Le aristocrazie e le borghesie
Aurelio Musi
Nel Quattrocento aristocrazie e borghesie devono essere declinate al plurale. Le aristocrazie comprendono sia la nobiltĂ feudale, ceto in profonda trasformazione nellâEuropa settentrionale, ma diffuso e prevalente nelle campagne dellâEuropa centro-orientale e dellâEuropa mediterranea, sia i patriziati urbani, ceti dirigenti delle cittĂ . Le borghesie comprendono i grandi mercanti-banchieri, che dominano la ârepubblica internazionale del denaroâ, gli esponenti delle professioni civili, magistrati e avvocati, delle professioni sanitarie e i vertici delle corporazioni artigiane.
Il mondo feudale europeo
La societĂ europea del Quattrocento appare assai articolata e differenziata. Le due categorie di aristocrazia e borghesia possono essere utilizzate per rappresentarla solo a patto di declinarle al plurale e di non considerarle come insiemi di stratificazioni sociali incomunicabili.
Al mondo della nobiltĂ appartengono famiglie non solo provenienti dallâaristocrazia di sangue di piĂč antico lignaggio, ma anche di piĂč recente nobilitazione. Si puĂČ definire la nobiltĂ come il gruppo sociale che possiede uno statuto giuridico particolare, che si perpetua per via biologica e rinnova i suoi ranghi in base a regole rigorosissime. Il rango e il titolo creano gerarchie interne al mondo nobiliare. Per esempio il rango di Grande imperiale allâinterno del Sacro Romano Impero della Germania conferisce a chi lo possiede â elettori, grandi principi, conti imperiali ecc. â un concreto potere politico superiore a quello degli altri nobili. Lo stesso rango di Grande in Spagna Ăš soprattutto un titolo onorifico.
Le nobiltĂ , nellâEuropa del Quattrocento, godono di un potere di rappresentanza notevole. Nei Parlamenti, nelle Diete, in tutti gli istituti della rappresentanza politica cetuale, divisi, generalmente, tra clero, nobiltĂ e cittĂ , le aristocrazie costituiscono un potere forte capace di condizionare, soprattutto per quanto riguarda la materia fiscale, lâimmunitĂ , i privilegi, il governo dei sovrani.
Generalmente nel Quattrocento Ăš il possesso feudale della terra che trasmette, allâatto dellâinvestitura del sovrano, il titolo nobiliare: principe, marchese, duca, conte. Dunque Ăš al mondo feudale europeo del Quattrocento che bisogna guardare se si vuol comprendere questa parte dellâaristocrazia. Dividiamo lâEuropa in tre grandi aree: lâarea inglese e nord-europea, lâarea centro-orientale, lâarea mediterranea.
In Inghilterra lâaristocrazia feudale, durante il secolo XV, partecipa attivamente prima alla guerra dei Centâanni (1337-1453), poi alla guerra delle Due Rose (1455-1485): nella seconda Ăš protagonista della guerra di fazione che oppone la casa York alla casa Lancaster. Ma con Enrico VII, iniziatore della dinastia Tudor, lâopera di restaurazione dellâautoritĂ regia e i nuovi processi economico-sociali che favoriscono una maggiore mobilitĂ e lâopportunitĂ per nuovi ceti di possedere terre, investono lâaristocrazia inglese, rendendone sempre piĂč residuali i comportamenti propriamente feudali e accelerandone il processo di trasformazione. Nei Paesi scandinavi il feudalesimo si rivela incapace di liquidare le robuste istituzioni rurali e le tradizioni dâindipendenza legate alla piccola proprietĂ contadina: alla fine del Medioevo, malgrado lâintrusione di nobiltĂ , clero e corona, i contadini svedesi possiedono ancora la metĂ della superficie coltivata del Paese.
Lâaristocrazia feudale ha invece un ruolo dominante nellâEuropa centro-orientale. Nella Germania a est dellâElba predominano gli Junker, proprietari feudali di vaste aziende agricole, che gestiscono in conduzione diretta col lavoro coatto e la servitĂč della gleba. La crisi agraria del XV secolo accelera lâascesa degli Junker e amplia la loro giurisdizione feudale, quellâinsieme cioĂš di poteri giudiziari, economici, finanziari, di pressione e controllo sulle popolazioni del feudo, riconosciuti per delega dal sovrano.
Interessante Ăš il caso polacco. Ă stato scritto che la Polonia Ăš lâarea di sovranitĂ assoluta della grande nobiltĂ . Il sistema giuridico e costituzionale garantisce a essa un potere enorme, creando vere e proprie dinastie familiari. Ă la dinastia sovrana degli Jagelloni a inaugurare, proprio nel Quattrocento, il sistema di amplissime concessioni alla nobiltĂ feudale polacca: lâimmunitĂ giuridica dagli arresti arbitrari, la riscossione di imposte e lâarruolamento di truppe da parte del sovrano solo col consenso della nobiltĂ , lâampliamento delle prestazioni lavorative dei contadini e dello stato di servitĂč. Anche in Russia un fiorente sistema feudale e la servitĂč della gleba ampliano il potere della nobiltĂ durante il Quattrocento.
Per le aree dellâEuropa mediterranea il legame tra territorio e giurisdizione rappresenta un elemento di identitĂ della nobiltĂ assai forte. Tra Spagna, Francia e Italia le differenze di condizione dellâaristocrazia feudale sono enormi, anche allâinterno di ognuno di questi Paesi: comune Ăš comunque la tendenza, da parte delle nobiltĂ feudali di quei Paesi, a estendere la giurisdizione, attraverso soprattutto lâampliamento dei poteri delegati di giustizia non solo civile, ma anche criminale, in alcuni casi fino allâultima istanza di giudizio (merum et mixtum imperium).
Dunque lâaristocrazia feudale, nel corso del Quattrocento, continua, in buona parte dellâEuropa, a costituire ancora uno dei ceti piĂč importanti sia a livello economico, sia a livello sociale. Possiamo riconoscere unâEuropa settentrionale in cui la funzione della nobiltĂ feudale Ăš residuale, unâEuropa centro-orientale in cui il feudalesimo rappresenta la cifra prevalente dei rapporti economici e sociali, unâEuropa mediterranea in cui, sia pur tra molte differenziazioni, la giurisdizione feudale rappresenta il valore aggiunto del possesso della terra.
Dovunque, in ogni caso, la terra Ăš ancora il fattore piĂč importante per il conferimento di titoli nobiliari dotati di concreto potere e, in qualche caso, di potenza semisovrana. La condizione nobiliare, proveniente dal sangue, ha una forte accezione feudale.
I patriziati urbani
Scrive Marino Berengo: âLa lunga permanenza di un gruppo di famiglie nella classe dirigente appare un tratto costitutivo essenziale perchĂ© in una cittĂ giunga a formarsi un patriziatoâ.
I patriziati sono dunque quel segmento delle nobiltĂ europee che, pur differenziato quanto allâorigine e alle dinamiche di formazione, svolge, con una certa continuitĂ e stabilitĂ , la funzione di classe dirigente, rappresentando i componenti dei municipi e i titolari delle principali funzioni urbane.
Il processo Ăš noto e documentato per alcune aree della Spagna come la Castiglia, in cui il sovrano, tra il XIV e il XV secolo, conferisce privilegi di nobiltĂ e sollecita la formazione degli hidalgos: questi nobili di origine cittadina occupano gran parte delle cariche municipali.
In Germania si distingue tra vera nobiltĂ rurale e nobiltĂ cittadina. Nella gerarchia nobiliare lâaristocrazia feudale occupa un posto superiore a quella urbana, che gode comunque della possibilitĂ di accedere a cariche riservate, lĂ dove nella cittĂ sussista la separazione di ceto.
In Italia la qualifica di nobile muta, da cittĂ a cittĂ , il suo significato. A Siena, âla cittĂ forse piĂč congenitamente e diffusamente politicizzata dellâItalia quattro-cinquecentescaâ (Berengo), la nobiltĂ Ăš un partito piĂč che un ceto: la sua organizzazione si basa cioĂš sulle tradizioni che le singole famiglie hanno accumulato nella loro secolare partecipazione alla vita pubblica. Anche a Genova la contrapposizione tra nobili e popolari non rappresenta un conflitto di classe, ma un conflitto tra due schieramenti politici. La cancelleria della Repubblica genovese designa il nobile come il âcittadino di governo, nĂ© ciĂČ nasceva da antichitĂ o vecchie ricchezze et splendore deâ maggioriâ. A Venezia invece Ăš assente la possibilitĂ di unâalternativa di governo popolare: il suo sviluppo costituzionale nel Quattrocento Ăš in senso aristocratico -oligarchico. Con la conquista della terraferma veneta nella prima metĂ del Quattrocento sono esclusi dal governo sia i forestieri giunti di recente a Venezia, sia la ricca e potente nobiltĂ che in etĂ comunale e signorile ha avuto un peso predominante nelle cittĂ divenute suddite. A Napoli il reggimento cittadino vede la compartecipazione di nobili e popolari. Ma il governo urbano Ăš saldamente nelle mani dellâaristocrazia rappresentata nei cinque seggi nobili di Capuana, Nido, Montagna, Porto, Portanova. Il popolo Ăš rappresentato in un unico seggio.
Le borghesie
Una classificazione orientativa di chi puĂČ definirsi borghese nel Quattrocento europeo Ăš problematica. Non perchĂ© alcune societĂ europee non presentino unâarticolazione ricca che autorizzi a identificare ceti borghesi al loro interno, quanto piuttosto per la difficoltĂ di attribuire un significato univoco al termine borghese.
Se identifichiamo lâorigine sociale col ceto di appartenenza, sicuramente i grandi mercanti toscani e genovesi, che formano parte dellâĂ©lite internazionale del denaro durante il Quattrocento, non sono borghesi: essi appartengono tutti a famiglie della nobiltĂ , a volte di quella piĂč antica e prestigiosa come nel caso genovese. Essi svolgono, tuttavia, una funzione che ha molto a che fare con il nuovo significato attribuito al denaro, â âil tempo Ăš denaroâ, si comincia a dire, â col commercio internazionale, con le tecniche e gli strumenti innovativi delle transazioni economiche e finanziarie, col dinamismo dei ceti urbani, con una mentalitĂ speculativa e imprenditrice che ha assai poco a che fare con quella delle nobiltĂ . Per riguardo alla funzione che essi svolgono possono dunque essere considerati una componente delle borghesie quattrocentesche ed essere, quindi, collocati al vertice dei ceti borghesi.
Il secondo gruppo Ăš costituito dal mondo delle professioni. I letrados, gli avvocati che, ormai, nella âciviltĂ della carta bollataâ stanno assumendo molte competenze precedentemente appartenute ai notai, i ministeriali che ricoprono ruoli di spicco ai vertici delle nuove magistrature dello Stato moderno al suo stadio embrionale, sono borghesi? In questo caso possono essere anche esponenti di famiglie nobili a esercitare professioni forensi e a occupare i posti alti dellâamministrazione statale. Quando non sono nobili, aspirano comunque a diventarlo, alimentando cosĂŹ quel processo di formazione della nobiltĂ di toga, destinato a trasformare profondamente lâidentitĂ delle aristocrazie nei secoli successivi.
Sicuramente non nobili sono coloro che esercitano le professioni legate al mondo della medicina: un esercizio che, in molte parti dellâEuropa, Ăš considerato non confacente allo status aristocratico, perchĂ© pericolosamente contiguo a chi esercita âvili arti meccanicheâ. E nella disputa tra arti superiori e arti inferiori lâesercizio della medicina Ăš collocato largamente al di sotto dellâesercizio del diritto che attiene invece a quella che sta diventando una delle principali attivitĂ nellâEuropa tra basso Medioevo e prima etĂ moderna: lâarte del governo.
Ad un gradino piĂč basso si collocano i vertici delle arti e delle corporazioni artigiane, mercantili: quei ceti borghesi che costituiscono la spina dorsale dellâEuropa delle cittĂ .
Rimandi
Le cittĂ
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Le spedizioni navali e le scoperte geografiche prima di Colombo
Briganti, pirati e corsari