Soldati nella zona di Arsiero, 1916. Foto archivio Sergio Zorzi
Arsiero, Asiago
Half a hundred more,
Little border villages,
Back before the war,
Monte Grappa, Monte Corno,
Twice a dozen such,
In the piping times of peace
Didnât come to much.
(Ernest Hemingway, Parigi 1922)
La guerra incide profondamente sullâambiente dei civili, non solo per il clima che genera, ma anche perchĂ© giustappone spazi umani prima impensabili. Questo Ăš quanto avviene nei paesi vicentini con lâarrivo delle truppe che si impongono occupando alberghi, scuole, centri parrocchiali e abitazioni private. Il lontano si fa vicino e nella nuova spazialitĂ , che si viene a creare, prende forma unâesistenza forzatamente âfianco a fiancoâ. I soldati sono giovani provenienti in gran parte dalle campagne e giungono in prossimitĂ del fronte spesso impreparati e con poche risorse. Molti di loro si avvicinano ai civili ma il processo di accettazione da parte dei locali non Ăš cosĂŹ scontato, nĂ© cosĂŹ facile.
Lâesistenza di tende, cucine da campo e armi deposita sui luoghi nuovi linguaggi di violenza, che strappano gli abitanti da unâarmonia antica e li proietta in un âaltroveâ di guerra e aggressivitĂ . E la necessitĂ di difendersi da tutto ciĂČ genera confini:
A casa mia vignĂ©va i soldĂ par magnare, noialtri a stĂ vino de qua, e lĂČri se mĂ©teva te ânantra stansa, de lĂ [1] .
(A casa mia venivano i soldati per mangiare, noi stavamo di qua, e loro si mettevano in unâaltra stanza, di lĂ ).
Nelle case il limite Ăš segnato: al di qua stanno i civili, al di lĂ i soldati. Non si tratta di semplici definizioni spaziali, ma della necessitĂ di marcare la diversitĂ di due mondi, inconciliabili per alcuni aspetti e tuttavia costretti a rimanere vicini per la guerra. Continua la profuga:
Dove che i soldĂ i magnava te sentivi altro che sbĂšchi, tuti i canfini de la stansa i ÊĂ© ândĂ spacĂ .
(Dove mangiavano i soldati sentivi solo urla, tutte le lampade a petrolio della stanza sono andate rotte).
I soldati «di là » urlano e spaccano le lampade; «di qua» i civili stanno fermi e ascoltano.
Prendiamo la testimonianza di unâaltra donna: muta il paese, mutano le circostanze, ma medesima Ăš la marcatura del «di qua» e del «di là » tra civili e soldati:
Mi ricordo i soldati in paese⊠Anche vicino a casa mia. Loro erano di là e noi eravamo di qua⊠mia mamma diceva loro buongiorno e buonasera e poi ognuno a casa sua⊠ancora meglio se era scuro [2] .
La promiscuitĂ fuori dalla trincea imbarazza, sottolinea le differenze, evidenzia contaminazioni difficili da accettare. Si sopporta a fatica una convivenza imposta e si cerca di evitare ogni occasione di contatto, anche quando Ăš necessario perchĂ© fonte di guadagno. I soldati domandano di lavare le divise; le donne rispondono non sempre a tono. Una donna ricorda lâabitudine della madre di prendere la «roba» con la forca per poi portarla a lavare nelle acque dellâAstico. Dice a questo proposito:
I soldĂ i passava davanti a casa mia par andare a lâAstĂšgo e ogni tanto i ghe domandava a me mama se la podĂšva lavarghe la rĂČba da vestire, tipo le camiÊe, ma me mama tante volte no la gavĂšva gnanca stĂČmego⊠se a volte i ghe butava in tĂšl mucio anca le mudande coi peĂČci, me mama la ciapĂ va la roba coâ la forca e la portava a lâAstego a lavare [3] .
(I soldati passavano davanti a casa mia per andare allâAstico e ogni tanto le domandavano se poteva lavare loro la roba da vestire, come le camicie, ma mia mamma tante volte non aveva neanche stomaco⊠se a volte le buttavano nel mucchio anche le mutande con i pidocchi, mia mamma prendeva la roba con la forca e la portava a lavare allâAstico).
Fare la lavandaia, un mestiere allâepoca molto diffuso, permette alle donne di mantenere la famiglia. La paga Ăš buona e le donne si recano alle fontane e lungo i fiumi per lavare la biancheria dei militari. Ma anche qui gli spazi rimangono definiti: le lavandaie sono da una parte, i soldati dallâaltra, come ci racconta la foto.
Inglesi che portano i panni da lavare alle donne, Caltrano/ Calvene 1918. Fotografia archivio Sergio Zorzi
Al distanziamento si aggiunge la paura. Tra i ricordi femminili trapelano storie di soldati che di notte penetrano nelle case per prendere vino, cibo o, nella peggiore delle ipotesi, per usare violenza nei loro confronti.
Una profuga in unâintervista, fatta dopo molti anni, ricorda la paura provata nei confronti dei soldati allorquando una notte, nella catapecchia dove viveva da sfollata con la madre e le sorelle, sentĂŹ bussare:
Dopo qualche settimana, ad ogni modo, si spostarono a Santorso, in una catapecchia che fino a poco prima aveva ospitato dei muli: la porta la chiudevano con una specie di chiodo, suo padre lavorava per il genio, e il via vai dei soldati era continuo: qualche preoccupazione câera, insomma⊠Una sera sul tardi sentirono bussare una voce che chiamava: âCaterina! Caterina!â Fossero state zitte almeno! Invece risposero che lĂŹ non abitava nessuna Caterina, che erano una famiglia di sfollati. Quel tizio insisteva. Sta di fatto che quella notte dovettero passarla in piedi, quasi puntellate contro la porta, e con lâaccetta a portata di mano [4] .
Il conflitto Ăš ancora lontano dai centri abitati, ma si impone nei paesi per lâenorme numero di truppe e cavalli che continuano ad acquartierarsi. Le testimonianze parlano di chiese sequestrate per ammassare cavalli e carriaggi, di piazze e di campi occupati dalle truppe. Il soldato ha bisogno di scorte di carne fresca e acquista a prezzi irrisori le bestie nelle stalle. Requisisce legname, fieno, cibo. Richiede ulteriori approvvigionamenti ma i paesi sono allo stremo. Quando nel febbraio del 1916 il Distretto Militare di Vicenza chiede al sindaco la quantitĂ di fieno presente a Breganze, lo stesso, esausto per le numerose richieste, risponde che «da piĂč mesi continua da parte del R. Esercito il prelevamento di fieno presso le famiglie».
La giurisdizione militare, che non negozia ma si impone, giunge a privare una famiglia della casa, che viene occupata dai soldati nel giro di poche ore senza spiegazioni di sorta. La testimone, allâepoca dei fatti una bambina, ci racconta la vicenda.
Tutto succede allâora di cena quando nellâabitazione, dove vive una donna che ha appena partorito due gemelli, un tenente italiano, accompagnato dal sindaco, entra in cucina. Il soldato senza tanti preamboli ordina ai presenti, che stanno cenando, di mettere lenzuola pulite sui letti e di andarsene velocemente. Una donna si mette a piangere. I componenti della famiglia si trovano nel giro di qualche ora senza casa, buttati in mezzo alla strada, al buio. Sono le due e mezza di notte e la puerpera, costretta ad allontanarsi a piedi con i due gemelli, perde sangue lungo la strada:
So che Êe vignĂč el sindaco, el ghe gĂ dito a me mama che bisogna andare via. ÊĂš vignĂč anca el tenente, me ricordo ancora che a gĂšrimo drio a magnĂ re a sĂ©na, e âsto ultimo el ne ga dito ââAvanti, mangiare in fretta e cambiare tutte le lenzuola che stasera qui dormiamo noi!â- Me mama la se gĂ messo a piĂ ndare, no la voleva mia partire, la gavĂšva anca due gemĂši de me cugina che i gera nati in giornataâŠDe drio a la me casa gli italiani i gavĂšva fato le trincee coâle gradiglie e par Cogolo le strade⊠le gavĂšva le rĂšle parchĂ© i tedeschi no i vedĂšsse che passava i camionâŠInsoma ne gĂ tocĂ partire ale 2 e meÊa de nĂČte: me cugin el gĂ ciapĂ due piumini de quei che i meteva sĂČra i leti e dopo averli poÊĂ dentro ala cariĂČla, el gĂ messo dentro i dĂč gemĂšiâŠme mama la me ga mĂšsso su due vestitini e sĂšmo partii cussÏ⊠Tuti a pĂŹe, anca me cugina che la gavĂšva apĂšna partorĂŹo e la perdeva ancora el sangue par strada [5] .
(So che Ăš venuto il sindaco e ha detto a mia mamma che bisognava andare via. Ă venuto anche il tenente, mi ricordo ancora che stavamo cenando e questo ultimo ci ha detto: âAvanti, mangiare in fretta e cambiare tutte le lenzuola che stasera qui dormiamo noi!â Mia mamma si Ăš messa a piangere, non voleva partire, aveva anche due gemelli di mia cugina che erano nati in giornata⊠Dietro alla mia casa gli italiani avevano fatto le trincee con le armature di sostegno e per Cogollo le strade ⊠avevano pareti intrecciate perchĂ© i tedeschi non vedessero che passavano i camionâŠInsomma ci Ăš toccato partire alle due e mezza di notte: mio cugino ha preso due piumini, di quelli che metteva sui letti, e dopo averli appoggiati nella carriola, ha messo i due gemelli⊠La mamma mi ha messo su due vestitini e siamo partiti cosĂŹ ⊠Tutti a piedi, anche mia cugina che aveva appena partorito e perdeva ancora sangue per stradaâŠ)
Il marito della puerpera mette i due neonati in una carriola e, lungo la strada, «rabià nero», non risparmia una battuta verso Cadorna e Salandra:
So che gavĂšmo incontrĂ un ĂČmo ansiĂ n ÊĂČ par la strada e questo, vedendo che me cugin el portava âna cariĂČla con dentro i dĂč gemĂši, praticamente dĂč fagĂČti, el ga domandĂ : âparĂČn cossa gavĂŹo ne la cariĂČla?â, e me cugin el ghe ga risposto rabiĂ nero: âCadorna e Salandra!
(So che abbiamo incontrato un anziano lungo la strada e questo, vedendo che mio cugino portava una carriola con dentro due gemelli, praticamente due fagotti, ha chiesto: âPadrone, cosa avete nella carriola?â e mio cugino gli ha risposto pieno di...