1.
LâUnione Europea
da Roma a Lisbona
Premessa
Lâue Ăš il risultato di un lungo processo storico di integrazione volontaria tra stati nazionali che erano rimasti indipendenti per secoli. Per la prima volta, nella storia secolare del Vecchio Continente, un processo di questo genere ha preso corpo. Tutti i precedenti tentativi di aggregazione degli stati europei furono promossi dalla forza, mai dal consenso. La seconda guerra mondiale creĂČ una discontinuitĂ politica, non solo storica, in Europa. Dopo di essa, nella parte occidentale del continente, ritornarono le democrazie liberali, ovvero arrivarono le forme politiche della democrazia di massa. Tutto ciĂČ grazie al sostegno attivo degli Stati Uniti (i vincitori occidentali della guerra), sostegno che fu insieme economico e politico, oltre che culturale. E grazie, soprattutto, alla formazione di unâalleanza militare dei paesi europei guidata dagli Stati Uniti: la North Atlantic Treaty Organization (nato), istituita a Washington nel 1949, che risolse il dilemma storico della sicurezza in Europa. Nel clima disperato successivo alla seconda guerra mondiale, nuove leadership politiche si affermarono nei principali paesi europei, nuove perchĂ© finalmente consapevoli dellâintima pericolositĂ del nazionalismo. La minaccia sovietica, dietro la cortina di ferro, costituĂŹ a sua volta un formidabile incentivo affinchĂ© i paesi dellâEuropa occidentale trovassero forme avanzate di integrazione. Ă in quel contesto che va collocata la nascita di ciĂČ che oggi chiamiamo ue.
Le Ă©lite nazionali che la promossero avevano un obiettivo prioritario. Dare vita ad un patto per la pace tra paesi storicamente belligeranti, un patto che si sarebbe rivelato tanto piĂč solido quanto piĂč fosse stato sostenuto da una crescita economica diffusa. La pace e il benessere furono visti (da uomini come Robert Schuman, Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer) come le condizioni per smorzare gli istinti bellicosi del nazionalismo e per consolidare le nuove democrazie costituzionali emerse sulla sconfitta di questâultimo. La modernizzazione economica era diventata la condizione della democratizzazione politica. Tuttavia, la fine della Guerra fredda (tra il 1989 e il 1991) sollevĂČ nuove sfide per lâintegrazione europea, a cominciare dalla riunificazione della Germania avvenuta nellâautunno del 1990 e per finire con lo scongelamento del controllo sovietico sui paesi dellâEuropa dellâEst. A fronte di questi mutamenti storici, lâue non poteva piĂč limitarsi a regolare il mercato unico, ma doveva misurarsi con politiche che erano state tradizionalmente al cuore delle sovranitĂ nazionali. A Maastricht, quindi, quelle politiche furono europeizzate, ma secondo modalitĂ che avrebbero consentito ai governi nazionali di controllarne il policy-making. Furono creati cosĂŹ i pilastri intergovernativi per gestirle. Attraverso quei pilastri, il carattere unitario dellâorganizzazione emersa dai Trattati di Roma del 1957 venne quindi intaccato. Qui ricostruirĂČ le basilari tappe dellâintegrazione europea proprio per mostrare la logica contrastata che lâha accompagnata.
I primi decenni dellâintegrazione
Lâue Ăš nata nel 1957 a Roma come un progetto per la costruzione di un mercato integrato su scala continentale, anche se il primo germe dellâintegrazione fu seminato dal Trattato di Parigi del 1952 che istituĂŹ la ComunitĂ Europea del Carbone e dellâAcciaio (ceca). Sin dallâinizio, essa si Ăš proposta come il piĂč avanzato esperimento di regionalismo economico, configurandosi come un sistema integrato di regolamentazione di un mercato comune. Fu inevitabile che lâue si sviluppasse a partire da un progetto di integrazione economica, dopo che lâAssemblea nazionale della Francia della IV Repubblica votĂČ contro il Progetto di difesa comune europea nel 1954. Dopo quel voto, i principali leader dellâEuropa (continentale e occidentale) decisero di promuovere lâintegrazione politica attraverso lâintegrazione economica (Dinan 2005). Ă indubbio (Judt 2005), tuttavia, che quei leader interpretassero la nascita della (allora) ComunitĂ Economica Europea (cee) come una risposta allâesigenza di chiudere una lunga epoca di guerre civili sul continente europeo. Lâue nacque dunque come un patto per la pace tra paesi dellâEuropa occidentale che avevano combattuto due guerre calde, per divenire quindi, mezzo secolo dopo, un patto per la pace tra paesi che avevano combattuto la successiva Guerra fredda. La crescita economica venne considerata una condizione per la promozione della pace e della libertĂ piuttosto che un fine in sĂ© stesso. Naturalmente, se con il Trattato di Roma del 1957 furono create le condizioni per un patto civile tra precedenti nemici, lâistituzione della nato nel 1949 (a sua volta rafforzata nel 1955 con lâentrata della Germania federale) aveva creato le condizioni per un patto militare tra di essi, un patto garantito dalla presenza predominante degli Stati Uniti allâinterno di quella organizzazione (Calleo 2001).
Dopotutto, il sistema vestfaliano degli stati nazionali (vestfaliano in quanto emerso dalla pace di Vestfalia del 1648, pace con cui si concluse una lunga sequenza di guerre attraverso la formazione di entitĂ politiche omogenee, gli stati territoriali), che gli europei avevano inventato, aveva dimostrato di essere tuttâaltro che in grado di garantire la pace nel continente attraverso lâequilibrio di potenza. Anzi, quel sistema era stato la fonte di una permanente insicurezza, attivando periodici tentativi, da parte dellâuno o dellâaltro stato nazionale europeo, di imporre il proprio ordine imperiale sugli altri. CosĂŹ, dopo due guerre tra europei divenute guerre mondiali, gli stati nazionali europei (a cominciare da quelli continentali) dovettero riconoscere che non avrebbero avuto un futuro se non avessero creato un nuovo ordine politico. La minaccia rappresentata dalla Guerra fredda e la presenza degli Stati Uniti sul continente (che, in quanto potenza non europea, venne vista come una garanzia dai paesi europei: Ikenberry 2000) costituirono unâulteriore ragione per avviare il processo di integrazione. Lâue Ăš dunque lâesito di un tentativo di fuoriuscire dalla soluzione vestfaliana delle rivalitĂ inter-statali, anche se tale tentativo non ha mai ricevuto una giustificazione politica adeguata alla sua importanza storica. La necessitĂ di dare una giustificazione costituzionale al processo di integrazione europea Ăš emersa solamente con la fine della Guerra fredda.
Con lâue, gli stati nazionali europei hanno contribuito a costruire un ordine istituzionale sovranazionale, finalizzato a favorire una collaborazione sempre piĂč stretta tra di loro su questioni di comune interesse attraverso una combinazione di assetti intergovernativi e comunitari. Come la storia aveva ampiamente dimostrato, non solo la pace politica ma anche la crescita economica non potevano essere raggiunte esclusivamente attraverso accordi strettamente internazionali (o interstatali). Quegli accordi, per essere rispettati, richiedevano lâesistenza di istituzioni indipendenti dagli stessi governi nazionali che le avevano create e quindi messe nelle condizioni di regolamentare le rivalitĂ , destinate ad emergere tra quei governi nazionali. Il compito assegnato alla Commissione europea e alla Corte di giustizia europea Ăš consistito, dunque, nel garantire che i firmatari degli accordi intergovernativi rispettassero le regole che essi stessi si erano date. CosĂŹ, la componente sovrastatale dellâue (la Commissione e la Corte di giustizia europea e poi, sempre di piĂč, il Parlamento europeo) Ăš stata necessaria per proteggere quella interstatale (rappresentata originariamente dal Consiglio dei ministri) dalle possibili derive della rivalitĂ tra gli stati. In questo senso, si puĂČ dire che lâue costituisce un tentativo di addomesticare le relazioni esterne degli stati nazionali europei, creando un regime sovranazionale con caratteristiche domestiche.
Le fondamenta materiali del patto per la pace furono rappresentate dalla cooperazione trans-nazionale in un numero crescente di questioni economiche (Lindberg 1963). Tale cooperazione ha condotto alla progressiva istituzionalizzazione di un complesso network di istituzioni, alcune previste dai trattati fondativi (come il Consiglio dei ministri, la Commissione e il Parlamento europeo) e altre no (come il Consiglio europeo).
Si Ăš venuto perciĂČ a istituzionalizzare, tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del secolo scorso, un sistema che non era riconducibile ad unâorganizzazione internazionale, anche se non poteva essere considerato unâorganizzazione domestica. CosĂŹ, lâistituzione originariamente preminente del sistema comunitario, il Consiglio dei ministri, ha dovuto riconoscere la considerevole influenza che la Commissione era stata in grado di esercitare nel processo di policy-making, grazie al suo monopolio del potere di iniziativa delle proposte legislative (giustificato anche dalle sue riconosciute competenze tecniche). Inoltre ha dovuto riconoscere la crescita del ruolo decisionale del Parlamento europeo, il quale, a partire dalla sua elezione diretta nel 1979, ha rivendicato con successo un potere prima di co-determinazione e poi di co-decisione in un numero sempre piĂč esteso di policies (potere riconosciutogli a partire dal Trattato noto come Atto Unico Europeo del 1986). Quindi, tutte e tre le istituzioni hanno dovuto riconoscere la crescita del ruolo strategico del Consiglio europeo dei capi di governo, divenuto (a partire dalle prime riunioni informali del 1974) lâarena per la definizione delle scelte di lungo periodo dellâue. Ma naturalmente il motore politico del processo dâintegrazione aveva continuato ad essere il cosiddetto asse franco-tedesco, che fissava i tempi e la direzione del processo di integrazione (Hendricks, Morgan 2001).
Insomma, tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta del secolo scorso, lâue Ăš venuta ad istituzionalizzarsi attraverso unâinterazione tra istituzioni sovranazionali e intergovernative, unâinterazione definita quindi come metodo comunitario da Jean Monnet, uno degli ispiratori del processo di integrazione europea (Duchene 1994). Il versante comunitario e quello intergovernativo hanno continuato a crescere insieme, in una logica allo stesso tempo competitiva e cooperativa. Sin dalla sua fondazione nel 1957, lâue Ăš passata attraverso un processo di sviluppo istituzionale che ha significativamente trasformato la sua natura originaria di organizzazione internazionale legittimata da trattati interstatali (Stone Sweet, Sandholtz, Fligstein 2001). Tale sviluppo ha istituzionalizzato un insieme assai complesso ma sufficientemente stabile di organismi che sono venuti a condividere la responsabilitĂ decisionale in un numero crescente di politiche pubbliche. In questo processo, la Corte di giustizia europea ha avuto un ruolo cruciale, introducendo criteri costituzionali nel funzionamento del sistema comunitario e nei suoi rapporti con gli stati partecipanti al processo di integrazione. Si pensi alle due cruciali decisioni degli anni Sessanta: quella che ha stabilito, in Van Gend en Loos del 1962, che certe disposizioni comunitarie hanno un effetto diretto sui singoli cittadini e non solo sui governi degli stati membri; e quella che ha stabilito, in Costa vs Enel del 1964, che in caso di conflitto tra la legislazione comunitaria e la legislazione degli stati membri, la prima ha una supremazia sulla seconda, anche se questâultima Ăš stata approvata successivamente. Queste decisioni hanno contribuito a istituire un vero e proprio ordine legale sovranazionale, cioĂš a costituzionalizzare il funzionamento del mercato comune (Amato, Ziller 2007). Alla fine degli anni Ottanta, gli stati nazionali europei si erano trasformati in stati membri dellâue (Sbragia 1994).
Da Maastricht a Lisbona
Nei primi decenni il processo di integrazione si svolse allâinterno dellâEuropa occidentale, potĂ© beneficiare della copertura politica e della protezione militare degli Stati Uniti (attraverso la loro leadership della nato) ed era basato sulla divisione della Germania (che aveva rappresentato il problema irrisolto della storia europea almeno dalla guerra franco-prussiana del 1870-1871, con il suo esito sconvolgente dellâincoronazione dellâimperatore prussiano nella reggia di Versailles). Tra il 1989 e il 1991, queste condizioni sistemiche dellâintegrazione si indebolirono irrimediabilmente. Con il crollo del muro di Berlino nel novembre del 1989 si impose il problema dellâunificazione tedesca e con lâimplosione dellâUnione Sovietica nellâagosto del 1991 si formalizzĂČ la fine della Guerra fredda. LâEuropa integrata fu costretta a cambiare la propria agenda. Lâue non poteva piĂč limitarsi a costruire un mercato comune, lasciando ad altri (gli Stati Uniti in specifico) il compito di garantire la propria sicurezza militare. E soprattutto non poteva piĂč pensare che potesse essere rinviata allâinfinito la riunificazione della Germania: che infatti avvenne proprio alla fine del 1990, con lâaiuto degli americani e le diffidenze delle principali cancellerie europee, ma in cambio della rinuncia da parte dei tedeschi alla loro moneta nazionale e della formazione di una Unione economica e monetaria (lâEurozona) per gestire una nuova moneta comune. Il Trattato di Maastricht del 1992, elaborato dalla Conferenza intergovernativa dellâanno precedente, fu la risposta europea a tali cambiamenti storici.
Per la prima volta, nella preparazione del Trattato, si riconobbe che il progetto di integrazione aveva un carattere politico e non esclusivamente economico. Per la prima volta si parlĂČ di unione politica, tanto che la denominazione di Unione Europea verrĂ introdotta proprio per siglare la distanza dalla precedente denominazione di ComunitĂ Economica Europea. Per la prima volta venne deciso che il processo di integrazione dovesse coinvolgere settori di policy non strettamente legati al mercato comune, come la politica estera e di sicurezza e la politica della giustizia e dellâordine interno. Per la prima volta si definirono i tempi e i modi per l...