L'eterno marito
eBook - ePub

L'eterno marito

  1. 176 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

Un marito tradito e l'amante della moglie: una storia paradossale di provocazioni, persecuzioni, riconciliazioni e violenze, l'unica opera in cui Dostoevskij ha descritto l'abisso dell'ordinario, l'abiezione del quotidiano.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a L'eterno marito di Fëdor Dostoevskij, Alfredo Polledro in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804329992
eBook ISBN
9788852062469
XII

DAGLI ZAKHLÉBININ

Gli Zakhlébinin erano realmente “una famiglia molto dabbene”, come si era espresso poco prima Velciàninov, e Zakhlébinin, lui, era un funzionario assai posato e in vista. Era vero anche tutto ciò che aveva detto Pavel Pàvlovic a proposito delle loro entrate: “vivono bene, pare, ma se morisse quell’uomo, non resterebbe niente”.
Il vecchio Zakhlébinin accolse benissimo, amichevolmente Velciàninov e, da “nemico”, si trasformò del tutto in un buon conoscente.
«Mi congratulo, meglio così» prese a dire fin dalla prima parola, con piacevole e dignitoso aspetto «io stesso ho insistito per la transazione, e Piotr Kàrlovic (l’avvocato di Velciàninov) è a questo riguardo un uomo d’oro. Ebbene? Un sessantamila rubli riceverete, e senza fastidi, senza lungaggini, senza liti! E la causa poteva trascinarsi per tre anni!»
Velciàninov fu subito presentato anche a m.me Zakhlébinin, una signora matura molto sfatta, dal viso sempliciotto e stanco. Cominciarono a venir fuori anche le ragazze, l’una dopo l’altra o a coppie. Ma di ragazze ne comparvero addirittura moltissime; a poco a poco se ne raccolsero fino a dieci o dodici. Velciàninov non poteva neppur contarle; le une entravano, le altre uscivano. Ma fra loro c’erano molte amichette vicine di villeggiatura. La villa dei Zakhlébinin – una gran casa di legno, in uno stile sconosciuto ma capriccioso, con costruzioni accessorie di varia età – usufruiva di un vasto giardino; ma in questo giardino riuscivano da varie parti anche tre o quattro altre ville, cosicché il gran giardino era comune, e ciò naturalmente favoriva l’intimità delle ragazze con le vicine di villeggiatura. Velciàninov, fin dalle prime parole della conversazione, notò che lì già lo si aspettava e che il suo arrivo, quale amico di Pavel Pàvlovic che desiderava far conoscenza, era stato poco meno che solennemente annunciato. Il suo sguardo acuto ed esperto in queste faccende ben presto distinse lì perfino un che di speciale: per le troppo gentili accoglienze dei genitori, per un certo particolare aspetto delle ragazze e per il loro abbigliamento (benché, per altro, fosse giorno di festa) gli balenò il sospetto che Pavel Pàvlovic avesse giocato d’astuzia e, com’era possibilissimo, avesse insinuato lì, senza parlare, s’intende, apertamente, qualcosa di simile a una supposizione sul conto di lui, come scapolo che si annoiava, appartenente alla “buona società”, padrone di una sostanza, e che poteva benissimo darsi si risolvesse infine, d’un tratto, a “far punto” e ad accasarsi, “tanto più che ha ricevuto anche un’eredità”. Pareva che la più anziana m.lle Zakhlébinin, Katerina Fedoséjevna, quella appunto che aveva ventiquattro anni e di cui Pavel Pàvlovic aveva parlato come di una persona incantevole, fosse alquanto intonata in tal senso. Ella spiccava in modo speciale rispetto alle sorelle per il suo vestito e una certa originale acconciatura dei suoi magnifici capelli. Le sorelle poi e tutte le altre ragazze avevano un’aria come se anche a loro già fosse noto con certezza che Velciàninov faceva conoscenza “per Katia” ed era venuto a “vederla”. Le loro occhiate e perfino certe paroline, balenate casualmente nel corso della giornata, lo confermarono poi in questa congettura. Katerina Fedoséjevna era una bionda alta, pienotta sino alla formosità, con un viso oltremodo grazioso, di carattere evidentemente quieto e non intraprendente, e perfin sonnacchioso. “È strano che una così sia rimasta ragazza” pensò involontariamente Velciàninov osservandola con piacere; “anche se non ha dote, e presto si sformerà del tutto, intanto però quanti amatori ha questo genere!…” Anche tutte le altre sorelle non erano punto brutte, e fra le amichette baluginavano alcuni visini piacenti e perfino leggiadri. La cosa cominciò a divertirlo; e del resto egli era già entrato con pensieri speciali.
Nadezda Fedoséjevna, la sesta, studentessa di ginnasio e presunta fidanzata di Pavel Pàvlovic, si fece aspettare un poco. Velciàninov l’attendeva con impazienza, del che egli stesso si meravigliava e sorrideva tra sé. Finalmente ella comparve, e non senza far colpo, in compagnia di una vispa e briosa amichetta, Maria Nikítisna, una bruna dal viso buffo, della quale, come subito si vide, Pavel Pàvlovic aveva una paura straordinaria. Questa Maria Nikítisna, una ragazza già sui ventitré anni, motteggiatrice e perfino ingegnosa, era governante di piccoli bimbi in una famiglia vicina e di conoscenza e già da gran tempo era considerata come di casa dai Zakhlébinin, e dalle signorine enormemente apprezzata. Si vedeva che adesso era particolarmente necessaria anche a Nadia. Velciàninov si avvide al primo sguardo che le signorine erano tutte contro Pavel Pàvlovic, perfino le amichette, e nel secondo minuto dopo l’ingresso di Nadia concluse che anche lei lo odiava. Notò pure che Pavel Pàvlovic di ciò non si accorgeva affatto, o non voleva accorgersi. Indiscutibilmente Nadia era meglio di tutte le sorelle: una piccola bruna dall’aria di selvaggia e con l’audacia di una nichilista; un demonietto furbo dagli occhietti di fuoco, con un sorriso incantevole, benché spesso anche maligno, con labbruzzi e dentini meravigliosi, sottilina, ben fatta, con un pensiero incipiente nell’espressione accesa del volto, al tempo stesso ancora quasi del tutto infantile. I quindici anni si rivelavano in ogni suo passo, in ogni parola. Risultò poi che effettivamente Pavel Pàvlovic l’aveva vista la prima volta con la cartella di tela cerata in mano; ma ora non la portava più.
Il regalo del braccialetto non riuscì affatto e produsse un’impressione addirittura sgradevole. Pavel Pàvlovic, appena scorse la fidanzata che era entrata, subito le si accostò sorridendo. Offriva il dono col pretesto del “gradito piacere da lui provato la volta scorsa in occasione della piacevole romanza cantata da Nadezda Fedoséjevna al pianoforte…”. Egli perse il filo, non terminò e stette lì come smarrito tendendo e ficcando in mano a Nadezda Fedoséjevna l’astuccio col braccialetto, che quella non voleva prendere e dal quale, arrossita dalla vergogna e dalla collera, ritraeva le mani. Ella si volse arditamente alla mamma, sul cui volto si dipingeva l’imbarazzo, e disse forte:
«Io non voglio prenderlo, maman
«Prendi e ringrazia» proferì il padre con calma severità, ma anche lui era scontento: «Superfluo, superfluo!» mormorò in tono moraleggiante a Pavel Pàvlovic. Nadia, non c’era che fare, prese l’astuccio e, abbassati gli occhi, fece una riverenza, come la fanno le piccole bambine, cioè di colpo si tuffò giù e di colpo subito balzò su come mossa da una molla. Una delle sorelle si accostò a guardare, e Nadia le passò l’astuccio, non ancora aperto, con ciò mostrando che lei non voleva neppur vederlo. Il braccialetto fu cavato fuori e cominciò a fare il giro di tutte, da mani a mani; tutte però lo guardavano in silenzio, e talune anche beffardamente. Solo la mamma biascicò che il braccialetto era molto carino. Pavel Pàvlovic era pronto a sprofondare sotto terra.
Lo cavò d’impiccio Velciàninov.
Egli si mise d’un tratto a parlar forte e di buona voglia, afferrando il primo pensiero capitatogli, e non erano ancora passati cinque minuti che già aveva incatenato l’attenzione di quanti erano nel salotto. Egli aveva magnificamente appreso l’arte di chiacchierare nelle riunioni mondane, cioè l’arte di sembrare perfettamente ingenuo e al tempo stesso di far vista che considerava anche i suoi ascoltatori come altrettanto ingenui quanto lui. Con naturalezza straordinaria poteva fingersi, quando occorreva, l’uomo più allegro e più felice. Sapeva anche abilmente intercalare fra le parole un motto arguto e mordace, una gioviale allusione, un comico bisticcio, ma assolutamente a caso, come senza neppure accorgersene, quando e l’arguzia, e il bisticcio, e la conversazione stessa forse erano state già da lungo, lungo tempo preparati e appresi a memoria e più di una volta utilizzati. Ma in quel momento si era unita alla sua arte anche la naturalezza, sentiva ch’era in vena, che qualcosa lo trascinava; sentiva in sé una pienissima e vittoriosa sicurezza che tra pochi minuti quegli occhi sarebbero stati rivolti su di lui, che tutte quelle persone avrebbero ascoltato lui solo, parlato con lui solo, riso soltanto di ciò che egli avrebbe detto. E infatti ben presto si udì qualche risata, a poco a poco alla conversazione parteciparono anche altri – ed egli possedeva a perfezione l’abilità di attrarre nella conversazione anche gli altri – già si sentivano tre o quattro voci che parlavano ad un tempo. Il viso annoiato e stanco della signora Zakhlébinin quasi s’illuminò di gioia; lo stesso fu anche di Katerina Fedoséjevna, che ascoltava e guardava come incantata. Nadia gli gettava vigili occhiate di sotto in su; si vedeva che era già prevenuta contro di lui. Questo attizzò ancor più Velciàninov. La “maligna” Maria Nikítisna seppe tuttavia insinuare nella conversazione un’arguzia abbastanza pungente a suo riguardo; s’inventò e affermò che Pavel Pàvlovic il giorno prima lo aveva raccomandato lì come suo amico d’infanzia, e in tal modo ella aggiungeva alla sua età, facendovi chiara allusione, ben sette anni di troppo. Ma egli piacque anche alla maligna Maria Nikítisna. Pavel Pàvlovic era proprio sconcertato. Egli naturalmente aveva un’idea dei mezzi di cui disponeva il suo amico, e da principio anzi era stato lieto del suo buon successo, egli stesso ridacchiava e si mescolava alla conversazione; ma, chi sa perché, a poco a poco cominciò a esser preso come da perplessità, anzi alla fine da tristezza, il che si esprimeva chiaramente nella sua fisonomia inquieta.
«Be’, voi siete un ospite che non occorre nemmeno intrattenere» concluse infine gaiamente il vecchio Zakhlébinin, alzandosi dalla sedia per andarsene di sopra, dove, nonostante la giornata festiva, eran già pronte per lui alcune carte d’affari da esaminare «e figuratevi che io vi credevo il più cupo degli ipocondriaci fra tutti i giovanotti. Ecco come ci s’inganna!»
Nella sala c’era un piano; Velciàninov domandò chi si occupasse di musica, e di colpo si rivolse a Nadia.
«E voi, mi pare, cantate?»
«Chi ve l’ha detto?» ribatté Nadia.
«Pavel Pàvlovic lo diceva poc’anzi.»
«È falso; io canto solo per burla; non ho nemmeno voce.»
«Ma anch’io non ho voce, eppure canto.»
«Allora ci canterete? Be’, allora anch’io vi canterò» e Nadia roteò gli occhietti «solo non adesso, ma dopo pranzo. Non posso soffrir la musica» soggiunse «mi son venuti a noia questi pianoforti; in casa nostra da mattina a sera tutti suonano e cantano; la sola Katia vale qualcosa!»
Velciàninov subito si appigliò a questa parola, e apparve che Katerina Fedoséjevna, sola fra tutte, si occupava seriamente al pianoforte. Egli si rivolse subito a lei pregandola di sonare. Fu visibilmente gradito a tutte che si fosse rivolto a Katia, e la maman arrossì perfino dal piacere. Katerina Fedoséjevna si alzò sorridendo e andò verso il piano, e improvvisamente, con sua sorpresa, arrossì tutta anche lei, e si sentì a un tratto oltremodo vergognosa di essere così grande e già in età di ventiquattro anni, e così grassa, e di arrossire come una bimbetta, e tutto ciò era scritto sul suo volto, mentre sedeva a sonare. Ella sonò qualcosa di Haydn e lo sonò con nitidezza, benché senza espressione, ma s’era intimidita. Quando ebbe finito, Velciàninov si mise a farle sperticati elogi non di lei stessa, ma di Haydn e specialmente di quella piccola cosetta che aveva sonato e lei n’ebbe visibilmente tanto piacere, e ascoltò con tanta gratitudine e felicità le lodi fatte non a lei, ma a Haydn, che Velciàninov involontariamente la guardò più carezzevole e più attento. “Eh, ma tu sei una creatura d’oro!” brillò nel suo sguardo, e tutte parvero ad un tempo capire quello sguardo, e specialmente la stessa Katerina Fedoséjevna.
«Avete un magnifico giardino» egli si rivolse d’un tratto a tutte guardando la porta vetrata del terrazzo «sapete; andiamo un po’ tutti in giardino.»
«Andiamo, andiamo!» echeggiarono strilli gioiosi, come se egli avesse indovinato il supremo desiderio generale.
In giardino si diedero bel tempo fino all’ora di pranzo.
La signora Zakhlébinin, che giù da un pezzo aveva voglia di andar a fare un sonnellino, anche lei non seppe resistere e uscì per passeggiare un poco con tutti, ma giudiziosamente restò a sedere e riposare sul terrazzo, dove subito si assopì. In giardino i mutui rapporti tra Velciàninov e tutte le ragazze si fecero ancor più amichevoli. Egli notò che dalle ville contigue si erano uniti a loro due o tre giovanottini; uno era studente d’università, un altro semplicemente alunno ginnasiale. Costoro corsero subito ciascuno alla sua ragazza, e si vedeva che eran venuti per loro; il terzo “giovanotto”, invece, un ragazzo ventenne molto tetro e arruffato, con enormi occhiali azzurri, si mise a bisbigliare qualcosa, frettoloso e accigliato, a Maria Nikítisna e Nadia. Egli squadrava severamente Velciàninov e pareva si stimasse in dovere di comportarsi verso di lui con insolito disprezzo. Alcune ragazze proposero di cominciare il giuoco al più presto. Alla domanda di Velciàninov, a che giocassero, risposero: a tutti i giuochi, anche a rincorrersi, ma la sera avrebbero giocato ai proverbi, cioè tutti si mettono a sedere e uno si allontana un momento; tutti i seduti poi scelgono un proverbio, per esempio: “Chi va piano ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Cronologia
  5. Bibliografia
  6. L’eterno marito
  7. I. VELCIÀNINOV
  8. II. IL SIGNORE DAL CRESPO SUL CAPPELLO
  9. III. PAVEL PÀVLOVIC TRUSOTSKIJ
  10. IV. LA MOGLIE, IL MARITO E L’AMANTE
  11. V. LIZA
  12. VI. NUOVA FANTASIA DI UN UOMO OZIOSO
  13. VII. IL MARITO E L’AMANTE SI BACIANO
  14. VIII. LIZA È MALATA
  15. IX. IL FANTASMA
  16. X. AL CIMITERO
  17. XI. PAVEL PÀVLOVIC SI SPOSA
  18. XII. DAGLI ZAKHLÉBININ
  19. XIII. DALLA PARTE DI CHI CE N’È DI PIÙ?
  20. XIV. SÀSCENKA E NÀDENKA
  21. XV. PARI E PATTA
  22. XVI. ANALISI
  23. XVII. L’ETERNO MARITO
  24. Copyright