La nobiltĂ
Marina Montacutelli
Nel corso del Seicento giunge a maturazione il processo di rafforzamento dellâautoritĂ regia cominciato nei secoli precedenti. CiĂČ dĂ luogo a forme sempre piĂč radicali di opposizione da parte di molti segmenti importanti delle nobiltĂ europee. Malgrado i numerosi conflitti che segnano il secolo, il ceto nobiliare si rivela in grado di superare la difficile congiuntura politica ed economica, sia pure rinunciando â in Europa occidentale â a quote significative di potere in cambio del mantenimento del suo primato sociale.
Dalla campagna in cittĂ ...
Nel corso del Seicento si porta a compimento il trasferimento dalla campagna in cittĂ di gran parte della nobiltĂ europea. Ad attirare i nobili nelle grandi capitali europee â Madrid, Londra, Praga e Parigi â Ăš soprattutto il desiderio di frequentare le corti regie e di attingere alle risorse e agli onori che il sovrano e i suoi piĂč stretti collaboratori distribuiscono. La presenza di una folla di grandi, medi e piccoli nobili ansiosi di mostrare il loro prestigio spiega perchĂ© nelle grandi cittĂ europee si registri un cospicuo afflusso di capitali destinati allâedilizia. Cresce cosĂŹ il tessuto urbano, arricchito di nuovi eleganti quartieri. In cittĂ i nobili animano unâintensa vita sociale fatta di intrattenimenti: il teatro in primo luogo, le passeggiate in carrozza nelle vie principali, i fastosi rituali religiosi nellâEuropa cattolica, le cerimonie civili in occasione di vittorie militari, nascite, matrimoni, incoronazioni e cosĂŹ via.
Per spiccare allâinterno del panorama cortigiano Ăš necessario che i nobili maschi, fino al pieno Cinquecento istruiti essenzialmente nellâuso delle armi, padroneggino ben altre conoscenze: buone maniere, danza, lingue straniere, arte, musica. Si vengono cosĂŹ diffondendo, in tutta Europa, a partire dalla Penisola italiana, le accademie cavalleresche, veri e propri centri di istruzione dove i nobili apprendono sia le nozioni basilari di tattica e strategia militare loro utili nei campi di battaglia, sia le discipline necessarie alla vita cortigiana. Improntata allo stesso modello Ăš anche lâeducazione che viene fornita nei collegi della Compagnia di GesĂč, frequentati dai nobili cattolici. Il fascino dellâEuropa meridionale e il peso del classicismo traspaiono dal fatto che i giovani delle famiglie nobili dellâEuropa settentrionale coronano la propria educazione con un viaggio che li porta in Italia, il Grand Tour , che spesso ha come mete privilegiate cittĂ come Venezia e Roma, ricche di testimonianze artistiche del passato. Le gentildonne sono, invece, educate nella casa avita o nei conventi e affinano a corte, dove giungono per dedicarsi al servizio personale di sovrane e principesse, le proprie maniere e le proprie conoscenze.
⊠di nuovo alla campagna e infine di nuovo in cittĂ
Dotati di istruzione e di modi estremamente raffinati, i nobili contribuiscono in maniera fondamentale allâedificazione di una corte in sintonia con il modello dettato da Baldassare Castiglione. Unâulteriore spinta a ricreare le aspirazioni dellâautore de Il cortegiano viene dalla propensione a trasferire in campagna la corte regia. Precursore di tale tendenza Ăš, a metĂ Seicento, il sovrano di Francia Luigi XIV, il Re Sole. Questi decide di costruire a Versailles, a una trentina di chilometri da Parigi, una nuova reggia con grandi giardini disseminati di specchi dâacqua, fontane e statue, magnifico scenario di una corte che intende vivere armoniosamente, separata e lontana dallâaffannosa realtĂ urbana. Lâambiente cortigiano raggiunge vette di colta eleganza, poichĂ© vi sono chiamati a dar prova del loro talento musicisti, drammaturghi, pittori. La vita quotidiana Ăš modellata dal cerimoniale borgognone, che regola rigidamente tempi e modi della quotidianitĂ , i divertimenti e le preghiere, lâabbigliamento e i pasti, assegnando a ciascuno un grado nella scala gerarchica interna alla corte. Sullâesempio dettato dal Re Sole, in tutta Europa vengono costruite regge elegantissime fuori cittĂ , mentre gli stessi nobili dedicano inedite fatiche alla sistemazione delle loro residenze di campagna destinate ad accoglierli per brevi periodi di villeggiatura.
Negli ultimi anni del Seicento, la corte sembra perdere splendore quale polo culturale, nuovamente a favore degli ambienti aristocratici urbani. Nei salotti cittadini, gentiluomini e gentildonne amano conversare senza gli obblighi derivanti dal rispetto delle complicate regole cerimoniali, promuovendo cosĂŹ un nuovo modello culturale, caratterizzato da una maggiore libertĂ . Ă lâavvio di una nuova sociabilitĂ che trionferĂ nel Settecento.
Nuove ricchezze
La vita in cittĂ e a corte si rivela estremamente dispendiosa. I nobili vi fanno fronte tentando di ricavare i maggiori proventi possibili dal patrimonio familiare e di ampliare le loro entrate. Si protrae cosĂŹ per tutto il Seicento la tendenza a mettere a frutto nel miglior modo possibile la proprietĂ terriera, utilizzando al massimo i poteri signorili e ricorrendo a ogni tipo di sopruso. In Inghilterra, il fenomeno dellâappropriazione da parte dei nobili delle terre fino a quel momento di proprietĂ delle comunitĂ rurali o destinate a usi civici attraverso le recinzioni (enclosures) raggiunge dimensioni notevoli e si qualifica per lâattitudine imprenditoriale dei proprietari aristocratici, che non esitano ad adottare inediti metodi di sfruttamento delle risorse naturali e umane. Al di lĂ della Manica, infatti, accanto alla cerealicoltura, ancora remunerativa malgrado la popolazione cresca a tassi ridotti rispetto al Cinquecento, si affermano coltivazioni a piĂč alto valore aggiunto, integrate con lâallevamento bovino. Modifiche gestionali in tal senso si registrano anche in altre regioni del continente europeo. Qui, perĂČ, la nobiltĂ non deroga alle proprie prerogative giurisdizionali e fiscali, nĂ© a quelle sociali che impongono lâastensione da attivitĂ imprenditoriali, pena la perdita di status. Pertanto la gestione dei patrimoni rurali Ăš per lo piĂč lasciata a medi e grandi fittavoli, che si possono dedicare alla produzione per il mercato.
Il trasferimento in cittĂ , in ogni caso, apre alla nobiltĂ cortigiana altre possibilitĂ di reperire risorse. In primo luogo, naturalmente, la speculazione edilizia. Nel momento in cui la presenza della corte tende a far rimodellare lâimpianto urbano grazie alla forza di attrazione che esercita su tutti i gruppi sociali, i nobili possono investire le proprie risorse nel settore immobiliare, traendone lauti guadagni. PossibilitĂ vantaggiose offrono anche i titoli di debito pubblico consolidato, malgrado i sovrani non nutrano molti scrupoli nel dichiarare bancarotta. Allo stesso modo, gli aristocratici partecipano allâincipiente attivitĂ speculativa delle prime forme di mercato azionario. Infine, particolarmente remunerativi restano incarichi, prebende, donativi e pensioni dispensati dal sovrano.
La nobiltĂ di toga
Mentre nella maggior parte delle monarchie europee i particolari meriti maturati al servizio del sovrano possono condurre alla concessione di un titolo e quindi allâingresso di colui che lo ha ricevuto nel corpo nobiliare senza alcuna distinzione se non quella dettata dai natali, dal rango e dallâantichitĂ del titolo, in Francia nel Seicento si delinea con precisione una nobiltĂ che, per le sue caratteristiche, viene definita âdi togaâ, eminentemente diversa e in contrapposizione con quella âdi spadaâ: una nobiltĂ che vede nellâesercizio di un ufficio amministrativo, finanziario o giudiziario la sua caratteristica principale.
Alla radice della costituzione di tale ceto vi Ăš la venalitĂ delle cariche, promossa dai sovrani francesi a partire dalla fine del Cinquecento: la possibilitĂ di lasciare a un erede la carica acquistata conduce, infatti, alla costruzione di autentiche dinastie, basate sul passaggio degli uffici di generazione in generazione. Un editto del marzo 1600 chiarisce che per entrare di diritto nei ranghi della nobiltĂ di toga Ăš necessario aver ricoperto per due generazioni successive il ruolo di membro del Gran Consiglio, di referendario del Consiglio di Stato (maĂźtre de requĂȘtes), di componente del Parlamento (una delle maggiori corti di giustizia), di membro dei dipartimenti finanziari, di funzionario delle Camere dei conti, dei tribunali dei sussidi (Cours des aides) e dei tribunali delle monete (Cours des monnaies). Spesso, perĂČ, il denaro non basta per arrivare a tali uffici: finanzieri o figli di finanzieri, ritenuti inadeguati in virtĂč della loro provenienza sociale, non vengono ben visti da coloro che occupano cariche generalmente tramandate di padre in figlio o di zio in nipote allâinterno di una ristrettissima cerchia.
Il sogno di un riconquistato potere politico
Nei primi anni del Seicento la capacitĂ di presa dei sovrani europei, fino a quel momento decisi a controllare rigidamente la vita politica allâinterno dei loro regni, sembra registrare un rallentamento. Un primo esempio Ăš dato dal re di Spagna Filippo III, che concede inediti poteri a un favorito. Lâaristocratico valido Francisco GĂłmez de Sandoval, duca di Lerma, sostanzialmente governa al posto del re, amministrando in sua vece il patronage (pensioni, onorificenze, grazie e cosĂŹ via). Questa pratica di governo viene guardata con estremo interesse da gran parte degli esponenti dellâaristocrazia, che vi leggono la possibilitĂ di riprendere il ruolo prestigioso esercitato prima che il rafforzamento monarchico cinquecentesco privasse la grande nobiltĂ di molti poteri. Le speranze si diffondono in tutta Europa poichĂ© in molte monarchie europee tale sistema di governo viene presto imitato. In Inghilterra, favorito di Giacomo I Ăš George Villiers, che viene insignito del titolo di duca di Buckingham e che esercita il medesimo ruolo anche sotto Carlo I. In Francia, Maria deâ Medici, reggente data la minore etĂ del futuro re Luigi XIII, Ăš affiancata dal fiorentino Concino Concini. Il ruolo di questâultimo viene poi rilevato da Armand-Jean du Plessis, che diviene cardinale e duca di Richelieu, nonchĂ© principale consigliere di Luigi XIII. Richelieu passa il test...