Hérault-Séchelles, alcune signore al tavolo da gioco.
Danton e Julie un po’ in disparte. Danton su un panchetto ai piedi di Julie.
DANTON Guarda la bella signora, con quale grazia gira le carte! Quella sí che sa come si fa; dicono che al marito dia sempre cuori, e agli altri quadri1. – Voi riuscireste a farci innamorare persino di come mentite.
JULIE A me credi?
DANTON Che ne so! Sappiamo poco l’uno dell’altra. Siamo di pelle spessa, stendiamo le mani per toccarci, ma è uno sforzo vano, ci sfreghiamo solo il grezzo cuoio l’uno contro l’altra – siamo molto soli.
JULIE Danton, tu mi conosci bene.
DANTON Sí, nei limiti di ciò che si intende per conoscere bene. Hai occhi scuri e capelli ricci e un colorito delicato e mi dici sempre: «caro Georges!» Ma (le indica la fronte e gli occhi) qui dietro, qui, che cosa c’è? Suvvía, abbiamo sensi grezzi. Conoscerci bene? Dovremmo spaccarci la calotta cranica e tirar fuori a forza, tu a me e io a te, i pensieri dalle fibre cerebrali.
UNA SIGNORA (a Hérault) Che intenzioni ha con quelle dita?
HÉRAULT Niente!
SIGNORA Non muova il pollice a quel modo, non è bello!
HÉRAULT Guardi un po’, ha una sua particolare fisionomia. –
DANTON No, Julie, io ti amo come la tomba.
JULIE (ritraendosi) Oh!
DANTON No, stammi a sentire! La gente dice che nella tomba c’è quiete, e che tomba e quiete sono una cosa sola. Se questo è vero, dentro il tuo grembo io sono già sotto terra. Oh dolce tomba, le tue labbra sono campane a morto, la tua voce il mio rintocco funebre, il tuo seno il mio tumulo e il tuo cuore la mia bara.
SIGNORA Perso!
HÉRAULT Va bene, ma è stata un’avventura amorosa, e le avventure amorose al solito costano denaro.
SIGNORA Quindi Lei le sue dichiarazioni d’amore le fa con le dita, come un sordomuto.
HÉRAULT Ma sí, perché no? C’è persino chi sostiene che sono proprio quelle le piú semplici da capire. – Mi sono dato a una tresca con una carta da gioco, una regina; le mie dita erano principi trasformati in ragni, Lei, Madame, era la fata; ma è andata male, la regina era sempre in puerperio, riceveva fanti e sfornava infanti. Non permetterei mai a mia figlia giochi del genere, fanti e regine finiscono l’uno sopra l’altra in modo molto sconveniente e subito dopo arrivano gli infanti.
Entrano Camille Desmoulins e Philippeau.
HÉRAULT Philippeau, che sguardo cupo! Ti si è strappato il berretto rosso?2. San Giacomo ha fatto una brutta faccia?3. S’è messo a piovere mentre la ghigliottina era al lavoro? Oppure ti hanno assegnato un pessimo posto e non sei riuscito a vedere niente?
CAMILLE Stai facendo la parodia di Socrate. Lo sai, no, che cosa domandò il Divino ad Alcibiade, un giorno che lo trovò rabbuiato e depresso: «Hai perso lo scudo sul campo di battaglia? Sei stato battuto nella gara di corsa o nel duello con la spada? Un altro ha cantato o ha pizzicato la cetra meglio di te?» Ah, che classicismo è quello dei repubblicani! Non c’è confronto col nostro romanticismo della ghigliottina!
PHILIPPEAU Oggi sono cadute altre venti vittime. Abbiamo sbagliato, gli hebertisti sono stati mandati al patibolo4 solo perché non agivano in modo sufficientemente sistematico, e forse anche perché i decemviri si sarebbero considerati perduti se per una settimana ci fossero stati uomini piú temuti di loro.
HÉRAULT Ci vorrebbero far passare per esseri di prima del diluvio. Saint-Just vedrebbe di buon occhio che noi tornassimo a trascinarci sulle quattro zampe, in modo che l’avvocato di Arras5, rifacendosi alla tecnica dell’orologiaio di Ginevra6, ci possa inventare caschi anticaduta, banchi di scuola e un domineddío.
PHILIPPEAU A tal fine non esiterebbero ad aggiungere altri zeri ai conti fatti da Marat7. Per quanto ancora dobbiamo essere sudici e imbrattati di sangue come bambini appena nati, avere per culla le bare e giocare con le teste? Bisogna andare avanti: è necessario imporre un Comitato di clemenza, i deputati espulsi devono essere riammessi!8.
HÉRAULT La rivoluzione è entrata nella fase della riorganizzazione. – La rivoluzione deve cessare, e deve avere inizio la Repubblica. – Nei fondamenti del nostro Stato il diritto deve prendere il posto del dovere, il benessere quello della virtú e la legittima difesa quello della punizione. Ciascuno deve avere la possibilità di affermarsi e di imporre la propria natura. Che sia ragionevole o irragionevole, colto o incolto, buono o cattivo, allo Stato non importa niente. Siamo tutti pazzi, ma nessuno ha il diritto di imporre agli altri la propria specifica pazzia. – Ciascuno deve avere la possibilità di godere a modo suo, e tuttavia non danneggiando o disturbando il godimento degli altri.
CAMILLE La forma dello Stato dev’essere un vestito trasparente che aderisca bene al corpo del popolo. Ogni turgore di vena, ogni tensione di muscolo, ogni guizzo di tendine deve segnarlo con la sua impronta. La sua figura può essere bella o brutta, ma ha il diritto di essere come è; noi non siamo autorizzati a ritagliargli una giacchetta a nostro piacimento. – Colpiremo sulle dita coloro che vogliono gettare il velo da monaca sulle spalle nude della piú amabile tra le peccatrici, la Francia. – Noi vogliamo divinità nude, baccanti, giochi olimpici, e labbra melodiose: ah, l’amore malvagio, che scioglie le membra! – Noi vogliamo che i Romani senza alcun impedimento si mettano in un angolo a cuocere rape, però devono rinunciare a darci spettacoli gladiatorii. – Il divino Epicuro e Venere dal bel didietro devono diventare i portinai della Repubblica in luogo dei santi Marat e Chalier. – Danton, tu porterai l’attacco alla Convenzione!
DANTON Io porterò, tu porterai, egli porterà. Se saremo ancora in vita! dicono le vecchie. Passata un’ora, sono trascorsi sessanta minuti. Non è vero, ragazzo mio?
CAMILLE E che significa? È ovvio.
DANTON Oh, tutto è ovvio. Ma tutte queste belle cose ovvie chi le farà?
PHILIPPEAU Noi e le persone oneste.
DANTON Questa «e» in mezzo a noi e alle persone oneste è una parola lunga, ci tiene un po’ a distanza; sí, è un tratto lungo, e prima che ci ricongiungiamo l’onestà resta senza fiato. E se anche ce la facesse! – alle persone oneste si può prestare denaro, si può far da padrino e dare in sposa la figlia, ma non piú di questo!
CAMILLE Se lo sapevi, perché hai dato inizio alla battaglia?
DANTON Quella gente mi ripugnava. Non ho mai potuto guardare questi Catoni ampollosi senza dar loro un calcio. Sono fatto cosí. (Si alza).
JULIE Te ne vai?
DANTON (a Julie) Devo, con la loro politica mi hanno sfinito. – (Uscendo) Qui, su due piedi, vi farò una profezia: la statua della libertà non è stata ancora fusa, la fornace arde, e tutti noi possiamo ancora bruciarci le dita. (Se ne va).
CAMILLE Lasciatelo andare! Credete che terrebbe le dita lontano dalla fornace, se si dovesse arrivare ad agire?
HÉRAULT No, ma lo farebbe solo per passatempo, come se giocasse a scacchi.
UNA STRADA
Simon. La sua donna.
SIMON (picchia la donna) Brutta ruffiana, pillola grinzosa di sublimato, verminosa mela del peccato!
DONNA Ahi, aiuto! Aiuto!
PERSONE (arrivando di corsa) Separateli, Separateli!
SIMON No, lasciatemi, Romani!9. La voglio fare a pezzi questa carcassa! Vestale!
DONNA Vestale a me? Ma guarda questo.
SIMON Cosí io ti strappo la veste dalle spalle.
Poi scaglio al sole la tua carogna nuda.
Letto di puttana, in ogni grinza del tuo corpo si annida la lussuria.
Vengono divisi.
PRIMO CITTADINO Che succede?
SIMON Dov’è la vergine? Parla! No, non posso chiamarla cosí. La ragazza! No, neanche cosí. La donna, la femmina! Neanche cosí, neanche cosí! C’è un unico ...