La conoscenza e i suoi nemici
eBook - ePub

La conoscenza e i suoi nemici

L'era dell'incompetenza e i rischi per la democrazia

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La conoscenza e i suoi nemici

L'era dell'incompetenza e i rischi per la democrazia

Informazioni su questo libro

Il grande sviluppo tecnologico della nostra era ci ha dato accesso a una quantità di informazioni senza precedenti. Il risultato, però, non è stato l'inizio di un nuovo illuminismo, ma il sorgere di un'età dell'incompetenza in cui una sorta di egualitarismo narcisistico e disinformato sembra avere la meglio sul tradizionale sapere consolidato. Medici, professori, professionisti e specialisti di ogni tipo non sono più visti come le figure a cui affidarsi per un parere qualificato, ma come gli odiosi sostenitori di un sapere elitario e fondamentalmente inutile.
Che farsene di libri, titoli di studio e anni di praticantato se esiste Wikipedia? Perché leggere saggi, ricerche e giornali quando Facebook mette a nostra disposizione notizie autentiche e di prima mano?
L'"apertura" di Internet e la sua apparente libertà sono solo i primi colpevoli contro i quali Tom Nichols punta il dito. Oltre ai social network, alla democrazia dell'"uno vale uno" e ai semplicismi che la rete favorisce, Nichols attacca anche l'emergere del modello della customer satisfaction nell'educazione universitaria, la trasformazione dell'industria dei media in una macchina perl'intrattenimento aperta 24 ore su 24 e la spettacolarizzazione della politica.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La conoscenza e i suoi nemici di Tom Nichols in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politica e relazioni internazionali e Democrazia. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

capitolo 1

Esperti e cittadini
WASHINGTON, DC – Lunedì scorso, dopo anni di frustrazione
perché i loro pareri venivano fraintesi,
rappresentati in modo erroneo o semplicemente ignorati,
i più importanti esperti americani di tutti i settori
hanno collettivamente rassegnato le dimissioni.
The Onion
una nazione di “spiegatori”
Tutti noi li abbiamo incontrati. Sono nostri colleghi, nostri amici, membri della nostra famiglia. Sono giovani e vecchi, ricchi e poveri, alcuni con un’istruzione, altri armati solo di un computer portatile o della tessera di una biblioteca. Ma tutti hanno una cosa in comune: sono persone mediocri che credono di essere dei pozzi di scienza. Convinti di essere più informati degli esperti, di avere conoscenze più ampie dei professori e maggiore acume rispetto alle masse credulone, sono gli “spiegatori”, sempre felicissimi di illuminare noi e gli altri su qualsiasi argomento, dalla storia dell’imperialismo ai pericoli dei vaccini.
Accettiamo le persone di questo tipo e ci rassegniamo alla loro presenza, se non altro perché sappiamo che in fondo sono animate da buone intenzioni. Proviamo anche un certo affetto nei loro confronti. Una sitcom televisiva degli anni Ottanta, Cin cin, per esempio, ha immortalato il personaggio del tuttologo Cliff Clavin, postino di Boston e assiduo frequentatore di bar. Cliff, come le sue controparti della vita reale, iniziava ogni frase dicendo “alcuni studi hanno dimostrato che…” oppure “è risaputo che…”. Gli spettatori amavano Cliff perché tutti conoscevano qualcuno come lui: lo zio stravagante in una cena durante le feste, il giovane studente tornato a casa dopo il primo cruciale anno di college.
Potevamo trovare addirittura tenere queste persone, perché erano bizzarre eccezioni in un Paese che rispettava i pareri degli esperti e si affidava a essi. Ma negli ultimi decenni qualcosa è cambiato. Lo spazio pubblico è sempre più dominato da un variegato assortimento di individui poco informati, molti dei quali sono autodidatti sprezzanti dell’educazione formale che tendono a minimizzare il valore dell’esperienza. “Se per essere presidente è necessario avere esperienza,” ha dichiarato il disegnatore e scrittore Scott Adams durante le elezioni del 2016 “ditemi un argomento politico che non riuscirei a padroneggiare in un’ora sotto la tutela dei migliori esperti”, come se una discussione con un esperto equivalesse a copiare informazioni dal disco di un computer a un altro. Si va affermando una specie di legge di Gresham intellettuale: laddove in passato la regola era “la moneta cattiva scaccia quella buona”, ora viviamo in un’epoca in cui la disinformazione scaccia il sapere.
E questo non è affatto un buon segno. Una società moderna non può funzionare senza una divisione sociale del lavoro e senza fare affidamento su esperti, professionisti e intellettuali (per il momento utilizzerò queste tre parole in modo intercambiabile). Nessuno è esperto di tutto. A prescindere da quali siano le nostre aspirazioni, siamo vincolati dalla realtà del tempo e dai limiti innegabili del nostro talento. Prosperiamo perché ci specializziamo e perché sviluppiamo meccanismi formali e informali che ci permettono di fidarci reciprocamente per le rispettive specializzazioni.
All’inizio degli anni Settanta, lo scrittore di fantascienza Robert Heinlein coniò la massima, da allora molto citata, secondo cui “la specializzazione va bene per gli insetti”. Gli esseri umani veramente capaci, scriveva, dovrebbero saper fare quasi tutto, da cambiare un pannolino a comandare una nave da guerra. È un nobile sentimento che celebra l’adattabilità e la resilienza umana, ma è sbagliato. Anche se c’è stato un tempo in cui ogni colono abbatteva gli alberi necessari a costruirsi da solo la propria casa, questa pratica non soltanto era inefficiente, ma produceva alloggi rudimentali.
C’è un motivo se non facciamo più le cose a quel modo. Quando costruiamo grattacieli, non ci aspettiamo che il metallurgista in grado di realizzare una trave, l’architetto che progetta l’edificio e il vetraio che installa le finestre siano la stessa persona. È per questo che possiamo goderci la vista della città dal centesimo piano: ogni esperto, pur possedendo conoscenze che in parte si sovrappongono, rispetta le capacità professionali di molti altri specialisti e si concentra su ciò che sa fare meglio. La fiducia e la collaborazione tra gli esperti portano a un risultato finale superiore a quello di qualsiasi prodotto che avrebbero potuto realizzare da soli.
La verità è che non possiamo funzionare se non ammettiamo i limiti del nostro sapere e non ci fidiamo delle competenze altrui. A volte ci opponiamo a questa conclusione perché sconvolge il nostro senso di indipendenza e di autonomia. Vogliamo credere di essere in grado di prendere tutte le decisioni e ci irritiamo se qualcuno ci corregge, ci dice che stiamo sbagliando o ci dà spiegazioni su argomenti che non capiamo. Questa naturale reazione umana in un individuo è pericolosa quando diventa una caratteristica condivisa da intere società.
è una cosa nuova?
Ma davvero oggi il sapere è più a rischio, e la conversazione e il dibattito sono più difficili rispetto a cinquanta o cento anni fa? Gli intellettuali si lamentano continuamente dell’ottusità dei propri concittadini e i profani hanno sempre diffidato delle teste d’uovo e degli esperti. In che misura si tratta di un problema nuovo e quanto seriamente dovremmo prenderlo?
In parte questo conflitto sulla pubblica piazza è solo un più che prevedibile rumore, amplificato da internet e dai social media. Internet raccoglie notizie non verificate e idee improbabili, e poi spalma queste cattive informazioni e questi ragionamenti basati su scarsa capacità di giudizio su tutto il mondo elettronico (immaginate cosa si sarebbe ascoltato per strada negli anni Venti se tutti gli svitati di ogni città avessero avuto a disposizione una propria stazione radio). Forse il punto non è che le persone sono più ottuse o meno disposte ad ascoltare gli esperti rispetto a cento anni fa: è solo che ora abbiamo la possibilità di sentirle tutte.
Inoltre, un certo grado di conflitto tra chi conosce alcuni argomenti e chi ne conosce altri è inevitabile. Probabilmente già i primi cacciatori e raccoglitori litigavano su cosa preparare per cena. Quando varie conquiste dell’umanità sono diventate campo di studio di professionisti, era naturale che i disaccordi aumentassero e si acuissero. E mano a mano che la distanza tra gli esperti e il resto della cittadinanza aumentava, sono cresciuti anche i divari sociali e la diffidenza reciproca. Tutte le società, a prescindere dal loro livello di avanzamento, hanno un sottofondo di risentimento contro le élite istruite e un persistente attaccamento culturale nei confronti della saggezza popolare, delle leggende metropolitane e di altre reazioni umane, irrazionali ma normali, di fronte alla complessità e alla confusione della vita moderna.
Le democrazie, con i loro rumorosi spazi pubblici, sono sempre state particolarmente propense a sfidare i saperi consolidati. In realtà, sono inclini a mettere in discussione qualsiasi cosa sia consolidata: è una delle caratteristiche che le rende “democratiche”. È noto che le democrazie subivano il fascino del cambiamento e del progresso anche nel mondo antico. Tucidide, per esempio, descrisse gli ateniesi democratici del quinto secolo a.C. come un popolo inquieto e “innovatore”, e secoli più tardi San Paolo riteneva che gli ateniesi “non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità”. In una cultura democratica questa incessante messa in discussione dell’ortodossia è celebrata e protetta.
Gli Stati Uniti, la cui visione è fortemente incentrata sulle libertà individuali, venerano questa resistenza all’autorità intellettuale anche più di altre democrazie. Naturalmente, nessuna analisi di “come pensano gli americani” può considerarsi completa senza un cenno obbligatorio a Alexis de Tocqueville, il filosofo francese che nel 1835 osservò che i cittadini dei nuovi Stati Uniti non erano esattamente innamorati degli esperti o della loro scienza: “[N]ella maggior parte delle operazioni dello spirito” scriveva “ciascun americano fa appello solo allo sforzo individuale della propria ragione”. Questa diffidenza nei confronti dell’autorità intellettuale era radicata, teorizzò Tocqueville, nella natura stessa della democrazia americana. Quando “i cittadini, divenuti quasi eguali, si guardano tutti da vicino,” scriveva “sono costantemente riportati verso la propria ragione come alla fonte più visibile e più prossima della verità. Allora non soltanto è distrutta la fiducia in un uomo, ma il gusto di credere a un uomo sulla parola”.3
Tali osservazioni non si limitano alla giovane America. Insegnanti, esperti e “conoscitori” professionali si lamentano della mancanza di rispetto da parte delle società in cui vivono fin da quando Socrate fu costretto a bere la sua cicuta. In un’epoca più moderna, il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset decretava nel 1930 la “ribellione delle masse” e l’infondata arroganza intellettuale che la caratterizzava:
Così, nella vita intellettuale, che per la sua stessa essenza richiede e presuppone la qualità, si avverte il progressivo trionfo degli pseudo-intellettuali senza qualifica, inqualificabili o squalificati per la loro stessa struttura. […]
Forse sono in errore; però lo scrittore, nel prendere la penna per scrivere intorno a un tema che ha studiato a lungo, deve pensare che il lettore medio, il quale non si è occupato mai dell’argomento, se lo legge, non lo fa col proposito d’apprendere qualcosa da lui, ma al contrario, per sentenziare su di lui quando il pensiero non coincide con le volgarità che questo lettore ospita nella mente.4
In termini che non sembrerebbero fuori luogo nella nostra epoca, Ortega y Gasset attribuiva l’ascesa di un pubblico sempre più potente ma sempre più ignorante a molti fattori, tra cui la ricchezza materiale, la prosperità e le scoperte scientifiche.
L’attaccamento americano all’autonomia intellettuale descritto da Tocqueville è sopravvissuto per quasi un secolo prima di cadere, colpito da una serie di assalti interni ed esterni. La tecnologia, l’istruzione secondaria universale, la proliferazione di competenze specialistiche e l’ascesa degli Stati Uniti come potenza globale alla metà del Ventesimo secolo sono tutti fattori che hanno indebolito l’idea – o, più precisamente, il mito – che l’americano medio fosse adeguatamente attrezzato per affrontare le sfide della vita quotidiana o per gestire l’andamento di un grande Paese.
Più di mezzo secolo fa, il politologo Richard Hofstadter scrisse che “la complessità della vita moderna ha ridotto continuamente le funzioni che il cittadino comune, con l’intuito e con l’intelligenza, può assolvere da sé”.
Nell’originario sogno populistico americano, l’“onnicompetenza” dell’uomo comune era fondamentale e assolutamente necessaria. Si pensava che senza bisogno di una grande preparazione egli potesse esercitare qualsiasi professione e dirigere il governo. Oggi l’uomo comune sa che non potrebbe fare neppure colazione se non ci fossero le valute, più o meno misteriose per lui, che gli esperti hanno messo a sua disposizione; e quando si siede per fare colazione e dà un’occhiata al giornale del mattino, si trova sotto gli occhi tutta una sfilza di questioni vitali e intricate, e se è sincero con sé stesso, riconosce di non avere nella maggioranza dei casi la competenza per giudicare.5
Hofstadter sosteneva – e stiamo parlando del 1963 – che questa straordinaria complessità produceva sentimenti di impotenza e di rabbia in una cittadinanza che, sempre di più, sapeva di essere alla mercé delle élite più intelligenti: “[…] quella che prima era una scherzosa e in genere benevola presa in giro dell’intelletto e dell’istruzione formale, si è trasformata in malevola avversione per l’intellettuale in quanto esperto”, ammoniva Hofstadter. “Una volta si derideva bonariamente l’intellettuale perché non se ne aveva bisogno; oggi lo si avversa fieramente perché se ne ha troppo bisogno.”
Cinquant’anni dopo, il professore di legge Ilya Somin ha descritto con chiarezza quanto poco fosse cambiata la situazione. Come Hofstadter prima di lui, Somin ha scritto nel 2015 che “le dimensioni e la complessità del governo” hanno reso “più difficile per gli elettori con conoscenze limitate tenere sotto controllo e valutare le molteplici attività del governo. Il risultato è un sistema politico in cui spesso i cittadini non possono esercitare la loro sovranità in modo responsabile ed efficace”. Un elemento più inquietante è che gli americani, nei decenni intercorsi, abbiano fatto ben poco per colmare il divario tra la propria conoscenza e il livello di informazione necessario per partecipare a una democrazia avanzata. “Il basso livello di conoscenza politica nell’elettorato americano” osserva giustamente Somin “è ancora una delle scoperte più consolidate nelle scienze sociali”.6
quindi non è una novità. ma è davvero un problema?
Gli specialisti di ambiti particolari sono inclini a pensare che tutti gli altri dovrebbero nutrire lo stesso interesse per il loro settore. Ma chi ha davvero bisogno di sapere tutte queste cose? La maggior parte degli esperti di affari internazionali avrebbe difficoltà a superare un test basato su mappe di territori al di fuori della propria area di specializzazione, quindi che male c’è se l’uomo medio non ha idea della posizione esatta del Kazakistan? Dopotutto, quando nel 1994 iniziò il genocidio ruandese, dovettero mostrare al futuro segretario di Stato Warren Christopher la posizione del Ruanda. Quindi, perché noialtri dovremmo avere questo tipo di nozioni?
Nessuno può padroneggiare tutte queste informazioni. Facciamo del nostro meglio e quando abbiamo bisogno di sapere qualcosa consultiamo le migliori fonti che riusciamo a scovare. Ricordo di aver chiesto al mio insegnante di chimica della scuola superiore (un uomo che ero certo sapesse tutto) il numero atomico di un certo elemento, in parte per sfidarlo ma soprattutto perché ero troppo pigro per cercarlo da solo. Sollevò un sopracciglio e disse che non lo conosceva. Poi indicò la tavola periodica degli elementi appesa al muro dietro di sé e disse: “Questo è il motivo per cui gli scienziati utilizzano le tabelle, Tom”.
Senza dubbio, alcune delle lamentele degli esperti riguardo ai profani sono ingiuste. Neanche il genitore più attento, il cliente più informato o l’elettore dotato di maggior senso civico può tenere il passo con il fiume di informazioni che ci inonda su qualsiasi argomento, dalla nutrizione infantile alla sicurezza dei pro...

Indice dei contenuti

  1. La conoscenza e i suoi nemici
  2. Indice
  3. Prefazione
  4. Introduzione. La fine della competenza
  5. Capitolo 1. Esperti e cittadini
  6. Capitolo 2. Perché la conversazione è diventata estenuante
  7. Capitolo 3. Istruzione superiore. Il cliente ha sempre ragione
  8. Capitolo 4. Ora lo cerco su Google. Come l'informazione illimitata ci rende più stupidi
  9. Capitolo 5. Il nuovo New Journalism, a vagonate
  10. Capitolo 6. Quando gli esperti si sbagliano
  11. Conclusione. Esperti e democrazia