LA MERITOCRAZIA
Si parla molto di meritocrazia, un termine che a me non piace: infatti lâunica â-craziaâ che mi piace Ăš la democrazia. Il termine meritocrazia Ăš recente e ha una data di nascita e un padre: il 1958 e il sociologo Michael Young, il quale scrisse una satira sociale1, una sorta di distopia, che aveva la meritocrazia come bersaglio, cogliendone la natura perversamente classista e ingiusta.
Young Ú un interessante personaggio, purtroppo molto dimenticato; né poteva non essere dimenticato di questi tempi, visto che ha scritto:
Were we to evaluate people, not only according to their intelligence and their education, their occupations and their power, but according to their kindliness and their courage, their imagination and sensitivity, their sympathy and generosity, there would be no overall inequalities of the sort we have got used to. Who would be able to say that the scientist was superior to the porter with admirable qualities as a father, the civil servant to the lorry-driver with unusual skills at growing roses? A pluralistic society would also be a tolerant society, in which individual differences were actively encouraged as well as passively tolerated, in which full meaning was at last given to the dignity of man. Every human being would then have equal opportunity to develop his or her own special capacities for leading a full life which is also a noble life led for the benefit of others as well as the self2.
La spaventevole distopia della âmeritocrazia in azioneâ Ăš descritta, inconsapevolmente e con tragicomica inconsapevolezza, nel libro di Roger Abravenel, Meritocrazia3, ed Ăš rappresentata dal fatto di prendere sul serio la demenziale equazione I + E = M, che Ăš stata sĂŹ proposta da Young, ma da lui in termini satirici; Abravanel, invece, la prende sul serio e scrive (godetevelo):
Sir Michael Young, il laburista inglese che nel 1954 creĂČ il termine âmeritocraziaâ, ha inventato lââequazione del meritoâ: I+E = M, dove âIâ Ăš lâintelligenza (cognitiva ed emotiva, non solo lâIQ) ed âEâ significa âeffortâ, ovvero gli sforzi dei migliori. La âIâ porta a selezionare i migliori molto presto, azzerando i privilegi della nascita e valorizzandoli attraverso il sistema educativo: Ăš lâessenza delle âpari opportunitĂ â. La âEâ Ăš sinonimo del libero mercato e della concorrenza che, sino a prova contraria, sono il metodo piĂč efficace per creare gli incentivi economici per i migliori4.
Ovviamente non tutti i âmeritocraticiâ pensano in questo modo un poâ semplicistico, ma forse accoglierebbero la definizione che recita: âla meritocrazia Ăš un sistema di valori che valorizza lâeccellenzaâ (qui eccellenza non va intesa nel senso di Sua Eccellenza, ovviamente5).
Sono del resto consapevole che molti usano il termine meritocrazia in un senso piĂč generico, non in quello letterale di âpotere al meritoâ, ma nel senso di âriconoscimento del merito come criterio unico, o largamente prevalente, per occupare delle posizioni o per fare carrieraâ; anche in questa concezione tuttavia â a mio avviso â la parola Ăš un poâ pericolosa (a meno di non âstirareâ troppo il concetto di merito) e comunque si puĂČ tranquillamente scrivere in questi casi: âriconoscimento del meritoâ, âpremio a chi ha merito, Ăš meritevoleâ, invece che usare la parola meritocrazia (anche lâuso di tali locuzioni comporta perĂČ il definire di che âmeritoâ si tratti nel contesto dato).
Sottolineo che Ăš scritto âcome criterio unico o largamente prevalenteâ, perchĂ© â in moltissimi casi â dal merito non si puĂČ prescindere e â in alcuni casi â esso ha un ruolo preminente nello scegliere le persone cui affidare alcuni compiti.
Mi piace pensare che, dopo piĂč di due millenni, si sia tutti dâaccordo che il potere spetti al popolo, ovvero che, come dicevo, lâunica â-craziaâ degna di essere ammessa sia la democrazia, magari nella versione radicale di Aldo Capitini dellâomnicrazia o onnicrazia6, e non spetti invece a chi ha meriti, eccellenza (aristocrazia7), denaro (timocrazia8 o plutocrazia9), facondia (logocrazia10), bellezza (callistocrazia11), convinzioni religiose (teocrazia12), apparati sessuali (fallocrazia13), conoscenze tecniche (tecnocrazia14), saggezza (noocrazia15), capacitĂ di intimidazione di massa (oclocrazia16), diritto divino o altro principio analogo (autocrazia17), predominio di unâideologia (ideocrazia18), delega assoluta (monocrazia19), conoscenza delle leggi (critocrazia20), controllo dellâorganizzazione (burocrazia21), dominio o controllo delle opinioni (doxocrazia22), controllo nascosto, occulto del potere (criptocrazia23), privilegio di classe (oligarchia24), anzianitĂ (tenurocrazia25, gerontocrazia26), giovinezza (neocrazia27) o estrema giovinezza (paidocrazia28), genere femminile (ginocrazia29), accesso o controllo dei media (teatrocrazia, videocrazia o telecrazia30), attitudine al furto (cleptocrazia31), origine meticcia o mulatta (pardocrazia, ovvero governo di chi ha la pelle scura32), pentitocrazia (governo basato sulla gestione dei âpentitiâ 33), capacitĂ di fare cose brutte e cattive (cacocrazia34), capacitĂ di prostituirsi (pornocrazia35), influenza del sesso mercenario e dei suoi procacciatori (mignottocrazia, prossenetocrazia36), organizzazione politica (partitocrazia37), adesione alle scelte di un capo (leadercrazia38), ignoranza e rozzezza (onagrocrazia39).
Ă bene ricordare che non raro Ăš il caso in cui forme diverse di governo si sono compenetrate o giustapposte, in modo regolato e istituzionalizzato o, allâopposto e piĂč frequentemente, in modo informale basato, sulla negoziazione e sui rapporti di forza e quindi sui provvisori e precari equilibri da essi determinati.
Tra lâaltro sono piĂč belle le parole composte in cui i due termini usati derivano dalla stessa lingua (solo greco in questo caso, o â in altri â solo latino) e democrazia Ăš tra queste, meritocrazia no.
Il merito Ăš una delle qualitĂ degli esseri umani che vivono in societĂ (ce ne sono altri?) che vanno premiate, specie se Ăš socialmente orientato, ma Ăš una qualitĂ da lodare e premiare assieme ad altre, ad esempio: la capacitĂ di relazione, lâempatia, la solidarietĂ , lâumorismo, le doti organizzative, la facondia, la saggezza, la generositĂ , la bellezza (intesa soprattutto nel senso di âĂš una bella personaâ), la capacitĂ di far gruppo, la tenacia.
Non Ăš, e non puĂČ essere, un feticcio, anche perchĂ© il merito Ăš sovente un concetto sfuggente e non facile da definire. E tuttavia â Ăš certo â i meriti devono essere una delle componenti alla base della selezione e delle progressioni di carriera dei docenti e della valutazione degli studenti.
Per gli studenti il merito Ăš un criterio particolarmente rilevante quando sono allâuniversitĂ 40, molto meno quando sono nella scuola secondaria, irrilevante nella scuola dellâobbligo. Ho scritto particolarmente rilevante, ma aggiungo non unico, infatti vi sono studenti particolarmente refrattari ai modelli culturali consolidati e dominanti, che hanno grandi qualitĂ e spirito critico, ma non vogliono sottomettersi ai percorsi ufficiali e che tuttavia meritano di esserci e sono anche importanti, perchĂ© ci costringono a metterci in discussione e a ricordarci di essere sempre critici: saper fare i conti anche con questi studenti Ăš un compito irrinunciabile dei docenti e dellâistituzione universitaria (magari li bocciamo, ma non dovremmo farne a meno).
Mi si consenta una nota personale: essere, come io sono, contro la meritocrazia, non vuol dire non rendere onore al merito: del resto amare la bellezza, non significa che vorrei dare il potere a Marilyn Monroe41 (per quanto!).