Tutto su bitcoin
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Guida pratica per investire in criptovalute

Davide Capoti

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Tutto quello che c'è da sapere per iniziare a investire nell'affascinante mondo del bitcoin e delle criptovalute. Un volume che illustra passo dopo passo tutte le operazioni necessarie per comprendere sempre meglio il funzionamento di una delle tecnologie più rivoluzionarie di sempre. Una guida per scoprire le incredibili potenzialità della blockchain e delle valute digitali, non solo da un punto di vista teorico, ma anche da quello pratico. In modo chiaro e semplice il lettore viene messo in condizione di aprire autonomamente un conto di trading presso gli exchange che negoziano le valute digitali e di creare i wallet necessari per tutelare i propri acquisti. Si parlerà ovviamente di bitcoin, ma non solo. Un'ampia sezione è infatti dedicata ai progetti alternativi, tra i quali spiccano Ethereum, Litecoin, Dash e Monero. Una parte del testo, infine, è dedicata al fenomeno delle ICO, la cui comprensione è fondamentale per poter poi effettuare scelte di investimento adeguate.

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Informazioni

Editore
Hoepli
Anno
2018
ISBN
9788820385941
PARTE 1
Bitcoin: da sogno a realtà
a cura di Davide Capoti
La rivoluzione non è qualcosa legato all’ideologia, né una moda di una particolare decade. È un processo perpetuo insito nello spirito umano.
Abbie Hoffman
CAPITOLO 1
Le intenzioni di Satoshi Nakamoto
Adistanza di dieci anni dalla sua creazione, per spiegare che cos’è il Bitcoin non ci addentreremo in analisi di crittografia o in complessi calcoli matematici, piuttosto ci limiteremo a prenderne la definizione dallo stesso paper di Satoshi Nakamoto, per capire direttamente dalle sue parole quale fosse lo scopo della sua creazione.
E in effetti basterebbe tradurre il titolo e le prime due righe dell’introduzione per capire cosa Satoshi Nakamoto avesse in mente.
Bitcoin: “Un sistema di moneta elettronica peer-to-peer.”
“Una versione puramente peer-to-peer di denaro elettronico che permetterà di effettuare direttamente pagamenti online da un’entità a un’altra senza passare tramite un’istituzione finanziaria.”
Già nel titolo il riferimento è chiaro: lo scopo del suo progetto era creare una “moneta elettronica”, un sistema di pagamento per inviare e ricevere denaro senza frapporre intermediari finanziari.
L’intenzione di Satoshi era quella di creare un’alternativa al funzionamento tradizionale del sistema finanziario, grazie alla tecnologia Bitcoin.
Tizio e Caio avrebbero potuto scambiare denaro tra loro senza aver bisogno di un terzo garante, in questo caso una banca.
Veniva a cadere quel vincolo di “fiducia” con l’istituto di credito, necessario fino ad allora per poter emettere o ricevere un pagamento.
Che tempismo potremmo dire!
Ci trovavamo nel bel mezzo della più grande crisi di fiducia del sistema finanziario, causa diretta del collasso dei mercati finanziari, ed ecco che dal nulla era sbucato un “tale” che sotto uno pseudonimo giapponese presentava una soluzione che permetteva di superare il centenario problema della “fiducia” concessa a un terzo nell’emissione/ricezione di un pagamento, in favore di una ben più certa e sicura prova crittografica.
Un estratto integrale direttamente dal paper afferma:
“Il commercio su Internet fa affidamento quasi esclusivamente sulle istituzioni finanziarie che servono come terze parti di fiducia per elaborare i pagamenti elettronici. Nonostante il sistema funzioni abbastanza bene per la maggior parte delle transazioni, esso soffre ancora delle debolezze intrinseche di un modello basato sulla fiducia. Transazioni totalmente irreversibili non sono realmente possibili, dal momento che le istituzioni finanziarie non possono evitare le dispute di mediazione. Il costo dell’intermediazione aumenta i costi di transazione, limitando la dimensione minima delle transazioni praticabili ed escludendo la possibilità di piccole transazioni occasionali, e c’è un costo più ampio collegato alla perdita della capacità di effettuare pagamenti irreversibili per quei servizi che sono anch’essi irreversibili. Con la possibilità di “reversibilità”, si diffonde la necessità di fiducia. I commercianti devono diffidare dei loro clienti, tormentandoli con maggiori richieste di informazioni rispetto a quanto non sarebbe altrimenti necessario. Una certa percentuale di frodi è accettata come inevitabile.
Tali costi e le incertezze di pagamento possono essere evitati utilizzando moneta fisica di persona, ma non esiste alcun meccanismo per effettuare pagamenti attraverso un mezzo di comunicazione senza un’entità di fiducia.
È dunque necessario un sistema di pagamento elettronico basato su una prova crittografica invece che sulla fiducia, che consenta a due controparti qualsiasi di negoziare direttamente tra loro senza la necessità di una terza parte di fiducia.”
Ed è qui che Satoshi introduce il concetto di “peer to peer”.
I Bitcoin per funzionare necessitano di una forma di collaborazione tra “peers” o, più semplicemente, di una comunicazione peer-to-peer, simile a quella utilizzata, per esempio, per scaricare e condividere i file online (BitTorrent).
Ogni computer diventa un nodo della rete alla pari con gli altri, senza la necessità di un nodo centrale.
Ogni utente che detiene un nodo Bitcoin è connesso con tutti gli altri e detiene una copia di quello che può essere considerato come un libro mastro digitale – cioè un documento in cui sono contenuti tutti i conti di un sistema contabile – chiamato blockchain (catena di blocchi).
Nella blockchain sono registrate tutte le transazioni di tutti gli utenti a partire dal 3 gennaio 2009, quando vede la luce il primo blocco Bitcoin (il cosiddetto “Genesis Block”).
Vengono per la prima volta generati 50 Bitcoin.
Quindi è la blockchain a sostituirsi al compito normalmente svolto da un istituto bancario: prelevare dal conto dell’utente Tizio la quantità di moneta richiesta da Tizio stesso e inviarla all’amico Caio, assicurandosi che Tizio non possa spendere più soldi di quanti, in realtà, ne possegga.
“Le transazioni che sono computazionalmente impraticabili da invertire proteggerebbero i venditori dalle frodi, e meccanismi consuetudinari di deposito di garanzia potrebbero essere facilmente implementati per proteggere gli acquirenti.”
“In questo primo lavoro, proponiamo una soluzione al problema della doppia spesa, utilizzando un server di marcatura temporale distribuito peer-to-peer per generare la prova computazionale dell’ordine cronologico delle transazioni.
Il sistema è sicuro fintanto che i nodi onesti controllano collettivamente più potenza CPU rispetto a qualsiasi gruppo collaborativo di nodi attaccanti.”
Questo meccanismo, che appare in prima battuta molto complesso da digerire, è il cuore della soluzione trovata da Satoshi per risolvere il problema della verifica sulle transazioni economiche eseguite online, affinché siano regolari senza che sia necessaria la presenza di unautorità centrale per certificarne l’autenticità.
Risolvere il problema del “double spending” voleva dire, in parole povere, garantire che i destinatari dei pagamenti non imbrogliassero i mittenti, negandone le transazioni, o che i mittenti pagassero con denaro che in realtà non possedevano.
Ma cerchiamo di capire meglio come funziona questo processo di verifica delle transazioni. Nella blockchain Bitcoin, i nodi validatori e i “miner” verificano tutte le transazioni: quando c’è un trasferimento di Bitcoin, questa transazione viene inserita in un blocco insieme ad altre migliaia di transazioni.
Tale blocco, per essere validato, sottopone un problema crittografico a tutti i dispositivi collegati.
Per risolvere questo problema, è necessaria una grande potenza di calcolo: maggiore sarà tale potenza (hash rate) maggiori saranno le possibilità di risolvere il quesito. Quesito che non necessita di essere risolto da tutti i miner, ma basta solo che un miner trovi una soluzione “logica” a tale problema e sottoponga la soluzione a tutti i computer della rete che, a quel punto, non dovranno far altro che confermarla.
Ovviamente per il miner che per primo trova una soluzione al problema c’è una ricompensa.
Indovinate in cosa consiste? Appunto, in Bitcoin.
Circa sei volte l’ora viene creato un nuovo “blocco” di transazioni confermate, che viene aggiunto alla blockchain in ordine temporale.
Una transazione su Bitcoin, quindi, è registrata soltanto quando è effettivamente avvenuta, ed è registrata nell’unico posto che tiene il conto di quanti Bitcoin esistono e a chi appartengono, appunto la blockchain stessa.
Tale meccanismo impedisce che gli utenti possano spendere più volte gli stessi Bitcoin, perché il fatto che siano già stati spesi è registrato sulla blockchain ed è consultabile in tempo reale da chiunque e in qualunque momento.
Imbrogliare questo sistema falsificando Bitcoin è molto complicato: a oggi quasi impossibile. Servirebbe il 51% di tutta la potenza globale del network per effettuare un attacco.
Ci sarebbe molto da dire anche su questo tema e su come la concentrazione del “mining” sia col tempo cambiata completamente.
Satoshi aveva concepito un paradigma basato sulla validazione delle transazioni grazie a una rete il più distribuita possibile (CPU).
Oggi, invece, grazie alla creazione di macchine “dedicate” al mining di criptovalute (Figura 1.1), tecnologie pensate e create solo per risolvere il problema crittografico alla base del protocollo Bitcoin, assistiamo a una concentrazione di potere nelle mani di una élite di miner cinesi, che di fatto controllano quasi il 51% di tutta la potenza globale (Figura 1.2).
Ma questo argomento da solo potrebbe costituire il tema centrale di un intero capitolo di un nuovo libro, che potremmo intitolare “Dal sogno di decentralizzazione di Satoshi all’incubo di centralizzazione cinese: il fallimento di una rivoluzione tecnologica”.
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FIGURA 1.1 – Quanto costa minare il Bitcoin. Fonte: Business Insider Pro.
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FIGURA 1.2 – Chi possiede i Bitcoin. Fonte: Business Insider Pro.
Tornando a noi, e cercando di concludere questa parte esplicativa sul funzionamento del protocollo, è necessario aggiungere che tutte le transazioni Bitcoin avvengono “all’oscuro” delle persone davanti al computer: i proprietari di Bitcoin sono pseudo-anonimi e identificati soltanto da un codice, il loro wallet.
Ogni transazione (Figura 1.3) è identificata da una chiave pubblica – che identifica il ricevente e che è usata da tutti i dispositivi del sistema per verificare l’operazione – e da una chiave privata, che serve agli utenti coinvolti ad autorizzare la transazione.
Il 12 gennaio avviene la prima transazione B...

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