I SETTE PRINCIPI DEL TESLISMO
Principio 1
Iperproduzione
Potenziare il sistema industriale per renderlo frugale, agile, personalizzabile e in grado di generare valore collaborativo
Una fabbrica non Ăš un luogo cosĂŹ noioso come pensa la maggioranza delle persone. Sono le macchine che producono altre macchine, e dobbiamo progettare il tutto come un sistema integrato
Elon Musk, discorso dâinaugurazione della Gigafactory
Introduzione alla iperproduzione
Come dovrebbe essere una fabbrica nel 2019? Come afferma lo stesso Elon Musk, non deve piĂč essere quel luogo brutto e molesto che Charlie Chaplin ha interpretato in Tempi moderni. Durante il discorso di inaugurazione della Gigafactory, Musk disse: âUna fabbrica non Ăš un posto cosĂŹ noioso come credono tutti. Ă la macchina che costruisce la macchina, deve essere progettata come un sistema integratoâ (YouTube, 2016).
Dâaltra parte, i dieci milioni di stabilimenti produttivi in servizio attualmente nel mondo sono ancora responsabili per il 20 percento di tutte le emissioni di CO21 (Figura 3.1).
Industria, perĂČ, oggi vuol dire anche quasi tre milioni di robot2 (Figura 3.2), 964 miliardi di euro di investimenti dedicati allâInternet of Things3 e un settore che sviluppa e realizza beni che stanno diventando sempre piĂč âsu misuraâ, anche se i produttori sono continuamente costretti a ridurre i tempi di immissione sul mercato. La situazione Ăš esemplificata dalle tre principali case automobilistiche tedesche che, negli ultimi dieci anni, hanno aumentato il volume delle opzioni offerte dal 47 percento al 113 percento, anche se il tempo di vita dei prodotti Ăš diminuito dal 10 percento al 19 percento nello stesso periodo. Le fabbriche odierne generano 19 centesimi di servizio per ogni euro che producono, con una quota tra il 30 percento e il 55 percento di tutti i posti di lavoro coinvolti che comprende una componente di servizio4.
La produzione odierna Ăš generalmente âiperâ: ipereconomica come reazione alla scarsitĂ delle risorse sfruttando le ultime tecnologie, iperagile e personalizzabile come risposta alla volatilitĂ e alla diversificazione della domanda, iperconnessa e aperta al mondo al fine di generare valore collaborativo.
FIGURA 3.1 â Emissioni di CO2 attribuibili alle industrie manifatturiere e produttive (percentuale della combustione totale di carburante).
FONTE OPEO, adattamento della versione digitale di OCSE e dellâAgenzia internazionale dellâenergia IEA.
PerĂČ, cosĂŹ come per la produzione snella, anche lâiperproduzione Ăš prima di tutto uno stato mentale.
Il modo di pensare âiperâ Ăš opportunamente riassunto nel primo principio preferito di Elon Musk: bisogna avvicinarsi sempre alla risoluzione dei problemi da una prospettiva fisica, come cita regolarmente per spiegare il suo punto di vista, richiamando la prima legge della termodinamica di Newton. Ă qualcosa che si Ăš ampiamente concretizzato in una visione disruptive, che sfida le idee preesistenti al fine di trovare soluzioni innovative per ciascuno dei processi chiave della sua azienda, in particolare in relazione allo sviluppo del prodotto e allâinnovazione tecnologica.
Applicato al mondo delle fabbriche, questo concetto Ăš stato parzialmente tradotto nellâattenzione allâestrema razionalizzazione per massimizzare la produttivitĂ di risorse preziose come lo spazio disponibile, la capacitĂ dei macchinari, la competenza delle persone, lâenergia e le materie prime. Da notare che una conseguenza Ăš anche lâossessione per la velocitĂ e lâagilitĂ del processo di produzione e per le operazioni âaperteâ al resto del mondo.
FIGURA 3.2 â Bilancio operativo mondiale stimato di robot industriali nel 2016-2017 e previsioni per il 2019-21 (in migliaia di robot).
FONTE OPEO, sulla base dei dati della Federazione internazionale di robotica, Executive Summary World Robotics 2017 Industrial Robots.
Lâiperproduzione, tuttavia, Ăš stata piĂč che una disruption frontale. In effetti, il modo piĂč accurato per teorizzarla Ăš considerarla come un âperfezionamentoâ della produzione snella. Per comprenderne le fondamenta, prima di analizzarne i principi, vale quindi la pena tornare a esaminare le basi della terza era industriale.
Produzione snella, just in time e valore aggiunto
Allâalba della terza rivoluzione industriale, gli scambi commerciali avevano giĂ iniziato ad aumentare vertiginosamente. Le catene di approvvigionamento gradualmente si stavano nebulizzando in un mondo in cui, come conseguenza, unâintera gamma di componenti industriali e semiassemblati raggiungeva mete sempre piĂč lontane. Tuttavia, a causa della crescente importanza degli aspetti finanziari dellâeconomia, della necessitĂ di reattivitĂ , del rischio di carenze logistiche e di maggiori pressioni sul capitale circolante, la maggior parte delle aziende iniziĂČ regolarmente a migliorare la propria efficienza operativa, nella speranza di ridurre il costo di questa nuova globalizzazione sfrenata. Allâinterno di questo paradigma, si distinse in modo particolare il Toyota Production System. Una coincidenza storica Ăš che il mondo aveva scoperto questo sistema grazie ai ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology, Womack, Jones e Roos, 1990) che avevano analizzato lo stabilimento NUMMI (New United Motor Manufacturing) a Fremont (California). Curiosamente, questo era lâimpianto che Toyota aveva acquisito da General Motors nel 1984 e che, in modo simbolico, Tesla avrebbe poi acquisito nel 20105.
Lâefficienza del sistema Toyota si basava su due pilastri e tre fondamenta, incentrati sul principio della riduzione al minimo degli sprechi. Per questo motivo, tutti lâavrebbero poi chiamato âlean manufacturingâ o âproduzione snellaâ (Figura 3.3, Figura 3.4).
Il primo pilastro del toyotismo era il just in time, un sistema in cui ogni anello della catena produceva esattamente nel momento richiesto dallâanello successivo. CiĂČ determinava sia la generazione di scorte molto ridotte, sia un sistema gestionale agile in grado di rispondere alle mutevoli richieste dei clienti.
Il principio sembrava semplice e diretto, ma la sua implementazione era molto complessa: richiedeva una supervisione rigorosa per rilevare eventuali problemi e risolverli il piĂč rapidamente possibile, in modo da evitare blocchi nella catena di approvvigionamento. Il sistema just in time impiegava cinque componenti: continuitĂ dei flussi, produzione a pezzi singoli, fabbricazione sincronizzata con le esigenze degli utenti finali, procedure snelle, gestione dei processi estesa allâintera catena logistica.
FIGURA 3.3 â Il tempio Toyota.
FONTE OPEO, ispirato da Womack e Jones (1990).
FIGURA 3.4 â Le otto fonti di spreco del toyotismo.
FONTE OPEO, ispirato da Womack e Jones (1990).
Uno degli obiettivi principali era quello di evitare lotti di dimensioni tali da aumentare lâefficienza a livello locale dei macchinari producendo parti in serie, ma che avrebbero anche rallentato le velocitĂ complessive del flusso. Nonostante tutto, poche aziende riuscirono a far sĂŹ che il loro sistema just in time soddisfacesse questo obiettivo finale, con le dimensioni standard dei lotti che spesso variavano da un minimo di 10 pezzi a diverse migliaia, a seconda del settore, con una media di circa 100 pezzi.
Il secondo pilastro del toyotismo era la âjidokaâ, o âRight First Timeâ (N.d.T. letteralmente âgiusto la prima voltaâ, ma piĂč spesso il giapponese jidoka viene indicato in italiano con il termine âautonomazioneâ, dalla contrazione di autonomia e automazione). Si trattava della trasposizione del concetto just in time verso la dimensione della qualitĂ , con ogni anello della catena che continuava a produrre solo câera la certezza che i pezzi inviati allâanello successivo fossero stati di buona qualitĂ . In caso contrario, lâintero sistema avrebbe dovuto fermarsi. I rischi per la qualitĂ potevano essere ridotti prevendendo i subassemblati difettosi, un pericolo reale dato il potenziale della produzione in serie di amplificare le eventuali imperfezioni.
Questi due pilastri rispondevano agli obiettivi intangibili del toyotismo di concentrarsi sugli utenti finali e di dedicare piĂč tempo possibile ad aggiungere valore. Produrre âjust in timeâ significava evitare la sovrapproduzione, ovvero non utilizzare risorse aziendali per realizzare prodotti che non sarebbero stati venduti e che quindi sarebbero finiti completamente sprecati. Allo stesso modo, realizzare oggetti âright first timeâ significava evitare i flussi privi di qualitĂ e la creazione di prodotti che i clienti avrebbero potuto non acquistare.
Nuovo codice per la quarta era industriale
Allâalba della quarta era industriale, i database software avevano continuato a evolvere riflettendo un crescente bisogno di frugalitĂ e agilitĂ , nonchĂ© una nuova domanda di creazione di valore collaborativo. La filosofia dellâiperproduzione risultante da questo nuovo orientamento aveva sfruttato la mentalitĂ âdisruptiveâ che Elon Musk sostiene nel suo primo principio, cercando di superare gli ostacoli che avrebbero potuto impedire la generazione del valore collaborativo.
FrugalitĂ
Con la maggior parte degli esperti di riscaldamento globale che ha annunciato e confermato il diradamento dei combustibili fossili, la coscienza collettiva del ventunesimo secolo Ăš variata in relazione al consumo di energia. In contemporanea, lâemergere dei social network ha concesso a tutti una visione chiara dellâorigine dei prodotti che consumano, del viaggio che questi prodotti hanno fatto e se sono stati realizzati eticamente. A sua volta, questo ha portato al concetto di industria frugale, che funziona secondo almeno quattro assi principali.
Il primo ha comportato la riduzione dellâimpatto ambientale end-to-end dei prodotti, sviluppando metodi e materiali di produzione che limitano al minimo il consumo di risorse rare e promuovono le energie rinnovabili dalla fase di progettazione in poi. Un metodo ausiliario Ăš stato quello di definire percorsi di produzione che ottimizzino il trasporto in tutto il mondo, dalla fase iniziale dei componenti alla consegna allâutente finale.
A tutto questo si aggiunge il concetto di una produzione a basso consumo, che comporta la definizione e la gestione di processi produttivi che evitano sprechi di materie prime, resi di prodotti e qualsiasi utilizzo superfluo di energia. Ă necessario ridurre al minimo gli scarti e contribuire al riciclo per rispettare tutte le normative sulle emissioni di inquinanti solidi, liquidi e gassosi.
Ă stata inoltre necessaria una maggiore cooperazione locale per promuovere questa economia circolare, facendo sĂŹ che le autoritĂ locali e i partner industriali si impegnino nei diversi luoghi in cui operano le sussidiarie di unâazienda. I metodi a questo livello includono il riciclaggio di energia o materiali non consumati, la limitazione al minimo del rumore e di altri tipi di inquinamento locale, la temporizzazione del consumo di energia in modo da regolarizzare le capacitĂ di produzione locale, promuovendo al contempo lâapprendimento permanente e aumentando il livello di competenza di tutti i partecipanti allâecosistema.
Come quarto e ultimo punto, unâetica di prodotto end-to-end implica che il comportamento dei fornitori deve essere verificato sin dallâinizio della catena. CiĂČ si ottiene mediante una politica di responsabilitĂ sociale delle imprese che deve essere âestesaâ, solida e condivisa.
La forte richiesta di questo tipo di etica, in ogni caso, non ha impedito ai consumatori di esigere sempre piĂč funzionalitĂ personalizzate e consegna rapida dei prodotti. La domanda ha quindi continuato a spingere verso unâestrema diversificazione. La traslazione industriale di questo cambiamento Ăš stata una crescente esigenza di agilitĂ e di âpersonalizzazione di massaâ, il tutto combinato per dare forma a un nuovo paradigma, caratterizzato dalle dimensioni singole dei lotti e dalla consegna in giornata. Molti principi del just in time sono rimasti validi, ma sono stati portati allâestremo e quindi hanno richiesto un adattamento. I flussi snelli sono rimasti un principio fondamentale, ma lâidea di avere un âflusso di un pezzoâ dovrebbe essere applicata nel senso letterale del termine, con le dimensioni dei lotti che prima erano state standardizzate a 100 unitĂ e che ora sono applicate alle singole unitĂ . Il concetto di âtakt timeâ, che indica il tempo medio tra lâinizio della produzione di due articoli, Ăš stato oggetto di unâanalisi particolare per ogni singolo articolo che ora dovrebbe avere il proprio tempo di produzione particolare. I flussi snelli sono rimasti il principio guida dellâintera catena di approvvigionamento, ma ora vengono generalizzati in zone logistiche nelle quali le persone non si spostano piĂč per prelevare i componenti (âdallâuomo ai beniâ), ma dove i componenti vengono portati alle persone (âdai beni allâuomoâ).
AgilitĂ
Per quanto riguarda fare le cose âgiuste la prima voltaâ, rispettando il secondo dei due pilastri del toyotismo, la maggior parte dei principi Ăš rimasta valida. Ancora una volta, câĂš la necessitĂ di accelerare i tempi di reazione del sistema, ma anche di adeguare il livello con il quale condividere le informazioni associate sia allâinterno di unâazienda sia lungo lâintera catena logistica (inclusi gli utenti finali). La parte a monte della catena industriale ha quindi dovuto assumersi una maggiore responsabilitĂ per lâinnovazione. Il metodo di sviluppo che, in generale, ne Ăš scaturito, coinvolge un ibrido tra i metodi industriali tradizionali, organizzati in modo sequenziale e con punti di riferimento, con i cosiddetti metodi âagiliâ importati dal mondo del software. Il principio fondamentale per questâultima sfera Ăš sempre stato che le specifiche del cliente si evolvono costantemente, anche molto tardi nel processo di innovazione e sviluppo, generando la necessitĂ di cicli molto piĂč brevi, a volte indicati come âsprintâ tra utenti finali e progettisti. Nelle fasi a monte, lâidea di essere âgiusti la prima voltaâ ha dovuto anche essere adattata poichĂ© il nuovo principio guida si concentra maggiormente su âtest e apprendimentoâ, un approccio in cui lâazione rapida Ăš preferita allâazione perfetta, quindi dove gli errori sono tollerati.
Le nuove tecnologie hanno permesso di rispondere agli adattamenti richiesti ai due pilastri del toyotismo (just ...