Massimo Fanfani
Lâideologia nei vocabolari dellâepoca fascista
I vocabolari â di qualsiasi tipo siano e qualsiasi scopo si prefiggano â costituiscono una delle sfide piĂč affascinanti, e insieme delle piĂč inarrivabili, fra quelle che lâingegno umano pone a se stesso. Il tentativo di registrare e classificare il cangiante caleidoscopio delle parole, proprie di una nazione o di un gruppo di persone, dâuso nobile o banale, vive o che potrebbero rivivere (come talora succede per lâappunto grazie ai vocabolari), per quanto condotto con scrupolo e passione, finisce sempre per essere una grande chimera e perciĂČ compilare (e anche usare) un vocabolario richiede non poca umiltĂ . Ă impossibile, infatti, racchiudere entro rigide copertine di cartone, e tanto piĂč archiviare nellâhard disk di un odierno dispositivo elettronico, tutte le parole che riguardano anche solo un particolare settore dellâuniverso mondo che ci circonda e che procede dal nostro animo. E anche quando ciĂČ sia possibile, ovviamente ponendo paletti ben saldi: tutte le parole pronunciate in un dato discorso o scritte in un dato insieme di testi, resta ancora da cogliere il loro preciso valore e le loro sfumature in quel particolare contesto, impresa anchâessa non facile e nella quale il lessicografo deve per forza accontentarsi di astrazioni e approssimazioni relative.
Tuttavia, pur con tutti i loro difetti, i vocabolari non sono mai «tumba, sepulcro, fĂ©retro, | tĂșmulo, mausoleo», bensĂŹ «preservaciĂłn, | fuego escondido,| plantaciĂłn de rubĂes, perpetuidad viviente | de la esencia, | granero del idioma», come cantava Pablo Neruda. E lo si vede in particolare proprio quando se ne studi la dimensione ideologica che implica scelte di campo abbastanza nette e procedure che si allontanano dalla pura registrazione dei valori medi delle parole. Sotto questo aspetto i vocabolari mostrano, anche a distanza di tempo, una sorprendente vitalitĂ , che li si osservi sia a parte obiecti, che a parte subiecti. Infatti quasi ogni opera lessicografica â di carattere descrittivo o prescrittivo, storico o sincronico â riflette concezioni, immaginario, sensibilitĂ dellâepoca e dellâambiente da cui proviene (e, in particolare, rivela molto delle idee del compilatore). Dâaltra parte, di fronte al pubblico cui si rivolge essa costituisce una fonte di legittimazione per la lingua che vi Ăš registrata: la si consideri una guida autorevole o una pedantesca noiositĂ , la si consulti o no, quella sorta di anagrafe delle parole che Ăš un vocabolario giĂ di per sĂ© tende a rafforzare lâideologia che veicola, oltre ad avere un forte impatto identitario e normalizzante.
La funzione ideologica della lessicografia Ăš stata particolarmente importante nella realtĂ italiana che, a partire dalla codificazione linguistica del Cinquecento, attraverso i tanti vocabolari in cui si Ăš trovata rispecchiata, non solo ha fissato la norma della sua lingua, ma Ăš anche venuta definendo e modellando opinioni, giudizi, vedute comuni. Che questo aspetto fosse presente fin dallâinizio, ce lo testimonia anche il precoce emergere in Italia di una notevole attivitĂ di riflessione critica sui vocabolari, diretta a considerarne i contenuti oltre che gli aspetti propriamente linguistici, riflessione che dopo lâAnticrusca di Paolo Beni â unâagguerrita disamina del Vocabolario della Crusca e dellâorizzonte lessicografico coevo â non si Ăš mai interrotta.
Tuttavia per un paio di secoli tale funzione ideologica ebbe carattere per lo piĂč generico e scarsamente politico, applicandosi alle parole che concernevano mentalitĂ , credenze, costumi, specie nella sfera della religione, dei mestieri riprovevoli, dei vizi umani, del rapporto cogli stranieri, e in particolare della sessualitĂ : «Caricar lâorza disse il Bocc[accio] n. 86.9. Per congiungersi carnalmente [âŠ]. Favellare in gergo per ricoprir la disonestà » vien annotato in Crusca 1612 dai compilatori. Solo verso la fine del Settecento, quando con il diffondersi delle idee riformatrici e rivoluzionarie la politica divenne pane per tutti i denti e cominciĂČ a interessare ogni aspetto dellâesperienza sociale, anche i vocabolari si politicizzarono. Si tese addirittura a farne strumenti di persuasione e manipolazione dellâopinione pubblica, soprattutto trattando le voci piĂč inclini a prestarsi a giudizi di valore, come quelle che riguardano la terminologia partitica e parlamentare, il linguaggio giuridico e amministrativo, la filosofia e lâeconomia, e perfino il costume e i rapporti umani.
Tanto che proprio adesso comincia a prender forma uno specifico settore della lessicografia (talora diffuso anche sotto forme improprie, come quella dei âcatechismiâ) dedicato esclusivamente al linguaggio della politica, i cui primi campioni in Italia appaiono nel cosiddetto âtriennio giacobinoâ, con opere che concernono la nuova terminologia rivoluzionaria da contrastare o da diffondere fra i cittadini per renderli partecipi delle nuove idee. Ad esempio Giuseppe Compagnoni (1754-1834), il giacobino inventore della bandiera tricolore, che nel 1798, nel «Monitore Cisalpino», pubblica un Saggio di vocabolario, con ampi lemmi illustrativi di nuove parole rivoluzionarie o di nuove accezioni, come quella di democratico âfautore della democraziaâ, dove, piĂč che spiegare in cosa consista la moderna âdemocraziaâ, si esalta la figura del novello democratico esempio di ogni civica virtĂč, polemizzando contro i falsi democratici (individuati nelle esecrabili figure del ricco ambizioso e del letterato saccente). In questo modo si arriva, attraverso lâaccattivante scorciatoia della personificazione, a stabilire lâautentico significato della parola e a conferirle il desiderato valore positivo:
Democratico. Ă lâuomo che sente di avere una patria, e non un padrone. Fiero della libertĂ , geloso della uguaglianza, senza la quale la libertĂ sarebbe un nome vuoto di senso, egli disprezza gli schiavi, odia a morte i tiranni; ed ama con lealtĂ tutti i suoi concittadini. Quindi Ăš ardito, franco, generoso, magnanimo. Ă tollerante, Ăš moderato, Ăš attivo, Ăš disinteressato: egli Ăš un misto delle piĂč belle virtĂč. [âŠ] Vâha perĂČ un democratico in maschera. Tale si Ăš il ricco ambizioso, che con ipocrita popolaritĂ tenta sorprendere la buona fede degli uomini del suo Comune, onde strappar loro la nomina ad un posto, che per lui equivarrĂ alle onorificenze, che godeva col favor della corte. Tale si Ăš il letterato vano ed ingordo, che con qualche discorso vuoto di senso [âŠ] cerca farsi largo presso i primi magistrati della repubblica, onde ottenere un impiego lucroso. [âŠ] Voi siete padroni di chiamarvi come volete: ma i vocaboli non si possono falsificare. Sono di pubblica pertinenza come la moneta. Vi chiameremo con qualunque nome bramiate: democratici non mai.
Ben piĂč radicale il Nuovo vocabolario filosofico-democratico indispensabile per ognuno che brama intendere la nuova lingua rivoluzionaria pubblicato nel 1799 dal gesuita Lorenzo Ignazio ThjulĂ©n (1746-1833), unâopera dal chiaro intent...