I Greci e la tecnica
Probabilmente non esiste una cultura che, come quella greca, abbia tanto riflettuto sulla tecnica e sul suo ruolo nella societĂ . Il perfezionamento di conoscenze essenziali come lâagricoltura, la navigazione, la metallurgia e le attivitĂ costruttive avviene nella medesima epoca in cui nasce la filosofia greca, il VI secolo a.C., in quella Ionia in cui forti sono i contatti tra elementi ellenici e orientali. Studi importanti hanno messo giustamente in evidenza il reciproco scambio di conoscenze tra artigiani e filosofi, con i naturalisti della Ionia che traggono dallâosservazione attenta di alcune attivitĂ lavorative una serie di spunti per visualizzare il funzionamento del cosmo. Gli studiosi che hanno riflettuto sul fenomeno della tecnica non hanno tuttavia potuto trovare risposte alle numerose questioni che, andando a ritroso nel tempo, rendono oscuro lâinizio di questa vicenda. Origine che, del resto, Ăš probabilmente ignota agli stessi Greci, che hanno dovuto per questo fare ricorso a una serie di racconti mitologici il cui obiettivo Ăš la narrazione degli eventi che spiegano come le conoscenze pratiche fondamentali appartengano in origine agli dĂši. La mitologia greca ha per oggetto il racconto di un patrimonio di vicende che difficilmente puĂČ essere ricondotto a uno schema unitario. I contenuti della narrazione risalgono allâinsieme di credenze religiose che nel tempo sono andate stratificandosi attorno ai grandi santuari, luogo privilegiato per la diffusione dei culti ellenici.
Astuzie divine
Nonostante Atena e Efesto siano le due divinitĂ cui i Greci attribuiscono la maggior parte delle capacitĂ tecniche trasmesse agli uomini, occorre soffermarsi sulla figura di Metis: figlia di Oceano e Teti (Esiodo, Teogonia, v. 358), si diceva che fosse la piĂč colta tra gli dĂši e gli uomini (Esiodo, Teogonia, v. 886). Personificazione dellâastuzia e di una particolare intelligenza, Metis Ăš la prima sposa di Zeus; la dea cerca in realtĂ di sottrarsi allâabbraccio del dio ricorrendo a una serie di trasformazioni che poi diverranno prerogativa specifica del re degli dĂši: âZeus si unĂŹ anche a Metis â dice Apollodoro â che aveva tentato di sfuggirgli continuando ad assumere forme diverse, ma invanoâ (Biblioteca, I, 3, 6; Esiodo, Teogonia, vv. 886-890). Zeus pone fine ai trucchi di Metis ingoiandola, gesto significativo che conferirĂ al re degli dĂši la possibilitĂ di vedere oltre, prevenire gli eventi, conoscere in anticipo lâesito favorevole e sfavorevole di ogni azione.
Pieno di metis, Zeus puĂČ adesso ingannare le sue vittime mascherando il suo vero aspetto. Ecco perchĂ© giĂ nei poemi omerici metis Ăš lâequivalente di dolos, lâinganno, il termine cui si ricorre, per esempio, per indicare lo stratagemma del cavallo di Troia oppure per definire le qualitĂ mentali e lâabilitĂ pratica di Ulisse: astuzia e attivitĂ tecnica cominciano a camminare a braccetto. Come Apollodoro, anche Esiodo (Teogonia, v. 887) non concepisce il dominio di Zeus senza lâappoggio di Metis, âche conosce piĂč cose di qualsiasi dio o uomo mortaleâ. Chiusa per sempre al suo interno, Metis trasmetterĂ a Zeus la conoscenza esatta degli eventi incerti, del futuro, della giusta condotta per essere in tutto e per tutto il re degli dĂši. Ă proprio Metis a consentirgli uno stato di perenne guardia, pronto a rispondere agli attacchi piĂč imprevisti perchĂ© niente gli Ăš precluso: potrĂ prevedere i mutamenti improvvisi, anticipare le insidie ed escogitare rimedi per ogni problema. Capace di trasformarsi come meglio conviene, Zeus riesce, sotto le sembianze di un toro dal fascino particolare, a convincere Europa a sedersi sul suo dorso per lasciarsi portare in un luogo lontano, attraverso il mare. La capacitĂ di trasformarsi gioca un ruolo fondamentale in questa vicenda, in cui anche i saperi della tecnica hanno un importante riconoscimento. Tra i doni fatti da Zeus alla sua sposa figura, infatti, una lancia capace di colpire qualunque bersaglio e, soprattutto, un cane di bronzo posto a guardia della giovane â Eratostene, Catasterismoi, XXXIII; Igino, Astronomica, II, 33 â. A questo genere di storie si ricollega anche lâamore di Zeus per la giovane Io. Trasformata da Era, anche lei questa volta capace di astuzie divine, in una vacca proprio per ingannare il marito, la affida alla guardia di Argo (Apollodoro, Biblioteca, II, 1, 3). Zeus la riconosce e la avvicina sotto le sembianze di un toro â Eschilo, Prometeo incatenato, v. 640 â. Oltre alla capacitĂ di mutare aspetto in continuazione, la metis divina si manifesta attraverso qualitĂ mentali. Gli Inni omerici ricordano a tal proposito diversi casi significativi: tra questi, il furto della mandria di Apollo da parte di Ermes, che per ingannarlo con la direzione delle orme sul terreno fa camminare gli animali allâindietro (Inni omerici. A Ermes, vv. 75 e ss.); si ricorda poi il caso di Antiloco, che seguendo i preziosi consigli di Nestore, esperto in metis, puĂČ partecipare alla corsa dei carri e vincerla pur avendo cavalli piĂč lenti rispetto ai suoi avversari.
Essere dotati di metis significa anche adoperare con astuzia oggetti reali, come nel caso della vicenda del tradimento di Afrodite e Ares nei confronti di Efesto (Odissea, VIII, vv. 266-366). Per vendicarsi Efesto fabbrica catene dalle quali risulterĂ impossibile liberarsi e, terminato il lavoro, mette in atto il suo piano collocandone una parte ai piedi del letto e appendendo il resto al soffitto, in modo da rendere il tutto invisibile. Quindi simula una partenza per una terra lontana, lâisola di Lemno, e i due amanti cadono nella trappola: âI legami forgiati dalla techne e dalla grande prudenza di Efesto cadono loro addosso; essi non possono muoversi, non possono alzare le braccia oppure le gambe; capiscono subito di non poter fuggireâ (Odissea, vv. 296-299). Tra risate e scherzi gli dĂši dellâOlimpo, invitati a prendere visione del tradimento, osservano con ammirazione lâarte abile di Efesto, capace di mettere in atto tĂ©chnai che gli permettono di portare a compimento con successo i suoi piani. Preda dellâastuta vendetta di Efesto Ăš anche Afrodite, che paga in tal modo il suo ridurre le proprie prede alla amechania (Senofonte Memorabilia, III, 11, 5 e ss.). Desta meravigliata sorpresa il fatto che Efesto, lento e zoppo, sia riuscito a ingannare Ares, il piĂč veloce e il piĂč forte tra di loro (Odissea, vv. 329-332). In questa vicenda appare chiaro, piĂč che altrove, come lâinganno sia lâarte di rendere una forza la propria debolezza. Ecco dunque comparire, proprio in questo episodio, quello che diverrĂ il linguaggio tipico della disciplina meccanica, teorica e pratica: il piĂč debole, con la tecnica, vince il piĂč forte, come Ăš dichiarato nella pagina di apertura delle Questioni meccaniche, opera scritta sul principio del III secolo a.C. da Aristotele o da un suo allievo. Del resto, Ăš proprio col lavoro dei tecnici che Metis scende sulla terra, divenendo questa volta la qualitĂ mentale e pratica fondamentale di personaggi capaci di portare a termine le operazioni lavorative piĂč complesse.
Dedalo e la tecnica
Espressione concreta di questa straordinaria e crescente abilitĂ Ăš anche la figura di Dedalo, la cui vicenda mostra come abilitĂ tecnica e possibilitĂ di ingannare siano ancora percepiti come un binomio inscindibile. Mitico artigiano, inventore e architetto, Dedalo, che si riteneva vissuto al tempo in cui Minosse regnava su Creta, Ăš considerato il capostipite di una generazione straordinaria di scultori. Le sue invenzioni sono state registrate e celebrate dagli antichi, impressionati soprattutto dalla capacitĂ dimostrata nello scolpire statue talmente perfette da apparire vere e animate (Euripide, Ecuba, v. 836 ss.; Platone, Menone, 97e; Aristotele, De anima, I, 3, 406b, 19-20). La figura di Dedalo segue anche la colonizzazione in Occidente: secondo Diodoro Siculo (Biblioteca, IV, 30) costruisce poderose mura difensive per il re Cocalo e una reggia inespugnabile, a Selinunte trasforma una grotta in un luogo per bagni termali e a Erice amplia il basamento del tempio di Afrodite. Tutta la vicenda di Dedalo rimanda alle attivitĂ del vasaio, del fabbro, dello scultore e dellâarchitetto. LâambiguitĂ della tecnica appare piĂč che mai evidente nella vicenda di Pasifae e della sua insana passione per il toro mandato da Poseidon (Apollodoro, Biblioteca, 3, 15). Desiderosa di accoppiarsi con lui, Pasifae si rivolge a Dedalo che costruisce una vacca di legno ricoperta di pelle e montata su quattro ruote, abilmente celate negli zoccoli dellâanimale. Presa posizione allâinterno, Pasifae puĂČ unirsi al toro. Da questo accoppiamento innaturale scaturirĂ un essere mostruoso, il Minotauro, con testa di toro e corpo umano.
Diodoro Siculo, che racconta dettagliatamente la costruzione della vacca di legno (Biblioteca, IV, 77), riconosce che lâaccoppiamento desiderato da Pasifae avviene grazie allâabilitĂ di Dedalo, vero intermediario della vicenda. Con questa narrazione la cultura greca racconta lâabilitĂ di tecnici capaci di rappresentare a tal punto la realtĂ da riuscire addirittura a imitare il vivente, creando nocive illusioni. Che dal punto di vista della tecnica gli assembramenti incongrui siano destinati allâinsuccesso lo testimonia non solo la nascita del Minotauro ma, ancora piĂč efficacemente, la vicenda di Icaro e del suo fallimentare tentativo di volare con ali di penne e di cera, materiali la cui unione no...