PARTE QUINTA
La vita culturale
I
La scuola
Nella sua descrizione della Firenze del 1338 il cronista Villani si sofferma un momento sullâeducazione pubblica e privata. «Troviamo châ eâ fanciulli e fanciulle che stanno a leggere, da otto a dieci mila. I fanciulli che stanno a imparare lâabbaco e algorismo in sei scuole, da mille in milleduecento. E questi che stanno ad apprendere la grammatica e loica in quattro grandi scuole, da cinquecentocinquanta in seicento.» (Cronica, XI, 94). Questo quadro necessita di alcune spiegazioni.
La nostra concezione di scuola dellâobbligo, laica e gratuita, non ha alcun riscontro nel Medioevo dove la scuola Ăš facoltativa, clericale e a pagamento. Tuttavia lâistruzione viene avvertita, nella Firenze di Dante, come una necessitĂ da parte dei borghesi e dei chierici, come un che di utile, se non indispensabile, dallâaristocrazia, come un lusso inaccessibile dal popolo minuto e dai contadini. Stando cosĂŹ le cose lâistruzione era assai diffusa e le cifre del Villani sono significative. Il fatto che da otto a diecimila ragazzi imparavano a leggere (cioĂš frequentavano la scuola elementare) costituisce una percentuale notevole (il decimo della popolazione complessiva).
Una seconda spiegazione necessaria si riferisce allâorganizzazione degli studi. Lâorizzonte culturale era allora abbastanza ristretto. La tendenza allâenciclopedismo, che caratterizza il nostro sistema educativo, era allora riservata allâinsegnamento superiore e dunque non era presente nella scuola elementare e secondaria. Questa ristrettezza dellâorizzonte culturale si giustifica con la finalitĂ che si proponevano lâinsegnamento elementare e quello secondario che consisteva nel preparare alla vita attiva. Saper leggere e far di conto, ecco cosâĂš essenziale per i futuri commercianti. Lo studio speculativo Ăš riservato ai chierici e agli studenti universitari. Per quanto concerne le arti dâornamento (danza, canto, poesia, musica, disegno ecc.), esse sono utili soltanto alle ragazze dellâaristocrazia e della grande borghesia affaristica. Nonostante ciĂČ sono incluse spessissimo nelle scuole superiori e seguiti da tutti coloro che si interessano di lettere. Dante le ha imparate tutte nella sua giovinezza.
La terza spiegazione riguarda la piramide degli studi. Contrariamente a quanto avviene nelle societĂ contemporanee lâaccesso alle scuole secondarie, e con maggior ragione a quelle superiori, era piĂč limitato che non oggi. A questo riguardo le cifre del Villani, impressionanti per la scuola elementare, sono modeste per la secondaria e quasi inconsistenti per la superiore: da cinque a seicento studenti su una popolazione complessiva di piĂč di centomila abitanti rappresentano solo lo 0,5 o lo 0,6%.
Una quarta spiegazione concerne la gerarchia degli studi. Se la distinzione fra elementari e medie Ăš abbastanza facile a farsi, quella fra medie e universitĂ Ăš assai sfumata: «Le universitĂ medioevali non sono soltanto istituti di insegnamento superiore. I nostri insegnamenti elementari e secondari vi erano solo in parte elargiti o erano da esse controllati. Il sistema dei collegi inoltre [...] aumentĂČ maggiormente questa confusione offrendo, sin dallâetĂ di 8 anni, lâinsegnamento ai suoi membri».1
La quinta spiegazione verte sul posto che in esso occupava il latino. Il latino Ăš, infatti, il pane quotidiano di ogni allievo delle scuole confessionali cioĂš delle scuole episcopali e di quelle conventuali. Ma esso occupa anche un posto importante nellâinsegnamento laico in quanto era necessario alla comprensione degli atti ufficiali o privati, redatti in latino, ed era la base per ogni tipo di cultura letteraria e scientifica.
Una sesta spiegazione riguarda le tecniche dellâinsegnamento. Lâapprendimento a memoria Ăš essenziale. Si impara tutto mnemonicamente e la bacchetta punisce i vuoti di memoria. Si impara a memoria anche per la raritĂ dei libri e per il loro prezzo eccessivo. Lo stesso insegnante ne possiede soltanto alcuni, i privati ancor meno: «Una biblioteca di dodici volumi era per il privato un fatto considerevole».2 Certo, in quel periodo i libri non erano piĂč opere di lusso che «non sono fatti per essere letti... ma per accrescere i tesori delle chiese, dei ricchi privati».3 La loro estrema raritĂ , dovuta al fatto che essi sono tutti manoscritti e che la loro riproduzione manuale Ăš lunga e costosa, rende necessario lâapprendimento mnemonico.
Unâultima spiegazione. Lâinsegnamento Ăš basato sullâautoritĂ del maestro. Lâallievo impara a memoria e ripete ciĂČ che il maestro ha detto: cosa che non si puĂČ contestare nĂ© che puĂČ essere contestata. Magister dixit Ăš la sentenza conclusiva di ogni disputano. Del resto, il magister si distingue anche per il suo vestiario e si fa rispettare usando la punizione corporale (soltanto nella scuola primaria e secondaria) talvolta in maniera cosĂŹ violenta che alcuni allievi fuggivano dalla scuola; perciĂČ gli statuti comunali regolamentavano la gravitĂ delle punizioni.
Lâinsegnamento elementare
Lâinsegnamento elementare Ăš rimasto per molto tempo appannaggio dei chierici. Ma sin dal XII secolo vi si dedicarono anche alcuni laici. Si contano quattro o cinque doctores puerorum a Firenze prima del 1300, fra i quali un tale Romanus che figura in un documento del 1277 della famiglia Alighieri e che Ăš stato forse il primo maestro di Dante.4 Sembra anche che questi doctores puerorum formassero unâArte nel 1316 insieme ai maestri dâabaco e di grammatica (vedere in seguito).
Come tutti i ragazzi del suo tempo Dante dovette andare alla scuola primaria a sei o sette anni per restarvi sino a undici anni circa. ImparĂČ a leggere, a scrivere, a far di conto e anche a redigere gli atti notarili. Lâanno scolastico aveva inizio intorno al 29 settembre. La giornata scolastica comportava un numero di ore che noi non conosciamo. Il locale era situato in una parte del domicilio personale del maestro, assistito o meno da un collega. Lâinsegnamento era retribuito ma il salario (fissato di volta in volta con la famiglia) era cosĂŹ modesto che, allâinizio del XIV secolo, i maestri della scuola primaria vengono esentati dal pagare le imposte. Questi doctores o magistri puerorum avevano diritto al titolo di ser che condividevano con i notai e medici. Essi ricevevano dei regali o dei doni in natura in occasione delle festivitĂ e degli esami.
Per le ragazze lâinsegnamento, impartito da donne, comprendeva anche le arti domestiche cosĂŹ come la danza e la musica, in quanto il fine dellâeducazione era quello di formare delle buone donne di casa addottrinate in tutto ciĂČ che riguardava la conduzione di una famiglia: la masserizia. Ă superfluo aggiungere che le grandi famiglie aristocratiche e quelle della borghesia affaristica ricorrevano a precettori privati, sia uomini che donne.
La scuola media
Allâinsegnamento elementare, detto dei non facientes latinum o dei pueri a tabula usque ad Donatum, seguiva lâinsegnamento secondario5 che iniziava intorno agli undici anni. Riservato appena a mille-mille e duecento allievi invece degli otto-diecimila allievi della scuola primaria, era rivolto precipuamente ai ragazzi delle famiglie dei commercianti e degli industriali in quanto li si preparava al loro futuro mestiere di dirigenti. Esso comprendeva dapprima la scuola di abbaco o algorismo in cui venivano insegnati principalmente il calcolo, lâastronomia, la geometria, lâalgebra ma anche il calcolo finanziario come lâammortamento di un prestito a interesse composto.6 Questi due o tre anni dâabbaco o algorismo, che erano talvolta integrati nelle aziende bancarie o industriali, costituivano dunque lâapprendistato teorico di un dirigente che veniva completato con lo studio di una pratica di mercatura, volume in cui si apprendevano i sistemi di misura delle diverse piazze mercantili e bancarie dâEuropa, e dallo studio dei «portolani»: mappe delle coste del mondo allora conosciuto. Impartito in sei scuole, questo insegnamento era il piĂč ricercato di Firenze. Gli studi prettamente umanistici o letterari (la grammatica) erano meno diffusi: nel 1339 vâerano soltanto quattro scuole (quante nella Firenze di Dante?). Un allievo assai dotato poteva seguire contemporaneamente lâabbaco e la grammatica. Questâultima richiedeva due anni e mezzo o tre e si divideva in due cicli. Il primo veniva svolto secondo lâinsegnamento di Donato, grammatico romano della metĂ del IV secolo che era stato il maestro di San Girolamo e che Dante colloca nel Paradiso (XII, 137-138).7 Era lâautore di una Ars grammatica divisa in Ars minor e Ars major che era il manuale per cosĂŹ dire ufficiale della scuola del primo ciclo. Il secondo ciclo veniva svolto secondo lâinsegnamento di Prisciano: grammatico latino della seconda metĂ del V secolo,8 che Dante colloca nellâInferno (XV, 109) accusandolo di sodomia. Autore dâInstitutiones grammaticae divise in due libri (Priscianus minor e Priscianus major) Prisciano introduceva anche alla letteratura latina (Virgilio, Plauto, Lucano, Orazio, Giovenale, Ovidio, Sallustio, Persio, Lucrezio e altri). CosĂŹ Donato e Prisciano servivano quale iniziazione per una buona conoscenza del latino e della letteratura romana. Dante apprese le prime nozioni dallâuno e dallâaltro. Altri volumi recavano un indispensabile complemento per la storia e la mitologia classica. CosĂŹ i Disticha Catonis di un tale Catone del III o V secolo, che non aveva nulla a che vedere con lâUticense, nei quali Dante si iniziĂČ allo stoicismo e imparĂČ alcuni aforismi che si confacevano alla vita interiore, domestica e sociale.9 Aggiungiamo le finzioni dâEsopo: una raccolta di favole di Fedro che ha quale autore un Romulus del X secolo. Ă in questâIsopo o Isopetto, come veniva chiamato, che Dante ha letto alcune favole che ha poi collocate nella sua opera.10 Aggiungiamo anche un Theodolus o Ecloga Theoduli: opera del VI o VII secolo in cui, attraverso una allegoria, si dimostra la superioritĂ della fede cristiana sulle altre. Dante ne trae diversi spunti per il suo Purgatorio (canti XII e XIV) e a essa deve parte della sua conoscenza della mitologia antica e della storia sacra. Se vi si aggiungono altre due o tre opere minori, fra cui un manuale civico, si ha allora lâintera biblioteca di un contemporaneo di Dante. Ora «se tutto ciĂČ venisse stampato non supererebbe le cento pagine».11
Ed Ăš con questâinsieme di conoscenze, invero assai modeste, che Dante abbandonĂČ la scuola secondaria in una data che ignoriamo, ma presumibilmente intorno ai quindici o, al massimo, diciassette anni. Egli sapeva dunque il latino, un poâ di storia e di mitologia classica, un poâ di storia sacra e poteva scrivere bellissimi sonetti; il primo Ăš del 1283 quando aveva 18 anni.
LâuniversitĂ 12
La Firenze di Dante non aveva una universitĂ mentre Arezzo ne ebbe una a partire dal 1215 e Siena dal 1246, per non parlare di Bologna: una delle piĂč antiche e piĂč prestigiose insieme a Oxford, Parigi e Salamanca. CiĂČ nonostante sin dal XII secolo esisteva un embrionale insegnamento superiore so...