1
Una vita musicale
Albert Einstein nacque a Ulm, cittadina tedesca non molto distante da Monaco di Baviera, il 14 marzo 1879 da Hermann (1847-1902), figlio di Abraham Einstein (1808-1868) ed Helene Moos (1814-1887), e Pauline Koch (1858-1920), figlia di Julius Dörzbacher (1816-1895, la famiglia aveva cambiato il cognome in Koch nel 1842) e Jette Bernheimer (1825-1896). Gli Einstein facevano parte della borghesia benestante ebraica, ma i genitori avevano uno spirito liberale e non erano particolarmente interessati alle questioni religiose. Piuttosto ambivano a essere una famiglia tedesca a tutti gli effetti.
Nel giugno dellâanno seguente gli Einstein si trasferirono a Monaco. Qui Hermann, il quale fino a quel momento aveva lavorato in una ditta di un cugino che produceva piume per materassi, divenne socio di unâazienda elettrotecnica assieme al fratello Jacob (1850-1912).1 Questâultimo, laureatosi in ingegneria al Politecnico di Stoccarda, era sposato con Ida Einstein (1865-1922).
Il 18 novembre 1881 nacque Maria, ma tutti lâavrebbero sempre chiamata Maja. Albert resterĂ molto legato alla sorella (Figura 1). Nel frattempo nacque anche il primo figlio di Jacob e Ida, Robert (1884-1945). Quattro anni dopo sarebbe arrivata Edith (1888-1960). Con i cugini, Albert e Maja trascorsero tutta lâinfanzia e la giovinezza.
Nel 1885 Hermann e Jacob si misero in proprio, aprendo la «Elektrotechnische Fabrik». Nellâautunno di quellâanno Albert venne iscritto alla Petersschule, un istituto elementare pubblico di orientamento cattolico, probabilmente accedendo alla seconda classe, nella quale era lâunico ebreo. PiĂč o meno contemporaneamente iniziĂČ anche la sua istruzione musicale. Certamente il fatto che sua madre amasse la musica e fosse una discreta pianista influĂŹ su tale decisione, ma non bisogna dimenticare che la conoscenza della musica rappresentava unâesperienza formativa indispensabile per qualsiasi bambino tedesco appartenente al contesto borghese. Nel 1924, scrivendo una biografia del fratello, Maja avrebbe ricordato cosĂŹ quel periodo:
In casa si faceva molta e buona musica. Sebbene le basi di questâarte siano spesso difficili per i bambini, ciĂČ che minacciava di renderla odiosa al piccolo, egli per talento naturale sviluppĂČ invece un gusto per essa che condusse persino a qualche risultato artistico. Sembra che la disposizione musicale gli sia derivata dal ramo Koch della famiglia e quella matematica e logica dal lato Einstein. Detto per inciso, non Ăš cosĂŹ raro, per quanto questi due campi sembrino essere cosĂŹ distanti, che talento matematico e musicale si riuniscano in una sola persona.2
Albert iniziĂČ ad acquisire confidenza con il violino, ma i primi anni di studio furono contraddistinti da un apprendimento forzato e privo di una vera passione. PuĂČ capitare, se si Ăš obbligati allo studio e non si ha un buon maestro:
Figura 1 â Albert e Maja da piccoli.
Presi lezioni di violino dai sei ai quattordici anni di etĂ , ma non ebbi fortuna con gli insegnanti, per i quali la musica non era altro che unâesercitazione meccanica.3
Nellâottobre del 1888 Albert iniziĂČ a frequentare il Luitpold Gymnasium di Monaco con ottimi risultati. Quello del cattivo profitto a scuola Ăš uno dei tanti miti che si sono diffusi intorno alla vita di Einstein nel corso degli anni. Vero Ăš invece che negli anni del liceo Albert sviluppĂČ una profonda insofferenza verso lâautoritĂ e i metodi di insegnamento tradizionali, che tarpavano la fantasia e la creativitĂ degli studenti. Per fortuna poteva contare sugli stimoli forniti dallo zio Jacob e dallâamico di famiglia Max Talmey (1869-1941), con i quali discuteva liberamente di scienza e di filosofia.
Sicuramente la musica rappresentĂČ per Albert un modo per avvicinarsi alla libertĂ e alla bellezza, anche perchĂ© qualcosa, dopo i primi anni di studio, era cambiato:
Cominciai a imparare sul serio soltanto intorno ai tredici anni, soprattutto dopo che mi innamorai delle sonate di Mozart. Il tentativo di riprodurne, almeno in una certa misura, il contenuto artistico e la grazia singolare, mi costrinse a perfezionarmi nella tecnica, e il perfezionamento lo conseguii, grazie a queste sonate, anche senza esercitarmi sistematicamente. Io ritengo, tutto sommato, che lâamore sia un maestro piĂč efficace del senso del dovere; nel caso mio, per lo meno, Ăš stato senza dubbio cosĂŹ.4
Einstein non sottovalutava, ovviamente, lâimportanza dellâaspetto tecnico nella didattica musicale: come si poteva suonare decentemente, senza apprendere le procedure fondamentali per lâesecuzione? Sarebbe stato come avvicinarsi alla fisica senza conoscere il calcolo differenziale e integrale, che infatti Einstein studiĂČ da solo fra i dodici e i sedici anni.5 PerĂČ di una cosa era certo: si impara di piĂč se spinti dalla passione che non forzati dal dovere. E se la passione Ăš per Mozart si puĂČ stare certi che alla fine qualcosa di buono lo si imparerĂ .
Da questo momento in poi il violino diventerĂ per Albert un inseparabile compagno che chiamerĂ genericamente con il nome «Lina». Dovunque andrĂ , non perderĂ mai lâoccasione per suonare, da solo o in compagnia. La musica sarĂ sempre una parte essenziale della sua vita: «Penso spesso in musica. â dichiarerĂ al «Saturday Evening Post» nellâottobre del 1929 â Vivo le mie fantasie in musica. Vedo la mia vita in termini di musica. Il violino Ăš una delle gioie piĂč grandi della mia vita.»6 (Figura 2). In genere, quando non dovrĂ suonare in formazione, o in pubblico, ma per il proprio godimento personale, Albert seguirĂ questo schema: «Prima improvviso, e se non fa effetto cerco conforto in Mozart; ma quando improvviso e sembra che ne venga fuori qualcosa, mi occorrono le chiare costruzioni di Bach per andare avanti.»7
Einstein, naturalmente, come tutti i ragazzi tedeschi di allora, iniziĂČ a suonare anche il pianoforte. La pianista di casa era la madre, che amava soprattutto le sonate per pianoforte di Beethoven.8 Maja, che seguirĂ lâesempio materno diventando una brava esecutrice, ci ha lasciato un ricordo anche di quel periodo:
Sapeva giĂ eseguire sonate di Mozart e Beethoven al violino, accompagnato dalla madre al piano. Egli stesso sedeva al piano e, soprattutto, con arpeggi di tenero sentimento, cercava costantemente nuove armonie e passaggi di propria invenzione.9
Dimitri Marianoff (1889-1950), che sarĂ genero di Einstein fra il 1930 e il 1937, ci ha lasciato questa testimonianza sulle capacitĂ di improvvisazione di Albert al pianoforte, basata a sua volta sul parere del compositore e direttore dâorchestra Emil Hilb (1890-1969):
Einstein suona anche il piano, ma non Ăš il suo strumento. Comunque, egli ama suonarlo e improvvisare. Le sue improvvisazioni sono caratterizzate da una inusuale luciditĂ e una sorprendente naturalezza. Sebbene il loro sviluppo, secondo lâopinione di Hilb, risenta tavolta della mancanza di un adeguato bagaglio tecnico, egli non perde mai il controllo sulla forma e sulla bellezza dellâarmonia.10
Dopo una prima fase commercialmente favorevole, con lâapertura di impianti elettrici anche nellâItalia settentrionale, a Varese e a Susa, la ditta dei fratelli Einstein andĂČ incontro a numerose difficoltĂ . CosĂŹ nel 1893 Hermann e Jacob decisero di chiuderla. Un loro referente italiano, lâingegnere torinese Lorenzo Garrone,11 li convinse a tentare una nuova avventura imprenditoriale nel Bel Paese, come giĂ lo avevano definito Dante e Petrarca. Nacquero cosĂŹ, nel giorno del quindicesimo compleanno di Albert, il 14 marzo 1894, le «Officine elettrotecniche Nazionali in Pavia, Ing. Einstein, Garrone e C.», il cui obiettivo era quello di fabbricare dinamo e motori elettrici, lampade ad arco e altri dispositivi, nonchĂ© di installare impianti di illuminazione elettrica.12 La fabbrica venne installata a Pavia, mentre gli uffici della ditta erano a Milano.
Decidere di trasferirsi in Italia non fu difficile per gli Einstein: qui, infatti, risiedeva da qualche anno anche Jacob Koch (1850-1925), uno dei fratelli di Pauline. Attivo nel commercio di granaglie, come prima di lui il padre Julius (1816-1895), a Zurigo Jacob era stato titolare di unâazienda diretta da Michael Fleischmann (1857-1926). Le strade dei due a un certo punto si erano separate e Jacob aveva deciso di avviare una nuova attivitĂ a Genova. Le lettere che giungevano dallâItalia la descrivevano come un «paradiso» ed esercitarono sicuramente unâinfluenza positiva sulla decisione presa da Hermann e Jacob.13
Nellâautunno del 1894 la famiglia Einstein, tranne Albert, che doveva terminare i suoi studi presso il Gymnasium, andĂČ a risiedere a Milano in via Berchet 2, dove si trovavano anche gli uffici della ditta. Il giovane Einstein tuttavia, mal sopportando la situazione e lâautoritario ambiente scolastico (nonchĂ© la prospettiva che se non avesse lasciato la Germania entro i diciassette anni, rinunciando alla cittadinanza, avrebbe dovuto svolgere il servizio militare), con lâintraprendenza che lo contraddistingueva dopo qualche mese si fece rilasciare un certificato medico attestante disturbi di carattere nervoso. Ottenuto il permesso di lasciare la scuola alla fine del 1894,14 Albert raggiunse la famiglia in Italia. Ai genitori, preoccupatissimi per la sua iniziativa, promise che si sarebbe impegnato nello studio in maniera autonoma per tentare lâammissione al Politecnico di Zurigo, anche se privo della maturitĂ svizzera. Ma, con fermezza, disse loro che era sua intenzione rinunciare alla cittadinanza tedesca.
Figura 2 â Einstein al violino.
Durante la primavera del 1895 gli Einstein si trasferirono a Pavia in via Ugo Foscolo 11, proprio dove il poeta italiano aveva abitato molti anni prima.15 Come avrebbe ricordato Maja, il Bel Paese esercitĂČ da subito un grande fascino su Albert: «Sebbene dapprima avesse conosciuto soltanto Milano e Pavia, lâItalia, anche con questa limitazione, fece una grossa impressione su di lui. Il modo di vivere, il paesaggio, lâarte, tutto lo attraeva, e piĂč tardi, da lontano, divenne oggetto di grande nostalgia.»16
Gli Einstein trascorsero parte delle vacanze presso Airolo, in Svizzera, ai piedi del passo del San Gottardo. LĂŹ conobbero Luigi Luzzatti (1841-1927), in quel momento ancora docente di Diritto costituzionale allâUniversitĂ di Padova ma giĂ con una lunga carriera politica alle spalle.17 Lâincontro fu probabilmente reso possibile dalle relazioni che gli Einstein avevano con il mondo lombardo dellâimprenditoria e dellâingegneria.18 Secondo la testimonianza di Maja, Luzzatti, anchâegli di origine ebraica, divenne «un amico paterno»19 di Albert.
Quellâestate, tuttavia, era destinata a trasformarsi in un ricordo indelebile nella memoria di Maja e di Albert per un altro motivo: lâincontro con la diciannovenne Ernestina Marangoni (1876-1972): «Io e mia madre eravamo a fare il bagno a Ticino, quando ci si presentĂČ un professore amico di famiglia venuto a far pratica oculistica presso lâillustre professor Falchi, accompagnato da un giovane che venne presentato a mia madre come Albert Einstein.»20 CosĂŹ nel 1949 Ernestina avrebbe ricordato il suo incontro con Albert, propiziato da Otto NeustĂ€tter (1871-1943), un giovane laureato in medicina allâUniversitĂ di Monaco che era venuto a Pavia per perfezionarsi in oftalmologia con Francesco Falchi (1848-1946), grazie allâintermediazione di Jacob Einstein.21 Ancora Ernestina: «Era un giovanotto smilzo e scialbo, pallido in viso coi capelli di un chiaro castano a piccoli ricci e gli occhi di un grigio oscuro, senza traccia di baffi, un viso gentile e quasi femmineo. Nessuna pretesa di eleganza. Parlava lâitaliano con un certo sforzo, ma riusciva sempre a farsi capire.»22
La giovane Marangoni faceva parte di una famiglia borghese pavese che abitava in una villa in stile veneziano presso il colle del Pistornile, la parte antica di Casteggio, una cittadina dellâOltrepĂČ Pavese.23
Ernestina era una ragazza intelligente, interessata sia alle scienze sia alle lettere, e parlava bene anche il tedesco. Ma, soprattutto, amava la musica e si destreggiava abilmente al pianoforte. Quanto bastava per far nascere una simpatia fra lei e Albert, che si incontrarono qualche giorno dopo a Casteggio, assieme allâamico Otto. Di lĂŹ a poco si formĂČ una compagnia di amici, comprendente una cugina di Ernestina, Giulia Maj,24 Edmondo Pelizza, il futuro marito della giovane Marangoni (i due si sposeranno nel 1903) e,...