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I fiori del male
Charles Baudelaire, Gesualdo Bufalino
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I fiori del male
Charles Baudelaire, Gesualdo Bufalino
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Ă propos de ce livre
Le liriche appassionate e intense, tese a trovare segrete corrispondenze con il mondo della natura, nell'affascinante capolavoro di Baudelaire (1821-67). Un'inconsueta alleanza tra prosa nuda e poesia pura in un'opera serrata e provocatoria che, come scrisse Hugo, "risplende e abbaglia come una stella".
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Informations
Sujet
LittératureSous-sujet
PoésieSPLEEN E IDEALE
note - francese
I
BENEDIZIONE
note - francese
Quando, per un decreto dei supremi poteri,
fra gli uomini annoiati il Poeta discende,
sua madre, in preda al panico e gonfia dâimproperi,
a Iddio che la commisera i chiusi pugni tende:
«Ah! mi fossi sgravata dâuna covata dâaspidi,
piuttosto che nutrire in me simile scherno!
Maledetta la notte dagli effimeri brividi,
quando accolsi nel ventre il mio castigo eterno!
PoichĂ© tu mâhai, Signore, fra le donne dannato
a suscitar lâorrore dâun infelice sposo,
e questo contraffatto essere non mâĂš dato
buttar nel fuoco, come un biglietto amoroso,
stornerĂČ lâodio tuo che su me sâaccanĂŹ
sul fatale strumento dei tuoi progetti infami,
e torcerĂČ questâalbero miserevole sĂŹ
da seccarne i boccioli velenosi sui rami!»
CosĂŹ lei, ringoiando le bave acri dellâira,
senza per nulla intendere i sovrumani editti,
in fondo alla Geenna a erigere cospira
i roghi consacrati ai materni delitti.
Frattanto, ebbro di sole, sotto lâala invisibile
dâun Angelo, il bambino reietto sâincammina,
e vede le bevande mutarglisi ed i cibi
in nettare vermiglio e in ambrosia divina.
Ride ai venti, le voci delle nubi raccoglie,
e sâesalta, cantando, della croce che porta,
giocondo come un passero che vola fra le foglie:
ne singhiozza lo Spirito, châĂš sua mistica scorta.
Quanti vorrebbe amare, lo guatan con spavento;
oppure, innanzi a tanta mansuetudine prodi,
gareggiano a cavargli dalle labbra un lamento,
e sul suo corpo provano mille efferati modi.
Fin nel pane e nel vino che avvicina alla bocca
sputi e cenere intridono nelle piĂč sozze forme;
storcono untuosi il naso da ogni cosa che tocca;
e si fanno una colpa di seguitarne lâorme.
La sua donna a gran voce va gridando nel foro:
«Poiché sembro ai suoi occhi cosÏ bella, e mi crede
degna dâadorazione, voâ rivestirmi dâoro,
come gli antichi idoli, tutta, da capo a piede.
E di nardo, di mirra, dâolibano pretendo
satollarmi, di carni, di liquori, dâinchini,
per sapere se posso usurpare ridendo
in un cuor che mâammira gli attributi divini.
Quando poi sarĂČ stanca di queste empie follie,
sopra gli poserĂČ la magra e forte mano,
e con unghie affilate come unghie dâarpie
mi scaverĂČ la strada fino al suo cuore umano.
Come un uccello implume che palpita e che guizza
quel suo purpureo cuore gli strapperĂČ dal petto
e scagliandolo a terra, per disdegnosa bizza,
ne sfamerĂČ il mio levriero prediletto!»
Verso il cielo, ove scorge un trono dâoro e luci,
leva, placido e pio, il Poeta le braccia,
e i maestosi lampi del suo spirito lucido
gli celano la vista dellâorda che minaccia:
«Sia lode a te, Signore, che dai la sofferenza
come un sublime farmaco delle nostre viltĂ ,
e come la migliore e la piĂč pura essenza,
ai forti preannuncio di sante voluttĂ !
Io so che un seggio in cielo tu conservi al poeta
fra le felici schiere delle sante Legioni,
e lo inviti alla eterna agape ove sâallietano
i Troni, le VirtĂč e le Dominazioni.
So che la sofferenza Ăš il blasone piĂč certo,
cui non potranno mordere lâinferno nĂ© la terra,
e che per intrecciare il mio mistico serto,
agli evi e agli universi dovrĂČ muovere guerra.
Ma quante ebbe Palmira gemme nei dĂŹ lontani,
e ignote pietre e perle celano il suolo e il mare,
anche se incastonate con le tue stesse mani,
non saprebbero al fulgido mio diadema bastare:
poiché sarà contesto di sincere faville,
attinte al fonte sacro dei primigeni raggi,
di cui, per quanto brillino, le terrene pupille
non sono che velate e nostalgiche immagini!»
â
II
LâALBATRO
note - francese
Spesso, per passatempo, acchiappano i gabbieri
un di quei grandi albatri, uccelli dâaltomare,
che, come pigre scorte, i nomadi velieri
sogliono sugli amari vortici accompagnare.
Sono appena deposti sul ponte che sâaccasciano,
questi re dellâazzurro, con vergogna impotente,
e le grandi ali candide lungo i fianchi si lasciano
pendere come remi malinconicamente.
Il viator volante, comâĂš sgraziato e stroppio!
Lui, giĂ sĂŹ bello, come laido e comico sembra!
VâĂš chi il becco gli stuzzica con la pipa, chi zoppica,
scimmiottando lâimpaccio delle povere membra.
Poeta, anche tu abiti nel cuore della folgore,
e sfidi i dardi, e sopra le nuvole tâaccampi:
esule sulla terra, fra i dileggi del volgo,
nellâali di gigante ad ogni passo inciampi!
â
III
ELEVAZIONE
note ...