Oltre il futuro. Perché sia Natale
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Oltre il futuro. Perché sia Natale

don Tonino Bello

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Oltre il futuro. Perché sia Natale

don Tonino Bello

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À propos de ce livre

C'Ăš nella storia una continuitĂ  secondo ragione, che Ăš il futurum. È la continuitĂ  di ciĂČ che si incastra armonicamente, secondo la logica del prima e del dopo. Secondo le categorie di causa ed effetto. Secondo gli schemi dei bilanci, in cui, alle voci in uscita, si cercano i riscontri corrispondenti nelle voci in entrata: finchĂ© tutto non quadra. E c'Ăš una continuitĂ  secondo lo Spirito, che Ăš l'adventus. È il totalmente nuovo, il futuro che viene come mutamento imprevedibile, il sopraggiungere gaudioso e repentino di ciĂČ che non si aveva neppure il coraggio di attendere. Dio si manifesta attraverso i processi della discontinuitĂ , che Ăš una continuitĂ  secondo lo Spirito, il quale soffia dove e come crede, quasi mai secondo logica. Il futuro non viene pensato da Dio come continuitĂ  rispetto al presente. Non c'Ăš fedeltĂ  ai suoi progetti che non richieda strappi. Non c'Ăš fede che non postuli la disponibilitĂ  a mutare radicalmente i piani dell'esistere. Non c'Ăš Chiesa che possa trincerarsi nell'esigenza di essere eguale a ieri per salvaguardare la propria identitĂ .

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Informations

Année
2012
ISBN
9788861533448

Buon Natale, Sarajevo!

Natale 1992
Io almeno, quella permanenza a Sarajevo, l’ho sperimentata così: come trasfigurazione del mistero del Natale.
Dei nostri Natali, a dire il vero, c’erano tutti gli ingredienti.
Le grotte, ma nelle case sventrate.
Gli alberi, ma stroncati e senza stelle filanti.
Le comete, ma instabili sulla capanna perché affidate al fuoco delle granate.
I botti e gli spari, ma piĂč pericolosi dei nostri perchĂ© prodotti dai mortai e dai kalashnikov.
I pastori costituiti dalla gente che ci Ăš venuta incontro, ma senza doni di formaggi e di capretti.
C’era la figura del «trasognato», pezzo classico dei nostri presepi, ma senza sorriso sulle labbra e con una meraviglia sconfinante nell’incredulitĂ .
C’erano anche gli angeli che proclamavano la pace in terra agli uomini, ma erano angeli senza ali, che al nostro passaggio per le strade di Sarajevo, non finivano di ripetere «mir, mir, mir», che vuol dire pace!
E c’erano perfino i magi, venuti da lontano, ma non erano solo tre: erano cinquecento, giunti da tanti popoli diversi.
Questa analogia dei magi con la carovana dei cinquecento, a dire il vero, mi ha perseguitato anche al mio ritorno da Sarajevo. Anche noi, in fondo, abbiamo visto la cometa della pace e l’abbiamo seguita. Poi ù scomparsa, proprio quando siamo giunti alla casa di Erode. Giunti, infatti, davanti alle potenze militari che tengono sotto controllo la Bosnia, abbiamo subito un calvario di paure, di rimandi, di dinieghi. Abbiamo consumato dei giorni interi in trattative con i potenti, durante i quali abbiamo anche perso il controllo della stella, e si ù sfilacciata la speranza. Ma poi ci siamo messi coraggiosamente in marcia, con la stessa caparbietà dei magi, e di notte (impresa mai riuscita, neppure ai caschi blu) siamo entrati in Sarajevo.
Allora Ú riapparsa per noi la cometa. O Dio, la città era al buio: un buio spettrale, livido, di morte, Anche i dieci autobus, lenti come i cammelli dei magi, scivolavano per le vie della città a fari spenti. Ma per me sembrava tutto illuminato a festa. E quando nella palestra di una scuola, mi sono steso a terra per dormire insieme con i miei compagni di viaggio, mi Ú parso di ripetere il versetto del vangelo: «prostratisi, lo adorarono».
Ma il GesĂč Bambino, da adorare dov’ù in questo immenso presepe, sovrastato piĂč dai rantoli di chi muore che dai vagiti di chi nasce?
Ecco, l’abbiamo trovato il giorno dopo. Nelle persone che abbiamo abbracciato lungo la strada. Nei fanciulli che ci venivano incontro per darci la mano e un sorriso di speranza. Nei vecchi commossi per la nostra audacia. Nel giovane soldato piangente alla nostra partenza. Nei capi religiosi della città e nelle autorità civili, che ci hanno implorato di interessare il mondo, l’indifferente, come la città di Betlem, alle sofferenze dei poveri.
Poi, dopo aver lasciato i nostri doni, come i magi, per un’altra strada, l’ONU dei poveri ù tornata a casa.
Buon Natale, Sarajevo! Il Signore, quest’anno, sceglierà le tue macerie come sua culla. E ti farà compagnia. Anche se incombe su di te un’ulteriore strage degli innocenti.
Buon Natale, Sarajevo! GesĂč Cristo ti faccia sentire forte il suo annuncio di pace, e ti distolga da ogni progetto di violenza e di guerra, sia pure per legittima difesa.
Buon Natale, Sarajevo. Noi cinquecento, non ti dimenticheremo mai. Perché le ferite che non ci hanno provocato le armi da fuoco, ce le hai lasciate tu in cicatrici sanguinanti.
Nella notte santa, sull’albero di Natale rutilante di luci, in segno di speranza, accenderemo una luce pure per te.
+ don Tonino, vescovo
Don Tonino nel catalogo delle edizioni la meridiana
A tutte le donne. Rosario meditato
Ad Abramo e alla sua discendenza. Lettere ai patriarchi
Al pozzo di Sichar. Appunti sulle alteritĂ 
Affliggere i consolati. Lo scandalo dell’Eucaristia
Ci vuole audacia. Parole ai giovani
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Da mezzogiorno alle tre. Riflessioni sulla Via Crucis
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Dalla testa ai piedi. La Quaresima tra cenere e acqua
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