Il Grifo e il Leone
eBook - ePub

Il Grifo e il Leone

Genova e Venezia in lotta per il Mediterraneo

  1. 344 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il Grifo e il Leone

Genova e Venezia in lotta per il Mediterraneo

Informazioni su questo libro

Una ricostruzione che consente di riportare alla luce il profilo di un Medioevo diverso: quello marittimo e navale, dove gli orizzonti improvvisamente si allargano e dove piccole città si rendono 14 protagoniste di rivoluzioni – da quella commerciale a quella nautica, a quella finanziaria – capaci di mutare il corso della storia.La più grande battaglia navale del Medioevo. L'Aquila contro il Grifo, Pisa contro Genova, in lotta per l'egemonia sul Mediterraneo. Un 'grande gioco' con al centro il controllo dei commerci con l'Asia che parte dalla Terrasanta, passa per la Sicilia e arriva fino alla Corsica e alla Sardegna.

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Informazioni

IX.
La seconda guerra veneto-genovese

1. Laiazzo, 1294

Furono i veneziani a dare inizio alle ostilità, approfittando dell’isolamento genovese conseguente al conflitto contro Pisa, la quale, nel luglio del 1293, s’era riappacificata con Lucca e Firenze stipulando una pace separata ch’escludeva del tutto il porto ligure. Le vicende sono compendiate dalla Cronaca del Templare di Tiro. Iacopo Doria abbandona, infatti, il proprio compito, interrompendo la plurisecolare tradizione annalistica locale; la Chronica civitatis ianuensis di Iacopo da Varagine, arcivescovo di Genova tra il 1292 e il 1298, contemporanea ai fatti, risulta, invece – non diversamente dalle cronache veneziane, tutte posteriori –, confusa, pur diffondendosi sui preparativi degli scontri. Come si vedrà, sarà l’opera d’un anonimo poeta genovese a colmare molte lacune. Quella del Templare, a ogni modo, è una testimonianza preziosa, giacché pienamente consapevole della situazione orientale. A suo dire, le 14 galee veneziane partite al comando di Marco Basilio, a difesa della consueta muda autunnale, si sarebbero dirette a Cipro, dove, probabilmente per rappresaglia rispetto all’incidente dell’estate precedente,
abbatterono i merli della torre di Genova che è a Limassol, e abbatterono la loggia dei genovesi, e presero il bastone dipinto con le armi di Genova e lo trascinarono per terra legato a una corda, e fecero grandi minacce ai genovesi, così che nessun genovese osò apparire a Limassol, e se ne andarono a Salinas, e trovarono là il re Enrico di Gerusalemme e di Cipro, e il capitano delle galee sbarcò tardi la notte e parlò con il re e gli diede le lettere che il doge gli mandava. E discorrendo a lungo, il re gli domandò perché erano venuti con tante galee, e quelli dissero che volevano vendicarsi di molte piccole offese che gli avevano fatto i genovesi, e il re gli disse che facessero attenzione che i genovesi non si armassero a loro volta. Il capitano rispose che si erano armati con tanti soldati che non avrebbero temuto 50 galee di genovesi, li conoscevano bene, poiché erano figli di quelli che li avevano sconfitti in passato, e disse queste parole al re in presenza di messer Filippo d’Ibelin e di molti cavalieri e dei suoi uomini che si trovavano là, e io, Dio lo sa, l’ho scritto come l’ho sentito, poiché mi trovavo là339.
La situazione, dunque, pareva volgere al peggio. Il castellano di Famagosta, Filippo di Brie, consigliò ai genovesi residenti di ritirarsi nell’interno, pena la propria incolumità. I veneziani, però, preferirono abbandonare l’isola alla volta di Laiazzo. Sulla via
presero una nave dei genovesi e la fecero riscattare per 1500 bisanti bianchi, e si presero tutte le armi e trascinarono in mare le bandiere di Genova gridando: «Guerra!», e restarono là a comprare mercanzie e a caricare le loro galee. E i genovesi di Laiazzo se ne fuggirono per i villaggi e dentro Laiazzo fu fatto qualche danno alle loro cose340.
La notizia dell’accaduto raggiunse una flotta genovese, anch’essa forte di 14 galee – segno che le due parti erano tornate a osservarsi a vicenda –, intenta a recarsi in Romània, la quale, dopo aver fatto scalo a Costantinopoli e aver affidato all’imperatore le proprie mercanzie, opportunamente equipaggiata, risalpò alla volta di Laiazzo con l’intenzione di vendicare l’affronto subito. Alle forze presenti in mare s’aggiunsero una galea di proprietà di Egidio Doria – al quale il Templare attribuisce la diffusione delle notizie tra Laiazzo e Costantinopoli –, due al comando di Andrea Pellato, e un natante più piccolo, per un totale di 18 legni, il cui comando fu affidato a Nicolino Spinola, che si trovava quale ambasciatore presso la corte imperiale341. Allo stesso modo, la flotta veneziana fu raggiunta da altre 18 galee, per un totale di 32 legni: una forza nettamente superiore342. Nei pressi di Korykos, lungo la costa anatolica, lo Spinola s’imbatté in
una galea di Cipro armata di gente di Siria, pisani e veneziani, gente ostile ai genovesi, tra cui c’erano alcuni che avevano offeso i genovesi, nella quale c’era messer Ottone di Grandson. E messer Ottone di Grandson, che è un cavaliere di oltremare di gran fama, parlò ai genovesi e li pregò molto che gli concedessero di andare con loro per metter pace, ma i genovesi non lo vollero permettere e lo pregarono di allontanare da loro la sua galea, che non potesse per qualche eventualità nascere alcun male, che le sue galee erano di persone che li avevano offesi in passato, e per rispetto verso di lui non volevano maltrattarli343.
Il tentativo d’intermediazione del Grandson – e, cioè, di colui che, nel 1291, aveva guidato il contingente inglese nel corso dell’assedio di Acri e che, con tutta probabilità, faceva ritorno a Cipro dopo aver assistito, a Sis, alla cerimonia d’incoronazione di Hetum II d’Armenia – fallì sul nascere. Poco dopo, le due marine si fronteggiarono al largo di Laiazzo. Un nuovo tentativo di porre fine alla faccenda fu portato avanti da alcuni frati minori, inviati dai genovesi presso le galee veneziane. Tuttavia, ricorda il Templare,
quelli non ne vollero sapere, e presero i due frati minori e li gettarono a terra con una loro barca e non li lasciarono tornare indietro dai genovesi, e vogarono con le loro galee verso le galee dei genovesi per aggredirle, e i genovesi gli sfuggirono andando verso la Montagna Nera, che è lontana da Laiazzo trenta miglia verso mezzogiorno, e gettarono là le loro ancore, e i veneziani con le loro galee giunsero là e si fermarono davanti alle galee dei genovesi, e stettero gli uni di fronte agli altri quanto gli piacque. E i genovesi si allontanarono e se ne andarono a Laiazzo e proposero nel loro consiglio di inseguire i veneziani fin dentro il golfo di Venezia, e dissero tra loro che erano galee cariche e pesanti, e se il vento le avesse sparpagliate, le avrebbero distrutte tutte, e se volevano venire allo scontro, che le avrebbero aspettate, e si prepararono e aumentarono di numero con persone del posto e aspettarono, e si legarono insieme perché erano molti meno dei veneziani344.
Era la fine di maggio del 1294: il 27, secondo l’Anonimo poeta genovese (secondo lui si trattava d’un sabato, benché il 27 maggio cadesse allora di giovedì), che dedica allo scontro un lungo componimento di carattere celebrativo (De victoria facta per Ianuenses contra Venetos in Laiacio Ermenie anno MCCLXXXXIIII, die sabati, XXVII madii); più probabilmente, il 28, giorno di San Germano, stando all’autore degli Annales Veronenses345. Nonostante la disparità numerica, i genovesi ebbero la meglio. Errori di manovra provocarono la disfatta dei veneziani. Secondo il Templare, questi avrebbero proposto, infatti,
di tenere le loro antenne un po’ alte, in modo che se i genovesi avessero voluto sottrarsi allo scontro e mettersi in cammino, avrebbero dovuto allora far vela con le loro galee e prenderli, e perciò avevano le antenne un po’ alte, perché non avrebbero dovuto far altro che mettere la barra al vento, e così presero a venire verso il porto ...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione. La schiuma della storia
  2. I. Due stili, una riuscita?
  3. II. Guerrieri e mercanti
  4. III. Prove di convivenza
  5. IV. La crociata dei veneziani
  6. V. La guerra di San Saba
  7. VI. L’alleanza difficile
  8. VII. La prima guerra veneto-genovese
  9. VIII. Tregua
  10. IX. La seconda guerra veneto-genovese
  11. X. Rotte d’Oriente
  12. XI. La terza guerra veneto-genovese
  13. XII. La quarta guerra veneto-genovese
  14. Epilogo quattrocentesco
  15. Tavole
  16. Nota bibliografica