Il Quattrocento - Storia
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Il Quattrocento - Storia

Storia della CiviltĂ  Europea a cura di Umberto Eco - 38

Umberto Eco

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Storia della CiviltĂ  Europea a cura di Umberto Eco - 38

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Il Quattrocento si apre su uno scenario ancora segnato dalla contrazione demografica ed economica che ha attraversato nel secolo precedente i Paesi europei, soprattutto quelli piĂč sviluppati dell'Europa occidentale. Diminuiscono gli indici di rendimento dei principali prodotti agricoli e la popolazione tende all'inurbamento, gli scambi subiscono un rallentamento che mette in difficoltĂ  i mercanti e ben diversa Ăš anche l'immagine che il papato offre di sĂ©: due pontefici, due collegi cardinalizi, e due curie, una a Roma e l'altra ad Avignone, finchĂ© nel 1449 si ricompone lo scisma con NiccolĂČ V. La centralitĂ  e l'universalitĂ  della Chiesa appare in crisi, mentre si acuisce l'accentramento dei poteri, lo sviluppo delle corti, degli apparati amministrativi, fiscali, militari, diplomatici, la riduzione dello spazio politico della feudalitĂ , oltre che il confronto con la Chiesa, e la formazione di un Terzo stato comprensivo di ceti medi mercantili, artigiani e burocratici. Questo ebook Ăš una valida guida per comprendere appieno un secolo cosĂŹ travagliato sia in contesto italiano che europeo: le guerre, e soprattutto quella dei Cent'anni, continuano a rappresentare per le popolazioni un ulteriore elemento di incertezza; nel conflitto anglo-francese si intrecciano ancora diritti feudali ed ereditari che non coinvolgono solo le case regnanti, ma anche molti interessi particolari, di cui l'esempio piĂč eclatante Ăš lo scontro tra Armagnacchi e Borgognoni, mentre in Italia continuano le guerre per la supremazia territoriale, ma senza alcun disegno politico unificante. Un secolo ricco di avvenimenti centrali per la storia europea: dalla caduta di Costantinopoli, alla nascita di accademie e biblioteche, dai primi tentativi di formazione degli Stati moderni, all'affermazione degli Asburgo e all'invasione di Carlo VIII, fino alle grandi esplorazioni di Colombo.

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Informations

Année
2014
ISBN
9788897514817

La societĂ 

Le aristocrazie e le borghesie
Aurelio Musi

Nel Quattrocento aristocrazie e borghesie devono essere declinate al plurale. Le aristocrazie comprendono sia la nobiltà feudale, ceto in profonda trasformazione nell’Europa settentrionale, ma diffuso e prevalente nelle campagne dell’Europa centro-orientale e dell’Europa mediterranea, sia i patriziati urbani, ceti dirigenti delle città. Le borghesie comprendono i grandi mercanti-banchieri, che dominano la “repubblica internazionale del denaro”, gli esponenti delle professioni civili, magistrati e avvocati, delle professioni sanitarie e i vertici delle corporazioni artigiane.

Il mondo feudale europeo

La societĂ  europea del Quattrocento appare assai articolata e differenziata. Le due categorie di aristocrazia e borghesia possono essere utilizzate per rappresentarla solo a patto di declinarle al plurale e di non considerarle come insiemi di stratificazioni sociali incomunicabili.
Al mondo della nobiltĂ  appartengono famiglie non solo provenienti dall’aristocrazia di sangue di piĂč antico lignaggio, ma anche di piĂč recente nobilitazione. Si puĂČ definire la nobiltĂ  come il gruppo sociale che possiede uno statuto giuridico particolare, che si perpetua per via biologica e rinnova i suoi ranghi in base a regole rigorosissime. Il rango e il titolo creano gerarchie interne al mondo nobiliare. Per esempio il rango di Grande imperiale all’interno del Sacro Romano Impero della Germania conferisce a chi lo possiede – elettori, grandi principi, conti imperiali ecc. – un concreto potere politico superiore a quello degli altri nobili. Lo stesso rango di Grande in Spagna Ăš soprattutto un titolo onorifico.
Le nobiltà, nell’Europa del Quattrocento, godono di un potere di rappresentanza notevole. Nei Parlamenti, nelle Diete, in tutti gli istituti della rappresentanza politica cetuale, divisi, generalmente, tra clero, nobiltà e città, le aristocrazie costituiscono un potere forte capace di condizionare, soprattutto per quanto riguarda la materia fiscale, l’immunità, i privilegi, il governo dei sovrani.
Generalmente nel Quattrocento ù il possesso feudale della terra che trasmette, all’atto dell’investitura del sovrano, il titolo nobiliare: principe, marchese, duca, conte. Dunque ù al mondo feudale europeo del Quattrocento che bisogna guardare se si vuol comprendere questa parte dell’aristocrazia. Dividiamo l’Europa in tre grandi aree: l’area inglese e nord-europea, l’area centro-orientale, l’area mediterranea.
In Inghilterra l’aristocrazia feudale, durante il secolo XV, partecipa attivamente prima alla guerra dei Cent’anni (1337-1453), poi alla guerra delle Due Rose (1455-1485): nella seconda Ăš protagonista della guerra di fazione che oppone la casa York alla casa Lancaster. Ma con Enrico VII, iniziatore della dinastia Tudor, l’opera di restaurazione dell’autoritĂ  regia e i nuovi processi economico-sociali che favoriscono una maggiore mobilitĂ  e l’opportunitĂ  per nuovi ceti di possedere terre, investono l’aristocrazia inglese, rendendone sempre piĂč residuali i comportamenti propriamente feudali e accelerandone il processo di trasformazione. Nei Paesi scandinavi il feudalesimo si rivela incapace di liquidare le robuste istituzioni rurali e le tradizioni d’indipendenza legate alla piccola proprietĂ  contadina: alla fine del Medioevo, malgrado l’intrusione di nobiltĂ , clero e corona, i contadini svedesi possiedono ancora la metĂ  della superficie coltivata del Paese.
L’aristocrazia feudale ha invece un ruolo dominante nell’Europa centro-orientale. Nella Germania a est dell’Elba predominano gli Junker, proprietari feudali di vaste aziende agricole, che gestiscono in conduzione diretta col lavoro coatto e la servitĂč della gleba. La crisi agraria del XV secolo accelera l’ascesa degli Junker e amplia la loro giurisdizione feudale, quell’insieme cioĂš di poteri giudiziari, economici, finanziari, di pressione e controllo sulle popolazioni del feudo, riconosciuti per delega dal sovrano.
Interessante Ăš il caso polacco. È stato scritto che la Polonia Ăš l’area di sovranitĂ  assoluta della grande nobiltĂ . Il sistema giuridico e costituzionale garantisce a essa un potere enorme, creando vere e proprie dinastie familiari. È la dinastia sovrana degli Jagelloni a inaugurare, proprio nel Quattrocento, il sistema di amplissime concessioni alla nobiltĂ  feudale polacca: l’immunitĂ  giuridica dagli arresti arbitrari, la riscossione di imposte e l’arruolamento di truppe da parte del sovrano solo col consenso della nobiltĂ , l’ampliamento delle prestazioni lavorative dei contadini e dello stato di servitĂč. Anche in Russia un fiorente sistema feudale e la servitĂč della gleba ampliano il potere della nobiltĂ  durante il Quattrocento.
Per le aree dell’Europa mediterranea il legame tra territorio e giurisdizione rappresenta un elemento di identità della nobiltà assai forte. Tra Spagna, Francia e Italia le differenze di condizione dell’aristocrazia feudale sono enormi, anche all’interno di ognuno di questi Paesi: comune ù comunque la tendenza, da parte delle nobiltà feudali di quei Paesi, a estendere la giurisdizione, attraverso soprattutto l’ampliamento dei poteri delegati di giustizia non solo civile, ma anche criminale, in alcuni casi fino all’ultima istanza di giudizio (merum et mixtum imperium).
Dunque l’aristocrazia feudale, nel corso del Quattrocento, continua, in buona parte dell’Europa, a costituire ancora uno dei ceti piĂč importanti sia a livello economico, sia a livello sociale. Possiamo riconoscere un’Europa settentrionale in cui la funzione della nobiltĂ  feudale Ăš residuale, un’Europa centro-orientale in cui il feudalesimo rappresenta la cifra prevalente dei rapporti economici e sociali, un’Europa mediterranea in cui, sia pur tra molte differenziazioni, la giurisdizione feudale rappresenta il valore aggiunto del possesso della terra.
Dovunque, in ogni caso, la terra Ăš ancora il fattore piĂč importante per il conferimento di titoli nobiliari dotati di concreto potere e, in qualche caso, di potenza semisovrana. La condizione nobiliare, proveniente dal sangue, ha una forte accezione feudale.

I patriziati urbani

Scrive Marino Berengo: “La lunga permanenza di un gruppo di famiglie nella classe dirigente appare un tratto costitutivo essenziale perchĂ© in una cittĂ  giunga a formarsi un patriziato”.
I patriziati sono dunque quel segmento delle nobiltà europee che, pur differenziato quanto all’origine e alle dinamiche di formazione, svolge, con una certa continuità e stabilità, la funzione di classe dirigente, rappresentando i componenti dei municipi e i titolari delle principali funzioni urbane.
Il processo Ăš noto e documentato per alcune aree della Spagna come la Castiglia, in cui il sovrano, tra il XIV e il XV secolo, conferisce privilegi di nobiltĂ  e sollecita la formazione degli hidalgos: questi nobili di origine cittadina occupano gran parte delle cariche municipali.
In Germania si distingue tra vera nobiltà rurale e nobiltà cittadina. Nella gerarchia nobiliare l’aristocrazia feudale occupa un posto superiore a quella urbana, che gode comunque della possibilità di accedere a cariche riservate, là dove nella città sussista la separazione di ceto.
In Italia la qualifica di nobile muta, da cittĂ  a cittĂ , il suo significato. A Siena, “la cittĂ  forse piĂč congenitamente e diffusamente politicizzata dell’Italia quattro-cinquecentesca” (Berengo), la nobiltĂ  Ăš un partito piĂč che un ceto: la sua organizzazione si basa cioĂš sulle tradizioni che le singole famiglie hanno accumulato nella loro secolare partecipazione alla vita pubblica. Anche a Genova la contrapposizione tra nobili e popolari non rappresenta un conflitto di classe, ma un conflitto tra due schieramenti politici. La cancelleria della Repubblica genovese designa il nobile come il “cittadino di governo, nĂ© ciĂČ nasceva da antichitĂ  o vecchie ricchezze et splendore de’ maggiori”. A Venezia invece Ăš assente la possibilitĂ  di un’alternativa di governo popolare: il suo sviluppo costituzionale nel Quattrocento Ăš in senso aristocratico -oligarchico. Con la conquista della terraferma veneta nella prima metĂ  del Quattrocento sono esclusi dal governo sia i forestieri giunti di recente a Venezia, sia la ricca e potente nobiltĂ  che in etĂ  comunale e signorile ha avuto un peso predominante nelle cittĂ  divenute suddite. A Napoli il reggimento cittadino vede la compartecipazione di nobili e popolari. Ma il governo urbano Ăš saldamente nelle mani dell’aristocrazia rappresentata nei cinque seggi nobili di Capuana, Nido, Montagna, Porto, Portanova. Il popolo Ăš rappresentato in un unico seggio.

Le borghesie

Una classificazione orientativa di chi puĂČ definirsi borghese nel Quattrocento europeo Ăš problematica. Non perchĂ© alcune societĂ  europee non presentino un’articolazione ricca che autorizzi a identificare ceti borghesi al loro interno, quanto piuttosto per la difficoltĂ  di attribuire un significato univoco al termine borghese.
Se identifichiamo l’origine sociale col ceto di appartenenza, sicuramente i grandi mercanti toscani e genovesi, che formano parte dell’élite internazionale del denaro durante il Quattrocento, non sono borghesi: essi appartengono tutti a famiglie della nobiltĂ , a volte di quella piĂč antica e prestigiosa come nel caso genovese. Essi svolgono, tuttavia, una funzione che ha molto a che fare con il nuovo significato attribuito al denaro, – “il tempo Ăš denaro”, si comincia a dire, – col commercio internazionale, con le tecniche e gli strumenti innovativi delle transazioni economiche e finanziarie, col dinamismo dei ceti urbani, con una mentalitĂ  speculativa e imprenditrice che ha assai poco a che fare con quella delle nobiltĂ . Per riguardo alla funzione che essi svolgono possono dunque essere considerati una componente delle borghesie quattrocentesche ed essere, quindi, collocati al vertice dei ceti borghesi.
Il secondo gruppo ù costituito dal mondo delle professioni. I letrados, gli avvocati che, ormai, nella “civiltà della carta bollata” stanno assumendo molte competenze precedentemente appartenute ai notai, i ministeriali che ricoprono ruoli di spicco ai vertici delle nuove magistrature dello Stato moderno al suo stadio embrionale, sono borghesi? In questo caso possono essere anche esponenti di famiglie nobili a esercitare professioni forensi e a occupare i posti alti dell’amministrazione statale. Quando non sono nobili, aspirano comunque a diventarlo, alimentando così quel processo di formazione della nobiltà di toga, destinato a trasformare profondamente l’identità delle aristocrazie nei secoli successivi.
Sicuramente non nobili sono coloro che esercitano le professioni legate al mondo della medicina: un esercizio che, in molte parti dell’Europa, Ăš considerato non confacente allo status aristocratico, perchĂ© pericolosamente contiguo a chi esercita “vili arti meccaniche”. E nella disputa tra arti superiori e arti inferiori l’esercizio della medicina Ăš collocato largamente al di sotto dell’esercizio del diritto che attiene invece a quella che sta diventando una delle principali attivitĂ  nell’Europa tra basso Medioevo e prima etĂ  moderna: l’arte del governo.
Ad un gradino piĂč basso si collocano i vertici delle arti e delle corporazioni artigiane, mercantili: quei ceti borghesi che costituiscono la spina dorsale dell’Europa delle cittĂ .

Rimandi

Le cittĂ 
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Le spedizioni navali e le scoperte geografiche prima di Colombo
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Il papa e le gerarchie ecclesiastiche
Maria Anna Noto

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