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Il Casco non basta
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Il Casco non basta
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I dati aggiornati dell'INAIL fotografano una situazione indegna per un Paese avanzato come il nostro: quasi 4 morti al giorno sul lavoro. Una situazione inaccettabile che dimostra come, in Italia, la salute e la sicurezza dei lavoratori sono state sacrificate sull'altare della logica del profitto.
Il casco non basta radiografa questo inammissibile stato di cose, purtroppo aggravatosi in questi tristi tempi di pandemia. E prova a dare delle soluzioni, a lanciare un grido di allarme, a proporre un cambio di prospettiva alla luce delle normative vigenti che devono, per forza di cose, essere attuate.
Un prezioso lavoro di studio, dentro un perimetro giuridico e normativo non privo di impulsi intellettuali e culturali.
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Sous-sujet
Civics & CitizenshipAntropologia dellâhomo dignus
di Stefano RodotĂ (1)
Voglio anzitutto chiarire il significato che attribuisco al termine âantropologiaâ nella dimensione giuridica qui considerata. Non mi riferisco tanto allâantropologia giuridica come âconoscenza del diritto(2)â quanto piuttosto al fatto che il diritto costruisce figure sociali, dunque una vera e propria antropologia.
Il diritto ha sempre contribuito alla creazione di antropologie e, quando lo ha fatto, ha conferito loro persistenze che andavano al di lĂ della vicenda di origine. Ogni grande operazione giuridica, prima ancora che questo ruolo fosse reso del tutto manifesto dalle carte costituzionali, ha disegnato un suo modello di persona, che non era mai la semplice registrazione di una natura âumanaâ, ma un gioco sapiente di pieni e di vuoti, di selezione di ciĂČ che poteva trovare accoglienza nello spazio del diritto e quel che doveva restarne fuori, di ciĂČ che poteva entrare in quello spazio con i suoi connotati ânaturaliâ e quello che esigeva una metamorfosi resa possibile proprio dallâartificio giuridico.
Riflettendo in generale sul ruolo del diritto, si Ăš sottolineato che «faire de chacun de nous un âhomo juridicusâ câest la maniĂšre occidentale de lier les dimensions biologique et symbolique costitutives de lâetre humain(3)».
Consideriamo, per cominciare, il titolo di uno dei grandi documenti fondativi della modernitĂ : la Dichiarazione dei diritti dellâuomo e del cittadino del 1789. Questa Dichiarazione dĂ la massima evidenza alla controversia tra chi ha sostenuto, e sostiene, che i diritti del cittadino altro non siano che i diritti naturali formalmente riconosciuti e chi, invece, in essi vede «una trasmutazione di una umanitĂ indistinta in una cittadinanza situata(4)» Locke o Rousseau, semplificando. Ma andiamo oltre, continuando a semplificare. Davanti a noi sono due figure, lâuomo e il cittadino: per la prima puĂČ parlarsi di una âqualitĂ â; per lâaltra, di uno âstatutoâ. Ora, quale che sia la portata che si vuole attribuire a questi due termini, Ăš indubbio che siamo di fonte ad una âcivilizzazioneâ o secolarizzazione o laicizzazione di diritti ritenuti naturali grazie allâintervento di quello strumento squisitamente artificiale che Ăš appunto il diritto.
Non Ăš una novitĂ . Pensiamo, ad esempio, alla Magna Charta e al suo habeas corpus, allâantica promessa che, nel 1215, il re fa ad ogni âuomo liberoâ: «non metteremo nĂ© faremo mettere la mano su di lui, se non in virtĂč di un giudizio legale dei suoi pari e secondo la legge del paese». Siamo di fronte allâabbandono di una prerogativa regia, allâautolimitazione di un potere che, proprio per i caratteri dellâimpegno assunto, nella fase precedente era stato con tutta evidenza esercitato in maniera sostanzialmente arbitraria, peraltro in conformitĂ con la sua natura. Quellâatto, se cosĂŹ si puĂČ dire, laicizza il potere del re. Quel che ne risulta, infatti, non riposa piĂč sulla sovranitĂ /sacralitĂ , ma si cala nel mondo, si presenta come lâesito di una negoziazione complessa, manifesta lâavvio di un intrecciarsi di fattori che, in tempi assai successivi, porterĂ a quella âautolimitazioneâ dello Stato sovrano come atto di fondazione dei diritti pubblici subiettivi.
Lungo, dunque, Ăš il percorso che ci conduce alla Dichiarazione del 1989 e al suo estrarre dalla naturalitĂ dellâuomo una figura sommamente artificiale qual Ăš il cittadino, affidando alla legge, e solo alla legge, la definizione del suo perimetro. Per ciĂČ Ăš legittimo parlare di una nuova antropologia.
Avviciniamoci ai tempi nostri, e leggiamo quel che scriveva, nel 1954, Luigi Mengoni. «Il modello antropologico dellâindividualismo proprietario Ăš stato corretto dal diritto del lavoro, che comincia a svilupparsi verso la metĂ del XIX secolo, o verso la sua fine, nei paesi, come lâItalia, a ritardata crescita capitalistica. In quanto presuppone lâuomo che lavora, e non semplicemente un proprietario di forza-lavoro che la offre sul mercato, il diritto del lavoro instaura lâantropologia definitiva del diritto moderno, fissata nellâarticolo 1 della Costituzione del 1947, che proclama essere il nostro ordinamento âfondato sul lavoroâ(5)».Viene cosĂŹ descritto lâesito di un processo storico, irriducibile alla forzatura ideologica di cui quellâarticolo sarebbe testimone, e che segna un distacco netto dallâantropologia legata appunto a quellâindividualismo proprietario che aveva accompagnato per tutto lâOttocento e buona parte del Novecento il diritto civile, da intendere, perĂČ, non come un semplice settore della disciplina giuridica, ma come la fondazione costituzionale dei rapporti privati. Non a caso Jean Carbonnier ha parlato del Code civil come della «costituzione civile dei francesi», mettendo in evidenza un aspetto giĂ colto nitidamente da Gioele Solari fin dal 1911, sottolineando che «la Codificazione risponde nel campo del diritto privato a quello che furono le Dichiarazioni di diritti e le Costituzioni nel campo del diritto pubblico(6)».
Se, a questo punto, si torna al clima e allâassetto istituzionale del tempo che seguĂŹ la Dichiarazione dei diritti dellâuomo e del cittadino, possiamo cogliere lâincidenza del Code civil, che modifica profondamente lâantropologia emersa dalla rivoluzione. Esponendo i motivi della codificazione, il maggiore tra i suoi artefici, Jean-Etienne-Marie Portalis, scrive: «al cittadino appartiene la proprietĂ , al sovrano lâimpero». Ecco indicati, con ammirevole semplicitĂ , il senso e la portata dellâoperazione politica realizzata attraverso il Code, individualista e patrimonialista. La proprietĂ dĂ il tono al codice. Lo aveva giĂ detto con assoluta chiarezza CambacĂ©rĂšs, scrivendo che «la legislazione civile regola i rapporti individuali e attribuisce a ciascuno i suoi diritti in relazione alla proprietà ». Lo sapeva bene Napoleone che, nel suo proclama del 18 brumaio, si presentava appunto come il difensore di âlibertĂ , eguaglianza e proprietĂ â, reinterpretando, attraverso la cancellazione della fraternitĂ , la triade rivoluzionaria. Portando a compimento questo disegno, il Code NapolĂ©on definisce non solo lo statuto della borghesia vittoriosa, ma lâintera trama delle relazioni tra i cittadini, diviene il piano dei rapporti sociali.
Le conseguenze di questo radicale mutamento sono evidenti. «Ecco in mano mia il Codice civile. Non Ăš per nulla il prodotto della societĂ borghese. Ă piuttosto la societĂ borghese, nata nel XVII secolo e sviluppatasi nel XIX, che semplicemente trova nel Codice una forma giuridica»: cosĂŹ Karl Marx nel 1849. E Antonio Labriola incalza: «Il novello stato, che ebbe bisogno del 18 brumaio per diventare una ordinata burocrazia poggiata sul militarismo vittorioso, questo stato che completava la rivoluzione nellâatto che la negava, non potea fare a meno del suo testo, e lâebbe nel Codice civile, che Ăš il libro dâoro della societĂ che produca e venda merci».
La rilevanza attribuita alla proprietĂ , diritto esclusivo, non oscura soltanto la fraternitĂ : reinterpreta anche gli altri due riferimenti della triade rivoluzionaria attraverso la saldatura tra libertĂ e proprietĂ e il conseguente, inevitabile, mutamento di senso dellâeguaglianza. Una volta intesa la proprietĂ come fondamento della libertĂ stessa, secondo la classica lettura del liberalismo, Ăš evidente che essa diviene pure la condizione dellâeguaglianza, dal momento che solo lâeguaglianza nel possesso si presenta come il fattore decisivo per il superamento delle disparitĂ . Lâindividualismo proprietario connota non solo lâassetto economico, ma istituisce una diversa antropologia, quella del borghese moderno, che implica quasi una costituzionalizzazione della diseguaglianza.
Tra lâoriginaria costituzione, la Dichiarazione dei diritti e il Code civil si manifesta precocemente quella ch...