Questioni eticamente sensibili
La presenza della Chiesa e della Santa Sede in Italia configura una particolaritĂ unica in cui il paese vive. Se da un lato la CEI ha vita propria, come tutte le conferenze dei vescovi del mondo, dallâaltro lo stretto rapporto che la lega alla Santa Sede rende inestricabile il nodo di una doppia presenza. Sancita anche dallo stesso statuto della CEI, che vede il proprio presidente nominato dal papa, ed anche il segretario generale, a differenza di quanto avviene negli altri paesi del mondo, in cui sono i vescovi a scegliere il proprio vertice. Pertanto in Italia la linea dettata dalla CEI coincide ed Ăš spesso rinforzata da quella del Vaticano, considerando che sui temi rilevanti per il dibattito politico e sociale, gli stessi cardinali di curia possono intervenire e lo stesso segretario di stato vaticano puĂČ esprimere la sua opinione.
Una distinzione da chiarire
Tenendo ferma la distinzione tra CEI e Santa Sede, Ăš evidente che molte volte quando il papa parla di problemi etici si tende a leggere il suo intervento in chiave di politica italiana. Se si rivolge ai vescovi di un paese latinoamericano in visita in Vaticano e sottolinea lâimportanza di un impegno a tutela della famiglia e contro le tendenze divorziste ed abortiste eventualmente presenti nel paese in questione, la lettura che viene fatta del discorso puĂČ risentire del dibattito interno italiano dando al testo una piega che in origine non aveva.
Dâaltra parte Ăš innegabile che i temi âeticamente sensibiliâ vedono negli ultimi anni una presenza piĂč decisa della Santa Sede e quindi delle conferenze episcopali che ne devono seguire le indicazioni contestualizzandole nella realtĂ del paese. Inoltre per il papa ci sono diverse occasioni in cui, come vescovo di Roma, ha la possibilitĂ â nella sua concezione, lâobbligo â di intervenire sui temi rilevanti per lâItalia. A inizio dâanno quando riceve i rappresentanti delle istituzioni locali: sindaco di Roma, presidente della provincia, presidente della regione; quando partecipa ad attivitĂ della diocesi come i convegni su temi ecclesiali e sociali; quando parla ai vescovi italiani che una volta lâanno si riuniscono in assemblea plenaria in Vaticano; nel messaggio di Pasqua e di Natale; nelle molteplici occasioni che possono scaturire da un viaggio in qualche diocesi italiana o parlando a gruppi di fedeli che dalle diocesi italiane vengono ricevuti in udienza. A ciĂČ si puĂČ aggiungere il contatto tra il segretario di stato ed i giornalisti, quando il primo compie qualche attivitĂ pubblica e dunque câĂš lâoccasione per rivolgergli domande su temi legati allâattualitĂ , ecclesiale o politica che possa essere.
La lettura della storia
Gli interventi dei vescovi italiani e del papa insistono sui temi âeticamente sensibiliâ: difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale, dunque no ad aborto ed eutanasia, no alla fecondazione ed alla sperimentazione in campo bioetico; difesa del matrimonio tra un uomo e una donna secondo la dottrina della Chiesa che ne fa un sacramento, dunque no alla separazione ed al divorzio; allâinterno del matrimonio va praticata una cultura di apertura alla vita, dunque no a qualsiasi forma di contraccezione meccanica1.
La Chiesa Ăš contraria al riconoscimento giuridico delle unioni di fatto e sottolinea, nei suoi documenti, che vale soltanto il matrimonio come sacramento tra due persone di sesso diverso, con gli effetti giuridici prodotti dallo sposarsi in chiesa, per conseguenza del Concordato. Si sottolinea, rispetto alle coppie di fatto, che nel matrimonio come istituzione câĂš qualcosa che va al di lĂ dellâattrazione iniziale perchĂ© le persone decidono del senso della loro relazione; lâimpegno formalizzato aiuta ad inserire il rapporto nella dinamica di una serie di norme giuridiche che si vogliono a tutela dei due coniugi e della famiglia che costituiscono; infine chiama in causa lo Stato, coinvolto nel garantire il bene comune, dei coniugi e della famiglia, perĂČ anche dellâinsieme delle famiglie e in definitiva della collettivitĂ .
Su questi argomenti, che a fasi alterne provocano polemiche e dibattiti accesi, le posizioni non sono perĂČ univoche. Ad esempio Giampaolo Dianin, docente di teologia morale alla FacoltĂ Teologica del Triveneto, sottolinea la difficoltĂ che ha la Chiesa a farsi comprendere di fronte alla mutata sensibilitĂ contemporanea. E dunque un atteggiamento rigido o di chiusura risulterebbe soltanto controproducente. La questione del riconoscimento delle coppie di fatto, scrive, ânon piomba addosso alla societĂ dallâaltoâ ma âtrova dentro la cultura e i nuovi stili di vita delle persone il suo centro propulsoreâ. Secondo il teologo, alla chiarezza dottrinale deve unirsi la consapevolezza che il pensiero ecclesiale Ăš diventato largamente minoritario nella societĂ , non piĂč condiviso. âLa Chiesa non puĂČ pretendere che lo Stato diventi garante di alcuni valori che non sono piĂč evidenti e che lei stessa fa fatica a difendere e a promuovere allâinterno della societĂ e tra gli stessi cristiani.â Non solo:
anche se lo Stato, per la scelta di una certa maggioranza, dovesse rimandare un riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, la Chiesa non puĂČ sentirsi a posto. La situazione italiana, dobbiamo dirlo con chiarezza, va verso gli standard europei e quindi câĂš da aspettarsi che il futuro sarĂ sempre piĂč abitato da questi fenomeni. Non sarĂ un momentaneo rifiuto a legiferare su questi temi a frenare tale fenomeno.
Dunque la soluzione sarĂ non tanto cercare una contrapposizione, un muro contro muro di polemiche e condanne.
Non ha altri mezzi, la Chiesa, che la parola, lâannuncio del Vangelo, la quotidiana azione educativa allâinterno della famiglia, nella parrocchia, nelle associazioni e movimenti. Non ha altri mezzi che la testimonianza di coppie di sposi capaci di mostrare la bellezza e credibilitĂ del matrimonio come patto, dedizione allâaltro, amore indissolubile e fedele.
Obiettivo finale, ben diverso dagli atteggiamenti di chiusura, Ăš il âquotidiano impegno educativo delle nostre comunitĂ cristiane, il coraggio di mettere a tema queste questioni, la sfida di accompagnare adolescenti e giovani a interrogarsi sullâuniverso dei legami e degli affettiâ2.
Se la teologia Ăš piĂč avanti, sul piano degli interventi pubblici la gerarchia tiene ferma la linea Maginot della difesa dei valori segnati dalla legge naturale, dietro la quale câĂš una visione della storia e del ruolo dellâuomo nel mondo in base al disegno di Dio. Come ha detto il papa parlando ai vescovi italiani, la Chiesa puĂČ e deve dare allâItalia un contributo a partire da una precisa concezione del ruolo di Dio nella vita e nella storia dellâuomo.
Come vescovi non possiamo non dare il nostro specifico contributo affinchĂ© lâItalia conosca una stagione di progresso e di concordia, mettendo a frutto quelle energie e quegli impulsi che scaturiscono dalla sua grande storia cristiana. A tal fine dobbiamo anzitutto dire e testimoniare con franchezza alle nostre comunitĂ ecclesiali e allâintero popolo italiano che, anche se sono molti i problemi da affrontare, il problema fondamentale dellâuomo di oggi resta il problema di Dio. Nessun altro problema umano e sociale potrĂ essere davvero risolto se Dio non ritorna al centro della nostra vita. Soltanto cosĂŹ, attraverso lâincontro con il Dio vivente, sorgente di quella speranza che ci cambia di dentro e che non delude, Ăš possibile ritrovare una forte e sicura fiducia nella vita e dare consistenza e vigore ai nostri progetti di bene3.
Seguire il Papa
Le nuove frontiere dellâimpegno della Chiesa italiana riguardano il tema dellâeducazione e della scuola, cui si unisce la prioritĂ verso i giovani. Una linea in sintonia con il papa, che della âemergenza educativaâ fa il perno di molti interventi4. Ricordiamo ancora una volta che, a partire da questo spostamento di rotta, troviamo il senso dellâevoluzione compiuta dalla CEI passata dallâera di Camillo Ruini (presidente con lâappoggio di Giovanni Paolo II, piĂč interventista in campo politico), allâepoca del cardinale Angelo Bagnasco (per unâimpostazione piĂč sociale e pastorale), lasciando alla curia, al cardinale Tarcisio Bertone e al papa la responsabilitĂ e il peso del rapporto con le istituzione politiche e i relativi interventi pubblici in tal senso.
Il cardinale Angelo Bagnasco mette bene in evidenza il cambiamento di accento.
I giovani sono i primi bersagli della cultura nichilista che li invita, li incoraggia, li sospinge a coltivare soltanto le âpassioni tristiâ. Ă una cultura che instilla in loro la convinzione che nulla di grande, bello, nobile ci sia da perseguire nella vita, ma che ci si debba accontentare di un âqui ed oraâ, di obiettivi di basso profilo, di una navigazione di piccolo cabotaggio, perchĂ© vano Ăš puntare la prua verso il mare aperto. Lâesito finale della cultura nichilista Ăš una sorta di grande anestesia degli spiriti, incapaci di slanci e quindi inerti5.
Il programma di lavoro della CEI nel suo impegno sociale lo ha dettato Benedetto XVI nel discorso del maggio 2008.
Voi â ha spiegato ai vescovi â dedicate grande attenzione alla famiglia fondata sul matrimonio, per promuovere una pastorale adeguata alle sfide che essa oggi deve affrontare, per incoraggiare lâaffermarsi di una cultura favorevole, e non ostile, alla famiglia e alla vita, come anche per chiedere alle pubbliche istituzioni una politica coerente ed organica che riconosca alla famiglia quel ruolo centrale che essa svolge nella societĂ , in particolare per la generazione ed educazione dei figli: di una tale politica lâItalia ha grande e urgente bisogno. Forte e costante deve essere ugualmente il nostro impegno per la dignitĂ e la tutela della vita umana in ogni momento e condizione, dal concepimento e dalla fase embrionale alle situazioni di malattia e di sofferenza e fino alla morte naturale. NĂ© possiamo chiudere gli occhi e trattenere la voce di fronte alle povertĂ , ai disagi e alle ingiustizie sociali che affliggono tanta parte dellâumanitĂ e che richiedono il generoso impegno di tutti, un impegno che sâallarghi anche alle persone che, se pur sconosciute, sono tuttavia nel bisogno. Naturalmente, la disponibilitĂ a muoversi in loro aiuto deve manifestarsi nel rispetto delle leggi, che provvedono ad assicurare lâordinato svolgersi della vita sociale sia allâinterno di uno Stato che nei confronti di chi vi giunge dallâesterno. Non Ăš necessario che concretizzi maggiormente il discorso: voi, insieme con i vostri cari sacerdoti, conoscete le concrete e reali situazioni perchĂ© vivete con la gente6.
Ă questo senso del limite che consente al cardinale Angelo Bagnasco di spostare il baricentro dei suoi interventi sul piano piĂč propriamente pastorale, a partire da una considerazione di sociologia religiosa che ci consente di cogliere quale sarĂ lâimpostazione del prossimo futuro. Il presidente dei vescovi richiama cosĂŹ unâimmagine coerente con una visione di Italia dei campanili che esiste certamente nei piccoli centri mentre viene a diminuire nelle cittĂ . Ed Ăš comunque funzionale al mettere in primo piano la parrocchia come centro dinamico e propulsore di tutta la vita del mondo cattolico.
In modo sintetico â spiega allora Bagnasco â mi piace vedere il âsagratoâ come figura simbolica della Chiesa vicina e incarnata tra la gente in tutte le sue forme: dalle parrocchie alle aggregazioni antiche e nuove. Il sagrato Ăš stato nellâultima stagione riscoperto nelle sue valenze religiose e civili, non solo a cerniera tra il sacro e il profano â come era stato nei tempi antichi â ma anche quale luogo dellâaccoglienza e dellâincontro, dellâorientamento a Dio come al prossimo. In altre parole, sarĂ utile se lo spazio antecedente la chiesa, anzichĂ© via di fuga o spiazzo che si attraversa frettolosamente, diventa luogo del dialogo, dellâamicizia e dellâascolto. Ci sono tanti dolori nascosti, sofferenze prolungate, solitudini non volute, vuoti lancinanti (si pensi alle 23 mila persone scomparse, che da qualcuno sono attese e cercate, magari tra incomprensione e sospetti): socializzare queste situazioni, come pure i traguardi e le riuscite che rendono felice questa o quella famiglia, torna oggi ad essere importante. E potrebbe essere parte di unâiniziativa pastorale che sta a cavallo con la dimensione civile, dove la presenza di fedeli a ciĂČ portati, come pure lâopera di diffusione dei nostri media, possono dare quel tocco di accorta vitalitĂ , che non Ăš disturbo per lâazione sacra ma neppure si confonde con i marciapiedi vocianti e casuali. E ciĂČ in unâottica di rivalorizzazione anche di altri ambienti comunitari come lâoratorio, lâasilo parrocchiale, la sala della comunitĂ , e di momenti socializzanti, tipici della pietĂ popolare, quali sono le feste patronali e le sagre del paese o del rione7.
Questa dunque la linea: presenza spiccatamente pastorale, delega piena al Vaticano nel rapporto con le istituzioni politiche, secondo la linea dettata dal segretario di stato Tarcisio Bertone. Con unâeccezione: quando si tratta di chiedere soldi alle istituzioni per la sanitĂ privata cattolica o per la scuola, intervengono prima i vescovi, poi lo stesso papa.
Quello che i vescovi non dicono
La visione del vertice della CEI esprime il punto di vista uffiale, differente da quanto nella realtĂ accade nel territorio. Qui abbiamo una presenza molteplice ed impegnata su fronti e frontiere diverse. Prima di tutto abbiamo la Chiesa che opera sulle diverse frontiere del sociale. La frontiera dellâemarginazione sociale vede personaggi come don Luigi Ciotti fondatore del Gruppo Abele a Torino negli anni Sessanta ed oggi moltiplicatosi in una rete di iniziative e punto di avvio di esperienze diverse. Una di queste riguarda il Coordinamento Nazionale ComunitĂ di Accoglienza (CNCA), il cui perno Ăš la comunitĂ di Capodarco, con sede centrale a Fermo (Marche) ed instancabilmente animata da don Vinicio Albanesi, collaboratore regolare di riviste e giornali, del mondo cattolico, anche su linee editoriali differenti. Il CNCA vanta una presenza capillare sul territorio, con esperienze di apertura ed accoglienza verso il mondo dellâemarginazione che hanno saputo adattarsi al cambiamento dei tempi. Ă il caso, tra le altre, della ComunitĂ di via Gaggio, a Lecco, avviata da don Angelo Cupini ed oggi attiva anche come Onlus e come Fondazione Aquilone. Altre esperienze riguardano le Suore Francescane dei Poveri, a Padova, che hanno come missione quella di togliere dalla strada le ragazze straniere che vengono in Italia con il miraggio di un lavoro e cadono invece nella rete della prostituzione. Da nord a sud, le esperienze sono molteplici. Una, anche qui tra le tante, radicata in Calabria, fa perno sulla congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che hanno rispolverato e reso attuali le missioni popolari. A periodi dellâanno, a partire dalla Piana di Gioia Tauro, passano di paese in paese coinvolgendo giovani, scuole, adulti, anziani, nellâannuncio del Vangelo e nel cercare di rendere cristiana una difficile realtĂ dove la criminalitĂ organizzata opera con particolare forza ed efficacia8. Tra i vescovi, nella difficile situazione della Campania, una figura molto nota Ăš quella di mons. Raffaele Nogaro, quando era nella Diocesi di Caserta, diventato rapidamente un punto di riferimento nella coscientizzazione contro il dilagare della corruzione e del malaffare. Una linea, in Campania, che ha avuto come antesignano, dal 1978 al 1999, mons. Antonio Riboldi, autore di denunce e coraggiose ancorchĂ© solitarie prese di posizione contro la criminalitĂ . Meno noto, Michele Pennisi, a Piazza Armerina ha ricevuto diverse minacce per la sua opera di coscientizzazione. A Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe ha preso posi...