Per andare da La Villette alla Sorbona, non si attraversano i migliori quartieri di Parigi e il tragitto non Ăš nĂ© rapido nĂ© comodo. Dalla Rue dâAllemagne,a dove abitano Bronia e suo marito, un omnibus a due piani trainato da tre cavalli, con una scaletta a chiocciola che permette di raggiungere la vertiginosa «imperiale», conduce alla Gare de lâEst.
Dalla Gare de lâEst alla Rue des Ăcoles, câĂš un altro omnibus.
Naturalmente, Mania si arrampica sullâimperiale, esposta alle intemperie â Ăš piĂč comodo ed Ăš cosĂŹ divertente! â, trascinandosi dietro la borsa di cui si serviva giĂ allâUniversitĂ volante. Seduta in cima a quellâosservatorio mobile dove dâinverno il vento intirizzisce le guance, si china in avanti, di lato, indietro, col collo proteso, gli occhi avidi. Che importa la banalitĂ dellâinterminabile Rue Lafayette, che importa la monotona sfilata delle botteghe del Boulevard de SĂ©bastopol? Quelle botteghe, quegli olmi spogli, quella folla, quellâodore di polvere, tutto questo Ăš Parigi⊠Finalmente, finalmente Parigi!
Come ci si sente giovani a Parigi, come ci si sente potenti, trepidanti, pieni di speranza! E, per una piccola polacca, che meraviglioso senso di liberazione!
Nel momento in cui, intontita dal viaggio lungo e faticoso, Mania Ăš scesa dal treno e ha messo piede sulla banchina fumosa della Gare du Nord, la morsa familiare della servitĂč si Ăš allâimprovviso sciolta, le spalle si sono allargate, i polmoni e il cuore si sono sentiti a loro agio. Ă la prima volta che Mania respira lâaria di un Paese libero. E nel suo entusiasmo tutto le sembra miracoloso. Miracolosi i passanti che camminano tranquilli sui marciapiedi per il fatto che possono parlare la lingua che vogliono, miracolose le librerie che possono vendere liberamente le opere del mondo intero⊠Miracoloso soprattutto che questi viali diritti, lievemente digradanti verso il cuore della cittĂ , conducano lei, Maria Sklodowska, alle porte spalancate di unâuniversitĂ . E quale universitĂ ! La piĂč famosa, quella che giĂ secoli e secoli prima veniva descritta come un «riassunto dellâuniverso», quella stessa di cui Lutero diceva: «à a Parigi che si trova la piĂč celebre, la piĂč eccellente delle scuole: la chiamano la Sorbona!».
Lâavventura sembra degna di una fiaba. E lâomnibus lento, traballante, gelido, Ăš la carrozza incantata che conduce la povera principessa bionda dal suo alloggio modesto al palazzo dei suoi sogni.
La carrozza attraversa la Senna, e intorno a Mania tutto diventa affascinante: i due bracci del fiume nebbioso, le isole maestose e incantevoli, i monumenti, le piazze e laggiĂč, a sinistra, le torri di Notre-Dame. Per risalire il Boulevard Saint-Michel, i cavalli rallentano lâandatura, si mettono al passo.
Ci siamo. Eccola arrivata. La studentessa afferra la borsa, raccoglie le pieghe della pesante gonna di lana. Nella fretta, urta per sbaglio una delle sue vicine: timidamente, in un francese esitante, si scusa. E dopo avere disceso la scaletta dellâimperiale eccola giĂ nella strada, con un viso intenso, che sâaffretta verso il cancello del palazzo.
Questo palazzo del Sapere nel 1891 ha un aspetto singolare: la Sorbona, in ricostruzione da sei anni, somiglia a un gigantesco pitone che sta mutando pelle. Dietro la lunga facciata nuova, troppo bianca, i vecchi edifici che risalgono allâepoca di Richelieu si innalzano accanto ai cantieri in cui risuonano i colpi di piccone. Questa agitazione causa un pittoresco disordine nella vita degli studenti. A mano a mano che i lavori avanzano, infatti, i corsi emigrano da unâaula allâaltra.
Alcuni laboratori provvisori sono stati installati nelle vecchie case evacuate di Rue Saint-Jacques.
Ma che cosa importa tutto ciĂČ, visto che questâanno, come tutti gli altri anni, si puĂČ leggere sul cartellone bianco affisso vicino allo stanzino del portinaio:
REPUBBLICA FRANCESE
UniversitĂ della Sorbona â FacoltĂ di Scienze â Primo semestre
I corsi si apriranno il 3 novembre 1891
Parole magiche, parole stuzzicanti!âŠ
Col poco denaro che ha messo da parte, un rublo dopo lâaltro, la ragazza ha conquistato il diritto di assistere alle lezioni che vorrĂ scegliere, tra quelle â innumerevoli â elencate nel complicato orario che copre il cartellone. Ha il suo posto nei laboratori dove, guidata, consigliata, potrĂ , senza incertezze, maneggiare gli apparecchi, tentare semplici esperimenti. Mania Ăš ora â che gioia! â una studentessa della FacoltĂ di Scienze.
In realtĂ , non si chiama piĂč Mania e neanche Maria: sul foglio dâiscrizione ha scritto, alla francese: «Marie Sklodowska». Ma siccome qualche compagno di studio non riesce a pronunciare le sillabe barbare di «Sklodowska» e la giovane polacca non accorda a nessuno la libertĂ di chiamarla «Marie», conserva una specie di misterioso anonimato. Spesso, incontrando nei corridoi che echeggiano di voci quella ragazza vestita con la distinzione austera della gente povera, dal volto timido e ostinato, i capelli cosĂŹ leggeri, cosĂŹ chiari, i giovanotti, sorpresi, si voltano e domandano: «Chi Ăš?». La risposta, se câĂš una risposta, Ăš vaga: «Una straniera⊠Ha un nome impossibile⊠à sempre in prima fila ai corsi di Fisica⊠Non Ăš certo una chiacchierona!âŠÂ». Poi seguono con lo sguardo la figurina graziosa sino a quando scompare nel corridoio, e concludono: «Bei capelli!».
La chioma biondo cenere e la piccola testa slava resteranno per molto tempo, tra gli studenti della Sorbona, gli unici elementi identificativi della loro selvatica compagna di studi.
In questo momento, tuttavia, i giovanotti sono quello che interessa meno alla nuova studentessa della FacoltĂ di Scienze. Lei Ăš affascinata da certi signori dallâaria grave ai quali vuole strappare il loro segreto e che si chiamano i «professori dellâinsegnamento superiore». Secondo le regole dellâepoca, tengono le lezioni in cravatta bianca e abito nero, eternamente macchiato di gesso. Maria vive nella contemplazione di quegli abiti solenni e di quelle barbe grigie.
Lâaltro ieri câĂš stato il corso del professor Lippmann, cosĂŹ ponderato, cosĂŹ logico. Ieri ha seguito quello del professor Bouty, che nasconde nella testa scimmiesca tesori di scienza. Maria vorrebbe ascoltare tutte le lezioni, conoscere tutti i ventitrĂ© professori i cui nomi sono scritti sul cartellone bianco. Le sembra che non riuscirĂ mai a spegnere la sua sete enorme di conoscenza.
Durante queste prime settimane si Ăš trovata improvvisamente di fronte a ostacoli imprevisti. Credeva di conoscere alla perfezione il francese, ma si Ăš ingannata. Frasi intere, pronunciate troppo in fretta, le sfuggono. Credeva di possedere un bagaglio scientifico sufficiente per seguire agevolmente le lezioni dellâuniversitĂ . Ma gli studi solitari compiuti in campagna, nella sua stanza dâistitutrice a «Szczuki presso Przasnysz», le nozioni acquisite scambiandosi lettere con suo padre, gli esperimenti tentati a caso al Museo dellâIndustria e dellâAgricoltura si rivelano insufficienti a sostituire il solido baccalaureato degli allievi dei licei parigini. In matematica e in fisica, Maria scopre falle enormi nella sua «cultura». Come dovrĂ lavorare per conquistare il magnifico titolo, il sogno che non lâabbandona mai: licenciĂ©e Ăšs Sciences, laureata in Scienze.
Oggi, câĂš il corso di Paul Appell. Chiarezza nellâesposizione, stile pittoresco. Maria Ăš arrivata tra le prime: nellâaula ad anfiteatro, poco illuminata dalla luce di dicembre, si Ăš scelta un posto in basso, vicino alla cattedra. Dispone metodicamente la penna e il quaderno coperto di tela grigia sul quale, tra poco, prenderĂ le sue note, con una graziosa scrittura regolare. In anticipo, si raccoglie, concentra la propria attenzione, senza nemmeno udire intorno a sĂ© il rumore sempre piĂč forte delle chiacchiere che vengono interrotte di colpo dallâingresso del professore.
à sorprendente il silenzio teso che certi insegnanti sanno creare intorno a sé senza pronunciare una sola parola. Ora Appell parla. Gli studenti chini, con i bei volti sciupati dal lavoro intellettuale, scrivono le equazioni che la mano dello scienziato traccia sulla lavagna. Adesso qui non ci sono che allievi appassionati. Largo alla matematica!
Con lâabito rigido, la sua barba squadrata, Appell Ăš magnifico. Spiega con una voce calma, leggermente appesantita dallâaccento alsaziano che gli fa articolare bene ogni sillaba. Le sue dimostrazioni sono cosĂŹ eleganti, cosĂŹ chiare che sembrano ridersi dei pericoli e mettere il mondo con le spalle al muro. Possente, tranquillo, egli si avventura nelle regioni piĂč rarefatte della conoscenza, compie giochi di destrezza con le cifre e con gli astri. E siccome le immagini non gli fanno paura, pronuncia nel tono piĂč naturale possibile, accompagnando le parole con un gesto noncurante, da gran signore, questa frase: «Io prendo il sole e lo lancioâŠÂ».
Nel suo banco, la ragazza polacca abbozza un sorriso estatico. Sotto la vasta fronte sporgente, gli occhi grigi, cosĂŹ pallidi, si illuminano di felicitĂ . Come puĂČ essere che qualcuno trovi arida la scienza? CâĂš qualcosa di piĂč affascinante delle regole immutabili che reggono lâUniverso? Di piĂč meraviglioso dellâintelligenza umana, che riesce a scoprirle? Come sembrano vuoti i romanzi e privi dâimmaginazione i racconti di fate a fianco di questi fenomeni straordinari, legati tra loro da principi armoniosi, da un ordine immutabile nellâapparente disordine⊠Uno slancio paragonabile solo allâamore erompe nellâanima della ragazza verso lâinfinito del Sapere, verso le cose e le loro leggi.
«Io prendo il sole e lo lancioâŠÂ»
Per udire questa frase pronunciata da uno scienziato tranquillo e maestoso, valeva la pena di lottare e di soffrire lontano per tanti anni. Maria Ăš al colmo della felicitĂ .
Kazimierz Dluski â marito di Bronia â al suocero, professor Sklodowski.
92, Rue dâAllemagne
Visite dalle 13 alle 15
Visite gratuite: lunedĂŹ e giovedĂŹ dalle 7 alle 8
Caro e onorevole professore,
In casa da noi tutto va bene. Maria studia seriamente e passa quasi tutto il tempo alla Sorbona, tanto che non ci incontriamo che al pasto della sera. Ă una ragazza molto indipendente e nonostante la delega formale con la quale lei lâha messa sotto la mia protezione non soltanto non mi dimostra nessun rispetto e nessuna obbedienza, ma non si preoccupa affatto nemmeno della mia autoritĂ . Spero di ridurla alla ragione, ma sinora la mia abilitĂ pedagogica non si Ăš dimostrata efficace. Nondimeno ci intendiamo benissimo e viviamo in perfetto accordo.
Attendo con impazienza lâarrivo di Bronia. La mia giovane moglie non ha fretta di tornare a casa, dove, tuttavia, la sua presenza sarebbe molto utile e dove Ăš molto desiderata. Aggiungo che Maria sta bene e ha una buona cera.
Molto rispettosamenteâŠ
Tali sono le prime notizie che dĂ il dottor Dluski della piccola cognata che ha ricevuto in Rue dâAllemagne, durante lâassenza di Bronia, trattenuta in Polonia per qualche settimana. Ă superfluo soggiungere che Mania ha avuto da questo giovanotto sarcastico unâaccoglienza squisita. Tra tutti gli emigrati polacchi che vivacchiano a Parigi, la cara Bronia ha scelto il piĂč bello, il piĂč brillante, il piĂč intelligente. E che attivitĂ divorante! Kazimierz Dluski Ăš stato studente a Odessa e a Varsavia. Costretto a lasciare la Russia perchĂ© sospettato di complicitĂ nellâattentato contro Alessandro II, Ăš diventato un attivista rivoluzionario a Ginevra; poi, a Parigi, prima allievo della Scuola di Scienze politiche, quindi studente di Medicina e, infine, dottore. Da qualche parte, in Polonia, ha una famiglia ricca, e in Francia, negli incartamenti del ministero degli Affari esteri, câĂš una scheda deplorevole, ispirata dai rapporti della polizia dello zar, che gli impedirĂ sempre di ottenere la naturalizzazione e di stabilirsi a Parigi.
Tornando a casa, Bronia Ăš salutata dallâentusiasmo di suo marito e di sua sorella. Come lascia intendere la lettera di Kazimierz, era urgente che lâabile massaia riprendesse le redini della casa. Qualche ora dopo il suo arrivo, nellâappartamento del secondo piano il cui vasto balcone dĂ sugli alberi della Rue dâAllemagne, regna di nuovo lâordine consueto. La cucina torna a essere piena di sapori, la polvere Ăš scomparsa, nei vasi ci sono fiori acquistati al mercato. Bronia ha proprio il genio dellâorganizzazione!
Ă stata lei ad avere lâidea di lasciare il centro di Parigi e di prendere in affitto un alloggio alla Villette, vicino al Parc des Buttes-Chaumont. Ha preso in prestito una piccola somma, ha fatto misteriose visite a vari empori, e, un bel mattino, lâappartamento si Ăš trovato ammobiliato con elaborati e graziosi mobili veneziani, un piano verticale e tende leggiadramente drappeggiate. Lâatmosfera era creata. Con la stessa ingegnositĂ , la giovane donna ha poi pianificato lâimpiego del suo tempo e di quello del marito. In certe ore, il gabinetto medico appartiene a Kazimierz, che vi riceve la propria clientela reclutata tra i lavoratori dei vicini macelli; in altre, Bronia fa le sue prime visite ginecologiche. I due sposi lavorano duramente, corrono di casa in casa a visitare i malatiâŠ
Ma, quando viene la sera, accendono le lampade e mettono da parte le preoccupazioni. Kazimierz ama i divertimenti. Lo sforzo penoso, le ristrettezze non gli fanno perdere nĂ© la sua vivacitĂ nĂ© il suo spirito. Dopo certe lunghe giornate di lavoro organizza in pochi secondi una serata a teatro, nei posti piĂč economici. Oppure, se non câĂš denaro, si mette al piano, perchĂ© suona meravigliosamente. Nel corso delle ore gli amici suonano alla porta: sono giovani coppie della colonia polacca e sanno che «si puĂČ sempre andare dai Dluski». Bronia scompare, riappare. Il tĂš fuma e, sul tavolo, accanto allo sciroppo e allâacqua fresca, compaiono certe torte che la dottoressa ha trovato il tempo di preparare nel pomeriggio tra una visita e lâaltra.
Una sera che Maria, china sui libri nella sua cameretta in fondo allâappartamento, si prepara a passare parte della notte studiando, suo cognato irrompe dalla porta.
«Il soprabito, il cappello, svelta! Ho dei biglietti omaggio. Andiamo al concerto.»
«MaâŠÂ»
«Niente ma! à il pianista polacco ...