1. L’advertising online oggi
Secondo l’ultimo Internet Advertising Revenue Report dello IAB, negli Stati Uniti gli introiti totali provenienti dall’Internet advertising nel 2011 ammontavano a 31,7 miliardi di dollari, in aumento rispetto al 2010 del 22%.
Randall Rothenberg, Presidente e CEO di IAB, ha sottolineato come il costante incremento degli investimenti nel digitale riveli la sempre maggiore notorietà che il media (perché il digitale a tutti gli effetti si può considerare tale soprattutto con l’avvento del mobile) ha acquisito nel corso degli anni tra gli advertiser, sempre più propensi a scegliere l’online per coinvolgere gli utenti. Search, display e video offrono, infatti, notevoli opportunità ai brand che vogliano puntare sul digitale e su un marketing mix sempre più complesso e quindi potenzialmente più efficace.
Tra l’altro, pare che i margini di crescita non si assesteranno nel breve termine: ad oggi, infatti, il 90% degli investimenti deriva dalle 50 aziende top in termini di fatturato. Ma anche le piccole e medie realtà stanno iniziando a comprendere l’importanza del digitale e, dopo alcuni esperimenti, hanno cominciato ad allocare budget sempre più sostanziosi per lo sviluppo dell’online. Tra l’altro, il modello di pricing per la pubblicità digitale si sta sempre più indirizzando verso il parametro delle performance, segno che non solo gli strumenti nel corso degli anni si sono affinati, ma anche che gli advertisers conoscono meglio il mezzo, lo hanno compreso e iniziano a pretendere metriche più precise e legate ai risultati.
Il comparto Internet, in termini di fatturato, ha sorpassato sia la stampa che la televisione via cavo, attestandosi al secondo posto dopo la TV in chiaro. Se gli Stati Uniti guidano la classifica in termini di online advertising market con 154,9 miliardi di dollari nel 2011, Giappone, Cina, Germania, Gran Bretagna, Brasile, Francia, Australia, Canada e Italia seguono, nell’ordine, nella top 10 dei Paesi che registrano i maggiori investimenti.
I settori merceologici che sono più attivi nel digitale sono: il retail (che rappresenta il 23% del totale della spesa in online adv), telecomunicazioni (14%), servizi finanziari (13%) e tecnologia (10%).
Anche il report Nielsen Global AdView Pulse relativo al primo trimestre 2012 conferma, nonostante il non felice momento dell’economia a livello globale, la crescita di Internet: rispetto allo scorso anno, i primi quattro mesi del 2012 hanno fatto registrare un +12% sull’ad spent, unico media in crescita in doppia cifra.
Ma quanto “pesa” l’online rispetto alla spesa complessiva in pubblicità? Secondo un studio di GroupM (unit del gruppo WPP) pubblicato nell’aprile 2012, il totale degli investimenti su Internet dovrebbe raggiungere quota 16% rispetto alle spese totali. Cifra davvero notevole se pensiamo a quanto il mezzo sia giovane.
2. Italia mercato perfetto: dalla TV ai video su YouTube
Nel nostro Paese la TV ha sempre avuto un ruolo importante. Secondo una ricerca Istat citata da Fabio Lazzarini – General Manager IAB Italia – in occasione del suo intervento Video Advertising Landscape allo IAB Seminar, il 27 giugno 2012, il 94% della popolazione italiana ha guardato la TV nel 2011. Un dato così alto di penetrazione del media televisivo non deve affatto stupire. In Italia, infatti, a dispetto di quanto accaduto negli altri Paesi occidentali, è stata la televisione e non la radio o la carta stampata a creare l’alfabetizzazione di massa. Ma anche in un Paese saldamente arroccato nelle proprie tradizioni come il nostro, le abitudini cambiano velocemente. La TV tradizionale non ha solo abbandonato del tutto l’analogico, ma ha trasferito parte del suo palinsesto su smartphone e tablet. La TV, inoltre, si sta rinnovando: in America ormai in molti si sono trasformati da spettatori passivi in utenti attivi grazie alle cosiddette connected TV, schermi interattivi, on-demand e sempre collegati ad Internet. Il video, inteso come formato, continua quindi a conservare il suo appeal per advertiser e consumatori.
Ma l’innovazione tecnologica e in generale l’evoluzione del panorama distributivo dei media ha portato, secondo il Nielsen Economic And Media Outlook di giugno 2012, ad una modifica sostanziale della fruizione dei contenuti video: oggi guardare contenuti sul computer è diventato popolare tanto quanto (e forse più che) guardarli dallo schermo televisivo.
Il video, quindi, ha trovato online nuova linfa.
Se agli albori di Internet rappresentava per gli advertiser solo un altro canale nel quale proporre gli stessi spot pensati per la TV, da alcuni anni ha iniziato a rendersi via via sempre più autonomo rispetto al media televisivo, trovando una sua particolare collocazione con soluzioni interattive sempre più lontane dalla tradizionale idea di spot e metriche sempre più sganciate dalla mera impression.
Non sorprende quindi che, secondo i dati di uno studio pubblicato da eMarketer1, le prospettive di crescita del format dell’online video abbiano numeri impressionanti: +54,7% del 2012 rispetto al 2011, +46% nel 2013, +40,2% nel 2014.
3. Il fenomeno dei video virali
Fughiamo subito qualsiasi dubbio.
Non esistono video virali a prescindere. Un video si può definire virale quando riesce a registrare un alto numero di visualizzazioni grazie al passaparola da un utente all’altro. Quindi, come sintetizza brillantemente la guida di ReelSEO – The Social Video Blueprint:
“Where viral video is more of a destination («We did it, we’ve gone viral!») [...] Viral is the end product... a video that gets a ton of view has reached viral status”
La viralità quindi, come vedremo più dettagliatamente nel corso dei prossimi capitoli, è un sapiente mix di creatività (intesa non solo come contenuto video ma anche, ad esempio, come abilità nello scegliere titolo, tag e categoria associate ad un video caricato su YouTube), pianificazione, distribuzione e promozione2.
Il primo video virale? Difficile risalire al primo contenuto che abbia avuto una diffusione virale. Oogachaka Baby con oltre un milione di view, Star Wars Kid con oltre 26 milioni di view, Numa Numa con oltre 48 milioni di view, Diet Coke+Mentos (oltre 15 milioni) ed Evolution of Dance con oltre 201 milioni di view, sono quelli che normalmente vengono citati come i primi contenuti in grado di diffondersi in maniera spontanea via mail o via social network. Da notare come la viralità di un video si possa misurare non solo in termini di condivisioni ma anche in base al fatto che numerosi utenti, trovando il contenuto divertente, lo carichino a loro volta. Ad esempio, se cerchiamo su YouTube, il già citato Star Wars Kid, troviamo 22.000 risultati: alcune sono semplici repliche del video; altre son...