DIARIO DEL DOTTOR SEWARD
18 settembre. Sono partito subito per Hillingham, dove sono arrivato di buonâora. Lasciata la carrozza al cancello, ho imboccato senzâaltro il viale. Ho bussato piano e ho suonato con la maggior discrezione possibile, perchĂ© temevo di disturbare Lucy o sua madre, e speravo di richiamare allâuscio soltanto una domestica. Dopo un poâ, non ricevendo risposta, ho bussato e suonato ancora: di nuovo nessuna risposta. Ho maledetto la pigrizia delle fantesche che se ne stavano a letto a poltrire a quellâora â erano ormai le dieci â e ho ripreso a bussare e suonare, con maggiore impazienza, ma ancora invano. Fino a quel momento, avevo dato la colpa alle domestiche, ma a questo punto mi sono sentito assalire da una terribile paura. Che quel silenzio fosse semplicemente un altro anello della catena di disgrazie che sembra attanagliarci? Che in effetti quella cui ero giunto â troppo tardi â fosse una casa di morti? Sapevo che minuti, addirittura secondi di ritardo potevano significare ore di pericolo per Lucy, caso mai avesse avuto ancora una di quelle sue spaventose ricadute, e cosĂŹ sono andato sul retro della casa, per vedere se potevo trovare il modo di entrarvi.
Niente da fare. Ogni porta e finestra erano chiuse e sbarrate, e sono tornato deluso al portico. In quella ho udito il rapido scalpitio degli zoccoli di un cavallo lanciato al galoppo e che sâĂš fermato al cancello; un istante dopo, ecco Van Helsing che correva lungo il viale. Come mi ha visto, ha ansimato:
«Dunque, siete voi. E giusto arrivato. Come Ú lei? Siamo noi troppo tardi? Avete voi ricevuto mio telegramma?»
Ho risposto, con la massima rapiditĂ e precisione possibili, che il telegramma lâavevo ricevuto solo il mattino presto e che, senza perdere un istante, mi ero precipitato a Hillingham, ma che non ero riuscito a farmi sentire da nessuno in casa. Van Helsing si Ăš fermato su due piedi, si Ăš tolto il cappello e ha detto con tono solenne:
«QuandâĂš cosĂŹ, temo che noi troppo tardi. VolontĂ di Dio sia fatta.» Poi, dimostrando ancora una volta quella sua straordinaria capacitĂ di ritrovare lâenergia, ha soggiunto: «Venite. Se nessuna via Ăš aperta per entrare, dobbiamo noi farne una. Tutto dipende da nostro tempo».
Siamo tornati sul retro della casa, a una finestra di cucina. Il professore ha cavato dalla valigetta una piccola sega chirurgica e, porgendomela, mi ha indicato le sbarre di ferro che proteggevano le finestre. Le ho aggredite immediatamente, e ben presto ne ho tagliate tre. Poi, con un lungo coltello sottile abbiamo sollevato il nottolino e aperto la finestra. Ho aiutato il professore a entrare per primo, e lâho seguito. Nessuno in cucina nĂ© nelle stanze delle domestiche a questa adiacenti. Abbiamo guardato in tutti i locali che incontravamo sul nostro percorso, e quindi siamo giunti nella sala da pranzo, debolmente illuminata dalla luce che penetrava dalle persiane. Sul pavimento giacevano quattro domestiche. Non erano morte, ma il loro respiro stertoroso e lâaspro odore di laudano non lasciavano dubbi circa le loro condizioni. Il professore e io ci siamo scambiati unâocchiata, e mentre uscivamo Van Helsing ha commentato: «Di queste possiamo occuparci in un secondo momento». Siamo poi saliti alla stanza di Lucy, per un istante fermandoci allâuscio a origliare: nessun suono ne usciva, ed Ăš stato con volti pallidi e mani tremanti che abbiamo aperto pian piano la porta e siamo entrati.
Come descrivere quel che abbiamo visto? Sul letto giacevano due donne, Lucy e sua madre, questâultima verso il muro e coperta con un bianco lenzuolo i cui lembi erano stati spostati dalla corrente dâaria che entrava dalla finestra infranta, sĂŹ da rivelare il volto esangue, scavato, improntato a unâespressione di terrore. Accanto a lei, Lucy, il volto pallido e ancor piĂč marmoreo. I fiori che avrebbero dovuto starle al collo li abbiamo trovati sul petto della madre, e nuda aveva la gola che esibiva le due piccole ferite giĂ in precedenza da noi notate, le quali perĂČ apparivano adesso orribilmente livide e smangiate. Senza una parola, il professore si Ăš chinato col capo quasi a toccare il seno della povera Lucy, quindi, girandolo dallâaltro lato, per ascoltare meglio, si Ăš rialzato di scatto gridando:
«Non Ăš troppo tardi! Presto! Presto! Portate brandy!» Sono volato dabbasso tornando con la caraffa, avendo perĂČ cura di annusarne e assaggiarne il contenuto, per timore che anchâesso fosse drogato come lo sherry che stava sul tavolo. Le fantesche respiravano adesso meno regolarmente, e ne ho dedotto che lâeffetto del narcotico stava scemando. Senza perdere tempo ad accertarmene, sono tornato di corsa da Van Helsing, il quale, come la volta precedente, ha strofinato col brandy le labbra, le gengive, i polsi e i palmi delle mani di Lucy, dicendomi intanto:
«Io posso fare questo, io non posso fare di piĂč al momento presente. Voi andate quelle fantesche a svegliare. Frizionate loro volto con un asciugamano bagnato, e con energia. Fate loro preparare caldo e fuoco e un bagno bollente. Questa poverina Ăš quasi fredda come quella che le sta accanto. Occorre riscaldarla prima che noi possiamo fare altro di piĂč.»
Sono sceso in fretta, e non mi Ăš stato difficile svegliare tre delle donne. La quarta, una ragazzina, evidentemente aveva subito maggiormente lâeffetto della droga, perciĂČ lâho deposta su un divano e lâho lasciata dormire. Le altre erano un poâ intontite dapprima, ma a mano a mano che il ricordo tornava, eccole prendere a piangere e singhiozzare istericamente. Io perĂČ sono stato duro e ho ingiunto loro di tacere, facendo notare che un decesso era sufficiente e che, se avessero tardato ulteriormente, avrebbero segnato la sorte anche della signorina Lucy. E cosĂŹ, singhiozzando e lagnandosi, si sono accinte allâopera, semisvestite comâerano, preparando fuoco e acqua. Per fortuna i fornelli di cucina e lo scaldabagno erano ancora accesi, sicchĂ© lâacqua calda non faceva difetto. Abbiamo preparato un bagno e vi abbiamo immerso Lucy cosĂŹ come si trovava. Mentre eravamo occupati a massaggiarle le membra, si Ăš udito bussare alla porta dâingresso; una delle domestiche, dopo essersi sommariamente rivestita, Ăš andata ad aprire; tornata, ci ha sussurrato che câera un signore latore di un messaggio da parte del signor Holmwood. Mi sono limitato a dirle di farlo aspettare, essendo per il momento impossibile riceverlo. La donna Ăš uscita a riferire e, tutto preso dal mio compito, mi sono completamente dimenticato di quel tale.
Mai in precedenza avevo visto il professore lavorare con tanta lena. Io sapevo, e lui sapeva, che si trattava di una lotta senza quartiere contro la morte, e in un attimo di pausa glielâho detto. La sua risposta non lâho capita, ma comunque mi Ăš stata data con volto improntato a unâespressione quanto mai grave:
«Se questo Ăš tutto, io vorrei fermarmi qui dove noi siamo ora e lasciare lei spegnersi in pace, perchĂ© non vedo luce sopra orizzonte di sua vita.» DopodichĂ© ha proseguito il suo lavoro con vigore se possibile rinnovato e ancor piĂč frenetico.
Un poâ alla volta, ci siamo resi conto che il calore cominciava a produrre qualche effetto. Il cuore di Lucy, auscultato con lo stetoscopio, batteva in maniera leggermente piĂč udibile, lâattivitĂ dei polmoni si era fatta percettibile. Van Helsing era quasi raggiante, e quando lâabbiamo tolta dalla vasca e lâabbiamo avvolta in un lenzuolo caldo per asciugarla, mi ha detto:
«La prima mossa Ú nostra. Scacco al re.»
Abbiamo portato Lucy in unâaltra stanza nel frattempo preparata, lâabbiamo messa a letto, le abbiamo versato in gola qualche goccia di brandy. Ho notato Van Helsing annodarle un morbido fazzoletto di seta al collo. Lucy era ancora incosciente e stava peggio di quanto mai fosse stata.
Van Helsing ha chiamato una delle domestiche ordinandole di restare con lei e di non staccarle gli occhi di dosso finché non fossimo tornati, quindi mi ha fatto cenno di seguirlo fuori dalla stanza.
«Dobbiamo consultare noi sul da fare» ha detto mentre scendevamo le scale. Giunti nellâatrio, ha aperto la porta della sala da pranzo, siamo entrati e ce la siamo chiusa con cura alle spalle. Le persiane erano state aperte, ma le tende giĂ abbassate in obbedienza allâetichetta della morte che le donne inglesi di bassa estrazione continuano rigidamente a osservare. Di conseguenza, la stanza era in penombra, anche se la luce era sufficiente per i nostri scopi. Nellâespressione grave di Van Helsing si notava una sfumatura di perplessitĂ . Con ogni evidenza, si stava lambiccando il cervello, cosĂŹ ho preferito aspettare in silenzio, finchĂ© si Ăš deciso a dirmi:
«Che cosa dobbiamo fare? A chi rivolgerci per aiuto? Dobbiamo avere unâaltra trasfusione di sangue, e questa subito, oppure vita di quella povera ragazza durerĂ nessuna ora. Voi siete giĂ esausto; anchâio sono esausto. Io temo di fidarmi di quelle donne, anche se avessero il coraggio di prestarsi. Che cosa fare per trovare qualcuno che voglia aprire sue vene per lei?»
«E io, allora, non servo a niente?»
La voce si era levata dal divano dallâaltra parte della stanza, e il suo tono Ăš bastato a ridarmi gioia e sollievo, perchĂ© si trattava di quella di Quincey Morris. Van Helsing, che aveva avuto un sobbalzo di irritazione allâudirne il suono, si Ăš raddolcito e unâespressione di contentezza gli si Ăš dipinta in volto quando ho gridato «Quincey Morris!» precipitandomi verso di lui a braccia aperte.
«Qual buon vento ti porta?» gli ho chiesto mentre gli stringevo la mano.
«Vengo da parte di Art.» E mi ha porto un telegramma cosÏ concepito:
âManco notizie Seward da tre giorni, e sono in terribile ansia. Stop. Impossibile partire. Stop. PapĂ sempre stesse condizioni. Stop. Fatemi sapere notizie Lucy al piĂč presto. Stop. Holmwood.â
«Credo di essere arrivato proprio al momento giusto» ha soggiunto Quincey. «Avete da dirmi soltanto quel che devo fare.»
Van Helsing si Ăš fatto avanti, gli ha preso la mano guardandolo fisso negli occhi, e ha replicato:
«Il sangue di uomo coraggioso Ăš cosa migliore in questa terra quando una donna Ăš in difficoltĂ . Voi siete un uomo, e non errore su questo. Bene, il diavolo puĂČ lavorare contro di noi con tutte sue energie, ma Dio manda a noi uomini quando ci occorrono.»
Una volta ancora, abbiamo eseguito la cruenta operazione, e non ho cuore di riferirne i particolari. Lucy aveva subito un trauma terribile, quasi insuperabile, tantâĂš che, sebbene nelle sue vene sia fluita una gran quantitĂ di sangue nuovo, il suo organismo non reagiva come nelle occasioni precedenti. La lotta che ha sostenuto per tornare in vita Ăš stata straziante a vedersi e a udirsi. Tuttavia, lâattivitĂ sia del cuore che dei polmoni Ăš andata migliorando, e Van Helsing le ha praticato unâiniezione subcutanea di morfina, come giĂ aveva fatto, e con effetti positivi, in precedenza. Lo stato di collasso si Ăš tramutato in sonno profondo. Il professore Ăš rimasto a sorvegliarla mentre io scendevo dabbasso con Quincey Morris e spedivo una delle domestiche a pagare uno dei cocchieri in attesa davanti a casa. Ho lasciato Quincey disteso dopo avergli somministrato un bicchiere di vino, dicendo alla cuoca di preparare unâabbondante colazione. Poi, mi Ăš sovvenuto qualcosa e sono tornato nella stanza dove si trovava adesso Lucy. Vi sono entrato in punta di piedi, e ho trovato Van Helsing con un foglietto di taccuino in mano. Evidentemente, lâaveva letto e ora era intento a meditare, seduto con una mano alla fronte, unâespressione di amara soddisfazione in volto quasi avesse trovato la risposta a un dubbio. Mi ha porto il foglietto dicendo soltanto: «à caduto di seno di Lucy mentre noi portiamo essa in bagno».
Dopo averlo letto, sono rimasto a guardare il professore, e finalmente gli ho chiesto: «Ma in nome di Dio, che cosa significa tutto questo? Era o Ú impazzita? O di quale specie di orrendo pericolo si tratta?». Ero talmente sbalordito, da non sapere che altro aggiungere. Van Helsing ha ripreso il foglietto e ha replicato:
«Per il momento non arrovellatevi. Dimenticate esso, ora. Voi verrete a conoscere e capire tutto quanto in buon tempo; ma questo sarĂ piĂč tardi. E adesso, che cosa voi siete venuto a me dire?» Questo mi ha riportato alla realtĂ , e ho recuperato tutte le mie facoltĂ .
«Sono venuto a parlarvi del certificato di morte. Se non agiamo con prudenza e saggezza, potrebbe esserci unâinchiesta, e saremmo costretti a presentare quel foglietto. Spero che potremo evitare lâinchiesta, perchĂ© ucciderebbe senzâaltro la povera Lucy, se nullâaltro finora ci Ăš riuscito. Io so, e voi sapete, e lo sa lâaltro medico che lâaveva in cura, che la signora Westenra era malata di cuore, e possiamo dichiarare senzâaltro che ne Ăš morta. Compiliamo dunque immediatamente il certificato, che io stesso porterĂČ allâanagrafe e allâimpresa di pompe funebri.»
«Buono, amico mio John! Bene pensato! Davvero signorina Lucy, se Ăš triste per nemici che la perseguitano, Ăš perlomeno felice negli amici che amano lei. Uno, due, tre, tutti aprono vene per lei, senza contare un vecchio uomo. Ah, sĂŹ, io so, amico John, io non sono cieco! Io amo voi ancora di piĂč per questo! Ora andate, andate.»
Nellâatrio ho trovato Quincey Morris con un telegramma per Arthur in cui gli si comunicava che la signora Westenra era morta; che anche Lucy era stata molto male, ma che adesso le sue condizioni miglioravano, e che Van Helsing e io le eravamo accanto. Gli ho riferito dove stavo andando, e Quincey Morris mi ha esortato a far presto, ma mentre uscivo mi ha trattenuto per dirmi:
«Quando ritorno, Jack, posso parlarti a quattrâocchi?» Ho annuito e sono corso fuori. Non ho avuto difficoltĂ con lâanagrafe, e mi sono accordato con lâimpresa perchĂ© venissero in serata a prendere le misure per la bara e a preparare tutto lâoccorrente.
Al ritorno, ho trovato Quincey che mi aspettava. Gli ho detto che sarei stato da lui non appena avessi visto Lucy, e sono andato di sopra. Stava ancora dormendo, e sembrava che il professore non si fosse mosso dal suo capezzale. Si Ăš portato il dito alle labbra, e ne ho arguito che si aspettava che si svegliasse al piĂč presto e che non voleva intralciare lâopera della natura. SicchĂ© sono tornato da Quincey e lâho portato nella saletta da colazione, dove le tende non erano abbassate e lâatmosfera era un poâ piĂč allegra o, per meglio dire, meno cupa che nelle altre stanze. Rimasti soli, mi ha detto:
«Jack Seward, non vorrei impicciarmi di faccende che non mi riguardano, ma questo Ăš un caso eccezionale. Sai bene che ho amato quella ragazza e che avrei voluto sposarla. Ma, sebbene si tratti di cosa passata, non posso non sentirmi in ansia per la sua salute. PerchĂ© diavolo sta tanto male? Lâolandese â e si tratta di una persona straordinaria, questo si vede subito â ha detto, quando siete entrati in sala da pranzo, che dovevate procedere a unâaltra trasfusione di sangue, e che sia tu che lui siete esausti. Ora, so benissimo che voialtri medici parlate tra voi in camera, e che nessun altro deve essere messo al corrente delle vostre consultazioni segrete. Ma questo, ripeto, Ăš un caso eccezionale. E, comunque sia, io la mia parte lâho fatta. Dico bene?»
«Dici bene» ho convenuto, e lui ha ripreso:
«Devo dedurne che sia tu che Van Helsing avete già fatto la stessa cosa. à cosÏ?»
«à cosÏ.»
«E immagino che questo valga anche per Art. Quando, quattro giorni fa, sono stato a casa sua, mi Ăš sembrato strano. Non ho mai visto nessuno deperire cosĂŹ rapidamente da quando ero nelle pampas e una giumenta, alla quale ero molto affezionato, Ăš stata liquidata nel giro di una notte. Uno di quei grossi pipistrelli che chiamano vampiri lâaveva assalita nellâoscuritĂ , e tra il sangue succhiato e la vena rimasta aperta, non gliene era rimasto tanto da reggersi in piedi, e ho dovuto spararle il colpo di grazia mentre giaceva a terra. Jack, se puoi dirmelo senza tradire un segreto, Arthur Ăš stato il primo, vero?» Il poveretto aveva unâaria terribilmente ansiosa mentre cosĂŹ parlava. Lo tormentava il pensiero della sorte della donna che amava, e il fatto di essere completamente allâoscuro del tremendo mistero che sembrava circondarla, non faceva che intensificare la sua pena. Il suo cuore sanguinav...