1. Le nuove tecnologie della comunicazione
«Quanto più aumentano i contenuti interessanti disponibili nel Web tanto più i lettori sono incentivati a collegarsi; analogamente, quanto più aumentano le persone che “scorrono” il Web, tanto più aumenta l’incentivo a riversarvi contenuti che interessino alla gente».
T. Berners Lee
La comunicazione non va ridotta alla sola tecnica, ogni cambiamento tecnologico non costituisce di per sé una rottura rispetto al passato. L’essenza di un media non sta tanto nella performance del mezzo, quanto nel legame esistente tra la tecnologia, il modello culturale dal quale viene adottata e il progetto a cui è destinata.
Ecco perché la storia dell’industria culturale è la cronaca di stratificazioni successive in base alle quali nessun media ha mai finito per sostituire per intero un altro mezzo, anche se nemmeno uno tra gli strumenti di comunicazione è rimasto immutato a seguito dello sviluppo di una nuova forma mediale.
Nell’ambito di una visione sistemica, si può quindi ragionevolmente assumere che le varie forme di comunicazione tendano a coesistere e a evolversi attraverso una strategia di differenziazione interna, rispondendo così alle trasformazioni di un ambiente complesso e in continua imprevedibile espansione.
Il processo di convergenza innescato dai nuovi media digitali, ad esempio, non ha avuto come risultato quello di scompaginare del tutto il vecchio contesto mediale e di cancellare dalla scena l’interlocutore più antico e apparentemente più debole. La stampa, che già lottava da decenni per sopravvivere all’irresistibile avanzata di radio e televisione, è anzi riuscita a ritagliarsi un nuovo spazio di azione proprio grazie a internet.
È indubbio che l’avvento di nuovi strumenti di comunicazione sia destinato a modificare il quadro culturale, la capacità di trasmettere la struttura del sapere e, dunque, delle informazioni.
Alla velocità con la quale oggi gli strumenti digitali diffondono le news è tuttavia possibile opporre la lentezza della comunicazione quale comprensione effettiva, da parte dei lettori, del materiale informativo. Il divario tra la rapidità di cambiamento delle tecnologie, il loro impatto sulla vita individuale e collettiva e la lentezza dell’evoluzione dei modelli culturali è, infatti, sempre più netto.
Per le società post-industriali non esiste solo il problema dello sviluppo di infrastrutture appropriate per la distribuzione di dati e notizie, la diffusione dei servizi informativi è solo apparentemente un problema tecnologico: in realtà, costituisce un punto di centrale importanza economica e sociale essendo, indispensabile per tenere insieme, coesa, la società.
La trasformazione alla quale stiamo assistendo è iniziata nei primi anni Ottanta dalla carta stampata, con il passaggio dal sistema tipografico tradizionale a quello computerizzato: attraverso l’innovazione del processo, il mondo dei giornali è completamente mutato. Il cambiamento ha investito la sfera produttiva, le figure professionali e l’approccio al mercato. Per la prima volta nella storia della cultura umana tutto è elaborato, sviluppato e comunicato attraverso un solo strumento, il computer, un solo linguaggio, l’html (nelle sue sempre più evolute versioni) e un solo modello di fruizione, la Rete.
I nuovi strumenti digitali hanno portato alla moltiplicazione delle fonti, all’aumento delle informazioni trasmesse e alla generale trasformazione del modo di organizzare le notizie: l’eclettismo professionale, la computerizzazione e la miniaturizzazione del ciclo produttivo hanno trasformato qualsiasi consumatore di notizie in una potenziale fonte.
Nel nuovo ambiente comunicativo si assiste così alla singolare convivenza tra il “lettore tradizionale”, che si rapporta al nuovo medium secondo modalità in buona parte ereditate dal consumo di informazione nella forma classica di documento, e il “lettore spettatore”, abituato a utilizzare in maniera attiva codici e strumenti differenti tra loro integrati.
Il mondo della comunicazione si è, quindi, notevolmente rinnovato e il campo dell’informazione si è ampliato diversificandosi e , al contempo, arricchendosi di nuove dimensioni.
Il successo delle nuove tecnologie può essere compreso attraverso l’analisi di tre fattori essenziali: autonomia, controllo e velocità. Tutti possono agire senza intermediario, senza filtri né gerarchie e, fattore ancor più importante, possono farlo anche in tempo reale. L’abbondanza di materiale informativo è accessibile a tutti, senza alcuna competenza specifica e senza vincoli. Il singolo individuo può liberamente sviluppare le proprie conoscenze, scambiare messaggi e instaurare nuove relazioni.
L’unico limite, in questo caso, è rappresentato dalla competenza. L’accesso a qualsiasi tipo di informazione, infatti, non implica automaticamente che tutti gli utenti sappiano individuare l’informazione più adatta ai loro scopi e sappiano utilizzarla al meglio.
Il problema oggi non è più quello di produrre il materiale informativo in un quadro di risorse limitate quanto piuttosto quello di recuperare e decifrare le notizie meritevoli d’attenzione separandole dal brusio informativo: l’abbondanza e la scarsa attendibilità dell’informazione rinnovano l’importanza della funzione di decifrazione e di filtro dei giornalisti che, in base alle proprie conoscenze, sanno scegliere e arricchire l’informazione stessa.
Quanto più aumenta il flusso informativo, infatti, tanto più potenzialmente diminuisce la soglia di attenzione di chi fruisce l’informazione: di fronte all’uragano di dati che ogni giorno ci investe, a diminuire è soprattutto la capacità dell’individuo di elaborare criticamente il materiale informativo e, conseguentemente, la sua abilità di analisi dei contenuti.
Ma se è vero che ogni nuova generazione di strumenti tecnici mediante i quali comunicare risolve alcuni dei problemi antecedenti, è altrettanto vero che finisce con eluderne altri, creandone molto spesso di nuovi.
In questo senso lo sviluppo dei nuovi media digitali e interattivi non costituirebbe tanto il superamento dei cosiddetti mass media, quanto piuttosto un adattamento all’evoluzione attuale che va verso un’individualizzazione dei gusti e dei comportamenti.
Come sintetizza in maniera superba Tim McGuire, professore alla Walter Cronkite School of Journalism: «The change in the media world has been fundamental and earthshaking. In old media the formula was simple. We edit. You read. The interactive web made that forced relationship a joke. People can talk, share, argue AND do business with each other.
The newspaper was edited on a 24 hour cycle. You read when we said you could read. TV brought you news on THEIR schedule. We “pushed” news on readers and reader options were limited. Now you read, watch, and search whenever you want and you demand immediacy. Audiences now “pull” the news.
I edited a newspaper in a world where the media controlled the message. All pretenses of control are gone. Blogs, Twitter, Facebook advocacy sites etc. end that control completely. Again, this is not a media issue. The digital revolution diminished control of every industry you can mention – including politics and government. […] The only silver bullet is dramatic reinvention. […] I believe the future of the news is good because I believe the tools of our age give us more opportunity than destruction».
1.1 Quale giornalismo?
Nella prima metà del ’700 nacque il giornalismo inglese che finì con l’influenzare tutta l’Europa estendendosi sino in America e proponendo un modo di fare informazione basato essenzialmente sui principi dell’obbiettività, della trasparenza e della correttezza. È questa la ragione per cui, ancora oggi, quando si parla di giornalismo anglosassone si intende un modello giornalistico coerente e incondizionato, non legato a schemi politici e che utilizza un linguaggio semplice e diretto.
Stiamo assistendo oggi a una nuova rivoluzione: l’accesso all’informazione globale, la convergenza dei mezzi di comunicazione, l’interattività, la possibilità di predisporre di contenuti multimediali su più supporti, la personalizzazione e l’ubiquità dell’informazione hanno avviato un processo di trasformazione così radicale che forse solo il rinnovamento introdotto dalla penny press può essere considerato tanto innovatore.
Si tratta di una vera svolta nel campo del giornalismo dove tutto diventa immateriale, passando da uno stato fisico, il cartaceo, a uno virtuale costituito da bit.
La Rete consente operazioni che sino a qualche anno fa non si potevano nemmeno immaginare, come l’accesso alle banche dati in tempo reale, la possibilità di consultare libri all’interno di immense biblioteche virtuali e la disponibilità di risorse d’ogni genere. Nel Web non c’è argomento che non sia ampiamente affrontato e questo, in ultima analisi, finisce con l’agevolare anche il lavoro del giornalista che può trovare in pochi minuti tutte le informazioni che desidera.
Sciolto da ogni vincolo giuridico, internet ha però incrementato anche la pseudo-informazione: quando ogni persona può potenzialmente diventare editore di sé stesso e dire tutto ciò che vuole non è sempre agevole verificare l’autenticità e l’attendibilità di una notizia.
Certamente il Web ha rivoluzionato il mestiere del giornalista, il suo modo di lavorare, offrendogli incredibili opportunità e proiettando la professione verso una comunicazione globale che però, al tempo stesso, gli conferisce anche maggiori responsabilità.
Inoltre, il giornalista deve confrontarsi sempre ...