Quando contempliamo il magnifico splendore del cielo notturno, con tutte le stelle che brillano nella volta celeste, Ăš facile rimanere ammutoliti di fronte alla maestositĂ mozzafiato di questo spettacolo. I nostri pensieri si volgono ad alcuni dei misteri piĂč appassionanti di sempre.
CâĂš un qualche grande disegno alla base dellâuniverso?
Come possiamo spiegarci un cosmo in apparenza privo di senso?
CâĂš una qualche ragione nella nostra esistenza, o Ăš tutto privo di scopo?
Mi tornano alla mente le parole di una poesia di Stephen Crane:
Un uomo disse allâuniverso:
«Signore, io esisto!».
«Va bene,» replicĂČ lâuniverso
«ma questo fatto non suscita comunque in me
alcun senso di obbligo».
I greci furono tra i primi a tentare seriamente di trovare un senso nel caos del mondo che ci circonda. Filosofi come Aristotele credevano che tutto potesse essere ridotto a una commistione di quattro elementi fondamentali: terra, aria, fuoco e acqua. Ma in che modo questi quattro ingredienti davano origine alla ricca complessitĂ del mondo?
I greci proposero almeno due risposte diverse a questa domanda. La prima venne formulata, ancora prima di Aristotele, dal filosofo Democrito, che riteneva che tutte le cose potessero essere ricondotte a minuscole particelle invisibili e indistruttibili da lui chiamate «atomi» (parola che in greco significa «indivisibili»). I suoi critici, tuttavia, sottolineavano come fosse impossibile trovare delle prove dirette dellâesistenza degli atomi, in quanto troppo piccoli per poter essere osservati; in risposta, Democrito poteva perĂČ presentare delle stringenti evidenze indirette.
Prendiamo, per esempio, un anello dâoro. Col passare degli anni, il gioiello inizia a logorarsi: qualcosa viene perduto. Giorno dopo giorno, qualche sua microscopica parte di materia si stacca. Pertanto, anche se gli atomi sono invisibili, la loro esistenza puĂČ essere misurata in modo indiretto.
Anche oggi la maggior parte della nostra ricerca scientifica avanzata viene condotta per via indiretta: Ăš grazie a misurazioni di questo tipo, per esempio, che conosciamo la composizione del Sole, la struttura dettagliata del DNA e lâetĂ dellâuniverso. Noi conosciamo tutte queste cose anche se non abbiamo mai visitato le stelle, non siamo mai entrati in una molecola di DNA e non abbiamo assistito al Big Bang. La distinzione tra prove dirette e indirette diventerĂ fondamentale quando discuteremo dei tentativi di dimostrare una teoria del campo unificato.
Un secondo approccio venne inaugurato da Pitagora, che ebbe lâintuizione di applicare una descrizione matematica a fenomeni del mondo come la musica. Stando alla leggenda, notĂČ le somiglianze tra il suono generato pizzicando la corda di una lira e quello prodotto martellando una barra di metallo. ScoprĂŹ che questi fenomeni creavano frequenze musicali che vibravano in determinati rapporti; cosĂŹ, qualcosa di esteticamente piacevole come la musica aveva le sue origini nella matematica delle risonanze. Questa, pensava, poteva essere una dimostrazione del fatto che gli oggetti che ci circondano, in tutta la loro diversitĂ , devono obbedire alle medesime regole matematiche.
CosĂŹ, dallâantica Grecia emersero almeno due principali teorie del nostro mondo: lâidea che tutte le cose consistono di atomi invisibili e indistruttibili e quella secondo cui la diversitĂ della natura puĂČ essere descritta attraverso la matematica delle vibrazioni.
Purtroppo, queste discussioni filosofiche andarono perdute con il collasso della civiltĂ classica. Lâidea che ci potesse essere un paradigma in grado di spiegare lâintero universo finĂŹ dimenticata per quasi mille anni; lâoscuritĂ scese sul mondo occidentale, e la ricerca scientifica venne in gran parte soppiantata dalla superstizione, dalla magia e dalla stregoneria.
La rinascita scientifica durante il Rinascimento
Nel XVII secolo, alcuni grandi scienziati sfidarono lâordine costituito e si misero a indagare la natura dellâuniverso, andando perĂČ incontro a una dura opposizione e alla persecuzione. Giovanni Keplero, che fu uno dei primi ad applicare la matematica al moto dei pianeti, era il consigliere dellâimperatore Rodolfo II e riuscĂŹ forse a salvarsi perchĂ© incluse dei pii riferimenti religiosi nelle sue opere scientifiche.
Il frate domenicano Giordano Bruno non fu altrettanto fortunato. Nel 1600, venne processato e condannato a morte per eresia: fu condotto nudo per le strade di Roma, con una mordacchia in modo che non potesse parlare, e venne infine messo al rogo. Il suo crimine piĂč grande era stato quello di dichiarare che era possibile che la vita esistesse anche su altri pianeti in orbita attorno ad altre stelle.
Galileo, il padre della scienza sperimentale, evitĂČ per poco di fare la stessa fine. A differenza di Bruno, Galileo ritrattĂČ le sue teorie sotto minaccia di morte; ciononostante, lasciĂČ unâereditĂ duratura con il suo telescopio, lâinvenzione forse piĂč rivoluzionaria e sediziosa in tutta la storia della scienza. Grazie al telescopio, la gente poteva vedere con i propri occhi che la Luna era butterata di crateri, che Venere presentava delle fasi coerenti con il suo orbitare attorno al Sole e che Giove aveva delle lune, tutte idee che allâepoca erano considerate eretiche.
Purtroppo, Galileo venne messo agli arresti domiciliari con il divieto di ricevere visitatori e, alla fine, perse la vista (si dice perché aveva guardato direttamente il Sole con il suo telescopio). Al termine della sua vita, Galileo era un uomo distrutto; tuttavia, nello stesso anno della sua morte, in Inghilterra nacque un bambino che avrebbe completato le teorie che lui e Keplero avevano lasciato incompiute, dandoci una teoria unificata dei cieli.
La teoria newtoniana delle forze
Isaac Newton Ăš forse il piĂč importante scienziato mai esistito. In un mondo ossessionato dalla magia e dalla stregoneria, osĂČ mettere per iscritto le leggi universali dei cieli e applicare allo studio delle forze una nuova matematica da lui inventata, il calcolo infinitesimale. Come ha affermato il fisico Steven Weinberg, «Ú con Isaac Newton che il sogno moderno di una teoria ultima ha davvero inizio».1 A quel tempo, il suo lavoro era considerato come la teoria del tutto, ossia la teoria che descriveva ogni moto.
Aveva ventitrĂ© anni quando cominciĂČ la sua ricerca. LâUniversitĂ di Cambridge era chiusa a causa della peste nera. Un giorno, nel 1666, mentre passeggiava nella sua tenuta di campagna, vide cadere una mela e si pose una domanda che avrebbe cambiato il corso della storia umana: se una mela cade, possiamo dire che cade anche la Luna?
Prima di Newton, la Chiesa aveva insegnato che esistevano due tipi di leggi: da una parte quelle che valevano per le cose terrestri, corrotte dal peccato dei mortali; dallâaltra le leggi pure, armoniose e perfette dei cieli.
Lâessenza dellâidea di Newton stava invece nel proporre una teoria unificata che abbracciava sia i cieli sia la Terra.
Nel suo quaderno di appunti, tracciĂČ un disegno dallâimportanza decisiva (si veda la Figura 1).
FIGURA 1. Immaginiamo di sparare una palla di cannone con energia via via crescente, in modo tale che, alla fine, percorra un giro completo attorno alla Terra tornando al suo punto di partenza. Newton disse che in questo modo si veniva a spiegare lâorbita della Luna, unificando cosĂŹ le leggi fisiche riscontrate sulla Terra con quelle dei corpi celesti.
Una palla di cannone sparata dalla cima di una montagna viaggia per una certa distanza prima di toccare il suolo. Se perĂČ la spariamo a velocitĂ via via crescenti, prima di ricadere percorrerĂ tratti sempre piĂč lunghi finchĂ©, alla fine, compirĂ un giro completo attorno alla Terra e ritornerĂ alla cima della montagna. In base a ciĂČ Newton concluse che la legge naturale che governa le mele e le palle di cannone â la gravitĂ â Ăš la stessa che tiene la Luna in orbita attorno alla Terra; in altre parole, la fisica dei corpi terrestri e quella dei corpi celesti erano unâunica, identica cosa.
Per raggiungere questo risultato, Newton introdusse il concetto di forze. Gli oggetti si muovevano perchĂ© erano spinti o trascinati da forze che avevano una natura universale e potevano essere misurate matematicamente in modo preciso. (Prima di allora, alcuni teologi pensavano che gli oggetti si muovessero a causa di un loro appetito o desiderio: in questâottica, gli oggetti cadevano perchĂ© anelavano a unirsi alla Terra.)
CosĂŹ, Newton introdusse il concetto chiave dellâunificazione.
Newton, perĂČ, era notoriamente un uomo riservato e teneva segreta gran parte del suo lavoro. Aveva pochi amici, era incapace di parlare del piĂč e del meno e si lanciava spesso in aspre battaglie con altri scienziati riguardo alla prioritĂ nelle scoperte.
Nel 1682 ci fu un evento sensazionale che cambiĂČ il corso della storia: il cielo di Londra venne solcato da una splendente cometa. Tutti, dai re ai mendicanti, erano impegnati a discuterne. Da dove veniva? Dove stava andando? Che cosa preannunciava?
Uno degli uomini che piĂč si interessarono fu lâastronomo Edmond Halley, che decise quindi di andare a Cambridge per incontrare Isaac Newton, allora giĂ famoso per la sua teoria della luce. (Facendo passare i raggi solari attraverso un prisma di vetro, Newton aveva mostrato che la luce bianca si separava in tutti i colori dellâarcobaleno, dimostrando cosĂŹ che il bianco Ăš in realtĂ un colore composito. Inoltre, inventĂČ un nuovo tipo di telescopio che usava degli specchi riflettenti al posto delle lenti.) Quando Halley interrogĂČ Newton sulla cometa di cui tutti parlavano, rimase scioccato nel sentire che lo scienziato era in grado di mostrare come le comete si muovessero in orbite ellittiche attorno al Sole e che era persino in grado di predire la loro traiettoria usando la teoria della gravitĂ da lui sviluppata. Di fatto, le stava seguendo con il telescopio che aveva inventato, e si muovevano proprio secondo le sue predizioni.
Halley era sbalordito.
Comprese subito di trovarsi davanti a un momento epocale nella storia della scienza e si offrĂŹ di pagare i costi di stampa di quello che sarebbe diventato unâopera scientifica imprescindibile, i Principi matematici della filosofia naturale, noto semplicemente come Principia.
Inoltre Halley, resosi conto che Newton stava predicendo che le comete potevano ritornare a intervalli regolari, calcolĂČ che quella del 1682 sarebbe tornata nel 1758. (La cometa di Halley si ripresentĂČ infatti nei cieli dâEuropa nel Natale del 1758, confermando questa predizione e contribuendo cosĂŹ a suggellare la reputazione di Newton e quella di Halley dopo la loro morte.)
La teoria del moto e della gravitĂ di Newton Ăš una delle piĂč grandi conquiste della mente umana, un singolo principio che viene a unificare le leggi note del moto. Alexander Pope scrisse:
La Natura e le sue leggi giacevano nascoste nella notte.
Dio disse: «Che Newton sia!».
E tutto fu luce.
Ancora oggi, sono le leggi di Newton a permettere agli ingegneri della NASA di guidare le nostre sonde spaziali attraverso il sistema solare.
Che cosâĂš la simmetria
La legge newtoniana della gravitĂ Ăš degna di nota anche perchĂ© possiede una simmetria, nel senso che se operiamo una rotazione lâequazione rimane comunque identica. Immaginate che la Terra sia circondata da una sfera; la forza di gravitĂ sarĂ identica in ogni punto di questâultima. Di fatto, Ăš proprio per questo che la Terra Ăš sferica anzichĂ© avere unâaltra forma: la gravitĂ , infatti, lâha compressa in modo uniforme. E per la stessa ragione non vediamo mai stelle cubiche o pianeti piramidali. (I piccoli asteroidi presentano spesso forme irregolari in quanto la loro forza gravitazionale Ăš troppo piccola per comprimerli uniformemente.)
Il concetto di simmetria Ăš semplice, elegante e intuitivo. Inoltre, nel corso di questo libro vedremo che la simmetria non Ăš soltanto un frivolo abbellimento di una teoria, ma costituisce un carattere essenziale che indica alla sua base la presenza di un qualche principio fisico profondo riguardo allâuniverso.
Ma che cosa intendiamo quando diciamo che unâequazione Ăš simmetrica?
Un oggetto si dice simmetrico se rimane identico â Ăš invariante â dopo che abbiamo ridisposto in un qualche modo le sue parti. Per esempio, una sfera Ăš simmetrica perchĂ© resta identica dopo che lâabbiamo fatta ruotare. Ma come si puĂČ esprimere questo concetto in termini matematici?
Pensiamo alla Terra nel suo orbitare attorno al Sole (si veda la Figura 2). Il raggio dellâorbita terrestre Ăš dato da R, che rimane lo stesso man mano che la Terra si sposta lungo la sua orbita (lâorbita terrestre Ăš in realtĂ ellittica, il che significa che R varia leggermente, ma questo dettaglio non Ăš importante ai fini del nostro esempio). Le coordinate dellâorbita della Terra sono date da X e Y. Man mano che il nostro pianeta si muove lungo la sua orbita, X e Y continuano a cambiare, mentre R Ăš invariante (ossia, non cambia).
FIGURA 2. Mentre la Terra orbita attorno al Sole, il raggio R di tale orbita rimane lo stesso; le coordinate del nostro pianeta, X e Y, continuano a cambiare durante il suo moto, ma R Ăš invariante. Per il teorema di Pitagora, sappiamo poi che X2 + Y2 = R2; cosĂŹ, lâequazione di Newton ha una simmetria sia quando viene espressa in termini di R (perchĂ© R Ăš invariante), sia quando viene formulata in termini di X e Y (in forza del teorema di Pitagora).
CosĂŹ, le equazioni di Newton mantengono questa simmetria, nel senso che la gravitĂ tra la Terra e il Sole resta la stessa durante lâintero percorso della Terra.2 Le leggi restano costanti anche se il nostro sistema di riferimento cambia. A prescindere dallâorientamento che assumete guardando ...