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âPREVENIREâ, âPREVENZIONEâ
SOMMARIO: 1.1. âPrevenireâ. â 1.2. âPrevenzioneâ: contenimento delle ânegativitĂ â. â 1.3. âPrevenzioneâ: contenimento dei ârischiâ. â 1.4. Prevenzione reattiva e prevenzione proattiva. â 1.5. Prevenzione unilaterale e prevenzione bilaterale. â 1.6. Prevenire conviene?
1.1. âPrevenireâ
âPrevenireâ1: giungere prima (prima di qualcun altro, oppure prima di qualcosâaltro).
In questa accezione, il verbo âprevenireâ è intransitivo come del resto è ragionevole aspettarsi in rapporto al componente (il verbo âvenireâ) che è intransitivo. Esempio di contesto: âconsiderato che gli invitati, quando arrivano, devono trovare tutto a posto, non vedo altra soluzione: noi preverremoâ (attenzione: qui troviamo âpreverremoâ, non âli preverremoâ, perchĂŠ, se vi fosse il complemento oggetto, sarebbe unâaltra accezione).
Lâaccezione è rara, ma riscontrabile.
âPrevenireâ2: precedere.
In questa accezione, il verbo âprevenireâ diventa transitivo (la qual cosa è paradossale, ma è cosĂŹ).
Alcuni esempi: âconsiderato che gli invitati, quando arrivano, devono trovare tutto a posto, allora noi li preverremoâ; oppure, âquesta volta Tizio è entrato nella leggenda: ha prevenuto tutti i concorrenti di quasi due oreâ; oppure, âvoleva acquistare lui quellâalloggio, ma io lâho prevenutoâ.
Formulazioni come queste sono rare, tuttavia maggiormente riscontrabili rispetto a quelle afferenti alla accezione1 (intransitiva).
âPrevenireâ3: preorientare.
Accezione in cui il verbo resta transitivo. Esempio: âè opportuno prevenire Alfredo rispetto ai pettegolezzi che cominciano a circolareâ.
Lâaccezione è diffusa soprattutto nel senso spregiativo localizzato nel participio passato (âprevenutoâ): infatti, quando si dice che âTizio è prevenutoâ si vuol dire che Tizio è orientato in senso sfavorevole nei confronti di qualcuno o di qualcosa, e tale orientamento si è formato prima di qualsiasi valutazione ragionata ed obiettiva. Lâaccezione spregiativa è presente anche nella forma sostantiva, dove âprevenzioneâ diventa sinonimo di âpreconcettoâ e âpregiudizioâ.
âPrevenireâ4: precludere (impedire che qualcosa si verifichi).
Accezione in cui il verbo resta transitivo. Esempi: âprevenire il crolloâ, âprevenire lâintrusioneâ.
Questo uso risulta non solo nella comunicazione corrente ma anche, talvolta, persino nella informazione di livello tecnico. Per esempio: âCNR su come prevenire il contagio al chiuso: mantenere il giusto grado di umiditĂ e un adeguato ricambio di aria evita la propagazione del virus negli ambienti al chiuso, specie dove il rischio è piĂš alto, come ospedali e studi mediciâ (nella frase si nota lâassimilazione tra âprevenireâ ed âevitareâ, assimilazione che poi, a ragion veduta, sarebbe da ridimensionare. Per di piĂš, nel caso, lâenunciazione è errata poichĂŠ i soli due fattori non sarebbero comunque sufficienti a evitare il contagio; ma qui ci si limita al significato della frase).
Ă possibile ricordare, in questo contesto, il famoso motto secondo cui longe praestantius est praeservare quam curare. La frase viene ordinariamente tradotta come âè meglio prevenire che curareâ, e viene intesa nel senso che è meglio far sĂŹ che non si arrivi a eventi da sottoporre a cura.
1.2. âPrevenzioneâ: contenimento delle ânegativitĂ â
âPrevenzioneâ
Il termine âprevenzioneâ è largamente in uso ad ogni livello di discorso, sia comune sia tecnico.
Quanto alla sintassi, âprevenzioneâ è connettibile a:
- un genitivo che specifica la tipologia delle negativitĂ 1 (prevenzione degli infortuni, prevenzione delle patologie neurologiche, prevenzione degli errori nella diagnostica per immagini);
- un aggettivo che specifica il campo delle negativitĂ (prevenzione laburistica, dentale, cardiovascolare);
- un aggettivo che specifica i fattori delle negativitĂ 2 (prevenzione sismica, prevenzione idrogeologica, prevenzione nosocomiale).
Fare ricorso a un termine cosĂŹ generale come ânegativitĂ â è inconsueto. Infatti, di solito, in letteratura si trovano, prevalentemente, riferimenti pur ampi ma circoscritti come âpericoliâ, ârischiâ, âerroriâ, âeventi aversiâ, âdanniâ, oppure altro ancora. Ma è preferibile un punto di partenza onnicomprensivo per gestire poi il nodo delle specificazioni.
Quanto al significato, âprevenzioneâ registra due orientamenti:
- attivitĂ finalizzata a impedire le negativitĂ (âi pericoliâ o âi rischiâ o altro ancora, poi si vedrĂ );
- attivitĂ finalizzata a impedire o ridurre le negativitĂ (âi pericoliâ o âi rischiâ o altro ancora, poi si vedrĂ ).
âImpedireâ versus âridurreâ
âImpedireâ non richiede particolari attenzioni, ma âridurreâ sĂŹ:
- in senso ampio, âridurreâ viene riferito al grado di probabilitĂ e al grado di dannositĂ di ciò che si vuole contrastare (quindi: faccio prevenzione se mi indirizzo a diminuire il numero degli episodi di invaliditĂ , e faccio prevenzione anche se mi adopero affinchĂŠ, per il caso in cui lâinvaliditĂ si verifichi, lâinvaliditĂ sia minore);
- in senso stretto, âridurreâ viene inteso come attenuazione della probabilitĂ (invece, qualora entrasse in gioco la riduzione della dannositĂ , secondo alcuni si uscirebbe dallâarea della prevenzione per entrare nellâarea della protezione)3.
La nozione in senso stretto traccia un confine tra la prevenzione (destinata a incidere sulla probabilitĂ ) e la protezione (destinata a incidere sulla dannositĂ ). Tuttavia, un confine cosĂŹ netto sembra non tenere conto di una considerazione: un intervento orientato al contenimento della dannositĂ può vedersi pur sempre come orientato alla âprevenzione di un maggior dannoâ (qualora un danno dovesse verificarsi). Ă da ammettere che, se si mirasse soltanto alla diminuzione della dannositĂ (abbandonando il contrasto alla probabilitĂ ) sarebbe difficile ravvisare prevenzione; tuttavia, se gli interventi finalizzati a ridurre la probabilitĂ venissero integrati da interventi finalizzati a ridurre la dannositĂ , questi ultimi potranno vedersi come prevenzione. In definitiva, il âridurreâ dovrebbe essere inteso in senso sia quantitativo sia qualitativo.
Precisato ciò, il punto di maggiore rilievo si localizza nel seguente interrogativo: la prevenzione va identificata come attivitĂ finalizzata a âimpedireâ oppure a âimpedire/ridurreâ ciò che viene contrastato?
Se si accoglie la prima impostazione, lâeventuale concretarsi di una qualsiasi ânegativitĂ â costituisce âprovaâ che non vi è stata prevenzione; se si accoglie la seconda, la prevenzione è pienamente compatibile con il concretarsi di negativitĂ (purchĂŠ lâimpegno sia stato adeguatamente orientato a contrastarle).
Quali delle due impostazioni è appropriata per i saperi tecnici?
La risposta è indubbia: la prevenzione va intesa nella sua accezione estesa, cioè come attività finalizzata a precludere o ridurre negatività .
Basti un argomento: le negativitĂ , in ogni campo, non sono eliminabili (e non lo saranno mai per una serie infinita di fattori oggettivi e soggettivi). E allora sarebbe ingenuitĂ , o inadeguatezza scientifica e culturale, avvalersi di una nozione che sarebbe derealistica (priva di concretezza).
Prevenzione: attivitĂ per il contenimento delle negativitĂ da contrastare
Se le negativitĂ non sono eliminabili, ne discende che talune formulazioni correnti (secondo cui la prevenzione è attivitĂ sia di eliminazione sia di riduzione) possono essere riviste abbandonando il riferimento radicale (alla âeliminazioneâ). Inoltre, per quanto attiene al âridurreâ, si va diffondendo lâimmagine, alternativa, del âcontenimentoâ: è un ritocco terminologico senza modifiche sostanziali. In conclusione, è possibile identificare la prevenzione come attivitĂ di contenimento quantitativo o qualitativo delle negativitĂ che ci si orienti a contrastare. Ciò non esclude che il fine di âeliminazioneâ possa continuare ad essere menzionato accanto a quello di âcontenimentoâ. Continua ad essere cosĂŹ in vasta letteratura. Tuttavia, la menzione della finalitĂ âintransigenteâ finisce per assumere un significato meramente virtuale.
Sottolineare il carattere necessario e sufficiente della funzionalitĂ di contenimento non è una pedanteria teorica. Ă una sottolineatura opportuna sul terreno giuridico, politico e culturale. Altrimenti, se si lasciasse spazio a concezioni irrealistiche della prevenzione, verrebbero rafforzate aspettative improprie (pronte a tradursi in amplificazioni conflittuali e giudiziarie, come se giĂ non bastasse lâatmosfera corrente con i suoi tratti di ben note esasperazioni).
1.3. âPrevenzioneâ: contenimento dei ârischiâ
La percezione piĂš adeguata, quando ci si accosta ai temi della prevenzione, è che si tratti di una attivitĂ di contrasto nei confronti di un vasto mondo di âavversariâ (fattori di rischio, pericoli, rischi, incidenti, eventi avversi, sinistri, infortuni, errori, insuccessi, danni). Per dare un nome a tutto questo mondo si è fatto ricorso a ânegativitĂ â.
Ma câè sempre un momento in cui gli approcci specialistici preferiscono circoscrivere i propri oggetti. Lâimpostazione piĂš diffusa consiste nellâidentificare la prevenzione come attivitĂ per il contenimento dei rischi. Anche la legislazione, con specifico riferimento alle norme piĂš recenti in materia sanitaria, ha sposato questo orientamento istituendo lâobbligo di prevenzione e individuandone lâoggetto nel rischio (nel caso, il rischio sanitario). Il rischio è dunque il riferimento dominante nellâaccostarsi ai temi della prevenzione4.
1.4. Prevenzione reattiva e prevenzione proattiva
Quando ci si occupa di prevenzione del rischio (sanitario, ma non solo) è in primo piano la distinzione tra prevenzione reattiva e prevenzione proattiva5. La differenza riguarda il modo in cui viene progettata lâattivitĂ di prevenzione.
La domanda è: cosa devo fare per prevenire un rischio? à possibile rispondere facendo ricorso a due impostazioni.
- Impostazione reattiva. Parto da una negativitĂ che mi è accaduta e, partendo da lĂŹ, procedo con unâanalisi a ritroso. Cerco di capire perchĂŠ è accaduto ciò che non doveva accadere. Nel percorso, ricostruisco le tappe della concatenazione causale o contribuente o favorente. Tale ricostruzione svela ciò che in futuro dovrò contrastare, e imposto in tal senso il progetto prevenzionale.
- Impostazione proattiva. Non aspetto che accada qualcosa di negativo. Prefiguro i percorsi delle attivitĂ che occorrono per adempiere alle mie funzioni. Analizzo i percorsi e, procedendo non a ritroso ma in avanti, prefiguro le insidie da temere e le cautele da allestire6.
Questa presentazione dei due approcci è frequente ma risulta verosimilmente estremizzata ai danni dellâapproccio reattivo...