Proprio così…) dico sul serio
Non sto scherzando. Amira non si è più fatta sentire per giorni e giorni, finché ho chiamato a casa sua e sua madre mi ha detto che era partita per la luna di miele. Con una settimana di anticipo rispetto ai progetti.
Non so se sentirmi più offesa dal fatto che qualche giorno fa al telefono mi abbia liquidata in quel modo, tenendomi all’oscuro sulla notte più importante della sua vita, oppure dal fatto che sia partita senza salutarmi né tantomeno avvisarmi.
Oppure dal fatto che questa stronza abbia servito prima questi stronzi che chiaramente sono arrivati dopo di me.
Cioè, tu fai una fila di due ore e poi arrivano due bellocci qualsiasi e solo perché tu sei una donna e la cassiera è una donna, per il principio degli opposti, la cassiera servirà automaticamente prima loro.
Ma io non li lascio mica andare via così, eh, no. Mentre stanno per andarsene picchietto sul braccio di uno dei due. Questo si gira.
«Sì?»
È lui.
Incredibile ma vero, è lui.
«Ahem… io…»
«Ehi! Ma tu non sei… l’amica della sposa?»
«L’amica di Amira.»
«Sì, sì, Amira… Cosa ci fai qua?»
«Cosa ci fai TU qua, al bar della MIA università ?»
«Sono venuto a trovare lui…»
L’altro, quello a cui ho dato del belloccio per generosità , è in realtà un coglione con la tipica faccia da figlio di papà , indossa una camicia abbottonata fino al collo a minacciare da molto vicino la giugulare, occhialetti dalla montatura gialla (!!!), ha le labbra molto sottili e l’aria molto cattiva, e si limita a farmi un cenno praticamente pari a chi-sei-non-mi-interessa-sparisci.
«Lui…»
«Be’, sì, è un mio amico, studia anche lui giurisprudenza, pensa.»
«Come fai a sapere che studio giurisprudenza?»
«Be’… sei qui.»
«Esistono altri cinque corsi di laurea in questa sede.»
«Ah sì? Non lo sapevo.»
«Mmm.»
Lo guardo. Non è affatto bello come lo ricordavo. Lo smoking lo migliorava parecchio. Ora i capelli, senza gelatina, ricadono scomposti, lo sguardo è molto poco intelligente, anzi, oserei definirlo da pesce lesso.
Non può essere lo stesso ragazzo!
L’alone di charme che sembrava avvolgerlo la notte del matrimonio di Amira è misteriosamente sparito.
«Be’… vieni a mangiare una cosa con noi?»
«Ecco, io… ho un appuntamento con un professore tra meno di un’oretta, non credo ci sia tempo…»
«Ma sì che c’è. Qui vicino c’è un posto molto carino che fa piatti squisiti, non ci metteremo molto.»
Ecco, io sono proprio il genere di persona che di fronte a questo tipo di insistenze non riesce ad opporsi, neanche debolmente, e a declinare l’offerta. Finisco sempre per cascarci.
Mentre ci incamminiamo, mi parla di Paolo, come se me ne importasse qualcosa. Sua madre è algerina, suo padre italiano, studia giurisprudenza anche lui ma ha un anno meno di me, gioca a golf bla bla.
Io ogni tanto annuisco, guardo Paolo, poi mi soffermo di nuovo sul mio Mister X, cerco di ricordare cos’era che me l’aveva fatto sembrare così affascinante quel giorno. Sono disperata: non posso essermi sbagliata così tanto.
Arriviamo nel posto molto carino e ci sediamo.
Paolo va in bagno e Mister X mi sorride.
«Allora era proprio destino.»
«Cosa, scusa?»
«Che noi due ci conoscessimo.»
Ecco, adesso attacca con la storia che da qualche parte tutto è già scritto dobbiamo solo seguire il sentiero scelto per noi da qualche parte una stella brilla per me, il cielo, la luna, l’amore eccetera…
«Veramente io non so chi sei… cioè, so che sei il cugino di Shedi. Ma non so neanche come ti chiami. Ecco, quindi mi sembra un po’ strano stare seduta a pranzare con una persona di cui non conosco neanche il nome.»
Mentre lui accenna un’espressione ferita, Mr Giugulare in pericolo arriva, tutto trafelato, brandendo il cellulare.
«Scusatemi, ragazzi, ho un problema.»
«Ma…»
«Ti spiegherò tutto più tardi, ora devo scappare. Mi spiace davvero, ma non posso proprio restare! Ci sentiamo più tardi.»
Prende la sua borsa mentre io lo guardo come in trance.
«Ah…»
Si volta verso di me, colpito da un tardivo senso di colpa.
«… naturalmente è stato un piacere conoscerti.»
Poi se ne va, insignificante com’è venuto. Lo guardo sgambettare fuori mentre addento i grissini al rosmarino.
Bene, ora inizio a trovare la situazione imbarazzante. Davvero imbarazzante.
Inizio anche a chiedermi perché sono qui, perché lui è qui, ma soprattutto, come diavolo si chiama.
«Strano, Paolo non fa mai questo genere di cose. Dev’essere un’emergenza»
«Già .»
«…»
«… ahem…»
«Be’.»
«Come ti chiami?»
«Io?»
«Tu.»
«Signori, cosa vi porto?»
Un cameriere basso dallo sguardo fastidioso ci fissa insistente, io allora do un’occhiata veloce al menu e ordino la prima cosa che vedo, Mister X dice «Per me la stessa cosa, grazie» che è una cosa che francamente trovo insopportabile.
«Sembra che non sia destino che tu sappia il mio nome.»
E rieccolo con ‘sto destino. Giuro che se lo tira in ballo un’altra volta gli sputo i grissini in faccia a mitraglietta e poi me ne vado.
«Be’, mettiamola così. Forza un po’ questo benedetto destino prima che arrivi il mio pranzo perché non c’è modo di mangiare con te se non so almeno come ti chiami.»
«Yusef.»
«Bene. Ciao, Yusef.»
Mi allunga la mano, anche se non avevo affatto intenzione di stringergliela.
Gliela stringo, perché non posso fare altrimenti, ma è sudaticcia e appiccicosa. Proprio quello che mi aspettavo.
«Be’, cosa fai nella vita, Yusef? A parte importunare le ragazze ai matrimoni mentre sono occupate in situazioni imbarazzanti, come cercare di ripulirsi il vestito dalla torta?»
«Mah, non so, tranquillizzo mia mamma che si fa rovesciare una caraffa piena sul vestito dalle madri delle ragazze occupate in situazioni imbarazzanti.»
«Mmm… Be’, dev’essere una vita molto eccitante, la tua.»
«A tratti.»
La sua loquacità è davvero sorprendente. Eh, che uomo.
«Be’…»
«Dunque, tu sei di Alessandria?»
«Già . E tu?»
«Sì, anche i miei vengono da lì. Ci vai ogni tanto, o sei il tipo di ragazza che detesta andarci ma ci viene trascinata ogni anno dai genitori?»
«Ti do quest’impressione?»
«Non so, potrebbe darsi.»
Risposta decisamente stupida.
«Be’, Yusef, io non sono il tipo di ragazza che bla bla, e adoro Alessandria, il lungomare, la biblioteca, la gente, i mercati, Khan El Khalili, le piramidi, e perché no, anche Sharm El Sheikh, anche se è peggio di Rimini.»
«Bene, perché anch’io adoro Alessandria, anche se non credo che riuscirei mai a viverci.»
«Certo, ti capisco. È un bel salto, rispetto a Milano.»
«Ma non credo che riuscirei a vivere nemmeno a Milano. Prima o poi me ne vado.»
«Prima o poi ce ne andremo tutti.»
«Che intendi dire, scusa?»
«Che noi non abbiamo particolari legami con Milano. Siamo solo di passaggio. Noi siamo gli apolidi, quelli che non sono a casa loro da nessuna parte. Quelli un po’ in mezzo.»
«Non è detto che siamo costretti ad esserlo. Possiamo scegliere.»
«E allora perché te ne vuoi andare da Milano?»
«Perché la trovo come una signora in pelliccia.»
«In pelliccia?»
«Già . Fa la sua figura, vale molto, ma ti mette tristezza.»
Forse ha ragione. Forse il pesce lesso ha detto una cosa sensata.
Rimaniamo zitti per qualche istante. Forse a pensare.
Sono invi...