Il fuoco greco rimane un mistero. Veniva probabilmente prodotto con il greggio ricavato dai pozzi di petrolio in Crimea e mescolato a resina, ma il dosaggio preciso e il meccanismo idraulico per lanciarlo sono ancora poco chiari. Questa combinazione di sostanze creava tuttavia la piĂč importante arma dellâarsenale militare bizantino, che poteva essere scagliata contro le navi nemiche provocando terrore e distruzione. Ho giĂ citato gli effetti che ebbe durante gli assedi di Costantinopoli. Nella famosa Cronaca illustrata di Giovanni Scilitze, che riprende la narrazione dei fatti storici a partire dallâ813, dove termina il racconto di Teofane, e la prosegue fino al 1077, il funzionamento del fuoco greco Ăš vivacemente raffigurato: una piccola imbarcazione manovrata da rematori avanza verso una nave nemica; il liquido surriscaldato Ăš spruzzato attraverso un lungo tubo; brucia sullâacqua tra le due barche e avvolge il legno nemico. Anche se gli studiosi non concordano sullâorigine delle raffigurazioni, sul luogo di copiatura del manoscritto e sul gruppo di artisti coinvolti, le 524 miniature sono affascinanti e apparentemente realistiche. Noto come lo Scilitze di Madrid, dalla biblioteca in cui Ăš conservato oggi, il codice custodisce una serie unica di immagini in gran parte secolari: imperatori che ricevono o inviano ambascerie, che fanno il loro ingresso trionfale a Costantinopoli, scene di battaglia e assedi di cittĂ , ma anche ritratti di individui.
Il fuoco greco fu presumibilmente inventato da un certo Kallinikos, che giunse a Costantinopoli appena prima del lungo assedio arabo alla capitale (674-678) e applicĂČ il suo segreto con grandi risultati. Esso divenne una delle armi tecniche avanzate usate sia negli scontri navali, sia negli attacchi terrestri contro le cittĂ , quando il fuoco veniva scagliato dalle fortificazioni. Si potevano lanciare dei brulotti senza equipaggio quando il vento era favorevole, come accadde nellâassedio della capitale nel 1204. Nel 2006 John Haldon ha pubblicato un resoconto del suo tentativo di ricreare sia la sostanza sia il suo impiego effettivo. Alcune fotografie molto efficaci mostrano il liquido surriscaldato che schizza da uno stretto tubo e brucia «con un forte ruggito e una densa nuvola di fumo nero». Grazie a un sifone ricostruito e al petrolio di Crimea, la fiamma Ăš stata proiettata a 10-15 metri di distanza, cosĂŹ intensa da riuscire in pochi secondi a bruciare completamente una barca usata come bersaglio. Tramite questo esperimento, possiamo cominciare a immaginare lâorrore e la confusione che il fuoco greco causavano durante le guerre di epoca medievale.
Per la sua capacitĂ di seminare il panico tra il nemico, nel decimo secolo Costantino VII lo aggiunse allâelenco dei segreti di stato bizantini, che non dovevano essere mai rivelati agli estranei. Questa precauzione si rivelĂČ in qualche modo inutile, poichĂ© gli arabi ne svilupparono presto una propria versione. Nondimeno, egli spiega al figlio Romano II che spesso gli stranieri chiedono a Costantinopoli tre cose: il fuoco greco, le insegne della sovranitĂ e le spose imperiali «nate nella porpora». Questi tesori non dovevano essere concessi in nessun caso, con la sola possibile eccezione del matrimonio di una principessa imperiale con un franco. In realtĂ , le insegne imperiali vennero conferite in varie circostanze a degli stranieri per stringere alleanze vantaggiose, e i matrimoni organizzati rappresentavano parte integrante della politica estera, ma il segreto del fuoco greco non fu mai condiviso.
Queste tre richieste riflettono tuttavia la posizione unica di Bisanzio nel corso del Medioevo: lâimpero possedeva preziosi status symbol, tradizioni e segreti militari ambiti da molti. La diffusa imitazione delle insegne bizantine, dei titoli, delle vesti imperiali, delle corone gemmate, del globo e dello scettro in Europa occidentale e centrale conferma la posizione predominante dellâimpero dâOriente. Quando re e principi tentavano di innalzare la propria posizione a una condizione veramente imperiale, volevano essere acclamati nello stile bizantino, sedere su un trono bizantino, essere incoronati e impugnare i simboli bizantini del potere. In questo senso lâimitazione rappresenta la piĂč alta forma di adulazione. Essa poteva anche essere indiretta. Nella Sicilia normanna, durante lâundicesimo e dodicesimo secolo, re Ruggero II, che potrebbe anche essere stato il committente dello Scilitze di Madrid, fece realizzare gli squisiti mosaici della Cappella Palatina di Palermo secondo lo stile bizantino. Questi vennero a loro volta copiati da Ludwig di Baviera per il suo fiabesco castello di Neuschwannstein negli anni Ottanta del diciannovesimo secolo.
Mentre lâimpero riprendeva il controllo sulle proprie regioni di frontiera nel corso del nono e decimo secolo, si dovettero difendere lunghi tratti di costa dagli attacchi navali, principalmente dopo la conquista araba di Creta (circa 820). I costruttori di navi, i capitani e i marinai con una minima esperienza di mare vennero reclutati dal mar Egeo e dalle Cicladi, dalle isole occidentali di Cefalonia e Zacinto, e dalla costa di Durazzo, per formare unitĂ navali speciali. Isole come Euboia, associata al tema dellâEllade, dovettero fornire marinai, navi ed equipaggiamenti navali (cavi, vele e ancore) per le guerre marittime. La flotta imperiale protesse Costantinopoli e guidĂČ le grandi campagne navali di riconquista. Per la protezione di Costantinopoli vennero reclutati nuovi contingenti di truppe professioniste che operavano a tempo pieno (tagmata); esse erano stanziate nella capitale o nelle vicinanze, e costituivano la guardia del corpo della famiglia imperiale nel Gran Palazzo. A differenza delle truppe dei temi, che venivano convocate in primavera e rimanevano in servizio sotto i propri generali (strategoi) fino allâautunno, queste unitĂ ricevevano un salario per un servizio permanente, e formavano il nucleo dellâesercito. Con questa amministrazione militare riorganizzata e rinvigorita, i generali bizantini diedero avvio a campagne mirate non solo a riconquistare il territorio precedentemente sotto il controllo imperiale, ma anche ad annettere regioni piĂč distanti.
Bisanzio divenne gradualmente uno stato medievale stabile ed efficiente, assistito dalla mobilitĂ in ascesa di personaggi relativamente sconosciuti, tramite carriere militari o di altro tipo. Il successo di Basilio I (867-886) si basĂČ sulle sue abilitĂ come addestratore di cavalli e pugile, apprese in Macedonia dove la sua famiglia armena, composta da contadini, si era stabilita per presidiare la frontiera nord-occidentale. Non avendo trovato grandi opportunitĂ in quella zona, Basilio si era trasferito nella capitale, dove la sua maestria nellâaddestrare i cavalli aveva attirato su di lui lâattenzione di ricchi patroni. Da un impiego privato, egli si guadagnĂČ la promozione alle stalle imperiali, da cui Michele III lo scelse come guardiano della stanza da letto imperiale (parakoimomenos), una carica generalmente riservata agli eunuchi. Basilio si diede molto da fare per accontentare Michele ed eliminĂČ senza pietĂ chiunque gli si opponesse. La sua ambizione trovĂČ il culmine nella cerimonia descritta dal patriarca Fozio: nellâ886 venne collocato nella galleria di Santa Sofia un doppio trono, e Michele incoronĂČ Basilio come suo collega e coimperatore. Il loro regno comune fu breve. Solo un anno dopo, Michele III venne assassinato, secondo una testimonianza di Basilio stesso, e il contadino armeno divenne unico sovrano di Bisanzio.
Nonostante la sua scarsa istruzione, Basilio si dimostrĂČ un abile comandante militare e portĂČ avanti le campagne dellâimpero contro gli arabi sia nellâItalia meridionale sia in Oriente. Non molti anni dopo la sua morte nellâ886, Romano Lecapeno (920- 944) si servĂŹ della sua posizione di comandante della flotta per ottenere il potere. Di origini armene relativamente umili, egli era giunto attraverso i ranghi navali alla guida di un colpo di stato nel 921. Fece sposare la figlia Elena con il giovane imperatore Costantino VII e come imperatore organizzĂČ la difesa della capitale contro lâattacco russo del 941, ordinando alla propria flotta di preparare «macchinari che sparano fuoco [...] sulla prua e anche sulla poppa e su entrambi i lati di ciascuna nave». Presi di sorpresa, i russi definirono il fuoco greco «lampo dal cielo».
Oltre alla promozione di uomini brillanti di umili origini, lâesercito bizantino sviluppĂČ il proprio potere, nel secolo secolo. Dopo numerosi tentativi di riconquistare Creta, Niceforo Foca cacciĂČ finalmente gli arabi dallâisola nel 961, e quattro anni dopo anche Cipro venne riportata sotto il controllo imperiale. Lâespansione bizantina in Armenia consentĂŹ di istituire la provincia di Taron nel 966-967 e spinse numerose famiglie armene a migrare allâinterno dellâimpero. Giovanni I Tzimisce continuĂČ questa riconquista orientale con il recupero di Antiochia nel 969, che rimase sotto il controllo bizantino fino al 1084, ed esercitĂČ una breve sovranitĂ su Damasco e Beirut nel 975. Il suo obiettivo di riconquistare Gerusalemme non fu mai raggiunto, anche se testimonia un costante desiderio bizantino di restaurare la dominazione cristiana sui Luoghi Sacri.
Mentre i bizantini sviluppavano mezzi di difesa piĂč efficaci, i manuali di strategia militare cominciarono a cambiare, pur continuando a trarre spunto da fonti piĂč antiche. Lâopera, Taktika, attribuita a Leone VI (886-912) poneva lâaccento su come affrontare gli attacchi degli arabi, che avevano sviluppato una particolare forma di spedizione ostile: in questo caso lâimperatore raccomandava di evitare il contatto diretto con il nemico, pedinando e infastidendo piuttosto, alla loro partenza, le truppe, che potevano essere cariche di bottino, bestiame e prigionieri. Nel suo manuale piĂč tardo, Niceforo Foca, un altro brillante generale che ascese alla carica di imperatore (963-969) approfondiva lâanalisi di questo tipo di guerriglia, che si rivelĂČ estremamente efficace. Spesso tali confronti erano seguiti da uno scambio di prigionieri, che si svolgeva nei pressi dei fiumi di frontiera e che non prevedeva alcuna ostilitĂ . In questo modo, nelle regioni orientali dellâimpero, vennero introdotti nelle relazioni arabo-bizantine anche certi tipi di formalitĂ .
Come risultato dellâespansione dellâautoritĂ bizantina in Oriente si sviluppĂČ, sia tra i cristiani sia tra i musulmani che vivevano nelle zone di confine, un nuovo tipo di vita. Mentre in precedenza queste zone erano state in gran parte svuotate della loro popolazione, che cercava rifugio nei castelli che sorvegliavano i passi di montagna, esse divennero ora abitate. Su entrambi i versanti della frontiera virtuale, bizantini e arabi estesero la coltivazione nelle aree fertili e costruirono le proprie ville. Come testimonia lâepica del Digenis Akritas, il cui protagonista vive sulla frontiera multietnica, ai gruppi ostili venivano proposte alleanze matrimoniali: il padre dellâeroe era un emiro del versante arabo che era riuscito a procurarsi una moglie bizantina, e che poi si era convertito al cristianesimo. La storia dei genitori e dellâinfanzia di Digenis, il cui nome di battesimo Ăš Basilio, costituisce la prima parte di questo lungo romanzo che si conserva in varie versioni tutte scritte successivamente, ma pare riflettere le condizioni del nono e decimo secolo. Digenis, mezzo arabo e mezzo bizantino, convinse a sua volta la figlia di un rispettabile generale, rinchiusa in una torre, a fuggire con lui e a sposarlo. Dopo che egli le cantĂČ una serenata sotto la torre, la fanciulla prese lâiniziativa e inviĂČ la propria damigella a consegnargli il proprio anello in segno di affetto. La vita di questi due personaggi costituisce la seconda parte del romanzo, con storie che devono molto alla tradizione popolare, come quella dellâeroe che uccide i leoni a mani nude, ma la presenza di matrimoni misti cristiani-musulmani, di magnifici palazzi e giardini sulle rive dellâEufrate, dove il controllo bizantino consentiva uno stile di vita sontuoso, dĂ un tono del tutto particolare al romanzo: «In questo meraviglioso piacevole paradiso, il nobile Limitaneo [Basilio] innalzĂČ unâincantevole abitazione, di dimensioni divine, quattro metri di pietra squadrata», che decorĂČ con preziosi marmi, soffitti a mosaico e pavimenti di onice. Egli raffigurĂČ i trionfi militari di Sansone, le storie di Davide e Golia e di Achille, cosĂŹ come quelle di Penelope e Odisseo, Bellerofonte, Alessandro, MosĂš, e lâEsodo degli ebrei. Nella chiesa dedicata al santo militare Teodoro, Basilio seppellĂŹ il padre e la madre ed edificĂČ la propria tomba.
Queste attivitĂ sono confermate dalle fonti arabe che citano la conoscenza dellâarabo tra i cristiani bizantini nelle regioni di frontiera e i considerevoli spostamenti attraverso di esse. I versi iscritti su una tomba in una localitĂ nei pressi di Melitene (Malatya) furono dovuti alla profonda amicizia di un individuo del posto, probabilmente un dottore, con un iracheno che si era stabilito nella regione. Dopo la sua morte, lâamico cristiano lo seppellĂŹ nella direzione verso la quale viene proferita la preghiera islamica (verso la Mecca), e pose sulla sua tomba i versi in arabo che egli aveva composto:
Ho fatto lunghe peregrinazioni,
viaggiando qua e lĂ in cerca di ricchezza,
e le sfortune del tempo mi hanno sopraffatto,
come puoi vedere.
Mi piacerebbe poter sapere se i miei amici hanno pianto
quando mi hanno perduto,
o se semplicemente se ne sono accorti.
Attorno al 1100 il duca di Melitene commissionĂČ una traduzione del racconto persiano dal nome Syntipa il Filosofo, che rifletteva analoghi stretti contatti. La versione greca venne ricavata da una rielaborazione araba della storia popolare delle avventure di Sindbad, un giovane principe ingiustamente accusato di illeciti sessuali. Attraverso questo lento processo di acculturazione delle popolazioni di frontiera, arabi, armeni e georgiani a est, bulgari, slavi e serbi a ovest, Bisanzio consolidĂČ la popolazione multietnica e poliglotta del proprio Stato.
Oltre al segreto del fuoco greco, un altro elemento che aiutĂČ la ripresa di Bisanzio dopo le perdite provocate dagli arabi fu il concetto di dinastia imperiale. Nonostante le sue oscure origini, la famiglia di Basilio I mantenne il controllo su Bisanzio per quasi due secoli, dallâ867 al 1056. Nel decimo secolo Costantino VII commissionĂČ una biografia di Basilio (suo nonno), che inventava una nobile origine armena della famiglia, e delineava i portenti che avevano portato Basilio a «salvare» lâimpero da un sovrano ubriaco e dissoluto, Michele III, piuttosto che descrivere la conquista del potere in circostanze fraudolente. Mostrando sdegno per il carattere del patrono e collega di Basilio, Costantino si assicurĂČ che al nonno fosse attribuito un ruolo specifico, anche se immaginario, piĂč legittimo del titolo imperiale di quanto non lo fosse il personaggio di Michele. Con questi mezzi la dinastia «Macedone», come venne definita, contribuĂŹ a dare un senso di ordine piĂč profondo, taxis, e rafforzĂČ la carica imperiale attraverso una corretta e controllata linea di successione di padre in figlio. Certamente aspiranti alla carica si palesarono quando lâimpero parve mancare di una guida forte (ad esempio durante i primi anni del regno di Basilio II, 976-1025), ma la dinastia mantenne il potere. Essa riaffermĂČ il principio secondo cui lâimpero doveva essere retto da una sola famiglia, i cui membri erano legittimati dai precedenti e dal diritto di sangue. In alcuni casi ciĂČ diede alle donne della dinastia imperiale un ruolo predominante, come successe nellâundicesimo secolo, quando le sorelle Zoe e Teodora ne costituirono lâultima generazione (si veda il capitolo 17). Questa rinascita fu segnata da una ripresa economica che esaminerĂČ nel prossimo capitolo. Ma le vittorie militari dei secoli successivi al Trionfo dellâortodossia nellâ843 costituiscono una grande conquista, e nella sfera della guerra lâarma segreta bizantina del fuoco greco giocĂČ un ruolo determinante. Le problematiche tecniche dellâarma sono sottolineate da una testimonianza che narra come alcuni bulgari si fossero impadroniti di un rifornimento e dei tubi utilizzati per proiettarlo. Tuttavia non furono in grado di capire come funzionava. Malgrado lâesperimento di John Haldon di ricreare il fuoco greco abbia risolto molti dei suoi misteri, nel Medioevo il segreto del fuoco greco rimase inviolato, e, di fatto, la versione bizantina di questâarma morĂŹ con lâimpero.
In questa breve nota il cronista Teofane registrĂČ la vittoria di Costantino VI sugli arabi e il suo successivo rendere grazie nella cittĂ di Efeso. In quel luogo lâenorme basilica dellâEvangelista, fondata da Giustiniano e Teodora, sormontava la collina che un tempo dominava lâantico tempio di Artemide. Questa famosa meraviglia del mondo antico venne in gran parte demolita in modo da reimpiegare le sue pietre per fortificare la collina e costruire la chiesa. PoichĂ© la festa di san Giovanni veniva celebrata lâ8 maggio, la deviazione dellâimperatore verso Efeso fu chiaramente connessa alla celebrazione. In epoca medievale era prassi comune che lâanniversario della morte di un santo venisse celebrato nel giorno di festa con una fiera che attraeva mercanti spesso provenienti da luoghi remoti. Nonostante lâapparente incongruenza tra lâattivitĂ commerciale e la festa religiosa, le fiere divennero strettamente collegate alle chiese, specialmente quelle che custodivano importanti reliquie che richiamavano i pellegrini. Emerge chiaramente dallâingente somma donata allâEvangelista che la festa di san Giovanni a Efeso costituiva uno dei maggiori eventi commerciali dellâAsia Minore occidentale.
Bisanzio ereditĂČ da Roma un certo disprezzo per il commercio, in quanto attivitĂ non degna dellâuomo libero: gli scambi mercantili attraggono quindi molto raramente lâattenzione dei cronisti bizantini. La menzione di questa fiera Ăš dunque eccezionale e ci consente di gettare uno sguardo sul volume e sullâimportanza del kommerkion, una tassa del dieci per cento sul valore dei beni venduti, che poteva arrivare a cento libbre dâoro. Se il reddito della fiera ammontava davvero a mille libbre dâoro, esso puĂČ essere paragonato alla cassa di millecento libbre dâoro destinata al pagamento di unâarmata durante una campagna nello Strymon (Grecia settentrionale), o allo stipendio annuale di milletrecento libbre corrisposto agli inizi del nono secolo al tema Armeniakon. I funzionari noti come kommerkiarioi riscuotevano i dazi doganali sulle transazioni commerciali in tutto lâimpero. Grazie ai sigilli di questi ufficiali imperiali siamo in grado di riconoscere la volontĂ dello stato di tassare gli scambi economici sia durante le fiere sia nei punti chiave delle frontiere dellâimpero, dove avvenivano lâimportazione e lâesportazione dei beni. Tali sigilli, che sopravvivono a migliaia, indicano il nome di singoli kommerkiarioi, che venivano destinati a una particolare area, in un particolare anno, durante il regno di un particolre imperatore. Il loro dovere era quello di riscuotere il dieci per cento di tasse su ogni bene che passava attraverso il loro ufficio doganale; avrebbero quindi apposto il proprio sigillo plumbeo ai sacchi, indicando il pagamento dellâimposta.
Questo tipo di tassazione ebbe forse origine dal tentativo di controllare lâesportazione di beni preziosi come la seta. Esso ci permette inoltre di identificare gli agenti commerciali attivi nei posti di frontiera e successivamente in tutto lâimpero. Allâingresso di Costantinopoli, i kommerkiarioi gestivano le principali dogane ad Abydos e Hieron, che controllavano le estremitĂ meridionale e settentrionale degli stretti (tra i Dardanelli e il Mar Nero). In questo modo essi vigilavano anche sul ...