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Il labirinto del continuo
Numeri, strutture, infiniti
Giorgio Chinnici
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Il labirinto del continuo
Numeri, strutture, infiniti
Giorgio Chinnici
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Un libro che racconta l'evoluzione del concetto di numero: una storia appassionante che porta a scoprire e indagare il significato profondo dell'infinito, le sue molteplici forme, le sue sorprendenti e paradossali manifestazioni. Nel labirinto del continuo, espressione di Leibniz per indicare i problemi filosofici legati ai numeri, la matematica trova un filo d'Arianna che permette di districarsi, descrivendo spazio e tempo. Il volume affronta il rapporto tra matematica e filosofia nell'interpretazione del mondo, dai numeri naturali fino alle derivate, dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo.
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Thema
Biological SciencesThema
Science General1 Numeri
âE sai fare lâaddizione?â chiese la Regina Bianca. âQuanto fa uno piĂš uno piĂš uno piĂš uno piĂš uno piĂš uno piĂš uno piĂš uno piĂš uno piĂš uno?â âNon lo soâ, disse Alice. âHo perso il contoâ.
Lewis Carroll, Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (1871)
Astrazioni
La capacitĂ di contare ha accompagnato lâuomo fin da epoche antichissime, perse nella nebbia del tempo.
Nei primi stadi del suo sviluppo lâessere umano possedeva il concetto di quantitĂ in una maniera piuttosto rozza che non andava molto al di lĂ della semplice contrapposizione tra un singolo oggetto e molteplici oggetti dello stesso tipo: tra un albero e una foresta, tra una preda e diverse prede, tra un nemico e svariati nemici. Ovvero, lâuomo primitivo al pari di quello moderno poteva distinguere a un livello cognitivo immediato tra uno, due e molti, o comunque riconoscere, senza bisogno di contare esplicitamente, le piccole quantitĂ forse fino a tre o quattro; mentre tutto il resto era semplicemente tanti.
Questo fatto ha lasciato le sue tracce nel linguaggio. In italiano, come in quasi tutte le altre lingue vive o estinte, esiste la categoria grammaticale del numero: sostantivi, pronomi, aggettivi, articoli vengono marcati con una terminazione o una forma diversa per indicare un solo esemplare (âil mio nuovo libroâ) oppure piĂš di uno (âi miei nuovi libriâ). In greco antico e in sanscrito oltre al singolare e al plurale esiste il duale, il quale marca esplicitamente un concetto quando si fa riferimento esattamente a due esemplari. Il duale era infatti presente nel proto-indoeuropeo, il progenitore comune delle moderne lingue indoeuropee, e si conserva in alcune di queste ultime come lo sloveno, il lituano e il gaelico scozzese; è inoltre una caratteristica di lingue semitiche quali lâarabo e lâebraico biblico. Ed è poi molto interessante il fatto che certe lingue (il bayso in Africa, lâhopi degli Indiani dâAmerica, il warlpiri in Australia) abbiano il numero grammaticale paucale, distinguano cioè grammaticalmente tra uno, pochi e molti. Una traccia di questa distinzione si trova anche in russo e altre lingue slave: in âun libroâ il sostantivo libro va declinato al nominativo, in âdue-tre-quattro libriâ al genitivo singolare e da âcinque libriâ in poi al genitivo plurale.
A un certo punto dellâevoluzione sociale dellâumanitĂ diventò indispensabile indicare la quantitĂ con maggiore esattezza. Bisognava sapere quanti capi facevano parte del proprio gregge, o quanti giorni erano passati da un dato evento. Prima ancora di inventare delle parole per indicare tutti i numeri e prima di rappresentarli mediante simboli allâinterno di un sistema di scrittura, gli uomini svilupparono una naturale tecnica di conteggio basata sulla corrispondenza. PiĂš esattamente, sulla corrispondenza uno a uno ovvero biunivoca. Per enumerare un gruppo non troppo grande di persone, animali, cose o persino concetti, facevano corrispondere a ognuno di essi le dita delle mani e magari anche quelle dei piedi. Al fine poi del conteggio di quantitĂ maggiori e soprattutto per poter disporre di una registrazione che permanesse nel tempo, gli antichi iniziarono a mettere da parte un sassolino per ogni capo di bestiame, per esempio, o a fare un nodo in una cordicella, o a incidere una tacca in una pietra; o su un osso, come quello ritrovato a Ishango al confine tra Uganda e Congo e che si ritiene risalga addirittura a ventimila anni fa.
Il passo fondamentale dunque è stato comprendere che cosa hanno in comune due mani e due notti, o cinque pecore e cinque piante, o tre buoi e tre tacche. Un procedimento mentale sofisticato e per nulla scontato, che ha portato allâidea di numero come concetto astratto. I numeri naturali, le entitĂ usate per contare, vengono cosĂŹ ad assumere una loro esistenza, almeno come costrutti mentali, del tutto indipendente e non limitata alla loro manifestazione in circostanze particolari concrete. Delle entitĂ su cui si può ragionare direttamente e a cui si possono attribuire proprietĂ . Portarsi a un livello piĂš alto di astrazione significa ragionare con maggiore generalitĂ : una cosa è parlare di âdue maniâ, ben altra cosa è parlare del numero âdueâ. Evidentemente, poi, è proprio su questo processo di astrazione che si basa lâimpiego di simboli per rappresentare i numeri naturali.
Il termine âastrattoâ non va quindi inteso nel senso negativo che talvolta gli si attribuisce nel linguaggio di tutti i giorni. La capacitĂ di pensiero astratto è, al contrario, proprio ciò che caratterizza le facoltĂ intellettuali superiori dellâuomo. Lâintelligenza è il sapere cogliere i concetti universali astraendoli, appunto, dalle manifestazioni particolari, concetti che altrimenti rimarrebbero sepolti e invisibili sotto la coltre dei dettagli concreti. Come dice Jorge Luis Borges (1899-1986) nel racconto Funes, o della memoria (Funes el memorioso, 1942):
Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Pensare è dimenticare le differenze, generalizzare, astrarre. Nel sovraffollato mondo di Funes non câerano che dettagli, quasi immediati.
Il geniale scrittore argentino immagina in questo racconto che il giovane Ireneo Funes, a seguito di un incidente in cui era stato travolto da un cavallo, avesse acquisito una memoria prodigiosa, sovrumana quanto opprimente, che gli impediva ogni astrazione:
Infatti, Funes non solo ricordava ogni foglia di ogni albero di ogni montagna, ma persino ognuna delle volte che lâaveva percepita o immaginata.
[âŚ]
Questi, non dimentichiamolo, era quasi incapace di idee generali, platoniche. Non solo gli era difficile comprendere che il simbolo generico cane includesse cosĂŹ tanti disparati individui di diversa taglia e diversa forma; lo infastidiva anche che il cane delle tre e quattordici (visto di profilo) portasse lo stesso nome del cane delle tre e un quarto (visto di fronte).
Il processo di astrazione, inoltre, serve a creare un modello mentale dellâoggetto o del fenomeno in esame, tenendo conto solo delle caratteristiche rilevanti e che ci interessano, ed eliminando tutte le altre. Costruire un modello maneggiabile è lâunica maniera di fare scienza.
Inoltre, è ancora un processo di astrazione quello che ci porta al concetto di figura geometrica. Dai casi particolari di un appezzamento di terreno di forma quadrata o di una ruota di forma circolare si arriva allâidea universale di quadrato o di cerchio, allâessenza di ciò che appare quadrato o circolare. Nel mondo che ci circonda non ci sarĂ mai un cerchio che sia esattamente tale, ma solo approssimazioni piĂš o meno buone ai fini pratici. Il cerchio perfetto in senso matematico, come ogni altra forma geometrica esatta, è una potente astrazione, anchâessa nata agli albori della civiltĂ da unâesigenza pratica: quella di misurare o calcolare la lunghezza di un segmento, lâarea di una superficie e infine il volume di un solido.
Grazie al modello astratto del quadrato geometrico è possibile calcolare lâarea a partire dal lato, astraendo dalle particolaritĂ dellâappezzamento reale e da caratteristiche irrilevanti di questâultimo come il tipo di terreno o la distanza dalla cittĂ . A modelli astratti si ricorre del resto non solo in matematica ma anche nelle scienze: si pensi per esempio ai concetti di forza e di energia.
Questa idea è stata pure ripresa dallâarte moderna: alcune correnti della pittura e della scultura sono incentrate proprio sullâastrazione dellâessenziale dallâoggetto o dalla scena da raffigurare.
Insiemi
Come si può intravvedere da quanto discusso, câè poi un altro concetto astratto fondamentale per la matematica che emerge quasi in punta di piedi a fianco di quello di numero: il concetto di insieme. Si può pensare infatti che un numero naturale rappresenti la cardinalitĂ di un insieme finito, la quantitĂ degli elementi che ne fanno parte. Il numero cinque è cioè, in astratto, ciò che hanno in comune non solo un insieme di cinque gettoni e lâinsieme delle dita di una mano, bensĂŹ tutti gli insiemi ...