Milano sforzesca
Silvia Urbini
Nella seconda metĂ del Quattrocento lâarte lombarda Ăš caratterizzata da un rapporto dialettico fra tradizioni tardo-gotiche e novitĂ rinascimentali. Francesco e Galeazzo Maria Sforza, benchĂ© amanti dello stile cortese, favoriscono, attraverso le loro relazioni diplomatiche, la penetrazione in regione delle innovazioni fiorentine. Con il governo di Ludovico il Moro invece, grazie alla presenza di artisti come Bramante e Leonardo, Milano diviene uno dei centri di elaborazione della Maniera moderna.
Tardo-gotico e Rinascimento ai tempi di Francesco e Galeazzo Maria Sforza (1450-1476)
Nel 1454 la pace di Lodi, che mette fine alle ostilitĂ fra Venezia e Milano, dĂ al Nord Italia un nuovo assetto politico-istituzionale. Per rilevanza economica e per estensione territoriale gli Stati egemoni sono quello milanese e quello veneziano. A differenza di Mantova e Ferrara, dove si creano stili specifici che caratterizzano lâidentitĂ artistica locale e influenzano lâarte del Nord Italia, a Milano permane a lungo un atteggiamento eclettico riguardo alla ricezione e alla produzione artistica.
La dinastia degli Sforza si insedia a Milano con Francesco (1401-1466), figlio di Muzio Attendolo (1369-1424), nel 1450. Il nuovo signore Ăš legato ai gusti delle corti borgognone, boeme e germaniche. Fino agli anni Sessanta del Quattrocento la pittura, soprattutto su tavola, ha un ruolo marginale nella produzione artistica lombarda, a favore di oggetti piĂč preziosi come miniature, oreficerie, sculture e intagli.
Esemplari di questâepoca e delle sue inclinazioni appaiono gli affreschi del duomo di Monza con le Storie di Teodolinda. Creato per celebrare la corte sforzesca, il ciclo rappresenta un compendio delle caratteristiche del gotico internazionale: grandi dimensioni, preziositĂ di materiali, la presenza di una bottega, diretta dagli Zavattari, dove le singole personalitĂ artistiche tendono a fondersi in un unico stile.
Contemporaneamente, grazie alle relazioni diplomatiche della corte, lâarte si rinnova in senso rinascimentale. Francesco Sforza capisce che Milano deve stare al passo con le cittĂ leader del tempo, e in particolare con Firenze.
Le novitĂ giungono a Milano per volontĂ del duca Francesco, che, nel 1451, chiama lâarchitetto fiorentino Antonio Averlino detto Filarete, raccomandatogli da Cosimo deâ Medici. Filarete deve fare i conti con il gusto plastico-decorativo dellâarchitettura lombarda e con i suoi strascichi tardo-gotici: cosĂŹ avviene nella fabbrica dellâOspedale Maggiore (1456), nella cappella di san Pietro martire in SantâEustorgio â commissionata tra il 1462 e il 1468 dal fiorentino Pigello Portinari, che vi Ăš sepolto â, e nel portale del Banco Mediceo, che Ăš quanto rimane del palazzo donato da Francesco Sforza a Cosimo deâMedici. Documento dellâattivitĂ e del pensiero di Filarete Ăš il Trattato di architettura, scritto in volgare dal 1460 al 1464 e illustrato, in cui viene descritta la cittĂ ideale di Sforzinda, dedicata al signore di Milano.
I due grandi cantieri dellâarte lombarda sono il Duomo di Milano e la Certosa di Pavia. La Certosa puĂČ leggersi come unâantologia della scultura e della pittura locale fra Quattrocento e Cinquecento. Giovanni Antonio Amadeo, architetto e scultore, reduce dalla costruzione della cappella Colleoni a Bergamo, diviene il responsabile della Certosa dopo il 1481. La facciata dellâedificio viene esaltata non tanto mediante la valorizzazione delle componenti strutturali, ma grazie a un uso libero, colorato e ricco della decorazione di superficie. Dal 1464 al 1495 gli altri protagonisti dellâimpresa certosina sono i fratelli Cristoforo e Antonio Mantegazza, i cui rilievi scultorei sono caratterizzati da uno stile espressionistico e scheggiato di ascendenza padovano-ferrarese.
Dal quinto al settimo decennio scorrono parallele e a volte sâintrecciano le carriere di due pittori che rappresentano, nella pittura lombarda, le diverse facce di una stessa medaglia: Bonifacio Bembo e Vincenzo Foppa.
Bonifacio Bembo Ăš il pittore di corte di Francesco e del figlio Galeazzo Maria Sforza. Con altri membri della famiglia e in societĂ con alcuni artisti (fra i quali Foppa) Ăš impegnato a soddisfare le esigenze ducali in chiese e castelli lombardi. Rimangono poche opere che individuano il suo stile di confine fra due epoche: nellâIncoronazione di Cristo e la Vergine (Cremona, Museo Civico), parte centrale di un trittico degli anni Cinquanta, la scena avviene in una sorta di lussuosa dimora signorile, dove la prospettiva Ăš solo intuita, come spesso accade fra gli empirici pittori lombardi.
Vincenzo Foppa
La pittura di Vincenzo Foppa risente del confronto con alcuni protagonisti della cultura figurativa italiana: Donatello e Mantegna, Bramante, Francesco del Cossa, Leonardo da Vinci.
Gli inizi sono a Brescia, cittĂ natale, dove, intorno al 1450, con lo sguardo rivolto a Gentile da Fabriano e a Jacopo Bellini, dipinge i Tre Crocifissi dellâAccademia Carrara di Bergamo. Ben presto sposta la sua attenzione sullâattivitĂ padovana di Donatello (1386-1466) e Mantegna (1431-1506), le due avanguardie artistiche del momento.
A Genova, nel 1461, scopre attraverso il pittore Donato deâBardi i riflessi della pittura fiamminga, con esiti paralleli a quelli di Jan van Eyck e Dierik Bouts, come Ăš evidente nella Madonna con il Bambino e un Angelo (Firenze, Uffizi).
A Milano Ăš coinvolto nei cantieri diretti da Filarete nel sesto decennio. Nella sede milanese della banca di Cosimo deâMedici, diretta da Pigello Portinari, Foppa affresca una serie di soggetti profani, dei quali sopravvive solo il Cicerone fanciullo che legge (Londra, Wallace Collection). La scena Ăš risolta da Foppa in chiave domestica, scandita in modo pacato e illuminata da una luce vellutata. Uno dei vertici della sua carriera Ăš rappresentato dagli affreschi con le Storie di san Pietro martire nella cappella Portinari in SantâEustorgio a Milano.
Agli inizi del nono decennio del secolo, al tempo di Ludovico il Moro, si impone per Foppa il confronto con Donato Bramante, che giĂ dal 1477 opera in terra lombarda.
Foppa guarda per esempio agli Uomini dâarme (Milano, Pinacoteca di Brera), dipinti da Bramante intorno al 1486 nel palazzo del poeta cortigiano Gaspare Visconti. La dilatazione monumentale dei condottieri Ăš un importante insegnamento per Foppa: egli la renderĂ piĂč accostante e umana, anche grazie alla mediazione della pittura ferrarese. Infatti Foppa sembra conoscere il pittore ferrarese Francesco del Cossa e il suo razionalismo legato piĂč al mondo terreno che alla speculazione teorica. La stagione figurativa milanese degli anni Novanta â protagonisti Bramantino, Zenale e soprattutto Leonardo â, investe Foppa solo marginalmente: lâartista cristallizza le sue acquisizioni stilistiche nelle opere tarde, come lâAdorazione dei Magi (Londra, National Gallery).
LâetĂ di Ludovico il Moro (1476-1499)
Ludovico il Moro, figlio di Francesco Sforza e di Bianca Maria Visconti, prende il potere nel 1479 in una cittĂ ancora turbata dai fatti di sangue del 1476, quando il fratello Galeazzo Maria viene assassinato. Nel 1494, alla morte dellâerede legittimo Gian Galeazzo Maria Sforza, il Moro Ăš finalmente duca di Milano.
Durante gli ultimi due decenni del XV secolo, Milano Ăš protagonista di unâintensa stagione artistica, grazie alla presenza di figure geniali come Bramante e Leonardo da Vinci. Da terra di attraversamenti e di rielaborazione di linguaggi figurativi importati (padani, fiorentini, franco-fiamminghi, veneti), la Lombardia diventa fucina creativa e centro di elaborazione della Maniera moderna.
Nel 1481 Leonardo da Vinci scrive a Ludovico il Moro proponendosi come ingegnere e scultore del monumento equestre di Francesco Sforza. Contemporaneamente entra in scena Donato Bramante. Gli artisti lombardi, stimolati dalle ricerche di Bramante e Leonardo, lavorano su due fronti: il superamento di una rappresentazione fondata sulla prospettiva matematica a favore di una costruzione piĂč sperimentale e coinvolgente; la definizione delle figure nello spazio non tanto attraverso il disegno quanto attraverso la resa atmosferica e psicologica.
Le piĂč interessanti reazioni locali provengono da un gruppo di artisti attivi nella chiesa milanese di San Pietro in Gessate: Bernardo Butinone e Bernardino Zenale (1450 ca.-1526; Storie di santâAmbrogio nella cappella Grifi), Giovanni Donato Montorfano, Vincenzo Foppa (con una Deposizione giĂ a Berlino, perduta) e lo scultore Benedetto Briosco rinnovano con le loro invenzioni la tradizione realistica e il ânaturalismo affettuosoâ lombardo (Roberto Longhi).
Il migliore e unico vero epigono di Bramante pittore fu Bartolomeo Suardi detto Bramantino. Artista originalissimo, allievo di un orafo, licenzia in gioventĂč opere piccole e preziose per forme e contenuti, debitrici anche alla cultura cortigiana ferrarese (Adorazione del Bambino, Milano, Pinacoteca Ambrosiana). La sua prima opera pubblica di grandi dimensioni e dal marcato virtuosismo prospettico Ăš lâaffresco rappresentante Argo, del 1493, sopra la porta della Sala del Tesoro al Castello Sforzesco, dove le architett...