È sabato. Marijana s’è rinchiusa nello studio con Drago; i due sembrano in piena baruffa. La voce di lei, rapida e insistente, sovrasta di tanto in tanto quella del figlio, azzittendolo.
Ljuba sta per le scale e saltella su e giú facendo un gran fracasso.
– Ljuba! – la chiama lui. – Vieni a prendere un po’ di yogurt! – La bambina lo ignora.
Marijana emerge dallo studio. – Posso lasciare Ljuba qui? Lei sta con Drago. Non dà fastidio. Io torno poi a riprenderla.
Aveva sperato di ricevere da Marijana un po’ di piú di quelle attenzioni per cui paga, chissà magari anche un’altra seduta di massaggio; ma evidentemente quello non è in programma. Due volte al mese, come un orologio, un meccanismo bancario trasferisce soldi dal conto di Rayment a quello di Jokiç. In cambio dei soldi che lui elargisce, in cambio del rifugio che offre a Drago, riceve… che cosa? La spesa, fornitagli in modo sempre piú irregolare; e infrequenti somministrazioni di carattere specialistico professionale. Non un cattivo affare dal punto di vista di Marijana, ma in fondo, come continua a dirgli la Costello, se vuole essere padre, farà meglio a scoprire com’è la paternità vera, non quella spirituale.
Marijana se ne è appena andata quando si sentono voci su per le scale e Ljuba ricompare con la Costello e Shaun, l’amico di Drago, al seguito. Oggi Shaun porta una maglietta sformata e degli short che gli arrivano ai polpacci.
– Salve, Paul, – dice la Costello. – Spero che la nostra improvvisata non le dia fastidio. Ljuba cara, di’ a Drago che c’è Shaun.
Per un momento loro due rimangono soli, i due vecchi.
– Niente a che fare con la classe di Drago, non è vero, il nostro amico Shaun? – dice la Costello. – Ma a quanto pare è la caratteristica degli dèi e degli angeli: scelgono di accompagnarsi ai mortali piú insignificanti.
Lui tace.
– C’è una storia che penso sempre di raccontarle e che credo la divertirà , – continua. – Viene dal passato lontano, dai tempi della mia giovinezza. Uno dei ragazzi della nostra strada era un po’ come Drago. Stessi occhi neri, stesse ciglia lunghe, stesso aspetto da semidio. Ero cotta di lui. Allora dovevo avere quattordici anni, lui ne aveva qualcuno di piú. Ancora pregavo a quei tempi. «Dio, – dicevo, – fa’ che mi rivolga almeno uno di quei suoi sorrisi e sarò tua per sempre».
– E poi?
– Dio non mi ha dato retta, e il ragazzo nemmeno. I miei spasimi di ragazzina non furono mai ricambiati. CosÃ, purtroppo, non divenni mai una delle figlie di Dio. E le ultime notizie di Mr Ciglia sono che s’era sposato e trasferito sulla Gold Coast, dove aveva fatto fortuna nel settore immobiliare.
– Dunque è tutta una menzogna: Muore giovane chi è caro agli dèi?
– Temo di sÃ. Temo che gli dèi non abbiano piú tempo per noi, né per amarci né per punirci. Hanno già abbastanza problemi nella loro comunità chiusa.
– Non hanno tempo neppure per Drago Jokiç? È questa la morale della sua storia?
– Non hanno tempo nemmeno per Drago Jokiç. Drago è solo.
– Come tutti noi.
– Come tutti noi. Si può rilassare. Non lo aspetta nessun destino tragico. Marinaio o saldatore, fornaio o muratore, potrà fare quello che vuole. Potrà perfino decidere di buttarsi nel mercato immobiliare.
È stato il primo scambio con la Costello che definirebbe cordiale, perfino amabile. Per una volta sono dalla stessa parte: due vecchi che si alleano contro i giovani.
Possibile che sia quella la vera spiegazione del motivo per cui la donna gli è piombata addosso dal nulla? Non per «scriverlo» in un libro ma per arruolarlo nella compagnia degli anziani? Possibile che tutto l’affare Jokiç, con al centro la sua sconsiderata e fin qui infruttuosa passione per Mrs Jokiç, alla fine non fosse altro che un complicato rito di passaggio per superare il quale gli è stata mandata Elizabeth Costello? Aveva creduto che Wayne Blight fosse l’angelo assegnato al suo caso; ma forse lavoravano tutti insieme, lei, Wayne e Drago.
Drago infila la testa nella porta. – Mr Rayment, possiamo guardare le sue macchine fotografiche, io e Shaun?
– SÃ. Ma fate attenzione, e rimettetele nelle loro custodie quando avete finito.
– Drago s’interessa di fotografia? – mormora Elizabeth Costello.
– Di macchine fotografiche. Non ha mai visto niente come le mie. Conosce solo il tipo nuovo, elettronico. E una Hasselblad per lui è come un veliero, o una triremi. Un pezzo di antiquariato. Passa ore a guardare le mie fotografie, quelle del diciannovesimo secolo. In principio mi sembrava strano, ma forse dopotutto non è cosà strano. Forse vuole cercare di capire com’è avere un passato australiano, essere di discendenza australiana, avere antenati spirituali australiani. Invece di essere solo un ragazzino rifugiato con un nome che è una barzelletta.
– È quello che le dice?
– No, non si sognerebbe mai di dirmelo ma lo intuisco. Lo posso capire. Non sono poi cosà lontano dall’esperienza dell’immigrato.
– SÃ, certo. Me ne dimentico sempre. Con un tale perfetto gentiluomo anglo-adelaidiano perdo di vista il fatto che non è inglese. Mr Rayment, che fa rima con payment.
– Che fa rima con vraiment. Ne ho avute tre dosi di esperienza dell’emigrante, mica solo una, cosà mi si è fissata dentro in profondità . Prima di tutto quando mi hanno sradicato da bambino e portato qui in Australia; poi quando ho dichiarato la mia indipendenza e sono tornato in Francia; e infine quando ho rinunciato alla Francia e sono tornato in Australia. È questa la mia terra?, mi sono chiesto a ogni spostamento. È questa la mia vera casa?
– Lei è ritornato in Francia. Questo l’avevo dimenticato. Un giorno dovrà dirmi di piú di quel periodo della sua vita. Ma qual è la risposta alla sua domanda? È questa la sua vera casa? – Agita la mano con un gesto che comprende non solo la stanza nella quale si trovano ma anche la città e, oltre la città , le colline, le montagne e i deserti del continente.
Alza le spalle. – Ho sempre pensato che quello di casa fosse un concetto molto inglese. Focolare domestico, dicono gli inglesi. Per loro la casa è il luogo dove arde un fuoco nel camino, dove vai a riscaldarti. Il luogo dove non sarai lasciato fuori al freddo. Io non sento calore, qui –. Agita la mano con un gesto che imita quello di lei, come in una parodia. – Mi sembra di avere freddo ovunque vado. Non è forse quello che lei stessa ha detto di me: Uomo di ghiaccio?
La donna tace.
– Per i francesi, come saprà , non c’è l’equivalente. Per i francesi essere a casa vuol dire trovarsi tra di noi, tra persone simili. Non mi sento a casa in Francia. Chiaramente no. Non sono il noi di nessuno.
È il punto in cui, con la Costello, s’è avvicinato di piú a lamentarsi del suo destino e la cosa gli dà una certa nausea. Non sono il noi di nessuno: come fa a tirargli fuori quelle parole? Un’allusione qui, un suggerimento là e lui la segue come una pecora.
– E Marijana? Non vorrebbe forse unirsi al noi di Marijana e Drago? E Ljuba? E Blanka, che ancora non ha visto?
– Quella è un’altra storia, – risponde brusco. E si rifiuta di aggiungere altro.
Passa mezzogiorno e Marijana non si vede. Drago ha legato una bambola sulla schiena della sorellina fermandola con degli elastici; lei trotterella da una stanza all’altra a braccia tese, rombando come un aeroplano. Shaun si è portato un qualche gioco elettronico. I due ragazzi siedono davanti allo schermo televisivo che emette rumori sordi e ronzii.
– Sa che le dico, che non dobbiamo mica subire tutto questo per forza, – dice Elizabeth Costello. – Questi ragazzi non hanno bisogno di essere accuditi. Potremmo uscircene alla chetichella e tornare al parco. Potremmo sederci all’ombra e sentire il canto degli uccelli. Potrebbe essere la nostra gita del weekend, la nostra piccola avventura.
Non rifiuta l’aiuto di Marijana, che dopotutto è un’infermiera pagata, ma mai accetterebbe quello di una donna piú anziana di lui. Manda avanti la Costello ad aspettarlo sul portone, mentre pian piano scende le scale con le sue stampelle.
Lungo il tragitto viene sorpassato da una vicina, una ragazza smilza con gli occhiali, di Singapore, che abita al piano di sopra con le sue due sorelle. La loro presenza si nota appena. Lui accenna un saluto con il capo; il gesto non viene ricambiato. Da quando sono venute ad abitare a Coniston Terrace hanno sempre ignorato la sua esistenza. Ognuno per sé: dev’essere quello che apprendono nella loro isola-stato. Autosufficienza.
Lui e la Costello trovano una panchina vuota. Un cane trotterella fino a loro: passa spavaldamente in rivista lui e poi procede verso di lei. È sempre imbarazzante quando un cane intrufola il muso nel grembo di una donna. Sarà perché gli ricorda il sesso, il sesso dei cani, o perché è incuriosito dall’odore nuovo e complesso? Lui ha sempre pensato a Elizabeth come a un essere asessuato, ma forse un cane, che si fida del suo fiuto, ne sa di piú.
Elizabeth sopporta bene l’indagine, lasciandolo annusare finché vuole, e poi lo allontana da sé allegramente.
– Allora, – dice. – Mi stava raccontando...
– Che cosa le stavo raccontando?
– La storia della sua vita. Mi stava raccontando della Francia. Un tempo sono stata sposata con un francese. Non gliel’avevo detto? Il mio primo matrimonio. Tempi indimenticabili. Alla fine mi ha abbandonato, per un’altra donna. Mi ha piantata in asso con un figlio. Secondo lui ero troppo volubile. Vipère – che in Inghilterra è una serpe piú che una vipera – era un altro degli epiteti che mi riservava. Sale vipère, mi diceva, testuali parole. Non sapeva mai come comportarsi con me. Amano l’ordine, i francesi. Vogliono sempre sapere come stanno le cose. Ma basta con questa storia. Stavamo parlando di lei.
– Pensavo ritenesse che i francesi amano la passione. La passione, non l’ordine.
Lei lo scruta pensierosa. – Passione e ordine, Paul. Tutti e due, non uno o l’altra. Ma continui con la storia del suo innamoramento per la Francia.
– Non è una storia lunga. A scuola andavo bene in scienze. Non ero bravissimo, non ero bravissimo in niente, solo bravo. Cosà all’università decisi di iscrivermi a scienze. Le scienze sembravano la scelta giusta, a quei tempi. Sembravano garantire la sicurezza, che poi era quello che mia madre desiderava sopra ogni cosa per mia sorella e per me: che trovassimo una nicchia sicura in questa terra straniera dove l’uomo che lei, Dio solo sa perché, aveva seguito andava ritraendosi sempre piú in se stesso, dove non avevamo una famiglia su cui fare affidamento, dove lei stessa aveva difficoltà con la lingua e non si adattava alle abitudini locali. Mia sorella imboccò la strada dell’insegnamento, che era una forma di sicurezza, e io mi dedicai alle scienze.
Ma poi mia madre morà e non mi sembrava piú cosà sensato continuare a indossare un camice bianco e a scrutare dentro una provetta, cosà lasciai l’università e mi comprai un biglietto per l’Europa. Andai a stare con mia nonna a Tolosa e trovai lavoro in uno studio fotografico. Cosà è cominciata la mia carriera di fotografo. Ma non le sapeva già tutte queste cose? Pensavo sapesse tutto di me.
– È una novità per me, Paul, glielo assicuro. Lei è venuto da me senza una storia. Un uomo con una gamba sola e una passione infelice per la sua infermiera. Tutto lÃ. La sua vita precedente era terreno vergine.
– Rimasi con mia nonna e tentai di avvicinarmi per quanto potevo alla famiglia di mia madre, perché nella Francia da cui venivamo, la Francia dei contadini, la famiglia è tutto. I miei cugini magari facevano i meccanici o i commessi o i ferrovieri ma nel profondo erano ancora contadini, solo una generazione li divideva dal pane nero e dal concime di vacca. Parlo degli anni Sessanta naturalmente, un’epoca ormai scomparsa. Oggi è diverso. È tutto cambiato.
– E allora?
– Non ci riuscii. Non fui, come dire, accolto a braccia aperte. Avevo perso troppo di quella che avrebbe dovuto essere la mia formation: non solo una vera istruzione francese ma una giovinezza francese, con quelle amicizie adolescenziali che possono essere intense come l’amore e durare di piú. I miei cugini e le persone della mia età che incontrai attraverso di loro erano già sistemati, ognuno con la sua vita. Già prima di finire la scuola sapevano che métier avrebbero intrapreso, quale ragazzo o ragazza avrebbero sposato, dove sarebbero andati a vivere. Non capivano che cosa volessi io lÃ, quel tipo allampanato con lo strano accento e l’aria incerta; e io non glielo potevo dire perché nemmeno io lo sapevo. Ero sempre isolato, lo straniero nell’angolo alle riunioni di famiglia. Tra di loro mi chiamavano l’Anglais. Per me fu uno shock la prima volta che lo sentii, perché non avevo legami con l’Inghilterra, non c’ero mai nemmeno stato. Ma l’Australia era al di là della loro portata. Ai loro occhi gli australiani non erano altro che inglesi, con tanto di impermeabili e cavolo bollito, trapiantati in capo al mondo a guadagnarsi il pane tra i kangourous.
Avevo un amico, Roger, che faceva le consegne per lo studio dove lavoravo. Il sabato pomeriggio facevamo la borsa e ce ne andavamo in bici a Saint-Girons o a Tarascon; o anche fino ai Pirenei, a Oust o a Aulus-les-Bains. Mangiavamo nei bar e passavamo le notti all’aperto, tutto il giorno a pedalare, per tornare la domenica tardi, esausti e pieni di vita. Non abbiamo mai avuto molto da dirci io e lui eppure adesso mi sembra sia stato il mio migliore amico, il miglior copain.
A quei tempi la passione francese per la macchina non era ancora decollata e le strade erano semideserte. Andarsene in giro per la campagna in bicicletta non era cosà strano.
Poi cominciai a uscire con una ragazza e a occupare diversamente il weekend. Lei era marocchina: e quella certo fu una storia che mi rese diverso dagli altri. La prima delle mie passioni inappropriate. Avremmo potuto sposarci se la sua famiglia non lo avesse reso impossibile.
– Colpito dal fulmine della passione! E perdipiú per una ragazza esotica! Già questo da solo è un romanzo! Magnifico! Superbo! Lei continua a stupirmi, Paul.
– Non mi prenda in giro. Era tutto molto decoroso, tutto molto rispettabile. Lei studiava per diventare bibliotecaria, fino a quando non fu richiamata a casa.
– E allora?
– Tutto lÃ, suo padre la richiamò e lei ubbidÃ, e fu la fine della nostra storia. Io rimasi ancora a Tolosa per altri sei mesi, poi ci rinunciai.
– E cosà se ne è ritornato a casa.
– Casa... Che vuol dire? Le ho detto cosa penso del discorso della casa. Un piccione ha una casa, un’ape ha una casa. Forse un inglese ha una casa. Io ho un domicilio, una residenza. Questa è la mia residenza. Questo appartamento. Questa città . Questo paese. Casa è un concetto troppo mistico per me.
– Ma lei è australiano. Non è francese. Perfino io me ne rendo conto.
– Posso passare per austral...