Felix Austria: lâImpero asburgico da un âfanciullo ignudoâ a âPraga magicaâ
Marina Montacutelli
Nel corso del Cinquecento una modesta casata dellâArgovia riesce, anche se a prezzo di grandi debiti, a trasmigrare la prospettiva tedesca nella âfolliaâ di compiere la profezia di Daniele: una monarchia universale che non sarĂ mai ridotta in rovina, sussisterĂ per tempi indefiniti e stritolerĂ ogni altro potere; un regno sul quale non âtramonta mai il soleâ. Su tutto giganteggia lâimperatore Carlo V: anche se alla fine del secolo il suo ambizioso sogno si polverizzerĂ in destini nazionali, il âcavaliere imperatoreâ monarca universale lo Ăš davvero non solo perchĂ© assedia la Francia â a nord come a sud â con i territori sotto la sua corona; e neanche perchĂ© durante il suo regno si appalesano le fragilitĂ di unâepoca intera e i suoi problemi, i suoi risucchi, le sue tensioni: la religione, lâesercito, il farsi degli Stati e i loro indebitamenti, le sovranitĂ sempre contrattate e condivise, il nemico turco, un nuovo mondo che travolge â con argento e oro â il vecchio. Soprattutto perchĂ©, tra prospettiva spagnola e tedesca ed Europa universale, proprio come Carlo Magno ogni nazione ha, ancora oggi, il suo Carlo.
Nonno Massimiliano, pochi denari
Non Ăš facile cominciare cosĂŹ. Avere un bisnonno â Federico III, collezionista di reliquie âche inoltra una modesta casata dellâArgovia verso lâImpero del mondo: unico Asburgo incoronato anche a Roma, sembra prefigurare il destino del pronipote Carlo quando conia lâacronimo dinastico AEIOU, Austriae Est Imperare Orbi Universo.
E poi un nonno, Massimiliano, che insiste nella saga familiare: mentre sogna di farsi eleggere papa e di organizzare la crociata definitiva contro gli infedeli, istituisce quel corpo dei lanzichenecchi che la saccheggeranno, la capitale della cristianitĂ , nel 1527. Ma i sogni costano cari e sono sproporzionati alle risorse, sia pur coronate; cosĂŹ si indebita âMassimiliano pochi denariâ, come lo chiamano i Veneziani, quel âFanciullo ignudoâ per papa Giulio II che, con accorte politiche matrimoniali, sprona i mai sopiti sogni ghibellini: e al figlio Filippo â il Bello nonostante il labbro pendulo, altro tratto distintivo della casata â fa sposare Giovanna, lâanticonformista figlia di Isabella di Castiglia e di Ferdinando dâAragona, che affianca con la sua presunta pazzia quella genealogica degli Asburgo, regalando a Carlo dalla prigione di Tordesillas un regno su cui non tramonta mai il sole.
Il secolo comincia cosĂŹ: il 24 gennaio 1500 nasce a Gand, nel cuore delle ricchissime Fiandre e dellâEuropa, Carlo, figlio di Filippo il Bello e Giovanna la Pazza e nipote di Massimiliano I dâAsburgo. Da questâultimo eredita non solo i territori del Sacro Romano Impero e il titolo di Kaiser ma anche, anzi soprattutto, la âfolliaâ di una monarchia universale.
Certo Massimiliano I dâAsburgo, re dei Romani dal 1486 e imperatore dal 1493, deve aver a lungo riflettuto su quanto gli scrive un ragusano: mentre lâEuropa Ăš internamente divisa, ânellâimpero turco tutta lâautoritĂ suprema Ăš nelle mani di un uomo solo, tutti obbediscono al sultano, unico governo; a lui vanno tutte le entrate; insomma, egli Ăš il padrone, mentre tutti gli altri sono suoi schiaviâ. Il confronto Ăš drammatico: il suo regno, transnazionale ma non universale, Ăš invece un agglomerato istituzionale, tra feudi e cittĂ libere con i quali Ăš necessario contrattare.
Lâimperatore governa uno stato composito dallâandamento âsinusoidaleâ: un conglomerato politico austriaco con un baricentro fiammingo-tedesco e ostinate tradizioni di resistenza degli âordiniâ, intorno a cui si aggregano via via le acquisizioni territoriali: dopo il âritornoâ del Tirolo (1490), la pace stipulata a Senlis con la Francia nel 1493 significa appropriazione della Franca Contea e, soprattutto, dei ricchissimi Paesi Bassi. Qualcosa sfugge sempre: i âmontanariâ svizzeri conquistano cantoni e baliaggi, dando vita alla Confederazione; la Repubblica di Venezia si rivela pervicacemente imbattibile: il risultato di otto anni di scontri â dal 1508 al 1516, sullo sfondo delle guerre dâItalia e del conflitto imperituro con la Francia â lasciano gli equilibri territoriali sostanzialmente inalterati. La riforma istituzionale varata nel 1495, che istituisce un consiglio imperiale (Reichstag) di diciassette membri, lâintroduzione dellâimposta per il pagamento delle spese militari prima progressiva (Gemeiner Pfennig) e poi generalizzata (Hussitenpfennig), segnalano la persistenza di particolarismi che Ăš impossibile eludere e con i quali, con riluttanza, bisogna continuamente negoziare.
PiĂč facile con i matrimoni, che portano figli, terre e un consistente futuro ai nipoti: quello con lâamatissima Maria di Borgogna, la piĂč ricca ereditiera dâEuropa, da cui nascono Filippo e Margherita e relazioni sempre piĂč cogenti con la Spagna e, poi, con i signori della Savoia; quello con Anna di Bretagna, che sarĂ poi regina di Francia, matrimonio per procura e sterile nella discendenza (quattro figli, tutti morti); quello con Bianca Maria Sforza, la nipote di Ludovico il Moro al cui seguito viaggiava Leonardo da Vinci. Intanto, gli accordi con gli Jagelloni di Polonia e di Boemia-Ungheria conducono ad altri matrimoni ossia alleanze: quelle della nipote Maria con il re di Boemia-Ungheria Luigi II incrociato a quello di Anna Jagellone con lâaltro nipote Ferdinando.
Il problema Ăš il destino di Carlo: servono soldi, tanti, per convincere i sette grandi elettori a preferirlo alla concorrenza di Francesco I, re di Francia, e di Enrico VIII, re dâInghilterra: ma la firma di Massimiliano Ăš ormai inflazionata sulle cambiali. Eppure, Ăš il figlio di Filippo lâerede morale e materiale del sogno di monarchia universale; in anni di pericolo per la civitas christiana Ăš lui che potrĂ compiere, come dirĂ di lĂŹ a poco il suo consigliere Mercurino Arborio da Gattinara tentando di convincere Erasmo a compilare una versione imperiale del De Monarchia, lâopera iniziata da Carlo Magno. Ed Ăš per lâimperium cristiano, ossia universale, che Massimiliano intraprende â in pieno inverno â un viaggio da Augusta verso la Dieta, verso lâAustria: muore nel 1519, nel gelido castello di Wels che Ăš sulla strada, senza aver risolto il problema.
Carlo, monarca universale
Alla fine il Cinquecento, e forse lâintera etĂ moderna, girano tutti intorno a lui: Carlo di Gand, Carlo I di Spagna dal 1516, Carlo V imperatore del Sacro Romano Impero dal 1519. Goffo e impacciato, cosĂŹ come lo descrive lâambasciatore veneziano Lorenzo Pasqualigo, Ăš stato cresciuto da Adriano di Utrecht, il futuro papa Adriano VI, alla corte della coltissima Margherita dâAustria, governatrice dei Paesi Bassi: da questi assorbe una religiositĂ intransigente, un acuto senso dinastico e lâindubitabile certezza â mentre il mondo conosciuto si allarga vieppiĂč â di essere destinato a realizzare la profezia di Daniele (citata nellâAntico Testamento): una monarchia universale, che non sarĂ mai ridotta in rovina, sussisterĂ per tempi indefiniti e stritolerĂ ogni altro potere. Dâaltra parte, nei giorni della sua costosissima elezione si scopre il Golfo del Messico.
Non Ăš facile perĂČ, per Carlo, cingersi della corona imperiale: pagando sin da subito lo scotto di non essere nĂ© compiutamente spagnolo, nĂ© fino in fondo principe tedesco, alla morte di Massimiliano non puĂČ andare immediatamente in Germania perchĂ© il patriziato urbano delle cittĂ castigliane Ăš in rivolta. E quando viene incoronato imperatore â il 28 giugno 1519 a Francoforte e poi ad Aquisgrana il 23 ottobre 1520 â sa di doverlo ai Welser di Augusta, ai Gualterotti di Firenze, ai Fornari e ai Grimaldi di Genova che gli prestano 30 mila fiorini in cambiali da riscuotere presso Jacob Fugger che ne aggiunge altri 50 mila sottolineando sprezzante âĂš di dominio pubblico e chiaro come il sole che Vostra MaestĂ imperiale non avrebbe potuto, senza di me, ottenere la corona imperialeâ. Il prezzo Ăš una fideiussione di 3 milioni di fiorini sui tesori di Castiglia e dâAragona e un impegno da imperatore, cui segue â nel 1522 â un accordo a Bruxelles nel quale Carlo cede il patrimonio degli Asburgo al fratello Ferdinando, promettendogli la corona dei Romani. In cambio, Ferdinando cede ai finanzieri concessioni minerarie nel Tirolo cominciando a âmettere allâastaâ il regno.
E sono solo i primi, di debiti e problemi: chĂ©, intanto, il 3 gennaio 1521 con la bolla Decet Romanum Pontificem, Leone X scomunica â con lâaccusa di eresia hussitaâMartin Lutero. Carlo Ăš costretto a convocare subito a Worms la Dieta imperiale iniziando la lunga fase di temporeggiamenti strategici e di tentativi di inglobare particolarismi e tensioni, sullo sfondo di un immarcescibile grande progetto di cristianitĂ universale. Eppure proprio durante il suo regno, irreversibilmente, questa si frantuma: la pace di Augusta (24 settembre 1555), che precede di poco lâabdicazione, riconosce ai principi tedeschi lo ius reformandi e il rassegnato principio cuius regio, eius religio.
Anche sul piano territoriale si procede a singulti e il regno si conclude con un sostanziale fallimento; lâinfinito contrasto per la supremazia tra Asburgo e Valois sullo sfondo delle guerre dâItalia, se da un lato ribadisce la difficoltĂ di essere lâerede di Costantino e Carlo Magno nel nascere degli Stati nazionali, dallâaltro coinvolge e viola alleanze consolidate: le reti di patronato che si stendono dalla Sicilia ai Paesi Bassi devono essere costantemente confortate, giostra di attori ora accelerati ora rallentati nel ruolo di âcittadini fedeliâ. Lo si vede con chiarezza dinanzi al âpericolo turcoâ che, sin dalla battaglia di MohĂĄcs, spiana non solo la strada al fratello Ferdinando ma soprattutto spinge lâesercito di Solimano fino alle porte di Vienna. Certo la reazione non manca mai, ed Ăš degna di un monarca universale: nel 1536 la flotta imperiale, comandata da lui stesso, si muove alla conquista di Tunisi. Ma ogni vittoria prelude a uno smembramento successivo, mentre il luteranesimo si configura come una mina identitaria collocata nel cuore dellâimpero: il passaggio da civitas a missione non aveva prodotto il trascinamento auspicato: anzi, le identitĂ parcellizzate ne escono rafforzate.
Resta solo lâuso della forza, e Carlo i suoi comandanti sa sceglierli bene: da Andrea Doria a Ferrante Gonzaga a HernĂĄn CortĂ©s: ma se, tra il 1524 e il 1526, non era stato difficile ridurre a ragione una massa di contadini disorganizzati, ben diversa si rivela la situazione con i principi tedeschi: ancora una volta Ăš necessario lâimpegno militare, e tanto denaro, per ottenere una vittoria comunque transitoria a MĂŒhlberg, che prelude la disgregazione del sogno universale sancita dalla pace di Augusta.
Gli anni che precedono la morte sono, per Carlo, lâorgogliosa constatazione di un fallimento, sia pur non del tutto ammesso: il âcavaliere-imperatore della cristianitĂ , votato alla conservazione delle virtĂč imperiali cristianizzate e alla loro diffusione nel mondoâ (Yates) deve abdicare alla violazione del principio di sovranitĂ e indivisibilitĂ scomponendo un regno che era stato davvero âplus ultraâ. Eppure Carlo V monarca universale lo Ăš davvero: non solo perchĂ©, appunto, assedia la Francia â a nord, come a sud â con i territori sotto la sua corona; e neanche perchĂ© durante il suo regno si appalesano le fragilitĂ di unâepoca intera e i suoi problemi, i suoi risucchi, le sue tensioni: la religione, lâesercito, il farsi degli Stati e i loro indebitamenti, le sovranitĂ sempre ...