Emily Jane Brontë
Ho sognato nella mia vita sogni che poi sono rimasti sempre con me e che hanno cambiato le mie idee; son passati attraverso il tempo ed attraverso di me, come si mescola il vino con l’acqua, ed hanno alterato il colore della mia mente.
(Emily Jane Brontë, Wuthering Heights)
Emily Jane Brontë (30 luglio 1818- 19 dicembre 1848), l’ardente, la geniale, l’indimenticabile, l’immortale Emily (come la definì lo scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel capitolo dedicato alle sorelle Brontë nel suo volume Letteratura inglese), l’autrice più interessante della narrativa inglese dell’Ottocento, insieme alle sue sorelle ha lasciato un’impronta incancellabile nella letteratura, ma tutto ciò che sappiamo di lei lo apprendiamo attraverso gli scritti di sua sorella Charlotte, da pochi frammenti tramandati dai contemporanei, da qualche suo appunto di diario, dalle impressioni di Elizabeth Gaskell (che, però, non conobbe personalmente Emily, già morta quando la scrittrice entrò in contatto con Charlotte per scriverne la biografia) contaminate dalla poca simpatia che istintivamente provava verso di lei, considerandola ribelle e scostante, e dalla biografia di Agnes Mary Robinson che ne ricostruì la vita grazie anche alle informazioni raccolte da quanti l’avevano conosciuta, ma con delle inesattezze, sicché realtà e leggenda si confondono, avvolgendone di mistero la figura.
Fiera, sfuggente, indomita, come in un caleidoscopio Emily di volta in volta mostra di sé un aspetto sempre diverso: ora quello della ragazza timida e introversa incapace di allontanarsi dalla sua casa, ora quello della giovane dall’animo troppo fragile per affrontare il mondo, ora quello della massaia efficiente, che pela le patate, prepara il pane, piega i panni, stira, ora quello della scrittrice geniale capace di concepire un personaggio diabolico come Heathcliff, ora quello dell’artista introversa che, solitaria, attraversa le brughiere dello Yorkshire, fino ad arrivare all’ultimo, più sconcertante, quello di donna che s’incupisce ed eroicamente si avvia a morte rifiutando di curare il suo male.
Molte le errate convinzioni sul suo conto, tramandate in modo distorto da biografi e critici, e avallate anche da Charlotte, che occultò o manomise informazioni per difendere l’immagine della sorella ribelle e dell’intera famiglia, sfatate, poi, a partire dalla ricostruzione più fedele operata dalla scrittrice britannica Muriel Spark che, attorno alla metà del Novecento, tracciò di Emily un ritratto più completo, complesso e veritiero.
Donna di scrittura, di pensiero e d’arte (dipingeva e suonava il piano), mente logica, volontà caparbia, indubbio è che Emily fu uno spirito libero, che non si piegava agli altri, alla quale non interessava promuoversi come scrittrice, delle cui capacità di certo acquisì sempre maggiore consapevolezza che, però, non le importava di sottolineare, felice nelle sue due dimensioni, l’ambiente familiare (la casa, la natura) e il mondo immaginario, appagata nella sua dimensione creativa dal suo genio appassionato, tanto da non aver bisogno di conferme e approvazioni, ma solo del proprio spazio per dedicarsi a ciò che più le urgeva dentro, la scrittura, perciò evitava le relazioni interpersonali.
Emily compose circa duecento poesie, solo alcune pubblicate in vita, personali e legate al ciclo di Gondal (andato perduto, non si sa se accidentalmente o intenzionalmente, ad eccezione delle poesie di Emily e Anne “firmate” dai vari personaggi), la più antica pervenuta, composta il 12 luglio 1836, è la poesia Will the day be bright or cloudy? (Il giorno sarà luminoso o nuvoloso?, componimento gondaliano in cui l’avvenire di una bambina è paragonato all’evolversi del giorno), ma fu il suo unico straordinario romanzo, Wuthering Heights (Cime tempestose), a renderla la scrittrice più singolare e inquietante della narrativa inglese ottocentesca.
Branwell Brontë, Emily Brontë (1833).
Ritratto di Emily, unico frammento sopravvissuto di un quadro realizzato da Branwell nel 1833. L’opera è contestata, secondo alcune fonti rappresenterebbe non Emily, ma Anne, ma è quasi certo che la giovane ritratta sia Emily. Comunque, le due giovani si somigliavano molto, secondo quanto testimoniato da Ellen Nussey, amica d’infanzia di Charlotte.
Breve fu la sua vita, visse solo trent’anni, quasi tutti trascorsi nel rettorato di Haworth, situato in cima a un villaggio di poche anime, nella contea settentrionale dello Yorkshire. ...