Lezioni illuministiche
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Lezioni illuministiche

Vincenzo Ferrone

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Vero laboratorio della modernitĂ , l'Illuminismo appare nelle pagine di Vincenzo Ferrone nella sua autentica natura di nuovo umanesimo consapevole della finitezza dell'essere umano. Progetto culturale ed emancipatorio destinato a ridefinire tutti i saperi e in particolare la politica con l'invenzione del linguaggio dei diritti dell'uomo, il mondo dei Lumi ha sempre subĂŹto e continua a subire feroci attacchi all'insegna della mistificazione. Queste lezioni, frutto di un corso tenuto al CollĂšge de France, oltre a definire i caratteri originali dell'Illuminismo, mirano anche a smascherare le ragioni ideologiche, filosofiche e teologiche di quegli attacchi e a rilanciare l'ambiziosa sfida di una modernitĂ  fatta dall'uomo per l'uomo.

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Informations

Éditeur
Editori Laterza
Année
2014
ISBN
9788858115879

1. Storici e filosofi: l’eccezionalità categoriale dei Lumi

Che cosa sappiamo dell’Illuminismo? Apparentemente molto. La bibliografia internazionale sull’argomento, ormai vastissima, Ăš in continua crescita1. Il Novecento ha dedicato grandi energie a esaminare una “questione illuminista” che si Ăš rivelata sempre piĂč nevralgica nello studio della nascita della moderna civiltĂ  europea. Lo ha fatto producendo interpretazioni nuove e suggestive, individuando nodi problematici, rinvenendo fatti e personaggi trascurati o addirittura ignoti; ma anche, talvolta, subendo i condizionamenti di schemi e modalitĂ  di analisi elaborati nel passato, intrisi di pregiudizio ideologico o animati da smaccati intenti apologetici capaci esclusivamente di riciclare il risaputo. Pro e contro i Lumi si sono combattute nei secoli scorsi, e si combattono ancora oggi, battaglie politiche e culturali di intensitĂ  e passione straordinarie. Al nostro secolo che albeggia spetta pertanto il difficile compito di ripensare l’Illuminismo, indagandone il significato e le molteplici forme storiche nel contesto della vita dell’Occidente, facendo il punto delle conoscenze di cui disponiamo, distinguendo e precisando i risultati della ricerca, separando il vecchio dal nuovo, limitando al minimo le contaminazioni e i pregiudizi che da sempre offuscano il nostro bisogno di veritĂ  rispetto alla comprensione scientifica del passato.
Interrogarsi sulle profonde differenze, ma anche sui forti punti di contatto e sul denso, reciproco condizionamento esistente tra l’Illuminismo dei filosofi e quello degli storici, puĂČ forse rappresentare una delle strade che Ăš possibile percorrere, un prezioso filo rosso capace di chiarire molti aspetti controversi e dare in tal modo solide basi a quel rinnovamento storiografico che ci si attende come compito ineludibile dalle nuove generazioni di studiosi. Muovere dalla consapevolezza della duplice natura, allo stesso tempo storica e filosofica, di questo paradigma conoscitivo di origine settecentesca significa, anzitutto, riflettere sul suo carattere eccezionale e atipico nel panorama storiografico.
Quella specie di ircocervo2 rappresentato dal concetto di Illuminismo non Ăš, infatti, in alcun modo assimilabile per intero ad altre categorie storiche tradizionali – Umanesimo, Rinascimento, Barocco, Romanticismo, ad esempio – la cui matrice filosofica, benchĂ© presente nel processo definitorio, Ăš certamente assai meno rilevante3. Autodefinendosi sul piano critico-filosofico, l’Illuminismo Ăš stato il primo fenomeno culturale a riconoscersi pubblicamente, a opera degli stessi contemporanei, nel nome che porta; esso, inoltre, nell’atto stesso di questa sua autoidentificazione, ha anche rivoluzionato dalle fondamenta il modo di pensare alla storia universale e al tempo storico, creando di fatto la moderna coscienza del tempo in Occidente e avviando un dibattito appassionante tuttora aperto perchĂ© in larga parte coincidente con la riflessione sui tratti caratterizzanti della cosiddetta modernitĂ 4. Ma, vista la complessitĂ  delle questioni da affrontare, conviene procedere con ordine.
Dichiarare Hegel il “padre dell’Illuminismo” puĂČ sembrare un’affermazione sconcertante e addirittura paradossale. In realtĂ  non lo Ăš affatto se rivolgiamo l’attenzione alla storia del pensiero filosofico, e con ciĂČ al primato indiscusso che l’interpretazione hegeliana ha avuto e continua ad avere presso molti intellettuali europei nel modo di meditare sui Lumi: nel considerarli, cioĂš, in termini di dialettica, come realtĂ  pensante, come categoria allo stesso tempo logica e storica della fenomenologia dello spirito. E tuttavia, al di lĂ  del caso specifico e del suo notevole interesse per la ricerca storica, sul quale avremo modo di tornare, resta il fatto che sono stati senza dubbio i filosofi per primi a insegnare agli storici a pensare l’Illuminismo come categoria e concetto specifico dello studio dello sviluppo della modernitĂ . Di qui una sorta di sfida e di ricatto perdurante, in base al quale senza un concetto chiaro, preciso e teoricamente fondato circa la natura dei Lumi, e senza la consapevolezza che gli accadimenti storici non sono possibili e quindi pensabili senza atti linguistici, non sarebbe possibile riflettere proficuamente sulla dimensione storica di questo tema5.
In effetti, quella che possiamo riconoscere come l’eccezionalitĂ  categoriale dell’Illuminismo per la cultura occidentale risulta evidente soprattutto dal modo in cui nel Settecento vennero ridefinite, da studiosi come Montesquieu, Voltaire, Hume, Gibbon e tanti altri, la storia universale e l’idea stessa di conoscenza storica, attraverso l’introduzione della novitĂ  epocale di un «tempo storico» secolarizzato, fondato sulla determinazione, sul piano culturale e prima ancora antropologico, di un’alteritĂ  tra passato e futuro, tra esperienza e aspettativa del tempo.
A tal riguardo, nessuno studioso serio attualmente condividerebbe piĂč la vecchia condanna ottocentesca, tutta politica e ideologica, della storiografia illuministica come «antistorica». Difficilmente qualcuno potrebbe contestare Reinhart Koselleck allorchĂ©, sulla scia della celebre riabilitazione dei Lumi fatta da Wilhelm Dilthey6, sostiene che «il nostro concetto moderno di storia Ăš un risultato della riflessione illuministica sulla crescente complessitĂ  della “storia generale”», della storia intesa finalmente in sĂ© per sĂ©: una storia al singolare, pensata nella sua autonomia senza essere collegata a un oggetto o subordinata a un soggetto7.
Nel corso del XVIII secolo giunse infatti a precipitazione un lungo e complicato processo, avviato a metĂ  Cinquecento, distinto dall’emergere fra i contemporanei della percezione di vivere un tempo nuovo, un’etĂ  del tutto diversa dalle precedenti, «moderna», appunto; un’etĂ  che si qualificava parimenti per la propria alteritĂ  rispetto al passato, fatto oggetto di rivisitazione critica, come per la capacitĂ  di concepire un presente che era nuovo in quanto pregno di futuro. In molti cominciarono a parlare di storia moderna come di un periodo cui nulla era piĂč stabile: l’espressione «moderna» era del resto derivata dal vocabolo modus, inteso come movimento, o modo d’essere in costante divenire nella realtĂ  concreta, transizione accelerata di ogni cosa8. Non a caso, confermando l’importanza di formule che avevano ormai acquisito uso comune nel linguaggio storiografico, nell’Essai sur les moeurs, Voltaire scriveva di una «histoire ancienne» che precedeva l’«histoire moderne», di «temps modernes», di «progrĂšs de l’esprit humaine». Inventando, nel 1765, l’espressione «philosophie de l’histoire», egli conferiva conclusivamente agli eventi storici un senso largamente discordante da quello della tradizione cristiana elaborato da Agostino e ribadito ancora nel 1681, nelle sue fondamenta religiose, dai Discours sur l’histoire universelle di Bossuet9. Alla fine del Settecento, in altri termini, a una millenaria teologia della storia i Lumi contrapponevano una inedita filosofia della storia, e con questo consegnavano a una crisi senza ritorno quella lettura del futuro in termini di disegno escatologico garantito dalla profezia che rappresentava un dato costitutivo del pensiero cristiano – nonchĂ© un architrave del sistema culturale della Chiesa.
Dopo che la politica e la logica di potere dello Stato assoluto avevano, sin dal secolo precedente, minato le basi dell’egemonia ecclesiastica sulle coscienze rivendicando a sĂ© la speculazione sul futuro in termini di ragione anzichĂ© di fede, sostituendo la prognosi alla profezia, con le grandi costruzioni storiche degli illuministi il tempo divino dell’escatologia, descritto con straordinaria finezza da Agostino nella CittĂ  di Dio, si umanizzava definitivamente, mutando in pianificazione terrena del futuro da parte dell’uomo e delle nazioni. Il tempo, insomma, non si accontentava piĂč di restare una semplice forma cronologica che accoglieva tutte le storie nel loro svolgersi ciclico, ma diventava una forza dinamica a sĂ©, ossia acquistava esso stesso una qualitĂ  storica. In tal modo la storia non si poneva piĂč nel tempo ma in virtĂč del tempo10.
Tutto ciĂČ naturalmente portava con sĂ© una grande rivoluzione epistemologica. Al «realismo ingenuo» della ciceroniana historia magistra vitae, della storia intesa in senso cronachistico come raccolta immobile di esempi, come catalogo e speculum vitae humanae, sempre identica a se stessa e validata esclusivamente dalla testimonianza oculare, si sostituĂŹ il modello prospettico, la scoperta del punto di vista come elemento gnoseologico ineliminabile, del tutto legittimo e finanche decisivo della conoscenza storica cosĂŹ come noi oggi l’intendiamo. Grazie alle opere degli illuministi – dominate da precise scelte di campo ideologiche e filosofiche quali l’idea di uno sviluppo stadiale delle civiltĂ  e la pensabilitĂ  del progresso dell’umanitĂ  nella sua interezza – gli storici scoprirono che per cogliere la storia “in sĂ© per sĂ©â€ non bastava la pur fondamentale critica delle fonti – ancora essenzialmente legata all’erudizione antiquaria – a indirizzare il processo conoscitivo, ma che occorreva riconoscere la funzione euristica della filosofia, accettare il principio di una storia perennemente riscrivibile, di una veritĂ  figlia del tempo perseguita tanto sul piano critico-filologico che attraverso la formulazione di “punti di vista” e di giudizi storici a loro volta storicamente condizionati11.
Il grande Goethe sintetizzĂČ mirabilmente il senso ultimo di questa rivoluzione nel pensiero occidentale: «Che la storia universale debba essere riscritta di tempo in tempo Ăš un punto sul quale oggi non Ăš rimasto il minimo dubbio». Stessa convinzione la si ritrova in Hegel: «Il principio spirituale della storia si identifica con la totalitĂ  dei punti di vista»12. È in questo contesto intellettuale che cominciĂČ a delinearsi il nostro odierno concetto di Illuminismo quale singolare ircocervo dalla natura duplice, storica e filosofica insieme: un concetto destinato, ben presto, a diventare cruciale nella riflessione sull’ingresso nella storia dell’Occidente di una modernitĂ  condannata a produrre da sĂ© la propria autocoscienza e la propria norma13.

Note

1 Cfr. A. Trampus, Orientamenti bibliografici, in L’Illuminismo. Dizionario storico, a cura di V. Ferrone e D. Roche, Roma-Bari, 1997, pp. 593 e sgg.
2 Sul significato della voce Ircocervo cfr. T. De Mauro, Dizionario della lingua italiana, Torino, 2000: «Animale favoloso, metĂ  caprone e metĂ  cervo, idea, cosa, intrinsecamente contraddittoria, impossibile e quindi inesistente»; eppure – aggiungiamo noi per precisare l’uso che intendiamo farne nella nostra trattazione – cosĂŹ presente e decisivo nell’immaginario collettivo e nel nostro modo di pensare alla realtĂ  storico-filosofica dell’Illuminismo.
3 Lo stesso discorso vale anche per categorie storiche come quella di Medioevo su cui cfr. G. Sergi, L’idea di medioevo. Fra storia e senso comune, Roma, 2005.
4 Sul tema della coscienza storica occidentale diversa da quella islamica cfr. J. Le Goff, Storia e memoria, Torino, 1982, pp. 65 e sgg.
5 Su queste tesi assai diffuse cfr. la voce AufklÀrung, in Geschichtliche Grundbegriffe. Historisches Lexikon zur politisch-sozialen Sprache in Deutschland, hrsg. von O. Brunner, W. Conze und R. Koselleck, vol. I, Stuttgart, 1972, pp. 240 e sgg.
6 Cfr. W. Dilthey, Einleitung in die Geisteswissenschaften. Versuch einer Grundlegung fur das Studium der Gesellschaft und der Geschichte [1883], Leipzig, s.d. (trad. it.: Critica della ragione storica, Torino, 1954); Id., Gesammelte Schriften, vol. III, Studien zur Geschichte des deutschen Geistes: Leibniz und sein Zeitalter. Friedrich der grosse und die deutsche AufklÀrung. Das achtzehnte Jahrhundert und die geschichtliche Welt, Stuttgart, 1959.
7 Cfr. R. Koselleck, Futuro passato. Per una semantica dei tempi storici, Genova, 1986, p. 6 (ed. or.: Vergangene Zukunft. Zur Semantik geschichtlicher Zeiten, Frankfurt am Main, 1979).
8 Ivi, pp. 228 e sgg.
9 Cfr. Voltaire, Essai sur les moeurs et l’esprit des nations, GenĂšve, 1765. Sul fatto che Voltaire per primo abbia parlato come historien e philosophe, in contrapposizione a una concezione teologica della storia, cfr. K. Löwith, Significato e fine della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia, Milano, 1989, pp. 128 e sgg. (ed. or.: Meaning in History: The Theological Implications of the Philosophy of History, Chicago, 1949).
10 Koselleck ha cosĂŹ efficacemente sintetizzato il processo: il concetto attuale di storia si Ăš sviluppato nella cultura occidentale solo verso la fine del secolo XVIII, «esso Ăš un risultato di lunghe riflessioni teoriche dell’Illuminismo. Prima, ad esempio, esisteva la storia disposta da Dio per l’umanitĂ . Ma non c’era affatto una storia il cui soggetto fosse l’umanitĂ , o una storia che potesse essere pensata come soggetto di se stessa. Prima c’erano storie al plurale, storie di vario genere che si verificavano e che potevano servire come esempi per l’insegnamento della morale, della teologia, del diritto e della filosofia. [...] Se qualcuno prima del 1780 avesse dichiarato di studiare Geschichte il suo interlocutore gli avrebbe chiesto: quale Geschichte? SĂŹ storia, ma di che cosa? Storia dell’impero? O storia delle dottrine teologiche? O Storia della Francia? La storia era pensabile solo con un soggetto prestabilito che subisse trasformazioni o in cui avvenissero vicende» (R. Koselleck, Futuro passato cit., p. 226).
11 Su questo tema torneremo nella seconda parte; per il momento basti dire che circa l’inevitabile componente relativistica nel moderno storicismo e quindi sul fatto che la conoscenza storica oggi debba accettare il principio di «studiare il mutamento da un punto di vista mutevole» senza tuttavia mai rinunciare a «discriminare tra vero e falso» nel mestiere di storico cfr. A. Momigliano, Sui fondamenti della storia antica, Torino, 1984, p. 460, in particolare sono anche da vedere le pp. 297 e sgg. e le pp. 455 e sgg. Merita sottolineare che Gibbon rappresenta per Momigliano il primo prototipo dello storico moderno in quanto capace di mettere insieme concettualizzazione filosofica e metodo critico filologico.
12 Cfr. le citazioni e il commento in R. Koselleck, Futuro passato cit., p. 167 e p. 170.
13 Sul fatto che solo l’età moderna, attraverso la secolarizzazione del tem...

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