L’ubicazione del bene
Le foglie secche racchiudono pannocchie. I tubi dei trattori aspirano il terreno, risucchiano polvere dalle rogge prosciugate come le proboscidi di elefanti assetati. Tra pochi giorni la mietitrebbiatrice taglierà lo sterile raccolto nel campo in fondo alla strada. I gatti spaventati dal grosso faro centrale ingrandiranno gli occhi gialli. I cani dietro le inferriate correranno avanti e indietro, lungo la prigione dello sguardo, abbaieranno verso quella luna rumorosa, precipitata finalmente piú vicina.
Voi tutti, eccetto me, potete partecipare, personalmente o tramite un procuratore speciale. Non vi occorre l’assistenza di un legale o di un altro professionista. L’immo-bile è stimato dal perito del tribunale. Oltre al prezzo pa-gate i soli oneri fiscali, Iva o imposta di registro, con le agevolazioni di legge. Non pagate il rogito notarile o la mediazione. Potete comprare i numeri della conservatoria, le barre, le frazioni, le iscrizioni, le abbreviazioni, le certificazioni, le integrazioni delle iscrizioni, l’oggetto delle trascrizioni, i trattini, i puntini tra una cifra e l’altra, gli estremi dell’atto di quel giorno che ho firmato, il tutto già censito in mappa, questo accumulo di io che si espande e torna su se stesso, ridotto.
page_no="15" 2258963 Cortesforza (Milano) Via Carlo Borromeo 10/E. Villetta unifamiliare, superficie commerciale di circa 160 metri quadrati con annessi 10 metri quadrati di veranda, 15 metri quadrati di terrazzo, 8 metri quadrati di balconi, 20 metri quadrati di box, 300 metri quadrati di giardino. Villetta composta al piano seminterrato da lavanderia con caldaia, locale magazzino, box; piano terra composto da zona giorno con ingresso, salone, cucina a vista, servizi e veranda; piano primo composto da zona notte, tre camere da letto, due servizi, due balconi di 4 metri quadrati ciascuno; piano secondo mansardato, composto da locale hobby, ripostiglio, servizio.
Al primo piano, mia moglie Alessandra veste Matteo, nostro figlio. È sabato pomeriggio, Alessandra vuole an-dare al circo, sembrare una famiglia, oggi le amiche e gli amici di Matteo vanno al circo con i genitori, dobbiamo far credere a Matteo che tutto continui come sempre, lo prepareremo alla separazione con calma.
Non voglio parlare di un matrimonio finito, questa è la storia di un luogo, il luogo che sta intorno alla casa di via Carlo Borromeo 10/e a Cortesforza, Milano.
Dovrei raccontarvi il motivo per cui la casa è pignorata? Interesserebbe davvero a voi, potenziali acquirenti della mia casa pignorata, sapere perché non ho piú pagato il mutuo? Potrei essere il cassiere di una banca ossessionato dal sottile spostamento d’aria delle banconote, un piastrellista alcolizzato e innamorato, un caporeparto vittima di una ristrutturazione aziendale, un chitarrista stanco di suonare in una band di cover, un comico cocainomane distrutto dalle sue battute, un idraulico rovinato dal socio o semplicemente uno che non ce la fa.
Voi potenziali compratori della mia casa pignorata pensate solo al prezzo, alle condizioni dell’abitazione, alla zona, ai vicini.
Ecco, vi racconterò alcuni fatti accaduti in questi anni attorno all’ubicazione del bene.
Utilizzo le parole del geometra Pierluigi Morelli – con studio a Milano, in viale Misurata numero 834, iscritto all’Albo dei consulenti tecnici del tribunale di Milano al numero 897851 – per descrivervi Cortesforza.
Ubicato nella zona sud ovest della provincia di Milano, lungo la Strada Statale 494, e piú precisamente nel lembo di terra tra Vermezzo e Abbiategrasso, Cortesforza è un comune di 1574 abitanti (dati aggiornati alla stesura della perizia) situato a 101 metri sul livello del mare. La superficie è di 3,9 chilometri quadrati. Cortesforza è un piccolo comune che negli ultimi due decenni ha avuto uno sviluppo residenziale costante ma coerente e contenuto, grazie al quale ha mantenuto la sua principale peculiarità: un centro abitato a misura d’uomo.
Nei secoli scorsi Cortesforza è stata la riserva di caccia delle nobili famiglie milanesi. I rampolli delle piú insigni casate passavano i loro giorni di svago e formazione nei terreni di Cortesforza, con l’intento di migliorare e affinare le loro indiscusse abilità venatorie.
L’unità pignorata fa parte di un gruppo di cinque villette edificate nove anni fa in via Carlo Borromeo. L’unità pignorata è contrassegnata dal civico 10/E, la villetta a destra quasi in fondo alla strada.
– Mio marito mi dà i pugni in testa da quarantasei anni.
La signora Moriero è in giardino, parla al telefono, nei mesi estivi siede sulla sdraio, si accarezza le vene varicose. Ha settantaquattro anni, è nata in Calabria, si chiama Vittoria Lo Jacono ma si presenta sempre come signora Moriero. Suo marito si chiama Domenico Moriero. Ha settantacinque anni, è andato in pensione diciassette anni fa. È nato in Calabria, a ventitre anni è emigrato per lavorare come autista all’Azienda Trasporti Municipali, ora Azienda Trasporti Milanesi Spa. A ventisette anni, il signor Moriero ha presentato un certificato medico di invalidità fisica causata da un’aritmia cardiaca. Ha fatto il bigliettaio per otto anni. Quando l’Atm ha messo le obliteratrici sugli autobus, il signor Moriero è stato assegnato a un deposito di pullman, senza una mansione specifica. È rimasto seduto nella sala ricreazione del deposito di autobus per ventitre anni. Ha giocato a carte con i colleghi fuori turno, improvvisato uno spaccio aziendale e una cucina.
I Moriero hanno comprato la villetta 10/d nove anni fa. Prima di vivere a Cortesforza abitavano a Corsico.
Quarantasei anni di pugni in testa. Non cinquanta generici anni di botte. Non mezzo secolo di schiaffi. Quarantasei anni di pugni in testa. È possibile dubitare di tale precisione? È possibile che, nella furia dei pugni, il signor Moriero circoscriva la sua rabbia solo al cranio della signora Moriero, tralasciando tempie, zigomi, collo, spalle, il costato tutto?
Il signor Moriero e la signora Moriero, al di là dei quarantasei anni di pugni in testa, sono una coppia affiatata.
Voi, potenziali acquirenti della mia casa pignorata, sappiate che il signor Moriero difende sempre la signora Moriero quando la moglie ha una disputa con il mondo esterno alla recinzione del 10/D.
page_no="18" Il signor Moriero ha fatto altri lavori: meccanico, ciabattino, fattorino, benzinaio, disinfestatore. Ha mantenuto buoni rapporti con tutti, a distanza di anni chiede un gettone gratis per l’autolavaggio al benzinaio. Adesso lavora per un ambulante che ha la bancarella di frutta e verdura.
I giorni precedenti ai tre mercati settimanali, l’ambulante passa dal signor Moriero alle tre del mattino, vanno all’ortomercato di Milano. L’ambulante e il signor Moriero selezionano la frutta e la verdura per i tre mercati. Il signor Moriero seleziona la frutta e la verdura commestibile ma invendibile al mercato, la prepara accuratamente e la consegna ai ristoranti della zona.
Questi fatti me li ha raccontati Gianni Minerva, il tassista del 10/C. Io e il signor Moriero abbiamo parlato poco durante i nove anni di vicinato. L’anno scorso però il signor Moriero ha accorciato di venti centimetri la siepe che divide il 10/E dal 10/D, cosí adesso, anche in giardino, possiamo guardarci. Proprio nell’ultimo anno ho chiacchierato un paio di volte lungo la siepe divisoria. Il signor Moriero parlava e gli osservavo le mani, mani normali, hanno contato soldi, guidato autobus per quattro anni, riempito serbatoi di benzina, ucciso scarafaggi, accarezzato il nipote, colpito la testa della signora Moriero per quarantasei anni.
Mercoledí pomeriggio, dopo pranzo, mi stavo appisolando sul divano quando qualcuno ha citofonato. Negli ultimi tempi capita spesso, credo siano scherzi dei ragazzini, gli stessi che pochi anni fa citofonavano con insistenza durante la notte di Halloween.
Era il signor Moriero. Aveva una cassetta di verdura in mano. Mi ha salutato con un cenno della testa. Alessandra era al lavoro. Sono andato incontro al signor Moriero per aprirgli il cancelletto. Indossava la divisa sgualcita dell’Atm.
– Un po’ di verdura per lei.
– Oh, grazie.
– Ogni tanto aiuto un amico al mercato. Come va?
Il signor Moriero, saputo del pignoramento, cercava informazioni sulla casa, voleva entrare per suggerire l’af-fare a qualche conoscente a cui chiedere poi un favore. Davanti a una cassetta di verdura, un uomo in difficoltà come me avrebbe ceduto.
– Tutto bene, – ho detto.
– Ho saputo che andate via.
– Sí, andiamo via.
– Mi dispiace, dopo tanti anni, uno si abitua. Poi chissà chi viene.
– Non dipende da noi, signor Moriero, lei lo sa.
– Dipende da tante cose.
– Allora grazie.
– Ah, sí, tenga la cassetta.
I pomodori luccicavano sul tavolo della cucina, sembravano lucidati dalla signora Moriero con un prodotto per l’argenteria. Patate, zucchine e un cavolfiore rigoglioso completavano l’assortimento, era come se il signor Moriero avesse creato un’edizione speciale non destinata ai mercati e nemmeno ai ristoranti. Ho sistemato la cassetta del signor Moriero nell’angolo della cucina e lasciato il cavolfiore sul tavolo, per cucinarlo a cena. Alessandra è rientrata alla sette e mezza dopo aver recuperato Matteo dai nonni. Alessandra e Matteo cenano spesso a casa dei genitori di Alessandra. Mercoledí sono rientrati prima, si è accesa una spia rossa.
page_no="20" – Per favore, puoi controllare la macchina?
– ha chiesto. Mentre rabboccavo l’olio del motore, ho sentito un urlo. Sono tornato in cucina di corsa, Alessandra aveva il coltello in mano e un’espressione di orrore.
– Dove hai preso il cavolfiore?
– Perché?
– Dove l’hai comprato?
– Cosa importa?
– Dimmi dove l’hai comprato!
– L’ho comprato.– Sono mesi che non fai la spesa.
– L’ho comprato e basta.
– Non l’hai comprato al supermercato, ci sarebbe il sacchetto del supermercato. Dove fai la spesa senza macchina?
– Sí, vai in giro senza olio.
– Non cambiare discorso. Dove l’hai comprato?
– Non l’ho comprato al supermercato.
– E dove?
– Ma smettila.
– Se non l’hai comprato, l’hai rubato o te l’hanno regalato.
– Sei noiosa.
– Non sei capace nemmeno di rubare!
– Non alzare la voce.
– Non sto alzando la voce! Te l’hanno regalato?
– Stai alzando la voce.
– Te l’hanno regalato! Viene da quella cassetta?
– Può darsi.
– Rispondi.
– Sí, è nato in quella cassetta. Che cazzo ha questo cavolfiore?
Mi sono avvicinato, Alessandra stringeva il coltello da cucina con cui aveva tagliato in due il cavolfiore. L’acquagià bolliva in pentola, il vapore saliva vicino alla cappa, indugiava prima dell’improvviso risucchio che lo spediva nel tubo collegato al cielo.
– Vedi?
Proprio nel centro del cavolfiore, una larva lilla.
– Ho schifo solo a guardarla.
– Una larva nella verdura può capitare.
– Capita solo a noi.
– Quante larve abbiamo visto in nove anni?
– Capita tutto a noi.
– Rispondi, quante larve?
– Col cavolfiore del supermercato non è mai successo.
– Butto tutto nel secchio.
– Cosa?
– Butto il cavolfiore con la larva nella raccolta differenziata.
– No! Non voglio una larva in cucina! Questa è ancora la mia cucina!
Alessandra ha aperto la portafinestra della cucina e lanciato le due metà del cavolfiore in giardino.
– Amore, cosa c’è?
– ha chiesto.
– Mamma, mangiamo qualcosa?
– ha detto Matteo.
– Visto, che gridavi?
– ho detto ad Alessandra.
– Amore, ti preparo subito qualcosa di buono.
Sono ritornato in box e ho verificato il livello dell’olio, rabboccato un altro litro e atteso che l’olio scendesse nel motore. Il sedile avvolgeva e invitava al sonno. Ho girato a fatica la chiave, sentivo un peso, un formicolio al braccio, il dolore si estendeva alla spalla, fosse stato il sinistro avrei creduto a un infarto. Ho acceso il quadro elettrico, la spia rossa era sparita, la macchina profumava come al solito di fragola, un’essenza di fragola sintetica scendeva dalle narici alla gola e piú in giú , dettava i tempi del respiro, entrava nello stomaco dove vagava, ignorava le gambe e il sesso, mi sentivo un mutilato alla fragola, l’odore ritornava alla bocca e da lí al confine della testa, nel pulsare della tempia sinistra.
Alessandra ha messo Matteo a letto, si è sdraiata sul divano per guardare qualcosa in televisione. Mi sono affacciato alla portafinestra della cucina, il cavolfiore era mimetizzato nell’erba, se non avessi saputo che era un cavolfiore a metà avrei scambiato quei due tranci per piccoli ricci. Alessandra dormiva sul divano, mi sono avvicinato al telecomando e ho guardato la testa reclinata sul cuscino, la bocca semiaperta schiudeva il deposito di saliva entro cui macerava la lingua. Da quanto tempo non ci baciavamo? Non ricordavo l’ultima volta che avevamo fatto l’amore, di certo era accaduto molto prima che smettessi di pagare le rate del mutuo.
Ho cambiato canale, una pubblicità ha svegliato Alessandra, che ha aperto gli occhi riconoscendo qualcosa di familiare. Tranquillizzata e in dormiveglia è andata in camera da letto, lasciando le ciabatte ai piedi del divano. Ho preso il suo posto, il divano era caldo, quasi sudato, mi sono accorciato e sistemato nel calco di Alessandra, fino al sonno.
Al mattino sono uscito presto in giardino, ho strizzato gli occhi come in spiaggia dopo il sonnellino pomeridiano sotto l’ombrellone. Il cavolfiore era piú vicino di quanto pensassi, le due parti erano rotolate nel modo irregolare e misterioso dei palloni da rugby. Il verde dell’erba brillante di brina aveva accentuato il pallore del cavolfiore. La metà alla mia destra era senza larva. Anche l’altra metà era senza larva. Ho cercato tra gli steli bassi, forse un insetto o un uccello avevano mangiato la larva, oppure la larva aveva lasciato il guscio con lenta ostinazione, per ricominciare da qualche parte. Prima che Alessandra si svegliasse per andare al lavoro, sono uscito di casa e ho buttato le due metà del cavolfiore nel cestino comunale dei rifiuti, davanti al 10/C.
Gianni Minerva ha trentanove anni, fa il tassista da quindici. Quando ha iniziato era il piú giovane tassista di Milano, come ribadisce ogni tanto con orgoglio. Sposato con Claudia, hanno un figlio, Andrea, di quattro anni, uno dei migliori amici di Matteo. Gianni...