendosi «a tutti i cristiani e a tutte le cristiane», raccomandava «di abbandonare qualsiasi altra folle fiducia nelle creature, qualsiasi altra tradizione umana, tutte incapaci di salvare, per seguire soltanto la parola di Dio, che Ăš spirito e vita».
L'anno successivo, premuto dal Farel, il d'Étaples non esitava ad approvare pubblicamente alcune tesi sulla grazia, patrocinate a Breslavia dall'Hesse.
Dopo la battaglia di Pavia e nel periodo della prigionia di Francesco I in Spagna, il Parlamento parigino decideva l'abbruciamento delle opere del d'Étaples, il quale se ne fuggiva a Strasburgo.
Di tutto ciĂČ gli echi dovevano arrivare al giovane Calvino, il quale da Parigi si trasferiva frattanto ad OrlĂ©ans, dove, piĂș che mai, le influenze riformatrici si facevano sentire su di lui. Ad OrlĂ©ans dovette rapidamente acquistare rinomanza e ascendente sui compagni di studio. Un documento del febbraio 1532 lo dichiarava licenziato in legge. Nel medesimo torno di tempo egli dava l'ultima mano a quel commento al De clementia di Seneca di cui nulla si potrebbe desiderare di piĂș significativo per la individuazione delle interferenze fra la formazione umanistico-classica del futuro riformatore e il tipo particolare di esperienza religiosa riformata che egli cercherĂ  di inculcare e di codificare, quando avrĂ  a sua disposizione quel magnifico terreno di esperimento religioso collettivo che fu la libera cittĂ  di Ginevra.
Qualcosa di simile, per ciĂČ che riguarda la formazione spirituale umanistica e riformata, era accaduto al terzo grande riformato...

Table des matiĂšres