1. Il tempo dei consoli (1100-1190)
1. Il quadro politico: lâItalia prima dei comuni
Il regno dâItalia nellâImpero
Per capire alcune specificitĂ delle cittĂ italiane di etĂ comunale occorre risalire allâalto medioevo: fu allora che si fissĂČ il quadro politico nel quale poterono prendere forma le loro istituzioni. Conquistato da Carlomagno nel 774, il regno longobardo avrebbe condiviso, con il nome di Regnum Italiae, il destino dellâimpero che di lĂŹ a poco sarebbe stato fondato. Il regno comprendeva lâItalia del nord e la Toscana e tendeva a premere periodicamente sulle terre pontificie. Tra il 951 e il 962 venne conquistato da Ottone I che assunse anche il titolo imperiale. Da allora i sovrani del regno furono sempre scelti allâinterno della cerchia dei principi tedeschi: una volta eletti re di Germania, essi venivano acclamati dallâaristocrazia italiana e incoronati re dâItalia a Pavia, e poi imperatori a Roma. Il «viaggio a Roma» esauriva, per gran parte dei re germanici, la loro permanenza nella penisola, e rappresentava sempre una verifica importante dellâatteggiamento nei loro riguardi da parte dei sudditi italici. I contingenti dei principi e dei prelati germanici, organizzati per questo viaggio secondo un rituale ben prefissato, si univano a quelli dei loro omologhi italiani. Lungo il percorso il re/imperatore alloggiava nei palazzi posseduti nelle cittĂ , raccoglieva i proventi del fodro (fodrum), unâimposta esatta per lâoccasione, ridava vita tanto alla fedeltĂ dei subordinati che ad antiche prerogative prossime allâoblio, confermava i privilegi dei predecessoriâŠ
Una situazione del genere poneva gravi problemi di controllo politico e di coerenza amministrativa: il re, di fatto, non governa lâItalia se non quando vi soggiorna e cosĂŹ il paese puĂČ restare per decenni praticamente abbandonato a se stesso. Detentori dellâautoritĂ in assenza del re sono i vescovi, che nel X secolo hanno quasi sempre ricevuto in delega le prerogative della potestĂ regia, con gli annessi diritti fiscali e patrimoniali, e che tali prerogative esercitano a partire dalle cittĂ in quanto centri episcopali. I grandi signori laici, marchesi e conti, che hanno un potere comparabile, intrattengono con le cittĂ un rapporto molto meno forte. Il generale trasferimento di competenze politiche in capo ai vescovi Ăš un fattore importante di mantenimento della centralitĂ urbana, di cui piĂč tardi beneficeranno i comuni.
Allâinizio del XII secolo non resta nulla degli strumenti di governo a disposizione dei sovrani carolingi: palazzi, amministrazione centrale, patrimonio demaniale, pedaggi: tutto ormai Ăš perduto e da gran tempo. Con lâincendio del palazzo di Pavia nel 1024 si compie la rovina dellâamministrazione regia, e le principali risorse che i sovrani riescono a mantenere sono il fodro e il servizio militare loro dovuti durante il viaggio in Italia. La restaurazione tentata da Federico I Barbarossa e dai suoi successori avverrĂ dunque allâinterno di qualcosa che assomiglia a una tabula rasa: nessuno contesta lâautoritĂ degli imperatori germanici, ma essi non dispongono quasi piĂč degli strumenti per esercitarla.
LâoriginalitĂ piĂč forte di questo regno dâItalia, nel quadro dellâOccidente del tempo, Ăš lâesistenza di una forte realtĂ urbana che Ăš riuscita a mantenersi nel corso dei secoli precedenti. Roma non Ăš ormai che lâombra di ciĂČ che era stata, e tuttavia rimane, a dispetto delle sue rovine, una delle maggiori cittĂ occidentali. Palermo e alcune altre cittĂ del sud restano del pari centri di primaria importanza. Ma la Toscana, e soprattutto la piana del Po costituiscono le sole regioni in Occidente nella quali abbia resistito una vera rete di cittĂ , capaci di conservare una centralitĂ politica ed economica, e di accogliere unâĂ©lite laica sufficientemente colta. Lo sviluppo di etĂ comunale maturerĂ grazie a tali, antiche, premesse sociali e culturali.
Le terre pontificie
A partire dal 754 i re franchi prima, gli imperatori germanici poi garantiscono ai papi la potestĂ su una fascia di territori che taglia in diagonale la penisola. La riforma della Chiesa produrrĂ poi un tale rafforzamento dellâindipendenza e del prestigio dei pontefici da consentire lâaffermazione del loro dominio su tutti i territori prossimi a Roma (il cosiddetto «Patrimonio» della Chiesa romana) e anche la rivendicazione del loro controllo sulle province piĂč lontane. Si tratta tuttavia di unâazione ostacolata dalle autonomie locali e spesso dagli stessi imperatori. Del resto, anche allâinterno dellâUrbe lâesercizio del potere Ăš tuttâaltro che privo di ostacoli: per una buona parte del XII secolo i papi soggiornano a Roma meno che in altre cittĂ vicine come Orvieto o Viterbo. Innocenzo III, approfittando del vuoto di autoritĂ imperiale che fa seguito alla morte di Enrico VI (1197), estese la propria autoritĂ al ducato di Spoleto (piĂč o meno corrispondente allâattuale Umbria) e alla Marca anconetana; dopo il 1250 anche la Romagna (con le cittĂ di Ferrara e Ravenna) entrĂČ a far parte nello stato pontificio, che raggiunse cosĂŹ le frontiere che avrebbe conservato fino al XIX secolo.
PiĂč a sud, lâItalia greca, longobarda e musulmana viene conquistata dai normanni alla fine dellâXI secolo, e diviene uno dei regni occidentali piĂč potenti, con Palermo come capitale.
Venezia
Venezia manterrĂ sempre, tra i comuni italiani, la sua specificitĂ originaria, assicurata dallâeccezionalitĂ del sito dove sorge la cittĂ , dalle vicende della fondazione e dai modi di vita dei suoi abitanti. La cittĂ era nata in seguito al ripiegamento di nuclei di popolazione bizantina in fuga di fronte allâinvasione longobarda (568): lâinsediamento nelle isolette della laguna, fra le quali Rialto (il centro futuro di Venezia), si sarebbe esteso a spese della preesistente Torcello. La conquista franca del 774 si arresta anchâessa al limite della laguna. Il capo della comunitĂ mantiene un titolo da funzionario bizantino (dux/doge), ma dopo il 726 egli risulta eletto in modi del tutto indipendenti dallâautoritĂ bizantina e confrontandosi anzi da pari a pari con i sovrani: un trattato con lâimperatore Lotario nellâ840 e un privilegio del basileus, che riconosce nel 993 lâautonomia di Venezia, rappresentano i fondamenti dello statuto eccezionale della cittĂ . La creazione dellâepiscopato nel 776 e lâarrivo delle reliquie di san Marco da Alessandria nellâ828 rafforzano lâidentitĂ veneziana. A partire dal IX secolo si comincia a intravedere unâaristocrazia dedita alle attivitĂ dellâarmamento navale e del grande commercio marittimo, specialmente con Bisanzio.
CittĂ e aristocrazia feudale
Allâinizio di uno studio sui comuni italiani, Ăš necessario soffermarsi sui rapporti di potere e sullâevoluzione sociale dellâXI secolo, periodo designato di solito come «precomunale» o «feudale». La formazione della societĂ feudale prelude infatti direttamente alla genesi dei comuni, in modo particolare in Lombardia: qui, ad esempio a Milano o a Cremona, la societĂ comunale si organizza allâinizio in ordini. Troviamo cosĂŹ dei milites, distinti in capitanei e valvassores a partire dalla legge sui feudi di Corrado II del 1037, e dei cives, estranei, in linea di principio, allâorganizzazione feudale. La divisione fondamentale che attraversa la «societĂ dâordini» oppone tuttavia lâinsieme dei cittadini e dei milites ai contadini, i «rustici», sottomessi al potere signorile. Le clientele vassallatiche si organizzano soprattutto attorno ai vescovi, ai capitoli delle cattedrali e ad alcuni grandi monasteri.
Toscana e Umbria sono molto meno feudalizzate e la signoria rurale non vi appare come un fenomeno generale. Altrove invece, specie in larga parte del Piemonte e del nord-est e delle frange appenniniche dellâEmilia, della Romagna e della Toscana, lâorganizzazione feudale gravita attorno ai conti e ai marchesi e resta fondamentalmente rurale. In tutte queste regioni la societĂ comunale degli inizi non include lâaristocrazia feudale, il che non impedisce che anchâessa risulti fortemente militarizzata.
Le signorie feudali laiche perĂČ non presentano la stessa soliditĂ delle formazioni omologhe formatesi oltralpe: tali signorie laiche restano cioĂš marginali in una geografia politica nella quale lâelemento costitutivo Ăš prima di tutto la cittĂ con il suo territorio, corrispondente normalmente a quello della diocesi. Uno dei passaggi piĂč importanti di una celebre pagina di Ottone di Frisinga sullâItalia della metĂ del XII secolo Ăš precisamente quello dove si constata come non vi siano quasi piĂč in Italia grandi signori laici pienamente indipendenti da una cittĂ .
2. Genesi e primo sviluppo dei comuni (fine XI-metĂ XII secolo)
Lâaffermarsi del gruppo dirigente
La cosiddetta riforma gregoriana, dal nome del suo principale protagonista, papa Gregorio VII (1073-1085), che aveva trasformato profondamente la Chiesa nella seconda metĂ dellâXI secolo, produsse nelle cittĂ italiane conseguenze politiche di grande portata. Prima di tutto perchĂ© fece del papa un soggetto politico di primo piano; ancora, perchĂ© ad essa, in alcune cittĂ , e fra queste innanzitutto Milano, si accompagnĂČ un movimento popolare (la «pataria») rivolto contro i preti concubinari o troppo interessati ai profitti che lâaristocrazia feudale traeva dai beni ecclesiastici; e infine perchĂ© assegnĂČ il ruolo degli sconfitti a gran parte dei vescovi, e dei loro capitanei, che avevano rifiutato la riforma schierandosi con lo scisma voluto dallâimperatore Enrico IV (1056-1108) contro le pretese di Gregorio VII e del suo successore Urbano II (1085-1099).
Durante i quaranta anni che precedono la soluzione del conflitto (con il concordato di Worms, 1122), le comunitĂ dei cives si organizzano autonomamente approfittando dellâassenza dei vescovi in alcune cittĂ e opponendosi a Enrico IV. La genesi del comune matura dunque fuori dallâinquadramento proprio di una qualche autoritĂ superiore. I privilegi che Enrico V (1106-1125) concede ripetutamente facilitano lâevoluzione allâinterno di alcune cittĂ ; quanto a Lotario III (1125-1137) e a Corrado III (1138-1152), essi sono quasi sempre lontani dalla penisola. Il concordato di Worms riconosce inoltre lâautonoma elezione del vescovo da parte del capitolo cattedrale e lâinvestitura del nuovo eletto da parte dellâimperatore per quanto riguarda le prerogative temporali proprie della diocesi, considerate alla stregua di beni regi (iura regalia).
La formazione del nuovo sistema politico, favorito da simili circostanze, non ha tuttavia nulla di casuale: il regime comunale costituisce il punto dâapprodo di un processo di ascesa dei gruppi sociali cittadini arricchiti dai commerci, dal prestito a interesse, dalle attivitĂ di monetazione e dagli affari con gli enti ecclesiastici; gruppi cittadini che cominciano inoltre a investire i loro guadagni nella proprietĂ fondiaria, talora persino nellâacquisto di signorie rurali. In cittĂ come Pisa, Genova e Venezia essi approfittano dellâespansione marittima, che unisce alla guerra contro i musulmani il commercio con la Sardegna, la Corsica e il litorale adriatico â e con il commercio lo sfruttamento â. E cosĂŹ, sempre piĂč attivi nelle pratiche del diritto, ossia le pratiche dei notai, dei giudici e degli avvocati giĂ molto importanti nelle cittĂ italiane, questi soggetti riescono a inserirsi nella cerchia dei vescovi. Attorno al 1100 essi si impongono alla testa delle cittĂ alleandosi con una parte dellâaristocrazia feudale (come in Lombardia, a Piacenza, a Pisa) oppure rimanendo da soli (Ăš il caso della maggior parte delle cittĂ piemontesi e toscane): Ăš lâorigine vera e propria dei comuni (fig. 1).
La genesi delle istituzioni comunali
Il termine «comune» (in latino commune, comune, comunum) Ăš utilizzato alla fine dellâXI secolo come aggettivo (iuramentum comune, comune consilium ecc.) mentre il sostantivo viene usato correntemente a partire dal 1120 circa, spesso nella forma di comune civitatis. PoichĂ© la documentazione politica di quel tempo era ...